Segui @OpzioneZero Gli aggiornamenti principali anche su Facebook e Twitter. Clicca su "Mi piace" o "Segui".

Questo sito utilizza cookie di profilazione, propri o di terze parti per rendere migliore l'esperienza d'uso degli utenti. Continuando la navigazione acconsenti all'uso dei cookie. Per maggiori informazioni cliccare qui



Sostieni la battaglia contro l'inceneritore di Fusina, contribuisci alle spese legali per il ricorso al Consiglio di Stato. Versamento su cc intestato a Opzione Zero IBAN IT12C0501812101000017280280 causale "Sottoscrizione per ricorso Consiglio di Stato contro inceneritore Fusina" Per maggiori informazioni cliccare qui

 

La Cgil attiva un numero in cui chiunque può indicare in totale anonimato i marchi che sfruttano i lavoratori in nero

STRA. «Basta con le ipocrisie, quello che è successo a Prato, in cui 7 lavoratori cinesi sono morti in un rogo, sarebbe potuto succedere in Riviera del Brenta. Questa situazione va fermata al più presto, punendo pesantemente i calzaturifici italiani che commissionano ai laboratori cinesi clandestini parti per le loro scarpe che poi vendono come prodotti di alta qualità. Abbiamo dedicato per questo un numero verde di delazione e denuncia».

A lanciare questo grido d’allarme sono il segretario della Filcem Cgil Provinciale, Riccardo Colletti e il segretario di zona della stessa organizzazione Michele Pettenò.

«È ora che la gente denunci, – dice Colletti – è ora che i lavoratori dei calzaturifici o chi sa di imprenditori italiani che commissionano lavoro a laboratori cinesi con manodopera in nero e in condizioni ambientali disumane, lo dica. Questi imprenditori nostrani sono la rovina del settore. Non si rendono conto che alimentano una situazione illegale gestita poi da organizzazioni mafiose che trattano essere umani come schiavi. Per questo chi vuole fare il proprio dovere e salvare la qualità del prodotto per cui lavora, nel totale anonimato può denunciare titolari o collaboratori commerciali disonesti allo 041 54 91 2 44. Saremo noi poi a fare le segnalazioni alle forze dell’ordine e alla Procura della Repubblica».

La situazione che si sta venendo a creare potrebbe distruggere un comparto quello del calzaturiero che è ancora il polmone economico della Riviera insieme al turismo. Il settore conta in Riviera 550 aziende e più di 10 mila lavoratori con oltre 6 miliardi di euro di fatturato, il 13 % del settore a livello italiano.

Orgogliosamente il presidente dell’Acrib (l’associazione delle aziende calzaturiere) Siro Badon, aveva affermato: «Negli ultimi anni il distretto del Brenta è riuscito a vincere la sfida dei mercati esteri grazie all’alta qualità dei materiali e delle lavorazioni e all’attenzione al design. È l’unico distretto ad essere già oltre i livelli pre-crisi del 2009».

I dati riferiti al 2012 davano una conferma importante : le esportazioni della provincia di Venezia nel 2012 hanno toccato i 388 milioni di euro, il 6,4% in più sul 2007. L’export ha continuato a crescere anche nel primo semestre 2013, +3,9% grazie ai risultati in Francia (+12,2), Stati Uniti (+18,1), Russia (+30,1 ). Una situazione che però alla faccia di tanto ottimismo, potrebbe crollare in un battibaleno se qualcuno si accorgesse che non si tratta più di Made in Riviera o Made in Italy , ma di Made in China camuffato.

«Con le forze dell’ordine, Spisal, Ispettorato del lavoro, amministrazioni comunali e lavoratori – concludono Colletti e Pettenò – dobbiamo creare una task force in grado di fermare il fenomeno che ha portato tra l’altro alla chiusura per concorrenza sleale di tanti tomaifici italiani. I prodotti finali per i quali sono stati utilizzati lavoro nero e violazioni delle norme di sicurezza vanno bruciati come si fa con la droga».

Alessandro Abbadir

link articolo

 

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Copyrights © 2012-2015 by Opzione Zero

Per leggere la Privacy policy cliccare qui