Nuova Venezia – Appalti e mafia, scarcerato Scaramuzza
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nov
2013
Variante di Caltagirone, accolto il ricorso del manager della Fip: custodia cautelare annullata per mancanza di gravi indizi
VENEZIA – Mauro Scaramuzza, l’ingegnere mestrino e amministratore delegato della padovana Fip Industriale Spa (una costola della Mantovani) è stato scarcerato ieri dal Tribunale del riesame di Catania. I giudici etnei hanno sostanzialmente accolto il ricorso presentato dal difensore, l’avvocato veneziano Alessandro Rampinelli, smantellando l’ipotesi accusatoria della Procura catanese: nei confronti di Scaramuzza, infatti, è stata annullata l’ordinanza di custodia cautelare che lo accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per insussistenza di gravi indizi.
Scaramuzza era stato arrestato nella sua casa di Mestre il 9 ottobre scorso dai carabinieri e con lui erano finiti in manette altre quattro persone, il capo mafia di Caltagirone Gioacchino Francesco La Rocca, il collega di Scaramuzza, l’ingegnere padovano Achille Soffiato, il cognato di La Rocca Giampietro Triolo e il fratello più giovane di quest’ultimo. Immediatamente dopo l’arresto, l’ingegnere mestrino era stato trasferito nel carcere di Catania, da dove, nel primo pomeriggio di ieri è uscito, partendo subito per l’aeroporto di Tessera, dove lo attendeva la famiglia.
«Il provvedimento di scarcerazione restituisce dignità e onorabilità all’ingegner Scaramuzza», ha dichiarato l’avvocato difensore Rampinelli, non appena avuta notizia della scarcerazione, «e reintegra il buon nome e l’immagine della Fip Industriale, impresa che ha sempre operato in modo lecito e trasparente».
L’udienza durante la quale è stato discusso il ricorso del legale veneziano era stata tenuta martedì 29 ottobre. Le accuse iniziali erano pesanti, i cinque a vario titolo devono rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni e concorso esterno nell’associazione mafiosa. Gli arrestati erano sospettati di aver frazionato, con la complicità di dipendenti dell’Anas di Catania, i subappalti senza superare la soglia di 154 mila euro, limite da cui scatta l’obbligo dei informative e certificati antimafia. Era la tecnica, secondo la Procura di Catania, adoperata per favorire l’inserimento di aziende del clan nella realizzazione del primo stralcio della “Variante di Caltagirone”, che interessa otto chilometri e mezzo di una strada progettata negli anni Sessanta, finanziata con poco meno di 112 milioni di euro.
Secondo l’accusa, la Fip Industriale, attraverso Soffiato e Scaramuzza, avrebbe affidato lavori in subappalto a società che, ritengono la Procura di Caltagirone e la Dda di Catania, erano controllate dalla “famiglia La Rocca”. I carabinieri stimano che su circa 36 milioni di euro in subappalto, un milione siano arrivati a una ditta, la To Revive, che era stata sequestrata assieme alla Edilbeta costruzioni, gestita dal figlio del boss.
Scaramuzza ha sostenuto di non aver mai saputo che La Rocca era il figlio di un capo mafia locale e boss della famiglia lui stesso.
Con la scarcerazione non sono certo finite le disavventure per l’ingegnere mestrino, visto che l’indagine degli investigatori catanesi prosegue.
Giorgio Cecchetti
il riesame ha già discusso il caso
Ore di attesa per l’ingegner Soffiato
Ed ora, ad attendere la decisione dei giudici del Tribunale del riesame di Catania, c’è l’ingegnere padovano Achille Soffiato, responsabile del cantiere siciliano per la Fip Industriale di Selvazzano.
Ieri, infatti, due giorni dopo l’udienza per Scaramuzza, i giudici etnei hanno discusso il suo caso, affrontando il ricorso presentato dal difensore del giovane professionista, l’avvocato padovano Carlo Augenti.
Il legale era a Catania ieri mattina e nel pomeriggio è ripartito per Padova. «Purtroppo c’è la festa dell’1 novembre e il sabato semifestivo in mezzo, così temo che la decisione del Tribunale sarà depositata in cancelleria lunedì 4 novembre, del resto i giudici hanno cinque giorni di tempo».
Soffiato, come Scaramuzza e gli altri tre indagati, si trova in carcere dal 9 ottobre scorso e 22 giorni di cella sono duri, ancor più per chi – come il professionista veneto – è incensurato e prima d’ora non ha mai visto un carcere da dentro.
La posizione di Soffiato è molto simile a quella dell’amministratore delegato della Fip, anche lui ha dichiarato di non aver mai saputo che La Rocca e gli altri erano mafiosi, il primo addirittura già condannato.
A differenza di Scaramuzza, che i siciliani li aveva forse incontrati una volta, Soffiato, per il suo ruolo in cantiere, ha avuto numerosi contatti con La Rocca e Triolo.