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Finanza, Inps e Ufficio del lavoro hanno passato a setaccio le attività spesso gestite dai cinesi «Dopo pochi mesi già cambiati datori di lavoro e dipendenti». In 10 anni aumentati del 300%

STRA. Tipologie contrattuali non rispettate e lavoratori in nero. Nei laboratori della Riviera del Brenta gestiti da cinesi continuano le irregolarità, come testimonia il blitz che nella notte fra martedì e mercoledì ha visto impegnate sei quadre investigative formate da personale dell’Ispettorato del Lavoro di Venezia e dell’Inps, dagli uomini della guardia di Finanza di Mirano e da alcune interpreti. Durante i controlli in Riviera sono stati monitorati una quindicina di laboratori cinesi, del calzaturiero ma soprattutto del tessile, con particolare attenzione a quelle realtà che pochi mesi fa erano risultate chiuse.

Alla fine della nottata di controlli, sono state sospese due attività, una della quali ospitava al proprio interno diversi lavoratori in nero. In generale, sono state rilevate molte irregolarità legate alla tipologia contrattuale, con operai assunti tramite contratti occasionali o part time, pur essendo occupati tutto il giorno.

«I controlli della notte scorsa – spiega Franca Cossu, responsabile dell’Ispettorato del lavoro di Venezia – sono la continuazione dell’attività di ottobre, coordinata in quel caso con i carabinieri. Grazie alla collaborazione con le forze dell’ordine, stiamo monitorando il territorio molto attentamente. Le ispezioni nei laboratori cinesi avvengono circa ogni sei mesi, il problema è che quasi sempre non troviamo la stessa azienda di prima, gli stessi lavoratori o gli stessi datori. Di certo in un momento di crisi come questo il fenomeno delle irregolarità è molto presente».

I calzaturieri della Confartigianato Imprese Veneto, con il presidente Marino Munerato, plaudono all’ennesima operazione in Riviera. «Il presidio ed il controllo del territorio sono imprescindibili per far valere la legalità e rendere il nostro Veneto inospitale ai laboratori lager del contoterzismo della calzatura quasi sempre a conduzione cinese – commenta Munerato – Ma per non rendere inutili le ispezioni, serve maggiore frequenza e soprattutto regole e norme più severe».

La ricerca del massimo risparmio abbinato al made in Italy, dicono da Confartigianato, sta facendo letteralmente esplodere il ricorso ai contoterzisti cinesi anche nella specializzata Riviera.

Infatti, il numero dei laboratori del tessile abbigliamento e calzature a conduzione cinese delle province di Venezia e Padova è passato, in un decennio, da 236 ad oltre 900 con un aumento del 300%.

Nello stesso lasso di tempo sono sparite oltre 500 imprese artigiane dello stesso settore.

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