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OGGI CONVEGNO ALL’ISTITUTO VENETO

«Soluzioni diverse? Solo se provvisorie. Ma studi e controlli devono essere super partes»

«Le grandi navi devono andare fuori dalla laguna. Potremmo accettare soluzioni temporanee solo se questo viene dichiarato l’obiettivo strategico. E a patto di studiarne bene gli effetti dal punto di vista idrodinamico». Luigi D’Alpaos, insigne ingegnere idraulico dell’Università di Padova, ribadisce la sua teoria. Un nuovo canale in laguna aggraverebbe la già precaria situazione dell’erosione e della perdita dei sedimenti. Si potrebbe accettarne l’idea solo a patto che sia una via provvisoria. Che ne siano neutralizzati gli effetti distruttivi. E, soprattutto, che «studi e controlli siano affidati a enti diversi da coloro che hanno avallato scelte sbagliate negli ultimi cento anni». Si riapre la polemica sulle grandi navi in laguna e le possibili alternative. A giorni il governo dovrà convocare le parti per prendere una decisione. E stamattina L’Istituto veneto di Scienze, Lettere e Arti, mette a confronto le varie posizioni. Cercando di riprendere il cammino interrotto nel 1980 dela commissione scientifica di esperti che studiava la laguna. Oltre a D’Alpaos parleranno di portualità il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa, l’economista Ignazio Muso, l’idraulico Andrea Rinaldo, il professor Gherardo Ortalli e il professor Giuseppe Tattara. Quest’ultimo, docente di Ca’ Foscari, è autore dello studio che contesta i «benefici» economici portati alla città dal crocerismo. Costa ha già pronto un intervento in cui rilancerà la necessità di scavare il nuovo canale Contorta Sant’Angelo, per far arrivare le navi in Marittima senza passare da San Marco. «Con i fanghi scavati», dice, «potremo costruire delle barene artificiali per proteggere la laguna e fermare la perdita dei sedimenti». Musu, da sempre vicino a Costa, parlerà delle opportunità del nuovo porto off shore e della necessità di regolamentare l’attività turistica. Ortalli delle navi «fuori scala» che certo non rappresentano la continuità con la tradizione marinara della Serenissima. «Le navi di oggi sono troppo grandi», insiste D’Alpaos. «E non possiamo adattare la laguna a queste mavi sempre più grandi. Mi pare che si dovrebbe fare l’esatto contrario».

(a.v.)

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