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l’intervento

Franco Miracco

Quando una statistica può far male con il certificare dati completamente sballati e che possono indurre a illusioni o aspettative senza fondamento alcuno, quindi notizie non vere, a tutto danno, per esempio, di chi vive in una città come Venezia. Sono stati resi noti i dati del rapporto Ecosistema urbano 2013 realizzato da Legambiente e da altri e che il più noto quotidiano economico italiano ha puntualmente diffuso. Grandi, medie e piccole aree urbane sono state sottoposte a diversi test che servono a formulare diverse classifiche sulla base di diversi indicatori. Il tutto costituisce infine una pagella finale che si allunga dai migliori ai peggiori in fatto di qualità ambientale.

Ed è così che abbiamo saputo di vivere nella prima città d’Italia a proposito di una buona vivibilità complessiva: aria, acqua, verde,energia, rifiuti, trasporti, ecc. Ma è consentito, è accettabile, è scientificamente corretto sottoporre un sistema urbano tanto complesso, tanto diversificato al suo interno, tanto unico qual è quello veneziano, agli stessi test usati per Bologna o Milano o Palermo? È forse possibile parlare di una città chiamata Venezia quando si vuole confrontare questa città con gli altri “normali” sistemi urbani? Come si fa a non sapere che dentro la grande Venezia ci sono molte altre Venezie radicalmente diverse tra loro? E dunque come si fa a rendere paragonabili tra loro i dati raccolti a Zelarino con quelli della Giudecca o di Sant’Elena? E quello che si respira ai piedi della tangenziale di Mestre è simile o identico a ciò che scende nei polmoni a Sant’Erasmo o a Burano? Suvvia, la complessità territoriale di Venezia è cosa arcinota negli angoli più lontani della galassia ed anche lì si è a conoscenza che, nel dire Venezia, dici centro storico o città antica e poi isole, litorali, laguna, valli da pesca e terraferma. Realtà urbane o territoriali o naturali spesso opposte o pochissimo omologabili tra loro, anche perché in più di un caso uniche rispetto a quanto di norma costituisce il resto dei sistemi urbani del nostro Paese. Allora, è semplicemente risibile se non grottesco inserire una città cosiddetta Venezia in graduatorie del genere.

Pensate, nella pedonalità siamo primi. E lo saremo sempre di più non potendo adesso e domani navigare da una parte all’altra della città su mezzi ormai inavvicinabili, perché stracolmi di soggetti in transito a milioni che ci impediscono fisicamente di salire sui vaporetti, rendendoci in tal modo pedoni in eterno e all’infinito tra Piazzale Roma e il mondo. Tornando per una volta ancora all’assurdità di quel rapporto, se visto da Venezia, scopriamo che, essendo pedoni e naviganti fin dalle origini della città, siamo di conseguenza primi nello scarso uso delle auto. Non è uno scherzo, è proprio questo che afferma il rapporto, che ci pone, udite udite, al quinto posto nella raccolta differenziata. Al quinto posto una città i cui plateatici, i cui campi e campielli, vengono lavati e ripuliti soltanto dalle piogge o dalle acque alte? Al quinto posto una città dove basta un poco d’acqua alta per vedere abbandonati ovunque migliaia e migliaia di sacchi e sacchetti di immondizie, che sono il disgustoso pasto di gabbiani divoratori e diffusori eccezionali di sporcizie? Al quinto posto nella raccolta dei rifiuti una città che è tornata ad essere un merdaio a causa di cani in visita e del tutto ignari o indifferenti di regole e consuetudini civili in uso fino a qualche anno fa. Finiamola qui e fingiamo pure di non sapere come si vive a via Piave e dintorni, tra la stazione ferroviaria di Mestre e certe strade di un altrove di terraferma assai difficile quando non drammatico. In definitiva, non vengono contemplate da quel rapporto alcune nostre piaghe sociali e ambientali immense, quelle causate da milioni e milioni di migranti, soggetti inconsapevoli di un “turismo” devastante che causa un inquinamento sociale e culturale che non ha eguali in Italia e, forse, anche nel resto del pianeta. Decine e decine di milioni di “visitatori” hanno già modificato il nostro stile di vita e a breve ,quando cioè ci accorgeremo che l’invasione dei “visitatori” sarà diventata ancora più inarrestabile, permanente e quindi, in un certo senso, odiosamente aggressiva, non sapremo che farne delle Chiese chiuse o aperte, dell’Arsenale demilitarizzato, delle Biennali, delle Fenici, della speranza di scoprire se ci sia ancora una corte, una calle, un ponte da cui, in silenzio e da soli, immaginare su di un intonaco o in una nuvola le frontiere di una città misteriosa. A quel punto di quale pagella saremo al primo posto?

 

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