Gazzettino – Ecocentro a fuoco, l’ombra del dolo
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3
gen
2013
L’Arpav rassicura i cittadini dopo le prime analisi dell’aria. Danni per milioni di euro
L’INCENDIO DI PIANIGA
IL ROGO – Il capannone è distrutto. Le fiamme spente all’alba.
L’INTERVENTO – Il sindaco Calzavara: «Grazie ai soccorritori»
È stata una notte da tregenda, quella appena passata, per i titolari della ditta di servizi ambientali «Rossato e Fortunato» e per le centinaia di pianighesi che hanno visto le lingue di fuoco e una densa coltre di fumo alzarsi dal civico 80 di via Marinoni, dove ha sede l’azienda. Un incendio devastante sulle cui cause sono aperte tutte le ipotesi, compresa quella del dolo. Oltre dieci squadre dei vigili del fuoco, provenienti da Mira, Mestre e Padova, insieme al Nucleo chimico batteriologico, sono state impegnate fino alle prime luci del mattino di ieri nel tentativo di arginare il gigantesco incendio sprigionatosi all’interno di uno dei capannoni della ditta di gestione e conferimento dei rifiuti. Diversi focolai, infatti, si sono dimostrati particolarmente ostici ai prodotti utilizzati dai pompieri per allentare le fiamme, costringendo a numerosi passaggi con gli idranti. Il tutto sotto lo sguardo pietrificato dei titolari nel vedere i loro sacrifici andare in fumo nel giro di poche ore. Una volta domato il rogo, il capannone è apparso devastato per l’intera giornata sono continuati i sopralluoghi da parte dei vigili del fuoco per verificare la tenuta della struttura.
Una buona notizia, invece, è arrivata sul fronte Arpav, che già a incendio in corso aveva iniziato con le misurazioni e i campionamenti dell’aria per scongiurare eventuali pericoli per la salute pubblica: non sono state rilevate diossine, ma solo un aumento della presenza di benzene, toulene e stirene nella zona prossima al rogo in via Cavin Maggiore e via Cavinelli. «I tecnici dell’Arpav – ha spiegato il sindaco di Pianiga, Massimo Calzavara – mi hanno comunicato che al momento i dati non fanno emergere nulla di anomalo. Voglio comunque tranquillizzare i miei concittadini perché l’ordinanza è già pronta sul mio tavolo e nel caso dovessi avere anche un minimo dubbio sarò pronto ad emetterla». Calzavara è stato uno dei primi ad arrivare sul luogo del disastro: «Ero andato da mia mamma, che abita poco distante, per farle gli auguri di buon anno quando ho visto le vampate di fuoco. Non ci ho pensato due volte a far scattare i soccorsi e allertare la Protezione Civile comunale, a cui va il mio plauso, per come ha gestito l’emergenza». Il pensiero del primo cittadino va pure ai titolari dell’azienda: «Sono davvero molto dispiaciuto per quanto accaduto: spiace per i titolari e per i dipendenti che lavorano nell’azienda. Auspico che tutto possa ripartire quanto prima».
Al momento non è ancora stato chiarito se a far divampare le fiamme sia stato un fatto accidentale o doloso. Non si escludono, comunque, nemmeno le ipotesi di un’autocombustione o di un corto circuito che avrebbe trovato poi nel legno «terreno fertile» per scatenare il fuoco in tutta la sua violenza. I carabinieri della tenenza di Dolo sono in attesa delle relazioni da parte dei vigili del fuoco.
I danni causati dall’incendio non sono ancora stati quantificati in maniera precisa, ma ammonterebbero a qualche milione di euro. Intanto, nell’azienda pianighese la voglia di parlare è poca, solo la conferma di non aver mai subito minacce.
L’INDAGINE
La ditta nel mirino della Procura per «traffico di rifiuti tossici»
IL PROCESSO E’ IN CORSO
Per l’accusa venivano “riciclate” le traversine delle ferrovie
Per «Rossato e Fortunato» l’incendio di martedì sera è stata l’ennesima tegola. Un danno ancora più grave, almeno dal punto di vista economico e logistico, rispetto a quello che ha investito l’azienda sul fronte giudiziario. La ditta, infatti, è finita nel mirino della Procura della Repubblica di Venezia con l’accusa di «traffico di rifiuti tossici». Un’indagine che, secondo il pubblico ministero Giorgio Gava, avrebbe dimostrato l’esistenza di una sorta di «congrega dei rifiuti», formata, oltre che dalla «Rossato e Fortunato», anche da Cal ed Ecolando, facendo finire alla sbarra i sette amministratori. L’accusa è quella di aver riutilizzato il legno delle vecchie traversine della ferrovia per palizzate da giardino e mobili vari, anziché smaltirle come prescritto. […]. Un procedimento racchiuso in otto faldoni di documenti e intercettazioni raccolte dall’accusa. Il processo si sta svolgendo in questi mesi a Dolo. L’inchiesta per traffico di rifiuti pericolosi e tossici risale a sette anni fa, quando ai polsi di tre degli indagati sono state strette le manette. Secondo l’accusa, avevano adottato un sistema ingegnoso per «riciclare» diverse tonnellate di materiale che doveva essere smaltito. Le vecchie traversine, infatti, erano impregnate di una sostanza altamente cancerogena, il creosoto: sarebbero stati ben tre milioni – solo tra il 2001 e il 2003 – e un altro milione e mezzo nei tre anni successivi i chili di legno impregnato del distillato dal petrolio finiti nei giardini e nelle case di mezza Italia anziché in discariche attrezzate o distrutti in base a procedimenti controllati. A scoprirlo erano stati gli investigatori del Corpo forestale dello Stato e della Guardia di finanza di Mestre. (G.Dal Co.)