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Mattino di Padova – Le conseguenze del maltempo

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

5

mar

2014

A rischio le opere contro gli allagamenti

Il Consorzio di bonifica Bacchiglione è esposto per 8 milioni, la Regione non paga. Il presidente Zaggia: ritardi inevitabili

PIOVE DI SACCO – Sette milioni di euro per la messa in sicurezza dello scolo Altipiano in tutto il suo percorso che va dal territorio comunale di Bovolenta fino a quello di Codevigo, passando per Polverara, Brugine, Pontelongo, Arzergrande e Correzzola. I lavori sono stati avviati dal Consorzio di bonifica Bacchiglione con lo scopo di mitigare il rischio idrogeologico e aumentare la salvaguardia ambientale di un’area di circa seimila ettari. Ma c’è un grosso problema che frena il progetto del Consorzio: l’esposizione di otto milioni di euro che l’ente ha verso la Regione, in ritardo con il rimborso degli investimenti anticipati. L’effetto è che ulteriori stralci del complesso sistema di interventi programmati sono in fase di stallo. Fra tutti il nuovo impianto idrovoro “Altipiano” che dovrà scaricare le piene del sistema minore di scoli e canali sul fiume Brenta in località Conche di Codevigo. «I lavori avviati grazie al sostegno della Regione Veneto e delle amministrazioni comunali del Piovese», ha sottolineato il direttore del Consorzio Francesco Veronese che ieri pomeriggio ha fatto il punto della situazione con tutti i sindaci di Comuni coinvolti, «avranno un grande impatto positivo rispetto al rischio idraulico del territorio. Il complesso degli interventi, suddiviso in stralci funzionali, ha tra le finalità anche l’abbattimento dei carichi inquinanti che vengono recapitati, tramite la rete di scolo consorziale, nella laguna di Venezia». La Regione ha finanziato un importo complessivo di 6 milioni 974mila euro con i fondi per il disinquinamento della laguna: «Si tratta della ricalibratura dello scolo Altipiano», illustra Veronese, «che ha già visto la realizzazione di un manufatto di sostegno con relative apparecchiature elettromeccaniche nel comune di Brugine, la costruzione in località Botti di Codevigo di un nuovo manufatto che consente lo scarico delle acque dell’Altipiano sullo scolo Cavaizza, la costruzione, in località Muneghe di Codevigo, di un nuovo manufatto idraulico di sostegno delle acque per impedire alla marea di risalire il corso del canale». Il presidente del Consorzio Eugenio Zaggia mette tutti in allarme: «I benefici attesi per il territorio rischiano di essere ritardati o addirittura vanificati poiché il Consorzio che provvede al prefinanziamento delle opere pubbliche in concessione è esposto con la Regione per otto milioni di euro: per contenere l’esposizione finanziaria entro una soglia compatibile con il bilancio dell’ente saremo costretti a rimodulare gli interventi che subiranno inevitabili ritardi. I sindaci devono fare fronte comune», ha esortato Zaggia, «e fare pressioni sulla Regione a fianco del Consorzio affinché ci siano i rimborsi delle somme anticipate, il completamento dei finanziamenti e la definitiva approvazione degli ultimi progetti».

Elena Livieri

 

L’idrovora nasce dimezzata

Per scongiurare in futuro allagamenti ed esondazioni è in fase di realizzazione il nuovo impianto idrovoro “Altipiano”: il manufatto che il Consorzio Venezia Nuova sta realizzando per conto del Magistrato alle Acque di Venezia a Conche di Codevigo, è stato inserito nell’ambito degli interventi di messa in sicurezza della botte a sifone che passa sotto il fiume Brenta. Si tratta di una nuova idrovora che servirà per scaricare le acque consortile nel Brenta. Il problema è ad oggi la Regione Veneto ha finanziato solo una parte del progetto: l’impianto finale dovrà avere una portata complessiva di 11 metri cubi d’acqua al secondo. L’attuale finanziamento, tuttavia, consente la realizzazione limitata ad un primo stralcio di soli 5 metri cubi d’acqua al secondo: una portata che viene considerata insufficiente in caso di forte pioggia a garantire un adeguato smaltimento e a mettere in sicurezza il territorio dal rischio di allagamenti. Soltanto nel territorio di Codevigo sono ben dieci le idrovore che il Consorzio gestisce per regolare lo scarico di scoli e canali con effetti su tutto il comprensorio della Saccisica.

(e.l.)

 

Al via a Bovolenta la sistemazione dei murazzi

I murazzi settecenteschi che circondano il cuore di Bovolenta sono stati messi a dura prova dall’ultima piena del Bacchiglione e del Vigenzone. Ora hanno bisogno di un serio intervento di rinforzo perché nessuno garantisce sulla loro tenuta alla prossima emergenza. Lunedì prossimo aprirà finalmente il cantiere per la sistemazione delle parti più malandate, in piazza Matteotti e in via Garibaldi. Il Genio civile, dopo le ultime sollecitazioni dell’amministrazione, ha messo a punto un progetto di restauro che interessa i punti più critici. Uno è nell’angolo fra piazza Matteotti, già interessata in questi giorni dai lavori di sistemazione programmati da tempo in seguito all’alluvione del 2010, e la “Ponta”, dove con l’ultima piena si sono aperte diverse falle piuttosto preoccupanti, tanto da costringere i volontari della protezione civile ha “rivestire” parte del muro con un telo in plastica e tenere in funzione una pompa affinché non si allagasse la piazza. L’altro riguarda invece il tratto di muro lungo via Garibaldi. All’inizio di febbraio, nei giorni più critici, è stato sostenuto con una palizzata.

(Nicola Stievano)

 

«Colpa degli scoli deviati»

Continuano le accuse tra Cervarese e Montegaldella

CERVARESE SANTA CROCE – L’hanno già definita la “piena dei piccoli corsi d’acqua”, per sottolineare come siano stati questi la causa principale della recente alluvione. Canali consortili e demaniali come il Bandezzà, sul confine tra Montegaldella e Cervarese, o lo scolo Paunsella di Montegalda si sono gonfiati d’acqua come mai prima d’ora, minacciando il centro storico di Cervarese dove una decina di abitazioni è finita sott’acqua, con l’immagine stridente della storica villa palladiana “Trento” completamente sommersa. Dopo i danni, ecco l’alluvione delle polemiche, agitate da un gruppo di cittadini che da anni sta combattendo, a colpi di denunce, il dissesto idrogeologico dell’area al confine tra il Vicentino e Padovano. Sott’accusa il Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta, ex-Riviera Berica, che nel 1979 avrebbe invertito la circolazione acquea della fossa demaniale Bandezzà o Bannita per lasciare spazio al canale irriguo sotterraneo Leb. Da allora, per gli agguerriti cittadini, quello che si vede oggi era già scritto e previsto. Lo dimostrerebbero gli atti dei verbali depositati in Procura e Tribunale, come agli enti di tutela dei Beni architettonici. A rafforzare i timori dei cittadini nel 2012 è giunta della direzione generale del ministero per i Beni culturali, una nota che palesa come “l’area mostri gravi ed evidenti segni di dissesto idrogeologico”. Il presidente del Consorzio, Antonio Nani, si schermisce dicendo: «Sono accuse croniche e prive di fondamento. Mai cambiato il corso dei tracciati storici e il problema che ha toccato buona parte del Basso Vicentino è spalmabile su ampia scala. Per noi si è trattato di gestire una emergenza nuova, con alcune idrovore che sono state fermate che hanno poi provocato i disagi visti». Il sindaco di Montegaldella, Paolo Dainese, chiamato in causa dai cittadini, afferma: «È un problema di cui ricevo puntualmente lamentele da anni, con fenomeni che sono andati man mano aggravandosi.Quando ho chiesto chiarimenti al Consorzio, non ho mai ricevuto alcuna risposta».

Antonio Gregolin

 

Seconda alluvione chieste indagini

Dopo l’esposto presentato dai Comitati in Procura nel 2010 c’è un’integrazione alla ricerca di omissioni e soldi spesi male

BOVOLENTA – Un’altra alluvione. L’ennesima. E nessun responsabile. Tre anni fa s’era detto: mai più. Il 4 febbraio scorso l’acqua dei fiumi è di nuovo esondata. Case, strade, laboratori artigianali, fabbriche ed esercizi pubblici sono finiti sott’acqua. Negligenze passate e presenti negli interventi del Genio civile erano state denunciate dal Comitato alluvione 2010 con un esposto depositato in procura dall’avvocato Massimo Malipiero, a pochi mesi dal disastro avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2010. Non è accaduto nulla, solo interventi fatti sull’onda dell’emergenza. Ecco perché un centinaio di cittadini che partecipano al Comitato alluvione 2010 hanno presentato un’integrazione all’esposto di tre anni fa, tutelati dall’avvocato Massimo Malipiero. «Nei primi giorni di febbraio, a distanza di neppure quattro anni dai tragici eventi del novembre 2010, a seguito di abbondanti piogge e dell’ondata di piena del fiume Bacchiglione e dei corsi d’acqua secondari si sono verificati numerose esondazioni e allagamenti che hanno coinvolto i cittadini residenti nei Comuni di Bovolenta, Casalserugo, Ponte San Nicolò ma anche Selvazzano, Rubano e Montegrotto, Battaglia Terme e altri. Il governatore Zaia ha nuovamente dichiarato lo stato di calamità per la Regione Veneto. Centinaia di famiglie sfollate hanno rivissuto momenti di angoscia e paura analoghi a quelli dell’alluvione del 2010 con danni ingenti a edifici e strade. Rispetto a una situazione che si ripete a distanza di pochi anni, e che quindi non può certo essere considerata eccezionale e imprevedibile, non appare possibile che non vi siano responsabili» si sottolinea nell’esposto finito sul tavolo del pubblico ministero padovano Federica Baccaglini. Precise le domande poste dai cittadini: «Nel periodo successivo all’alluvione del novembre 2010 e fino ad oggi, a fronte di evidenti e note situazioni di criticità e rischio idrogeologico gravanti sul territorio, sono state poste in essere dagli enti e dalle persone preposte le opportune e doverose iniziative tese a evitare o a ridurre il rischio del ripetersi di tali tragici eventi?». Se è risultato impossibile verificare responsabilità precedenti all’alluvione del 2010 perché non c’era la “fotografia” del territorio, i firmatari si chiedono se oggi di fronte a «un periodo temporale concentrato e recente possono essere definiti e verificati compiti e comportamenti… condotte attive od omissive, penalmente rilevanti». Da anni la popolazione convive con l’incubo delle esondazioni. Eppure sono stati spesi milioni di euro – almeno stando a quanto risulterebbe – per il rinforzo degli argini e la messa in sicurezza idraulica. Come è possibile, allora, che l’emergenza si manifesti di nuovo in tutta la sua drammaticità stavolta coinvolgendo anche nuove aree come il territorio comunale di Battaglia Terme, mettendo in ginocchio migliaia di famiglie?

Cristina Genesin

 

Franano ancora massi lungo i pendii della Rocca

Situazione di emergenza perenne che richiederebbe un intervento drastico

Altri crolli in via San Tommaso e via Galileo complici le continue piogge

La protezione civile I sentieri in quella zona non sono sicuri in quanto basta davvero poco perché si verifichino nuovi pericoli

MONSELICE – Ancora frane. Ancora massi che si staccano e rotolano giù dalle fragili pareti della Rocca. Una situazione di emergenza perenne quella del colle simbolo di Monselice, dove anche nei giorni scorsi, complici le ultime precipitazioni, si sono verificati nuovi crolli sui due fronti in movimento, sopra via San Tommaso e su via Galilei. Il nuovo allarme è arrivato da parte dei residenti delle due vie, che nella notte di domenica hanno udito dei potenti botti. I residenti hanno avvertito la protezione civile e il delegato Giuseppe Rangon e la macchina comunale si è attivata per un sopralluogo sul posto. Sopralluogo che i tecnici, con la supervisione del dirigente dell’area tecnica, l’ingegner Mario Raniolo, hanno effettuato ieri mattina. L’ispezione sul posto ha permesso di constatare che si sono verificati dei nuovi crolli, come segnalato appunto dai residenti. Si tratterebbe, a un primo esame, di qualche masso non di grandissime dimensioni e soprattutto di terriccio. Questi ultimi fenomeni di per sé non sono considerati eccessivamente preoccupanti. Ed è escluso un pericolo per le abitazioni. Ma quello che desta vera preoccupazione, è il fatto che il fronte franoso compreso tra via San Tommaso e via Galilei resti in perenne movimento. Basta una pioggia perché si verifichino nuove frane: era successo anche lo scorso 16 febbraio, quando altri massi (una decina, di dimensioni anche importanti, circa un metro cubo l’uno) sono precipitati dalla parete rocciosa sopra il sentiero che sovrasta la chiesetta, in via San Tommaso. Per adesso, l’ufficio tecnico ha in programma nuovi sopralluoghi nei prossimi giorni, per quantificare meglio l’entità dell’ultimo fenomeno e fotografare esattamente la situazione. Dopo questa ulteriore verifica, i tecnici comunali si riservano di chiedere ancora una volta l’intervento del Genio civile per un nuovo esame del sito di frana: i tecnici del Genio erano già intervenuti sul posto lo scorso 17 febbraio, dopo gli ultimi fenomeni. In quella circostanza, avevano ribadito che le abitazioni non corrono rischi, grazie alle maxi-reti installate a spese della Regione dopo l’emergenza di un anno fa. Reti para-massi in grado di fermare eventuali pietre che dovessero rischiare di finire sulle case. Però, per gli stessi tecnici, i sentieri della zona tra via San Tommaso e via Galilei non possono essere ritenuti sicuri, e per questo motivo è scattata da parte del Comune un’ordinanza di chiusura. Tuttora in vigore. «Il provvedimento, secondo i tecnici del Genio, deve rimanere in vigore almeno fino all’arrivo della bella stagione. Ma personalmente non mi sentirei sicuro a riaprire i sentieri» sottolinea il delegato alla Protezione civile Rangon «visto quanto poco basta perché si verifichino nuovi episodi franosi». Per una vera e completa messa in sicurezza della Rocca servirebbero milioni di euro: soldi che il Comune spera di ottenere da Regione, governo o interessando del problema l’Unione europea.

Francesca Segato

 

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