Nuova Venezia – Baita alla Finanza: temo per la mia vita
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
16
nov
2013
Il racconto choc dell’ex top manager della Mantovani. La scelta di collaborare con il pm legata alla paura di essere ucciso
VENEZIA – Piergiorgio Baita aveva un timore, quello di essere ucciso. Lo avrebbe raccontato agli investigatori della Guardia di finanza, gli stessi che lo hanno arrestato il 28 febbraio scorso per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale per i milioni di fatture fasulle utilizzate dalla Mantovani per costituire fondi nei con cui pagare i pubblici amministratori, tecnici e politici.
La convinzione che la sua vita fosse in pericolo avrebbe influito anche su alcune sue decisioni, quella di collaborare con il pubblico ministero veneziano Stefano Ancilotto dopo tre mesi di carcere e di conseguenza quella di affidarsi a nuovi avvocati difensori.
Alla fine di maggio, infatti, Baita ha lasciato il parlamentare Pdl Pietro Longo e l’avvocato padovano Paola Rubini per scegliere gli avvocati Alessandro Rampinelli, veneziano, ed Enrico Ambrosetti di Vicenza.
Non solo un cambio di professionisti, ma pure un mutamento a 360 gradi di linea difensiva: da giugno, infatti, Baita è stato interrogato almeno quattro volte, prima ha ottenuto gli arresti domiciliari, quindi la scarcerazione e i suoi legali hanno già incassato il parere favorevole del rappresentante della Procura per patteggiare una pena di un anno e dieci mesi in vista della prossima udienza preliminare.
Il primo tentativo di farlo scarcerare lo avevano compiuto gli avvocati Rubini e Longo, innanzitutto presentando il ricorso al Tribunale del riesame e, andato a vuoto quello, con un’istanza per incompatibilità con la carcerazione a causa dei suoi problemi cardiaci. Due medici, infatti, lo avevano visitato nel carcere di Belluno, dove era rinchiuso, e proprio dopo quella visita – stando a quello che lo stesso Baita avrebbe riferito – avrebbe cominciato a temere per la sua vita. I suoi sospetti non riguardano naturalmente i due medici, ma altri, l’ingegnere avrebbe riferito altri particolari che per ora non sono noti e sui quali gli investigatori delle «fiamme gialle» starebbero raccogliendo riscontri.
Non è escluso che all’ex presidente della «Mantovani» il sospetto di essere finito nel mirino di qualcuno che temeva la sua collaborazione con gli inquirenti sia nato conoscendo la rete di controspionaggio che lui stesso aveva messo in piedi a suon di milioni di euro. Ne facevano parte esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, pagati per informarlo su possibili indagini ed intercettazioni nei suoi confronti e, nel caso, per ostacolare il lavoro della magistratura. Il pm Ancillotto ha in parte smantellato quella rete, facendo arrestare un vicequestore della Polizia in servizio a Bologna, facendo perquisire una rivista on line romana, sospettata di essere legata a doppio filo con gli 007 della capitale, ma le indagini non sono ancora concluse e Baita naturalmente conosce bene la personalità di chi aveva ingaggiato.
Giorgio Cecchetti