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NORDEST – Zaia: è peggio del 2010. Chiesto lo stato di calamità. Ancora neve in montagna, slavina su Livinallongo

ALLARME ALLUVIONE – Emergenza a Padova: straripano i fiumi, campi e centri abitati allagati, centinaia di sfollati, soprattutto a Bovolenta, e una donna muore a Montegrotto per una caduta. La Regione Veneto chiede lo stato di calamità.

MONTAGNA ALLO STREMO – Ancora paesi isolati tra le Dolomiti. Una slavina è arrivata fino in centro a Livinallongo. In crisi il turismo: negli hotel fioccano le disdette.

Zona Termale, gli alberghi sono circondati da un vasto lago

L’EMERGENZA – Straripano i fiumi, campagne e centri abitati finiscono sott’acqua

Centinaia di sfollati, particolarmente colpita Bovolenta. L’ira dei sindaci: «Promesse non mantenute»

A MONTEGROTTO – Una anziana scivola in casa forse per il panico batte la testa e muore

LA STORIA – Patrizio Tasca non ha lasciato la casa, con il fratello Diego e un cane vigilerà sulle cose di tutti

«Resto, contro gli sciacalli, nel paese fantasma»

VENETO ORIENTALE – Riaperto il casello di San Stino. Allagati 10 mila ettari di campi

La grande paura, nel Veneto orientale, è passata. Ma l’entità dei danni dopo una settimana di pioggia incessante è ancora da quantificare. Secondo Coldiretti sono stati allagati diecimila ettari di terreni coltivati, che hanno compromesso le semine di frumento, orzo, colza ed erbe medicali. Sono già da mettere in conto 500mila euro per il funzionamento degli impianti di bonifica. La situazione dei fiumi, però, non desta più allarme: nel primo pomeriggio di ieri è stato riaperto il casello di San Stino di Livenza sulla A4, chiuso lunedì per la piena del fiume e dei suoi affluenti. A Chioggia 13 famiglie di Punta Gorzone sono state fatte evacuare per rischio esondazione. L’arenile di Jesolo è invaso da tonnellate di detriti scaricati in mare dai fiumi.

 

Alluvione, a Padova torna la paura

BOVOLENTA – «Se si rompe l’argine, nel giro di un minuto e mezzo Bovolenta è sott’acqua». Novanta secondi contava ieri il sindaco Vittorio Meneghello, già alla sua quinta alluvione in tre anni di mandato, ma solo stavolta con le palpitazioni per i «murazzi in sofferenza» e quell’interminabile attesa di nuove piogge e un’incontenibile piena. «Dura da giorni – ripeteva – ed è questo ciò che più mi preoccupa». Già ieri mattina evacuata parte del centro, sessanta famiglie, almeno trecento persone, da viale Italia, via Dante, via Quattro novembre, via Mazzini e piazza Umberto I. Zona rossa, dove si trovano la caserma dei carabinieri (messi in salvo dai militari computer e verbali), la parrocchia, le scuole e il municipio. Ieri in tarda serata il Bacchiglione aveva toccato il livello massimo mai registrato dal 1966, quota 7,94 metri. Alla “Punta”, là dove il fiume confluisce con il Vigenzone, l’acqua sfiorava i davanzali del primo piano di una antica palazzina già abbandonata da un paio di giorni.
Nel Padovano sono esondati i canali vicino al castello del Catajo, tra Battaglia e Montegrotto. A Montegrotto è morta una donna di 87 anni, E. M., trovata senza vita dal marito nel tardo pomeriggio nella sua casa di via Vallona, in una delle zone più flagellate. «Non escludo – ha detto il sindaco Massimo Bordin – che possa essere caduta dopo essersi fatta prendere dal panico». A Battaglia, in via Ortazzo, l’acqua ha raggiunto il metro e mezzo. Evacuate cinquanta persone, tutte ospitate da amici parenti, sebbene la protezione civile abbia aperto il centro di prima accoglienza nella casa del gemellaggio. Ma c’era chi non si scoraggiava. Come Alessandro Battisti, 27 anni, con appartamento allagato. Insieme a un suo amico ieri recuperava gli oggetti spostandosi in barca con remi di fortuna. «Lì dentro c’è tutta la mia vita – diceva – e voglio prendere quante più cose possibile».
Interi quartieri allagati anche a Sarmeola di Rubano, Caselle di Selvazzano e Tencarola. Ma pure l’area artigianale, come quella in via Sant’Antonio e in via Dante a Caselle, dove a finire sott’acqua sono stati i capannoni. Situazione difficile a Pernumia. Nella zona della golena cinque le abitazioni allagate.
Ma l’area più critica resta quella di Bovolenta. Argini monitorati per tutta la notte, a presidiare il sindaco Vittorio Meneghello. «Ogni anno la stessa storia. Ho ricevuto la telefonata di Luca Zaia. L’ho ringraziato, ma gli ho spiegato che mi ritrovo sempre in difficoltà. Già prima del 2010 dovevamo intervenire sull’argine più a rischio, quello di destra della deviazione del Bacchiglione. I soldi c’erano, tre milioni e mezzo. Ma poi non è stato fatto nulla. Così la cifra è aumentata sino ad arrivare ad oltre 4 milioni. Però dei lavori neppure l’ombra. Tanti progetti, cantieri mai aperti. Ero qui anche la notte di Natale per l’ennesima alluvione. Le ultime opere nel Basso Veneto risalgono al periodo fascista. Noi sindaci possiamo fare poco. È come mettere un cerotto a un malato terminale. La parola d’ordine è quella di sempre: arrangiarsi. Il centro storico resterà ancora chiuso, come le scuole e il ponte azzurro». Di notte, a vigilare sugli argini, la protezione civile, i carabinieri, i vigili urbani.
Difficoltà anche a Vicenza. Il sindaco Achille Variati ha però tranquillizzato in serata i cittadini: «L’emergenza è passata senza gravi problemi per la città dove, nonostante si siano verificati alcuni allagamenti, vaste zone che in passato hanno subito danni sono rimaste asciutte grazie ai lavori realizzati per la salvaguardia del territorio negli ultimi anni. Rimane alta l’attenzione per il Retrone». Qualche smottamento è stato segnalato a Lusiana, sull’Altipiano di Asiago.

 

I CARABINIERI – Anche la caserma è nella zona rossa

NEL VICENTINO – Bacchiglione, la piena passa senza gravi danni. Smottamenti a Lusiana

«Ancora piogge ma alla fine tutto arriverà sulle spiagge»

LE STATISTICHE – Soltanto nell’Ottocento un mese di gennaio così caldo e piovoso

ROMA – Il mese di gennaio 2014 ha fatto registrare temperature di oltre due gradi (+ 2.1) superiori alla media del periodo di riferimento 1971-2000, collocandosi al terzo posto tra i mesi di gennaio più caldi dal 1800 ad oggi (dopo il 1804 e il 2007, con anomalie, rispettivamente, di +2.4 e +2.3). Le precipitazioni, inoltre, sono state piuttosto abbondanti su gran parte del territorio italiano, facendo registrare una anomalia di +86% (rispetto alla media del periodo 1971-2000) a livello nazionale (il diciannovesimo gennaio più piovoso dal 1800 ad oggi). Lo rileva uno studio dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr. A Nordest la pioggia caduta è di quattro volte superiore alla media. È il terzo gennaio più piovoso di sempre, non accadeva dal 1845.

 

REGIONE La giunta ha stanziato un milione di euro. «Il Governo si muova»

Zaia: «E’ peggio del 2010»

Dichiarato lo stato di calamità

Non è come nel 2010. È peggio. E non siamo neanche alla fine. Perché prima c’è stata la Grande Neve con il blackout (il secondo, peraltro, dopo quello di Santo Stefano) che ha lasciato 35mila utenze al buio. Poi si è messo a diluviare e non accenna a smettere. I fiumi si sono ingrossati più del 2010 e se all’epoca si ruppero gli argini, adesso, con gli interventi di rafforzamento, gli argini tengono, solo che l’acqua è tanta. Troppa. Nella Bassa padovana, il Fratta Gorzone ieri mattina era già a 7 metri e 80 contro i 7,79 del 2010. E poi c’è il problema delle temperature: se non farà freddo (e i meteorologi dicono di no), non solo resterà l’allarme valanghe (siamo sempre a livello 5, di più non ce n’è), ma tutta la neve si scioglierà e ingrosserà ulteriormente fossi, canali, fiumi. Certo, scirocco permettendo, prima o poi tutto finirà in mare. E qui avremo l’ultimo – si spera – capitolo di questa lunga, angosciante, inesauribile ondata del maltempo: finirà tutto sulle spiagge. Per dire: a Portobuffolè, causa esondazione del Livenza, sono morte affogate 600 pecore. Si stanno recuperando le carcasse, ma non è detto. Il colmo è che tutto è iniziato il 29 gennaio, il primo dei tre Giorni della Merla, per il popolo i più freddi dell’anno. Già, magari gelasse.
Con un affresco del genere lo stato di calamità era il minimo che la giunta regionale del Veneto potesse chiedere. «E il Consiglio dei ministri deve accettarlo. Subito», ha scandito il governatore Luca Zaia. Perché solo se il Governo dice sì, i Comuni possono raccogliere l’elenco dei danni e presentare il conto. Con il presidente della Regione, schierati ieri mattina nel salone di Palazzo Balbi per spiegare cosa si è fatto e cosa si sta facendo per questa nuova emergenza maltempo, c’erano i tre assessori più strettamente coinvolti: Daniele Stival in tenuta da Protezione civile, il delegato all’Ambiente Maurizio Conte (che è tornato a chiedere al Governo di liberare dal Patto di stabilità le risorse per far fronte al dissesto idrogeologico, ma anche di valutare la nomina di un commissario), il delegato al Bilancio Roberto Ciambetti (che dal fondo di riserva ha trovato un milione di euro per i primi interventi di Protezione civile). Zaia e i suoi hanno descritto uno scenario da «tempesta perfetta». Ed è stato Conte ad anticipare la più facile delle contestazioni, quella secondo cui dal 2010 ad oggi non si sarebbe fatto niente, visto che siamo ancora sott’acqua: «Non è così. A Caldogno e Trissino, nonostante le lungaggini, siamo partiti con i bacini di laminazione. E i lavori che abbiamo fatto sono serviti, eccome: nel 2010 abbiamo avuto 36 rotture di argini, stavolta si sta allagando il sistema secondario dei corpi idrici». Zaia ha ricordato: dopo la Grande Acqua del 2010 sono state realizzate 925 opere, ci sono state 10.040 pratiche di famiglie e imprese per uno stanziamento di 107 milioni. «E se qualcuno sostiene di avanzare soldi è perché non ha presentato le ricevute in Comune».
Tre anni e tre mesi dopo siamo di nuovo in stato di emergenza. Prima la neve, adesso l’acqua, domani le spiagge. Risponderà il Governo? A proposito di capitale, Zaia ha rivolto un appello ai media nazionali: «Si rendano conto che l’acqua non c’è solo a Fiumicino».

Alda Vanzan

 

BELLUNO – Continua l’emergenza. Turismo in ginocchio. Livinallongo allo stremo

GLI AMMINISTRATORI «La situazione è grave, non possiamo muoverci e ripristinare le attività»

Ora le slavine arrivano in paese. E negli hotel fioccano le disdette

A Cortina riaprono le scuole, ad Arabba e nell’Alto Cordevole ancora non se ne parla, amministratori locali, volontari e l’Esercito tengono a bada le valanghe e spalano oltre due metri di neve dai tetti. La popolazione è allo stremo e spaventata, soprattutto dopo quanto accaduto nelle ultime ore: la valanga che ha travolto seggiovia e rifugio in Marmolada e le continue slavine lungo la regionale 48 delle Dolomiti, l’ultima in pieno centro al paese fino alla porta dell’ambulatorio medico. Comincia a profilarsi un costo pesante anche per il turismo. Negli hotel fioccano le disdette. I pochi arrivati, visto il maltempo hanno preferito fare le valige e tornarsene a casa. Mentre per le settimane bianche di febbraio abbondano le richieste di posticipo. Il maltempo tiene in apprensione. Una massa di neve ha attraversato il centro abitato di Pieve di Livinallongo del Col di Lana, si è fermata in strada davanti alla farmacia e all’albergo Dolomiti. Fortunatamente non ha travolto nessuno. Nella sua discesa ha spostato un mezzo nel parcheggio di proprietà di una ditta impegnata nello sgombero neve. Una seconda valanga ha distrutto gran parte delle protezioni da poco realizzate sui pendii che scendono dalla regionale 244 di Passo Campolongo. Una terza ha interessato la zona delle scuole, senza causare danni. «Sono solo tre episodi – dice il sindaco Ugo Ruaz – altre valanghe sono cadute verso Andraz, a Boscoverde e in molti altri siti».
Arabba rimane isolata, impensabile il transito sotto alle valanghe che minacciano la principale via di comunicazione. Ieri pomeriggio in paese sono arrivati i soccorritori, proprio mentre cominciavano a scarseggiare viveri. Ma gli abitanti non possono ancora lasciare il paese. Impossibile anche il valico di Passo Campolongo. «Insistiamo per tenere aperta quella strada – dice il sindaco Fodom – perché di là c’è meno neve». Anche le frazioni in quota sono state raggiunte dai soccorritori che hanno portato viveri e medicine. «La situazione è grave. – dice il vicesindaco, Claudio Sorarui – Lungo la regionale 48 siamo riusciti a far passare i mezzi di soccorso, ora però la gente ha bisogno di muoversi, andare al lavoro, ripristinare le attività, compresa quella degli allevatori che da giorni gettano 28 quintali di latte al giorno perchè la latteria è irraggiungibile». Anche ieri una vera e propria task force del Soccorso Alpino, 144 persone, si sono messi a disposizione dei sindaci nella parte alta della provincia colpita dall’emergenza maltempo, per proseguire nel lavoro di sgombero dalla neve dei tetti degli edifici pubblici, per liberarli dal peso incombente. La nevicata non ha dato tregua e nuovo spessore si è aggiunto ai quasi 2 metri già presenti. In supporto alle squadre del territorio bellunese, oltre a quelle del resto del Veneto e dei servizi regionali di Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, ormai al secondo giorno di presenza, si sono aggiunte anche quelle del Trentino Alto Adige. Nella frazione Sottinghiazza l’unica abitante, Nina 77 anni, è rimasta isolata e senza corrente. I soccorritori avrebbero voluto portarla a valle con la barella, ma lei ha voluto indossare le ciaspe e scendere per oltre un chilometro con la squadra di uomini per poi essere accompagnata a Pieve.

Mirko Mezzacasa

 

LA POLEMICA – Duro attacco del delegato del Soccorso Alpino per l’indifferenza dei media nazionali: «La montagna non fa audience»

«Rai e Mediaset ignorano il nostro dramma»

Meglio non misurare l’emergenza neve dell’Alto Bellunese sullo spazio datole nei telegiornali nazionali: il risultato sarebbe a dir poco discutibile. Se i bellunesi sommersi dalla neve non si lamentano, ci pensa il vulcanico Fabio Bristot, delegato bellunese del Soccorso Alpino, a lanciare strali contro l’informazione pubblica, che relega Belluno al ruolo di fantasma. Negli ultimi giorni uomini e volontari del Cnsas stanno lavorando a ritmi serrati per lenire i disagi della grande bufera, per liberare i tetti delle case dagli accumuli di neve fradicia e pesante. I rinforzi sono arrivati un po’ da tutto il Veneto e anche da fuori regione. A dimostrazione che l’emergenza è vera e reale. «Il biasimo va a quella parte dei media nazionali, Rai e Mediaset in testa, più concentrati alle buche sull’asfalto di Roma e sul l’affaire Boldini-Grillo che su persone anziane ancora bloccate in quota e prive persino della dignità di essere ricordate pur nella triste novella, di persone che difendono con i denti il loro stesso diritto (alle volte un dovere) di vivere in montagna e per la montagna, di persone che in ogni caso, nel silenzio di sempre, vivono e sopravvivono con la solita tenacia e determinazione che serve per non rotolare a valle con quanto realizzato in una vita di sacrifici» attacca Bristot. E rincara: «L’audience governa le priorità. Noi, al contrario, come Soccorso Alpino crediamo che le priorità siano queste persone immerse nella neve da giorni. Stiamo producendo il massimo sforzo (anche ieri 144 uomini, ndr) per dare un doveroso contributo alla nostra terra».

 

IL CONSORZIO CHIEDE UN VERTICE TRA SINDACI

Allagati 10mila ettari di campi coltivati

CAMPI ALLAGATI – L’emergenza è cessata, ma i danni del maltempo saranno salati. Per il Consorzio di bonifica, che ha speso mezzo milione di euro solo per far funzionare le idrovore, rimane critica la situazione nel bacino delle Sette Sorelle, mentre a San Stino hanno riaperto le scuole e il casello della A4.

CASE EVACUATE – A Punta Gorzone, nei pressi di Chioggia, sono state fatte evacuare 13 famiglie per il rischio di esondazione del fiume. Problematica la circolazione nelle strade danneggiate dalla pioggia nel Miranese e in Riviera del Brenta.

MALTEMPO – Strade devastate nel Miranese. Speso mezzo milione di euro solo per far funzionare le idrovore

Passata la piena, restano i danni

Nel Veneto orientale riaprono le scuole e il casello in A4 a San Stino. Chioggia, evacuate 13 famiglie a Punta Gorzone.

ORIAGO – Nuovi disagi per le piogge. Protestano i residenti.

EMERGENZA MALTEMPO

NEL VENETO ORIENTALE – Mezzo milione per la gestone degli impianti di bonifica

A San Stino riaprono le scuole e il casello A4

IL GIORNO DOPO – Nel Veneto orientale sono stati allagati diecimila ettari di campi coltivati

SAN STINO – Calo dei livelli dell’acqua di Livenza e dei canali, principalmente Fosson meno 25 centimetri, Malgher meno 40 centimetri, Loncon e Cernetta. Alle 13.40 di ieri riaperto al traffico il casello autostradale. Oggi, mercoledì, riaprono tutte le scuole. La situazione del maltempo è migliorata rispetto all’altro ieri, nonostante la pioggia persistente non aiuti a scongiurare lo stato di emergenza. «Questa situazione – rassicura Mauro Marchiori, assessore comunale alla Protezione civile – non dovrebbe metterci ulteriormente in crisi». Alle 14 di ieri l’ondata di marea era finita. Più squadre di Protezione civile continuano a monitorare ininterrottamente i livelli idrometrici dei corsi d’acqua del territorio, le situazioni d’infiltrazione lungo il Loncon ed il Livenza ed il rischio di allagamento nelle abitazioni. Restano evacuate una ventina di famiglie. In località Sette Sorelle sono stati messi in sicurezza quattro fontanazzi. Ieri erano ancora chiuse al traffico le vie Fosson e Leopardi. Dopo 24 ore di chiusura, ieri pomeriggio, i tecnici di Autovie Venete, per il sensibile calo delle acqua del Fosson, hanno deciso di riaprire le entrate del casello autostradale, in entrambe le direzioni, e lo svincolo in uscita, provenienza Trieste.

Gianni Prataviera

 

Paura passata, restano i danni

Passata la paura, restano i danni. Che sono ingenti come la quantità d’acqua che nel giro di una settimana si è scaricata su tutta la provincia, gonfiando i fiumi e trasformando le campagne in immense risaie. A farne le spese sarà soprattutto il comparto agricolo, già in allarme nonostante sia ancora impossibile quantificare l’entità dei danni. «È presto per una stima – spiegano alla sede di Coldiretti Venezia – i campi sono ancora allagati e finché l’acqua non si ritira non è possibile valutare l’entità del problema», soprattutto nell’area del Veneto orientale, la più colpita dal maltempo. Di sicuro i soli costi di bonifica, relativi ai costi di manutenzione degli impianti e al gasolio per il funzionamento delle pompe, ammontano ad almeno 500mila euro.
Sicuramente più ingenti i costi dei raccolti compromessi dalla pioggia. L’acqua ha allagato circa diecimila ettari di campi coltivati, soprattutto nelle aree di San Stino di Livenza, Annone Veneto e Concordia Sagittaria, rovinando le semine di frumento, orzo, colza ed erbe medicali. Dopo quattro giorni di allagamenti le colture sono di fatte perse, e quando l’acqua si ritirerà sarà necessario procedere a una nuova preparazione dei terreni e ad altre semine. Meno pesanti le conseguenze per le colture che si sviluppano in altre stagioni, come quella delle viti, una delle produzioni più importanti per il Veneto orientale.
Anche in casa Cia i danni non sono ancora stati quantificati: «È troppo presto per una stima dei danni – spiega il presidente di Cia Venezia Paolo Quaggio – ma è ormai palese che siano urgenti opere di manutenzione e ripristino del territorio, sia per la rete idrografica minore (scoli privati e consortili) che per il sistema Brenta-Bacchiglione, quello attualmente a maggior rischio».
Ora che l’emergenza sembra passata, l’attenzione si sposta sugli interventi strutturali necessari per evitare il peggio. Per Quaggio «è indifferibile l’avvio dell’escavazione dell’idrovia Padova-Venezia, in modo da poter scolmare, in caso di necessità, fino a 4-500 metri cubi di acqua al secondo: una quantità che, se dovesse riversarsi al di fuori degli alvei fluviali, avrebbe effetti distruttivi simili a quelli dell’alluvione del 1966».
«L’ambiente e il clima – gli fa eco il presidente del Consorzio di bonifica Acque Risorgive, Ernestino Prevedello – ci ricordano quanto importante sia continuare ad investire per interventi di salvaguardia del territorio. Investimenti di cui il Consorzio non può farsi carico, e per i quali auspico un forte interessamento delle amministrazioni superiori». Ma il conto sarà salato: solo nel Veneto orientale il locale Consorzio di bonifica ha stimato una spesa di 20 milioni di euro per la messa in sicurezza del territorio, che per gran parte si trova ancora sotto il livello del mare.

 

PORTOGRUARESE – Sindaci del Veneto orientale chiamati a un vertice urgente

Permane una situazione critica solo nel bacino Sette Sorelle. Monitoraggio continuo sugli argini sottoposti a pesante stress

PORTOGRUARO – Pompati quattrocento mila litri al secondo. È il dato impressionante del Consorzio di Bonifica del Veneto orientale sul regime raggiunto in questi giorni per salvare il territorio dall’alluvione. «Le oltre 200 pompe installate nei 77 impianti idrovori, posti a servizio del comprensorio, hanno lavorato al massimo regime con una portata complessiva che ha superato i 400 mila litri al secondo – spiega il direttore del Consorzio, l’ingegnere Sergio Grego – con il passare delle ore si stanno progressivamente disattivando seguendo la diminuzione dei livelli di piena negli oltre duemila chilometri di canali di scolo consortili». Insomma l’emergenza pare si stia attenuando. I livelli idrometrici dei corsi d’acqua esterni e della rete di bonifica stanno rientrando verso i valori normali, nonostante gli ulteriori 30 mm di pioggia caduti ieri. «Permangono situazioni critiche nel bacino Sette Sorelle, in comune di San Stino di Livenza, dove è entrata in funzione una pompa di emergenza da 1200 litri al secondo a supporto degli impianti idrovori e al IV Bacino-Bevazzana in comune di San Michele al Tagliamento – ribadisce Grego – Ora procediamo con la massima celerità alla verifica puntuale dei danni subiti dalle opere pubbliche di bonifica in modo da avviare nel più breve tempo possibile gli interventi di ripristino della loro piena funzionalità». Per questo il Consorzio ha chiesto una riunione urgente della Conferenza dei Sindaci del Veneto Orientale, nella quale fare il punto della situazione e sollecitare presso gli Enti superiori, in primis la Regione Veneto e il Ministero dell’Ambiente, l’adozione di un piano di interventi strutturali oltre a quelli di ripristino dei danni causati dalla grave ondata di maltempo che sta colpendo il territorio.Verrà infatti riproposto il Piano Strategico di Difesa Idraulica, un insieme di interventi dell’importo complessivo di oltre 40 milioni di euro, che il Consorzio di bonifica ha individuato per affrontare in modo organico il problema della difesa idraulica del Veneto Orientale, già compilato e sottoposto alla Regione in occasione delle avversità atmosferiche del 2011. Continuano ad essere sorvegliati gli argini, che hanno subito un grave stress.

Marco Corazza

 

JESOLO – Spiaggia piena di rifiuti   «Situazione drammatica»

JESOLO – «Drammatica». Così il sindaco Valerio Zoggia descrive lo stato della spiaggia di Jesolo, in gran parte ricoperta da tonnellate di detriti trascinati a riva dal mare. Tra Cortellazzo e piazza Torino la situazione più critica ma rami, tronchi ed erba sono presenti ovunque. Per questo il sindaco ha subito attivato gli uffici comunali per iniziare la conta dei costi di rimozione che saranno illustrati questa mattina in municipio assieme a Gianni Dalla Mora, presidente di Aliesa.
«La situazione è drammatica – commenta Zoggia – è difficile trovare altre parole. La mareggiata ha trascinato migliaia di tonnellate di tronchi e rami, purtroppo questo processo continuerà ancora nei prossimi giorni aggravando la situazione. Ci siamo subito attivati per fare la stima dei danni e dei costi di smaltimento di questi detriti che la legge definisce «rifiuti speciali» solo perché depositati nell’arenile anche se in realtà si tratta al 99% si tratta di legname». Una classificazione che rende più oneroso lo smaltimento. «Che non può continuare ad essere a carico della nostra città – aggiunge Zoggia – questi detriti arrivano dal Piave e dal Sile, sono prodotti in altri Comuni ma vengono pagati solo dai cittadini jesolani: non siamo più disposti ad accettare questa situazione».
Per questo il Comune chiederà un intervento della Regione, invitando gli assessori competenti in spiaggia per compiere un sopralluogo. «Si renderanno conto della gravità della situazione – conclude il sindaco – alla Regione non chiederemo solo un aiuto per sostenere i costi, che ripeto sono enormi, ma anche di modificare la classificazione di questi detriti, evitando di chiamarli «speciali» e di definirli per quello che sono, ovvero solo legna che non può nemmeno essere raccolta dai cittadini».

Giuseppe Babbo

 

A Spinea in centro compaiono i cartelli “buche pericolose”, asfalto rovinato in molti comuni di Riviera e Miranese

IL PROBLEMA – Cinque giorni di acqua, strade a pezzi

S.MARIA DI SALA – Voragine davanti alla sede della Safilo

SPINEA – Una settimana di piogge e maltempo, cede l’asfalto in via Roma di fronte al Municipio. Vita difficile per automobilisti e ciclisti spinetensi, alle prese con buche e avvallamenti lungo via Roma, nel pieno centro di Spinea. Situazione che, ieri, ha costretto il Comune a piazzare dei cartelli con l’avviso “buche pericolose”, vista l’impossibilità ad intervenire immediatamente. D’altronde i bilanci degli enti, ridotti sempre più all’osso, non permettono grossi investimenti e, dunque, s’interviene come si può, talvolta rattoppando. Problema che in questi giorni sta riguardando un po’ tutti i Comuni del comprensorio. «Il maltempo ci sta creando grossi disagi – spiega il sindaco di Spinea Silvano Checchin – questi cinque giorni di acqua continua hanno provocato un cedimento in alcuni punti dell’asfalto, anche se i punti più critici sono i fossati di campagna, dove al momento, fortunatamente, non si sono verificate tracimazioni. Stiamo monitorando costantemente la situazione e, non appena le condizioni atmosferiche lo consentiranno, interverremo per sistemare il manto stradale. Gli operatori comunali stanno facendo un lavoro straordinario».
S. MARIA DI SALA – Sarà la pioggia che batte imperterrita in questi giorni, sarà il peso dell’acqua sull’asfalto, sarà il continuo andirivieni di auto e mezzi pesanti, fatto sta che continuano le precipitazioni e precipita anche la strada. Non c’è una frazione del Comune di Santa Maria di Sala che non sia interessata dalle enormi buche che stanno comparendo sulle strade. Per non parlare di quelle che già c’erano e che ora, piene e colme d’acqua, stanno collassando sempre più. L’ultima, lunedì, davanti alla Safilo, che ha visto anche una sfuriata al comando dei Vigili di Santa Maria di Sala da parte di un cittadino indignato. Sembra che di voragini, però, ce ne siano altre, una sorta di campo minato, che rende pericolosa la circolazione.

(Hanno collaborato Damiano Corò, Andrea Penso e Serenella Bettin)

LUNGO LA FOCE – Da mesi il Comune aveva segnalato il potenziale pericolo

Punta Gorzone, via 13 famiglie

Fiume oltre i limiti di sicurezza, il sindaco ordina lo sgombero. Era già successo nel 2010

CHIOGGIA – Il maltempo fa danni anche a Chioggia. Il livello del fiume Fratta Gorzone ha infatti superato i limiti di sicurezza tanto che ieri mattina, il sindaco Giuseppe Casson, ha dovuto fare d’urgenza un’ordinanza di evacuazione. Nella zona, una striscia di terra nella campagna tra Dolfina e Brondolo, risiedono 13 famiglie che hanno dovuto lasciare la propria abitazione. Sei hanno trovato ospitalità da alcuni parenti, alle altre 7 ha provveduto il Comune sistemandole in un ostello in centro storico. Una evacuazione annunciata, come l’ha chiamata il sindaco Giuseppe Casson, che ormai da diversi mesi aveva allertato tutti gli enti interessati sulla pericolosità della zona in caso di forti piogge. «Abbiamo avuto – ricorda il sindaco Giuseppe Casson – anche un incontro a gennaio con la Regione, i Consorzi di Bonifica e il Genio Civile di Venezia (mancava quello di Padova) e anche in quella occasione abbiamo fatto presente la grossa pericolosità in cui versa Punta Gorzone che ha assoluto bisogno di interventi strutturali. Se però prima non si crea l’emergenza nessuno si muove».
E a dare l’allarme, ieri mattina, è stato il Genio Civile di Padova che ha comunicato a Regione e Comune la necessità di evacuare l’area per effettuare un intervento urgente sugli argini del Gorzone. Fortunatamente le case non risultano allagate. Il fiume si sta ingrossando, ma non è esondato. Alle famiglie evacuate sta provvedendo, al momento, il personale della Protezione Civile locale. Il sindaco Giuseppe Casson lancia di nuovo un appello agli enti competenti: «Servono interventi urgenti di messa in sicurezza della zona. Ci auguriamo che l’intervento che si andrà ora a fare non abbia carattere di provvisorietà e precarietà, ma porti a una soluzione definitiva del problema. Soluzione troppe volte invocata e mai, come in questo momento, assolutamente indifferibile». Le abitazioni di Punta Gorzone erano finite sott’acqua anche nel novembre del 2010.

Marco Biolcati

 

«Coi bacini di laminazione evitati i disastri ma bisogna potenziare il sistema dei canali»

TREVISO – (mzan) «A fronte di 5 euro di danni, basterebbe un euro investito in interventi strutturali per dare risposte al problema. Per giunta, creando opportunità di lavoro». Giuseppe Romano, presidente del Consorzio di bonifica Piave, ribadisce il ruolo della prevenzione idrogeologica contro le intemperie. Da ormai una settimana, tecnici e operai del consorzio sono impegnati, giorno e notte, a governare gli effetti dell’ondata di maltempo soprattutto sulla rete idrica minore. «Devo davvero ringraziali -sottolinea- Se abbiamo avuto danni tutto sommato contenuti, lo dobbiamo al loro grandissimo lavoro». Nelle ultime ore, il calo del livello dei corsi d’acqua sta dando un po’ di respiro: «Anche se ora sta manifestandosi un altro problema: la risalita della falda, ad esempio nella zona di Maserada». Romano cita due dati per evidenziare l’eccezionalità dei fenomeni fronteggiati: «In questi giorni siamo arrivati a punte di cento metri cubi al secondo d’acqua prelevata dalle nostre idrovore dai corsi d’acqua minori. Fortunatamente la portata di Livenza, Monticano e Piave, a differenza di altri fiumi veneti, ci ha consentito di continuare a scaricare. Secondo: nel bacino di laminazione che gestiamo a monte di Castelfranco, abbiamo invasato oltre un milione di metri cubi di acqua». Proprio le grandi vasche sono uno degli investimenti su cui, secondo Romano, si deve proseguire. «Poi occorre anche adeguare e potenziare la rete delle idrovore e il sistema dei canali. Ma sa qual è la vera priorità? Sbloccare il patto di stabilità: non è tollerabile avere le risorse e non poterle utilizzare».

 

STRA – Anima critica: «Intervenire su Brenta e Naviglio»

STRA – Le abbondanti piogge di questi giorni hanno certamente delle colpe ma le responsabilità maggiori sono da addebitare agli organi preposti che per la scarsa manutenzione cui sono sottoposti il Brenta ed il Naviglio. È ciò che sostiene l’associazione padovana Anima Critica che, per voce del suo presidente Massimo Camporese ancora una volta evidenzia la situazione precaria in cui si trovano le acque rivierasche: «I detriti, tronchi e ramaglie alla deriva sul fiume Brenta navigano abbastanza veloci trasportati dalla corrente, alimentata vorticosamente dalle forti piogge e, quindi, vanno poi inevitabilmente ad infrangersi ed impattarsi contro le chiuse di Stra e del Naviglio Brenta in generale». Osserva amaramente Camporese, che poi aggiunge: «La mancata manutenzione e dragaggio delle rive e del fiume in generale creano problemi di carattere generale e quindi a tutto il corso del fiume ed anche alla Riviera del Brenta perché il pattume che non si deposita nelle chiuse passa poi, quando di volta in volta si aprono le paratie, lungo il Naviglio. Il Brenta dev’essere visto come un lungo, unico e vivo organismo fluviale; i problemi sono dunque correlati e vanno affrontati assieme in un intervento generale di ripristino ambientale ed idrogeologico».

Lino Perini

 

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