Nuova Venezia – Riviera. Chiusi sei laboratori cinesi “lager”
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
22
dic
2013
Chiusi sei laboratori lager
Cavarzere, Stra e Campolongo: cinesi in condizioni disumane
Condizioni di lavoro disumane e lavoratori irregolari. Vicino ai solventi trovata anche la culla di una bimba di tre anni
CAVARZERE – Nell’ex scuola di Acquamarza adibita a tomaificio, a Cavarzere, tra le colle e i solventi c’era anche una culla da campeggio, rifugio di una bimba di tre anni: solo così la mamma la poteva tenere sotto controllo senza allontanarsi dal posto di lavoro. È l’immagine simbolo dell’operazione condotta dai carabinieri della compagnia di Chioggia con la collaborazione dell’ispettorato al lavoro e degli Spisal delle Asl di Chioggia e Riviera del Brenta: su 13 laboratori cinesi controllati, ne sono stati chiusi 6, sospesi perché avevano oltre il 20% dei lavoratori impiegati in nero e per inosservanze delle norme sulla sicurezza del lavoro.
Tra questi 6 il tomaificio con la culla è stato anche sequestrato per gravi carenze sempre in materia di sicurezza sul posto di lavoro: nella stanza adibita a laboratorio, sparsi qua e là, c’erano solventi e altre sostanze infiammabili che, come spiega Antonello Sini, a capo della compagnia di Chioggia, «avrebbero potuto provocare un incendio, con inneschi a catena, in grado di incendiare l’intera struttura, metà laboratorio e metà casa».
L’operazione dei militari da tempo impegnati sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro, è scattata anche dopo il recente grave incendio scoppiato in un laboratorio a Prato, la capitale cinese d’Italia, nel quale sono morti sette operai. I controlli sono stati fatti soprattutto di notte e i numeri raccontano di 78 lavoratori controllati, 9 dei quali impiegati in nero. Quattro per ora le persone denunciate, due responsabili per il non rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, uno perché irregolare in Italia, mentre il quarto è il proprietario dell’appartamento affittato all’irregolare. Le sanzioni amministrative ammontano invece a 50 mila euro. Per poter tornare a lavorare quanto prima i responsabili dei laboratori dovranno pagare, e regolarizzare i lavoratori trovati in nero che, guarda caso, al momento dei controlli, si trovano sempre al primo giorno di lavoro e così il pagamento dei contributi arretrati è di pochi spiccioli.
Ma la novità principale di questa operazione è l’intervento dello Spisal i cui tecnici hanno imposto delle prescrizioni: fino a che non metteranno a posto le cose, i titolari del laboratori non potranno rimettersi in moto e rispondere alle ordinazioni, che non mancano mai.
Perché se qualcuno pensa che sia una fetta di economia parallela a quella ufficiale si sbaglia di grosso: i 13 laboratori controllati infatti producono, in subappalto, tomaie per i marchi delle grandi firme, quelle che poi vendono le scarpe a centinaia di euro.
Gli operai prendono circa 4 euro all’ora: risultano assunti per due ore al giorno, ma poi restano chini sulle loro postazioni anche per dodici ore.
Dall’inizio dell’anno sono stati 40 i laboratori tessili e i tomaifici chiusi dai carabinieri della compagnia Chioggia: ad ogni controllo almeno 1 laboratorio sue 2 presenta lavoratori in nero o luoghi di lavoro non a norma dal punto di vista della sicurezza.
Francesco Furlan
la scheda
Ecco gli opifici chiusi e i loro proprietari
Ecco l’elenco dei sei laboratori chiusi nell’ultima settimana. Il tomaificio “Zhu Qiliang” di Cavarzere, località Acquamarza 2 è stato sequestrato per gravi carenze in materia di sicurezza. A Vigonovo il tomaificio Wang di via Montello 1 è stato sottoposto a provvedimento di sospensione, per impiego di manodopera in nero (quattro lavoratori controllati dei quali due in nero) ed è destinatario di numerose prescrizioni per inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro. Il tomaificio Zhou Ruju di Stra, in via Capeleo 36, è stato sottoposto a provvedimento di sospensione, per impiego di manodopera in nero (due lavoratori controllati dei quali uno in nero). Un altro tomaificio, il Chela Tianhui di Campolongo Maggiore, in via Lova 17, è stato sottoposto a provvedimento di sospensione per manodopera in nero (nove lavoratori controllati dei quali due in nero).
Il tomaifi- cio Carino di via Martinelle 40, a Cavarzere, è stato sottoposto a provvedimento di sospensione, per impiego di manodopera in nero (quattro lavoratori controllati dei quali due in nero). Infine la stireria Ciao Ciao, di Cavarzere, in località Giare Inferiori, civico 5 , è stata sottoposto a provvedimento di sospensione, per impiego di manodopera in nero (tre lavoratori controllati dei quali due in nero).
«Poteva scapparci la strage come a Prato»
Parla la responsabile dell’Ispettorato del lavoro: case-fabbrica per sfuggire a tutti i controlli
CAVARZERE – Dai laboratori alle case-laboratorio. Cambia così la geografia dei laboratori tessili e dei tomaifici della Riviera, dove sono maggiormente presenti, e del resto del veneziano.
«Quest’anno ne abbiamo trovato molti di più» spiega Franca Cossu, responsabile dell’Ispettorato del lavoro di Venezia «ed è sicuramente l’elemento principale che emerge dai controlli. Case che vengono affittate, e che poi vengono trasformate, spesso senza alcuna autorizzazione, in laboratori».
Luoghi che riescono così a sfuggire meglio ai controlli ma che riescano di essere ancor più pericolosi per i lavoratori. «Un incendio come quello di Prato» aggiunge Cossu «potrebbe essere scoppiato da un momento all’altro in un ambiente come quello del tomaificio posto sotto sequestro a Cavarzere».
L’impegno dell’ispettorato è anche quello di risalire ai reali proprietari dei laboratori, che molto spesso sono in modo fittizio intestati a dipendenti degli stessi laboratori, che mettono una firma per pochi euro in più – quando va bene e non sono obbligati – nascondendo così la reale proprietà delle strutture. Non è però che i dipendenti schiavizzati siano d’aiuto dal momento che, anche quando parlano italiano, sono molto restii a parlare e a confidare con le forze dell’ordine, soprattutto perché temono di restare senza lavoro. Ma anche perché, come spiegano da Associna, anche se può sembrare impossibile molto spesso questi operai vivono in condizioni migliori rispetto a quelli dei loro paesi d’origine. A patto che non siano vittime di tratte, come è accaduto in passato, tanto che l’ispettorato del lavoro ha avviato una collaborazione con mediatori culturali anti-tratta del comune di Venezia proprio per cercare di ricostruire le reti attraverso le quali i cinesi arrivano in Italia.
(f.fur.)
«Colpire anche chi commissiona»
La proposta del sindacato per difendere il settore calzaturiero regolare
STRA – I sindacati dopo le ispezioni fatte dai carabinieri chiedono chiarezza, chiedono soprattutto che si spezzi quel clima di omertà che regna nel comparto calzaturiero e che spesso non permette di denunciare le aziende italiane che commissionano il lavoro ai laboratori cinesi irregolari.
«Le ispezioni fatte in queste settimane ultima quella di ieri, ma anche il rogo di Prato e l’incendio di venerdì a Scorzè in un laboratorio cinese», spiega Massimo Meneghetti segretario Femca Cisl, «dimostrano che si deve tornare in maniera decisa sul problema dei “laboratori irregolari”. Oltre al grido disperato del sindacato e di qualche sindaco, poco si è fatto. Sembra che su questo fenomeno sia calata una “cappa” di omertà e che il tema infastidisca. Eppure se non si farà in fretta si rischia di compromettere una delle attività più importanti del nostro territorio».
Il 5 dicembre doveva tenersi un incontro congiunto con Acrib (Calzaturieri del Brenta), Cgia, Cna (Tomaifici). L’incontro è stato rifissato per il prossimo 21 gennaio.
«È necessario – dice Meneghetti – allargare la platea dei sottoscrittori, dotarci di regole certe e strumenti (codice etico) ai quali sottostare tutti per contrastare questo fenomeno, prevedendo la denuncia e l’espulsione dalle associazioni di chi è coinvolto».
Ma non solo. «Questo confronto – continua – va aperto a prefetture, Comuni, Provincie, Regione, guardia di finanza e Ispettorato del lavoro, per fare sistema e definire un “Patto Sociale e di contrasto del lavoro irregolare” che permetta di definire le azioni in grado di debellare le attività irregolari, con multe salatissime e non i pochi spiccioli di oggi. Multe soprattutto alle produzioni e a chi le realizza irregolarmente e finalmente anche a chi commissiona».
Sulla questione interviene anche il segretario della Filtcem – Cgil Riccardo Colletti: «È importante che queste produzioni non siano solo sequestrate, ma anche distrutte . Chi fra i calzaturieri italiani si serve dei laboratori cinesi irregolari ben sapendo come la merce viene prodotta, dovrebbe essere indagato per concorso nello sfruttamento del lavoro nero».
Alessandro Abbadir