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Per l’Angelo di Mestre, Santorso e Montebelluna-Castelfranco investiti 559 milioni, 290 dei quali anticipati dai privati

PADOVA – Nuovo ospedale di Padova: ci sono o no questi 200 milioni di euro su una spesa di 8,3 miliardi per far decollare il progetto e poi batter cassa a Roma, in attesa del mutuo al 2% con la Bei? Mai intesa più solida sta per essere costruita tra maggioranza e opposizione su una scelta destinata a cambiare la sanità e giovedì la V commissione della Regione Veneto avvia le consultazioni istituzionali per passare dalle parole ai primi fatti concreti. «Ho invitato l’assessore Luca Coletto per capire a che punto siamo: sono passati cinque anni dalla firma dei primi protocolli e mi piacerebbe che anche il presidente Zaia partecipasse all’incontro. Non vorrei che i tagli al bilancio 2014 finissero per penalizzare proprio l’opera pubblica considerata priorità assoluta dal nostro governatore. Io sono ottimista perché l’assessore Ciambetti ci ha spiegato che con i costi standard il Veneto avrà 100 milioni in più da destinare proprio al fondo di finanziamento del nuovo ospedale di Padova», spiega il presidente Padrin. Sarà davvero così? Lo scenario delineato nei protocolli firmati tra Regione, Università, Azienda ospedaliera, Comune e Provincia di Padova ruota attorno alla proposta di Land Laese che Luca Zaia ha chiuso in un cassetto, ma a palazzo Ferro Fini è maturata la consapevolezza che la stagione dei project financing del «doge» Galan sia giunta al tramonto. E non perché non abbia dato ottimi risultati. Anzi. Dopo la crisi del 2008, sono cambiate le condizioni strutturali di mercato e va trovato un punto di equilibrio, senza dimenticare che i project hanno due grandi fattori positivi: i privati anticipano quasi il 50% dell’investimento non soggetto al patto di stabilità del governo; i tempi di realizzazione sono molto veloci: in media dopo 5 anni dalla posa della prima pietra si aprono i reparti di cura. Quindi sarebbe folle azzerare la procedura e partire da zero. Ciò che non torna sono gli oneri finanziari, a partire dall’Iva, che pesa per il 20-22%. Chi ama i numeri può divertirsi a interpretare questa cifra: 532.244.952 di euro. È quanto la regione Veneto pagherà allo Stato per gli ospedali all’Angelo di Mestre, Santorso dell’Alto vicentino e per la ristrutturazione di Montebelluna e Castelfranco. I 532 milioni sono calcolati sulla durata dei canoni di concessione: si tratta di 6,9 milioni per 27 anni all’Usl di Asolo; di 3,7 milioni per 24 anni all’Usl di Thiene e Schio; e di 8,7 milioni per 29 anni all’Usl Mestre-Venezia, quella che ha i conti peggiori per ragioni strutturali legate alla peculiarità dei servizi sanitari in laguna. Tutti soldi che escono dalle casse di palazzo Balbi per tornare alla Tesoreria del ministero dell’Economia di Roma, con buona pace dei proclami federalisti. Del resto, non era così anche per la Città della Speranza, costretta a pagare Iva al 20% e poi l’Imu allo Stato, dimezzando così le risorse raccolte dalla gara di solidarietà dei veneti?

Tirate le somme, i tre ospedali modello sono costati 559 milioni di euro, 290 dei quali anticipati dai privati con il project. Gli altri 269 milioni sono usciti dalle casse di Regione e tre Usl, istituzioni e aziende emanazione diretta dello Stato, che dovranno rimborsare ben 532 milioni di Iva.

Mentre al pool di aziende private che hanno investito sono stati garantiti rendimenti netti che oscillano tra il 7 e l’8%: decisamente meglio dei bund tedeschi trentennali.

Il dossier che valuta gli effetti dei tre project è al centro delle analisi della commissione sanità e ciò spiega il lento procedere della giunta Zaia. Giovedì si gioca a carte scoperte e sul piatto della bilancia l’assessore Ciambetti dovrà mettere numeri concreti e indicare un capitolo di spesa con cui finanziare l’ospedale di Padova.

Albino Salmaso

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IL NUOVO POLO PADOVANO

«Stanziare subito fondi ad hoc»

PADOVA «Basta con le polemiche. Ci vuole un gioco di squadra nell’interesse esclusivo del Veneto. Giovedì spero che l’assessore Ciambetti indichi concretamente il capitolo di spesa da vincolare nel bilancio per la costruzione del nuovo ospedale di Padova».

Claudio Sinigaglia, consigliere regionale del Pd, valuta con interesse il vertice di giovedì in commissione Sanità, di cui è vicepresidente. Consigliere Sinigaglia, cosa si aspetta da Ciambetti e Padrin? «Che dimostrino con fatti concreti il loro impegno per far decollare l’ospedale di Padova. Siamo convinti che ci siano le risorse per posare non solo la prima pietra, ma per avviare l’opera e concluderla in tempi ragionevoli».

Lei ritiene che il project financing sia la strada giusta? «C’è una relazione che documenta nei dettagli i pregi e i limiti del project. Io mi limito ad osservare che ci sono alcune cose da rivedere, a partire dalla durata del vincolo. Per l’ospedale all’Angelo di Mestre si tratta di trent’anni e concessioni così lunghe ridimensionano l’autonomia programmatoria della Regione, soprattutto se si dovesse decidere di tagliare i posti letto o ricorrere a gare Consip, più convenienti. E poi nei project manca la clausola del riscatto anticipato da parte del concedente: l’ente pubblico ha le mani legate e il contratto diventa quasi indissolubile».

Cos’altro non torna ancora, dal suo punto di vista? «Dal mio punto di vista il peso dell’Iva diventa insostenibile. Il 22% sul canone complessivo pesa come un macigno sulle risorse, anche se nel canone ci sono servizi con aliquote ridotte al 4% e al 10% per la ristorazione. I lavori di ristrutturazione edilizia beneficiano di un’aliquota agevolata rispetto al 20-22% che grava sul canone».

Lei cosa propone come sistema alternativo? Il patto di stabilità blocca la spesa pubblica e quindi non ci sono molte vie d’uscita… «I canoni dei project sono risorse sottratte ai Lea e la prima contromisura da adottare è la riduzione della durata della concessione. 10–15 anni possono bastare e poi esistono anche altri strumenti».

Di cosa si tratta: li può indicare? «Faccio riferimento all’ospedale della Bassa padovana, assegnato con lo strumento della concessione di costruzione e gestione disciplinato dagli articoli 143 del decreto legislativo 163/2006. L’investimento stimato in 165 milioni per 447 posti letto è stato garantito dallo Stato con 86.542.224,40 euro, di cui 72 milioni articolo 20 legge 67/88 e altri 14.542.222 euro con il fondo sanitario regionale. Altri 15 milioni come anticipazione sempre dal fondo di rotazione regionale, mentre il concessionario ha investito 63.457.775,60 euro. Le gare per l’assegnazione dei servizi hanno consentito risparmi pari a 1,5 milioni di euro. Insomma, anche questa è una forma di collaborazione con i privati che dà ottimi risultati. E si risparmia il salasso dell’Iva».

Albino Salmaso

 

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