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Gazzettino – Riviera. Retata nei laboratori lager cinesi.

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22

dic

2013

LAVORO NERO NEL VENEZIANO

SFRUTTAMENTO  «Condizioni di lavoro simili alla schiavitù»

L’OPERAZIONE – Manodopera in nero scoperta con il blitz

LA ZONA – Al setaccio le campagne tra Cavarzere e Riviera del Brenta

SQUADRA INTERFORZE – In azione Carabinieri, direzione del lavoro e tecnici dello Spisal

«Lavorano di sera e di notte per evitare gli accertamenti»

La strada da percorrere per contrastare il lavoro nero e il rispetto delle norme in materia di igiene e sicurezza nelle fabbriche della Riviera del Brenta sembra essere ancora lunga e, ogni qual volta gli organi competenti eseguono controlli, emergono sempre situazioni anomale e nuovi illeciti. E non è un caso che le irregolarità riguardino quasi esclusivamente attività economiche operanti nel settore calzaturiero e tessile gestite da cittadini cinesi.

L’ennesima operazione condotta nei giorni scorsi dai carabinieri della Compagnia di Chioggia, in collaborazione con gli ispettori della Direzione Provinciale del Lavoro, il Nucleo Carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro e lo Spisal dell’Ulss 13 di Dolo-Mirano ha fatto emergere ulteriori casi di attività illegali, condotte “in spregio ad ogni normativa sulle tutela dei lavoratori e la salubrità dei luoghi di lavoro”.

Questa volta gli accertamenti sono stati effettuati nelle fasce orarie serali e notturne, in considerazione del fatto che i cinesi prediligono lavorare di notte per non farsi individuare e meglio sfuggire ai controlli delle autorità competenti.

A Vigonovo il tomaificio Wang in via Montello 1 è stato sottoposto a provvedimento di sospensione per l’impiego di manodopera consistente in due lavoratori in nero e per l’inosservanza delle più elementari norme di sicurezza sul lavoro.

A Stra, in via Capeleo 36, il tomaificio Zhou Ruju è stato sottoposto a provvedimento di sospensione per l’impiego di un lavoratore in nero.

A Campolongo Maggiore, in via Lova 17, il tomaificio Chen Tianhui è stato sottoposto a provvedimento di sospensione per l’impiego di manodopera di due lavoratori in nero. Diversi titolari delle aziende controllate sono stati denunciati e sanzionati con forti multe. Per continuare a lavorare dovranno forzatamente pagare le contravvenzioni.

 

DA EX SCUOLA A LABORATORIO – L’ex scuola elementare di Cavarzere, prima trasformata in abitazione e poi in laboratorio, con turni massacranti per gli operai: si arrivava anche a 16 ore al giorno

Retata nei laboratori lager cinesi

Case trasformate in fabbriche senza requisiti e sicurezza: 13 “aziende” controllate, 6 sono state chiuse

Effetto Prato. Un’offensiva pianificata a livello nazionale quella tesa a verificare il rispetto delle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro dopo che sette cinesi hanno perso la vita carbonizzati nella fabbrica tessile della città toscana gestita da connazionali. Offensiva che nella nostra provincia, dove il contrasto all’abusivismo e allo sfruttamento è comunque costante, si è tradotta in una settimana di controlli a tappeto nel Cavarzerano e in Riviera: nel mirino realtà ormai appannaggio di titolari e manovalanza con gli occhi a mandorla. Tomaifici soprattutto, vale a dire uno dei segmenti “poveri” della filiera produttiva del calzaturiero che viene alimentato anche se non in gran parte dalle commesse, ottenute spesso tramite intermediari, di note griffe nazionali e internazionali.

Blitz notturni in mezzo alla campagna in case trasformate in laboratori ad altissimo rischio sul fronte della prevenzione e della protezione dei lavoratori e dell’ambiente. Tredici quelli ispezionati fra Cavarzere, Vigonovo, Stra e Campolongo Maggiore: in sette sono state riscontrate irregolarità tali che hanno portato alla chiusura di sei ovvero 5 tomaifici e una stireria, per inosservanza alla legge 626 e per aver in organico una percentuale superiore al 20% di manodopera “in nero”. In totale 78 i dipendenti controllati, 9 risultati “fantasma”, tutti con regolare permesso di soggiorno, 4 persone denunciate, 50mila euro di sanzioni amministrative comminate.

In campo un pool di vigilanza a 360 grandi. Per la prima volta infatti, all’operazione condotta dai carabinieri della Compagnia di Chioggia del capitano Antonello Sini, in collaborazione con gli ispettori della Direzione provinciale del Lavoro sotto la regia di Franca Cossu, e dei militari dell’Arma del Nucleo ispettorato del Lavoro, hanno preso parte gli esperti dello Spisal delle Ulss 13 di Dolo e 14 di Chioggia.

«In questo modo – spiega Sini – abbiamo potuto procedere con il contestuale sequestro penale, disposto dal magistrato, dell’attività in cui sono state riscontrate le più gravi carenze, vale a dire il tomificio “Zhu Qiliang” di Cavarzere, che potrà riaprire solo quando i titolari avranno ottemperato alle prescrizioni imposte dallo Spisal».

«Un segnale importantissimo – aggiunge la dirigente Cossu – perché o si mettono in regola da un punto di vista strutturale e di dotazioni di tutela oppure non gli viene data la possibilità di riaprire. Già perché la sospensione legata esclusivamente alla multa da pagare viene aggirata in un giorno o due versando il dovuto e ricominciando a operare in un mercato parallelo di illegalità che mette in atto una concorrenza sleale che danneggia insieme alle aziende virtuosi anche i consumatori».

«Le condizioni cui soggiacciono gli operai – conclude Cossu – non di rado rasentano la riduzione in schiavitù con turni massacranti legati alla periodicità degli ordinativi. Arriviamo anche a 16 ore al giorno, 100 alla settimana, quando nel contratto di assunzione vi è un obbligo quotidiano di quattro. Perciò abbiamo coinvolto anche gli operatori sociali del Comune di Venezia del Servizio contro la tratta di esseri umani».

 

CONDIZIONI DISUMANE – Finestre oscurate, poca aria. Lavoro e casa sono la stessa cosa

LA CULLA –  La bimba dormiva vicino a bidoni pericolosi

La culla della bimba in mezzo ai fusti di liquidi altamente infiammabile tra i macchinari per la produzione di tomaie alimentati da un impianto elettrico che è eufemistico definire fuori norma. Una scintilla e gli inneschi a catena avrebbero potuto provocare un incendio tale da distruggere l’intera struttura.

Una vera bomba a orologeria quella scoperta da carabinieri, ispettori del lavoro e dello Spisal al civico 2 in località Acquamarza Alta nella campagna di Cavarzere dove ha sede, regolarmente iscritto alla Camera di Commercio, il laboratorio “Zhu Qiliang” installato nell’edificio che in passato ha ospitato le scuole elementari per poi essere adibito a civile abitazione. Del tutto abusiva quindi la trasformazione a uso produttivo e per di più senza soluzione di continuità tra i locali destinati al lavoro e quelli alla vita quotidiana degli operai, Una sorta di lager del XXI secolo più simile a un deposito sporco e disordinato di scarti e materiali necessari all’attività, con finestre oscurate, pochissima illuminazione, totale assenza di aspiratori con l’aria resa irrespirabile dall’odore delle colle e delle resine. Parlare in questo contesto di rispetto delle norme di sicurezza e delle dotazioni a tutela dei lavoratori appare quanto mai anacronistico e quel lettino ricavato da un grande scatolone rosso coperto da una pezza bianca, così che la figlioletta di tre anni possa dormire accanto alla mamma che sgobba sulla postazione di lavoro in condizioni a di poco precarie, è l’emblema di una involuzione preoccupante sul fronte dei diritti e delle tutele della manodopera. Una volta informato della situazione riscontrata, il magistrato di turno ha disposto l’immediato sequestro dell’area: i militari dell’Arma, fra cui quelli del locale stazione guidata dal maresciallo Vinicio Marozzi, per entrare hanno dovuto spezzare una grossa catena che chiudeva la cancellata d’ingresso.

«Con la crisi perdurante – ragiona Franca Cossu, responsabile degli ispettori della Direzione provinciale del Lavoro – le condizioni lavorative già critiche in queste attività “etniche” del segmento tessile-calzaturiero sono peggiorate. In tutto il Veneto sono all’incirca 377 e il tasso di irregolarità riscontrato negli ultimi tre anni è in costante aumento passando dal 68% al 69% e infine al 71%. Dall’inizio dell’anno nel Veneziano sono state chiuse o sospese 40 ditte sul centinaio totale. Il fenomeno della diffusione dell’illegalità è oltremodo preoccupante e si può arginare solo con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. E non mi riferisco solo agli organi preposti alla vigilanza, carabinieri, ispettori del Lavoro dello Spisal, Comuni con i vigili urbani, finanzieri. Occorre infatti responsabilizzare la stessa committenza e non è un caso se sul fronte dell’elusione contributiva l’Inps cominci col chiamare a rispondere in solido i destinatari del prodotto richiesto. Perché se acquisti a prezzi fuori mercato non puoi non sapere che il terzista o chi per esso opera in regime di concorrenza sleale abbattendo i costi a scapito dell’incolumità dei dipendenti e della tutela dell’ambiente».

E fra le nuove peculiarità emerse va sottolineata l’estrema volatilità della manovalanza nel senso che all’occorrenza viene spostata da una sede all’altra con rapidità e facilità: trasferimenti di persone che possono arrivare fino alle Marche alla Toscana a conferma di una rete capillare di collegamento che farebbe addirittura sottendere un’unica regia.

(m.and.)

 

LA MANIFATTURA A CAVARZERE

Aveva riaperto da soli 2 mesi dopo la morte del titolare

Aveva riaperto da nemmeno due mesi il laboratorio di Cavarzere posto sotto sequestro dopo i controlli di carabinieri e ispettori del lavoro. L’attività infatti era stata interrotta all’inizio dello scorso ottobre per la morte del titolare del tomaificio, Zhy Qige, cinese di 42 anni.
Forse a causa di un malore o di una distrazione, sbandando in uscita da una curva, finì con la sua Bmw nel canale Botta che costeggia la strada in direzione Grignella annegando. A dare l’allarme un passante che avvistò l’auto semi sommersa circondata da numerose scatole di scarpe che galleggiavano sull’acqua. All’identità del conducente, rimasto intrappolato al posto di guida, si è risaiti solo quando si è potuto recuperare la vettura.
Qige al civico 2 di via Acquamarza Alta ci abitava e ci lavorava da almeno 5 anni. Nelle stesse condizioni riscontrate dal blitz della notte scorsa che si è concluso con i sigilli all’ingresso della ditta.

 

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