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Decreto di condanna a quattro esponenti del comitato. «Ma quel giorno non c’era alcuna manifestazione, stavamo portando in barca una troupe della televisione»

Quattromila euro di multa per aver portato in barca una troupe a filmare le grandi navi. Il decreto penale di condanna, firmato dal giudice per le indagini preliminari Andrea Odoardo Comez, è arrivato in questi giorni a quattro esponenti del Comitato «No Grandi Navi»: Niccolò Boccenti, Flavio Cogo, Cristiano Gasparetto e Silvio Testa. L’accusa, formulata dal pm Lucia D’Alessandro in base a un rapporto della Digos, parla di «manifestazione non autorizzata» e violazione dell’articolo 18 del testo Unico di Pubblica sicurezza. Secondo la sentenza, i quattro avrebbero dovuto comunicare tre giorni prima alla Questura la loro uscita in barca.

«Veramente ridicolo», commentano i quattro accusati, «anche perché quel giorno come si può facilmente verificare non c’è stata alcuna manifestazione di protesta». «L’atto eversivo», spiegano i quattro in un comunicato, «è stato messo a punto a bordo di una patanella a motore, una sampierota con motore elettrico, un sandoletto a remi con motore elettrico ausiliario. Con noi c’erano giornalisti e operatori di una tv tedesca, nient’altro». «Ricordo anche», aggiunge Silvio Testa, giornalista e portavoce del comitato fino a qualche mese fa, «che una barca della polizia ci aveva chiesto cosa facevamo, noi li avevamo rassicurati, tanto che se n’erano poi andati».

Un episodio che gli interessati definiscono «gravissimo». «Si tratta di un attacco alla libertà delle persone e dimostra, temiamo, che le Forze dell’Ordine e la Magistratura non siano neutrali nella partita del crocierismo a Venezia. Ogni manifestazione anche pacifica del nostro comitato ha registrato atti repressivi da parte delle Forze dell’ordine sempre presenti in assetto di guerra. In questo caso non c’era nemmeno lontanamente la minaccia di compromettere l’ordine pubblico. Perciò denunciamo con preoccupazione quanto accaduto».

Adesso i quattro presenteranno ricorso contro il decreto penale. E saranno sentiti in udienza, in un vero e proprio processo. «Potremo così spiegare che non abbiamo fatto proprio nulla. A meno che non si intenda vietato a Venezia poter girare con tre barchette e una telecamera a bordo».

Per adesso l’ammenda decisa dal giudice è di 3950 euro. Non si tratta di una contravvenzione e dunque di un atto amministrativo, ma di una sanzione penale, in base all’articolo 18 del testo Unico che delimita i confini per le manifestazioni da autorizzare dalla Questura. «Ma quella non era una manifestazione», insistono i quattro dei comitati: questa vicenda è davvero inquietante».

Alberto Vitucci

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i precedenti

Il “tuffo” collettivo in Canal Grande 

Nel mirino della Questura. Non è la prima volta che i comitati «No Grandi Navi-Laguna bene comune» finiscono denunciati alla procura durante le manifestazioni contro il passaggio delle navi davanti a San Marco. Era successo due anni fa, con il presidio alle Zattere, l’elicottero e la «battaglia navale» tra le volanti della Polizia e le barchette dei manifestanti. Poi ancora con il «corteo non autorizzato» lungo il Canal Grande. Denunce e contravvenzioni anche per chi accompagnava in barca i giornalisti e i fotografi. Infine, il tuffo di settembre. Con la manifestazione a sorpresa e la nuotata in canale della Giudecca. Anche qui rapporti della Digos al magistrato che parlano di infrazione alle leggi sulla Pubblica sicurezza. E anche qui opposizione netta degli aderenti al comitato: «C’erano famiglie intere che manifestavano pacificamente. Non abbiamo ostacolato il traffico delle grandi navi. Ci difenderemo in aula».

(a.v.)

 

«Così le navi restano a San Marco»

Costa attacca Orsoni: «Se accolto, il ricorso del Comune, azzera gli accordi»

«Il ricorso del Comune contro il Contorta è un ricorso contro il governo. E riporterà le navi davanti a San Marco». Risponde a muso duro, alzando il livello dello scontro, il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa alla decisione del Comune di ricorrere al Tar contro le ordinanze della Capitaneria di Porto. «Era solo la trasposizione letterale dell’accordo fatto a Palazzo Chigi», scrive Costa in un comunicato. E avverte: «L’eventuale accoglimento dei ricorsi farebbe saltare gli accordi e ci metterebbe davanti a una alternativa drammatica tra l’uccidere la croceristica veneziana e con essa il Porto o far tornare le grandi navi davanti a San marco per almeno sette anni, il tempo necessario ad approvare il nuovo Piano regolatore portuale». Infine ammicca a Renzi, neosegretario del Pd e al suo «Job act»: «Di fronte a tanta incertezza a croceristica se ne sta andando altrove, e questo non aiuta certo il Job Act e il rilancio occupazionale del Paese».

Frasi che il sindaco Giorgio Orsoni respinge al mittente. «Stiamo chiedendo, come deciso dal Consiglio comunale, che siano valutate tutte le alternative possibili e non soltanto lo scavo del nuovo canale».

Non ci sta nemmeno il senatore veneziano del Pd Felice Casson, primo firmatario di una delle due mozioni – l’altra è del senatore grillino Giovanni Endrizzi – contro lo scavo del canale che saranno discusse la settimana prossima nell’aula del Senato. «Troppo spesso si parla del ricatto occupazionale, per mandare avanti i lavoratori», dice, «stiamo facendo uno studio che dimostra come realizzando le alternative si offrono in realtà anche nuovi posti di lavoro. Dobbiamo tutelare il lavoro e anche l’ambiente».

Per la settimana prossima dunque è annunciato il dibattito nell’aula di Palazzo Madama. Le due mozioni (Casson più venti senatori di Pd, Sel e Psi) e Endrizzi (Movimento Cinquestelle) chiedono al governo di impegnarsi affinché siano valutate tutte le alternative in campo, e si rinuncia ad applicare al progetto Contorta (come chiede il Porto) le procedure speciali previste dalla Legge Obiettivo. Più o meno quello che chiede anche il Comune, che depositerà lunedì al Tribunale amministrativo il ricorso contro l’ordinanza e il decreto della Capitaneria di porto che danno il vua libera al nuovo canale.

Clima che si surriscalda, con telefonate roventi tra Venezia e Roma, diversità di vedute tra ministeri e anche all’interno del Pd veneziano, di cui Paolo Costa, ex sindaco ed ex ministro, faceva parte fino al 2009.

(a.v.)

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