Gazzettino – Riviera / Miranese. Il demone del gioco
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
9
nov
2013
DOLO «Siamo riusciti a pagarli prima che le cose finissero male, ma per noi non è stato facile»
«Ho salvato mio figlio dagli strozzini»
La testimonianza al convegno sulla dipendenza da gioco d’azzardo: «Non sapeva come far fronte ai debiti»
DOLO – Si chiama “slot mob” ed è un’iniziativa che dopo Milano, Biella e Monza vedrà la luce in Riviera grazie all’impegno di varie associazioni. L’idea è semplice: andare a consumare in massa nei locali che hanno scelto di non dotarsi di videolottery o slot machine, in modo da premiarli e “penalizzare” chi invece ospita le diaboliche macchinette (informazioni al sito nexteconomia.org). È un segnale che la società civile vuole dare contro quella che è stata chiamata “la peste del 2000″, la febbre da gioco d’azzardo.
I Comuni al momento – ha spiegato Fabio Livieri, presidente della Conferenza dei sindaci dell’Ulss 13 – hanno armi spuntate: «Stiamo preparando documenti per chiedere allo Stato di essere custodi del nostro territorio, perché non abbiamo più questo potere. Qualche anno fa a Campagna Lupia abbiamo approvato un regolamento per limitare la diffusione delle sale da gioco. Adesso però qualsiasi privato può aprire un circolo dove gli pare e riempirlo di macchinette».
Intanto ci si è ripromessi di portare il convegno in tutti i comuni della Riviera e magari del Miranese. Da gennaio la dipendenza da gioco può essere trattata ai Sert: tra Dolo e Mirano si contano una quarantina di persone.
«Ma il numero non è indicativo – ha sottolineato il dottor Mauro Cibin, direttore del Dipartimento per le Prevenzioni – La progressiva legalizzazione del gioco d’azzardo ha avuto conseguenze spaventose. La dipendenza da gioco è uguale in tutto e per tutto a quella da sostanze stupefacenti. Per quel che ho visto chi ne soffre può essere paragonato a un cocainomane. Il decreto Balduzzi ha riconosciuto il Livello essenziale di assistenza per le patologie di gioco d’azzardo, ma la Regione Veneto non ha ancora legiferato per cui al momento la situazione è confusa».
(mg)
LA STORIA – Il racconto di un padre all’incontro di Dolo: «Ormai era in balia degli strozzini»
«Cosi ho salvato mio figlio drogato di slot»
«Mio figlio ne ha fatte di tutti i colori, non sapeva dove sbattere la testa per pagare i debiti e si è rivolto agli strozzini. Per fortuna siamo riusciti a pagarli prima che andasse a finire male». È una delle drammatiche testimonianze ascoltate al convegno sulla dipendenza del gioco d’azzardo giovedì a Dolo, organizzato dai Comuni della Riviera del Brenta per sensibilizzare i cittadini sui rischi di quella che è stata definita la “peste del 2000″. Qualcosa si muove anche nel Veneziano, tra associazioni e istituzioni, ma in prima linea ci sono i gruppi di aiuto dei giocatori – da qualche tempo l’Associazione giocatori anonimi ha una sede a Dolo – e quelli che sostengono i familiari e gli amici delle vittime di questa piaga sociale.
C’è anche chi si è “giocato” l’impresa con 400 lavoratori
IL GENITORE «Chi ha questa malattia mente sempre ed è pronto a tutto per procurarsi soldi»
ISTITUZIONI E ASSOCIAZIONI – Arriva lo “Slot mob”: tutti in massa nei bar che rifiutano le videolottery
DOLO – Sono tante le storie di vite distrutte e patrimoni svaniti per colpa della dipendenza da gioco d’azzardo. Le raccolgono i Sert della provincia, le ascoltano gli assistenti sociali dei Comuni, le sentono i membri dei Giocatori anonimi alle riunioni, o quelli di Gam-Anon. Sono un monito a chi pensa che no, a lui non toccherà mai. C’è l’imprenditore titolare di una florida impresa con 400 dipendenti che «si è mangiato tutto» e si è trovato a dover dichiarare fallimento e a lasciare i lavoratori a casa.
«Di queste conseguenze però lo Stato non tiene conto quando pubblicizza i giochi», lamentava qualcuno in sala.
C’è anche la famiglia che ha scoperto di colpo che la figlia passava le serate al Casinò, giocandosi ogni volta diecimila euro. C’è la coppia che è stata costretta a vendere la casa – «una villa in centro, non una casetta» – per ripianare i debiti. C’è anche chi ha scoperto che il figlio si è “giocato” la casa che i genitori gli avevano intestato. In alcuni casi si parla di 200-300mila euro di debiti, ma anche 7-8mila euro possono essere una croce per una famiglia. Una delle tendenze sottolineate nel convegno di giovedì è il fatto che il demone del gioco colpisce molto spesso le persone meno abbienti, che sperano di dare una svolta alla propria vita con un colpo di fortuna. Che non arriva mai.
(mg)
L’EX GIOCATORE «L’unico pensiero che hai è avere denaro da infilare in quelle macchinette»
«La cosa più brutta? Perdere la fiducia in una persona a cui vuoi bene. È il danno più grosso della dipendenza da gioco d’azzardo». Franco (il nome è di fantasia) fa parte dell’associazione Gam-Anon, che riunisce familiari e amici di giocatori compulsivi. Giovedì ha portato la sua testimonianza di genitore alla serata pubblica organizzata dai 10 Comuni della Riviera del Brenta al cinema Italia di Dolo.
«Mio figlio è un trentenne malato di gioco compulsivo – racconta Franco – È difficile accettare il fatto che sia una malattia, ma è così. Prende il sopravvento e non si riesce a controllare». Quando ci si rende conto è troppo tardi: «Ci si trova sommersi dai debiti».
Quella vissuta da Franco è una via crucis simile purtroppo a tante altre: «Mio figlio ne ha fatte di tutti i colori. Ha perso il lavoro. È stato costretto a licenziarsi e si è mangiato la liquidazione con le macchinette. Finalmente è riuscito a smettere e ha passato un buon periodo. Poi ha avuto una ricaduta disastrosa. Non sapeva dove sbattere la testa per pagare i debiti e si è rivolto agli strozzini».
Franco rabbrividisce al solo pensiero. Fortunatamente il figlio si è confidato con lui: «Io e mia moglie e siamo riusciti, anche se con difficoltà, a intervenire in tempo e a ripianare il buco che aveva fatto, prima che andasse a finire male con gli strozzini». Non si tratta di cifre esorbitanti, ma di somme che comunque possono mettere in difficoltà una famiglia.
Ma i debiti non sono l’unica componente che porta una famiglia alla disgregazione. «Mio figlio si era chiuso in se stesso, non parlava quasi più con me e mia moglie. Tornava a notte fonda, non si sapeva mai dove fosse. Eravamo tormentati dai dubbi».
Quello che dipinge Franco è un piccolo inferno quotidiano: «I giocatori incalliti mentono sempre, arrivano a tutto pur di procurarsi dei soldi: possono finire a spacciare droga o a prostituirsi, possono farti sparire oro e denaro da casa. Vogliono solo giocare e per far questo sono pronti a portarti via tutto: oro, soldi, affetti. È un brutto vivere. Adesso sono quasi tre anni che non gioca. Per fortuna ci sono i gruppi di aiuto per i giocatori e le associazioni come Gam-Anon che ha consentito a me e mia moglie di ritrovare la serenità perduta. Non è poco, ve lo assicuro».
Difficoltà che ha testimoniato Walter (altro nome di fantasia) dell’associazione Giocatori anonimi, che dopo Mestre da maggio ha aperto un punto di ritrovo anche a Dolo, riferimento per la Riviera (telefono: 347.8544209, email: dolo@giocatorianonimi.org).
«Quando ho cominciato a partecipare al gruppo ero dentro un tunnel di cui non vedevo la fine. Per me l’unica cosa era avere i soldi da infilare nella fessura di quelle maledette macchinette. Grazie al percorso che propone il gruppo adesso vedo la luce in fondo al tunnel e sono 28 mesi che non gioco». Non è stato facile: «Riuscire a parlarne è stato come srotolare una bobina di filo spinato che avevo dentro. Devastante. Mi è stato insegnato a vivere programmando le mie giornate di 24 ore in 24 ore. Aiuta molto. Ogni mattina mi sveglio e dico: “Oggi non devo giocare”. Alla sera prima di andare a letto mi dico: “Anche oggi non ho giocato”. E aggiungo un giorno al conto di quelli che sono rimasto lontano dalle macchinette».