Nuova Venezia – Grandi navi, blitz di agosto
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8
ago
2014
Oggi Comitatone a Palazzo Chigi. Favorito lo scavo Contorta
Comitatone fra Contorta e off shore
Oggi alle 12 a Palazzo Chigi la riunione dei ministri. Il Porto esulta,maè polemica. Non invitata la sottosegretaria Borletti
Il ministero dei Beni culturali nega che ci siano “posizioni diverse” Oggi a Roma anche Zaia, Zaccariotto e Zappalorto È la prima volta senza sindaco Zoppas: togliere i limiti
Il Porto festeggia, e così la crocieristica. Ma i comitati gridano al “blitz di agosto”. «Non accetteremo l’approvazione di nuove grandi opere distruttive come lo scavo del canale Contorta ». Dopo mesi di tira e molla il governo ha deciso. Oggi a mezzogiorno il sottosegretario del premier Renzi, Graziano Delrio, presiederà il suo secondo Comitatone dedicato alle grandi navi, prima volta senza il sindaco di Venezia. Blitz di agosto perché la convocazione è arrivata a sorpresa, a insaputa di molti. E della stessa sottosegretaria ai Beni culturali Ilaria Buitoni Borletti, da sempre molto ferma scontro le grandi navi in laguna, che non è stata nemmeno invitata. «Ci va il ministro, ma su questo tema non ci sono divisioni», assicurano al ministero. Soddisfatto il Porto, che da mesi chiede una decisione che eviti l’esodo delle compagnie delle crociere a Trieste. Cosa succederà oggi? Difficile che il governo possa forzare e mandare avanti una sola delle ipotesi alternative presentate (il Contorta). Più probabile che si decida di sottoporre a Valutazione di Impatto ambientale il progetto dello scavo del nuovo canale voluto dal Porto, e con esso gli altri progetti sul tavolo. Procedura che il Comune e il Senato, nell’ordine del giorno approvato in febbraio, aveva chiesto «autonoma e trasparente». Probabile che il Comitatone autorizzi anche la prosecuzione del progetto off shore, grande opera da tre miliardi di euro voluta dal Porto per spostare in mare le grandi navi portacontainer e le petroliere. E ascolti le istanze che vengono da tempo da Ca’ farsetti per ripianare il bilancio e cercare fondi per la manutenzione. «Speriamo che si ponga fine a questo stato di incertezza per le imprese e i lavoratori», dice il presidente di Unindustria Matteo Zoppas, «e si tolgano i limiti al transito delle grandi navi». Italia Nostra si dice pronta alla battaglia. La riunione di oggi, voluta dal premier Renzi e convocata dal sottosegretario Delrio, si configura come una seduta del Comitatone. La convocazione inviata ieri a tutti gli enti che ne fanno parte parla di «ex articolo 4 della legge 798 del 1984». Dunque oggi a palazzo Chigi ci saranno il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi e i suoi colleghi dell’Ambiente (Luca Galletti) e dei Beni culturali (Dario Franceschini), ma anche il presidente della Regione Luca Zaia e la presidente della Provincia Francesca Zaccariotto, i sindaci dei comuni di Mira, Cavallino, Chioggia e Jesolo. E per il Comune di Venezia, il commissario Vittorio Zappalorto e il direttore generale Marco Agostini. Ci saranno anche il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa e quello del Magistrato alle Acque Roberto Daniele. Questione intricata, di cui si parla da almeno due anni e mezzo. Dopo il disastro della Costa Concordia il decreto Clini-Passera (governo Monti) che prevedeva di allontanare dalla laguna le navi di stazza superiore alle 40 mila tonnellate. Sospeso in attesa di “alternative”. Le alternative non sono mai partite. I progetti preliminari sono stati esaminati dalla commissione “Via” del ministero per l’Ambiente, che aveva espresso un parere negativo sul Contorta, positivo sul nuovo terminalo passeggeri a San Nicolò. Ma adesso i progetti sono stati modificati, e l’iter potrebbe ripartire. «L’importante è che si decida, altrimenti le compagnie se ne vanno», ripete il presidente Costa. Sul fatto che le grandi navi non debbano più passare davanti a San Marco sono d’accordo tutti. Tanto che l’appello firmato da artisti e comitati privati di tutto ilmondoe inviato a Renzi è stato condiviso dallo stesso Costa. La scelta però adesso dovrà interessare le alternative. Per salvare San Marco, dicono i comitati, non si può distruggere la laguna.
Alberto Vitucci
i progetti alternativi
Sette ipotesi sul tavolo, canali e terminal fuori della laguna
Lo scavo progettato dal Porto, nuova via d’acqua profonda dieci metri e larga 200, quattro chilometri di lunghezza e 170 milioni di spesa E la nuova stazione passeggeri a San Nicolò
Riecco le grandi opere. Sono sette le alternative presentate al governo per eliminare il passaggio delle grandi navi in Bacino San Marco e in Canale della Giudecca. Tra queste, Porto e Magistrato alle Acque non hanno mai nascosto la loro preferenza per il canale Contorta. progettato dall’Autorità Portuale ancor prima della tragedia della Costa Concordia. Significa lo scavo dell’attuale canale fino a una profondità di dieci metri, larghezza di quasi 200, lunghezza quattro chilometri. Dovrebbe collegare il canale Vittorio Emanuele (dei Petroli) con la Stazione Marittima. Grande opera da 170 milioni di euro. Secondo gli ambientalisti è «illegittima », perché va contro le disposizioni della Legge Speciale sulla tutela della laguna. «Sarebbe un disastro come all’epoca lo è stato il canale dei Petroli», dicono. Per il presidente del Porto Paolo Costa lo scavo rappresenta al contrario un’«opportunità ambientale», perché con i fanghi del Contorta si potrebbero costruire nuove barene in laguna centrale e fermare l’erosione. Tesi contestata da Italia Nostra e dai comitati: «Si distrugge la laguna con l’ennesima grande opera». Seconda ipotesi è quella dello scavo del canale Vittorio Emanuele II, utilizzato fino a pochi anni fa per far arrivare le navi commerciali a Marghera da San Marco. Un’ipotesi elaborata dal Porto e inviata al ministero prevede una riduzione delle dimensioni del Contorta e lo studio del senso unico per fare entrare le grandi navi passeggeri dal Contorta e farle uscire dal Vittorio Emanuele. Un compromesso a cui erano arrivati Poreto e Comune poche ore prima della bufera dell’inchiesta Mose che aveva portato allo scioglimento di Ca’ Farsetti, ipotesi che rimetterebbe in gioco anche l’alternativa di Marghera che era stata proposta dal Comune, per le navi di grandi dimensioni. Altro progetto alternativo, finanziato dalla Vtp (Venezia terminal passeggeri) e sponsorizzato dal sottosegretario Enrico Zanetti prevede lo scavo del canale Orfano dietro la Giudecca. le grandi navi entrerebbero dal Lido e arriverebbero in Marittima passando per la nuova «tangenziale» retro Giudecca. Per i comitati si tratta di una soluzione «peggiore del Contorta». «Non si può pensare alla laguna come a un’autostrada », dicono. Sul tavolo anche le alternative che prevedono di allontanare le grandi navi incompatibili dalla laguna per realizzare un nuovo terminal sugli alti fondali davanti all’isola artificiale del Mose a San Nicolò. Portano la firma di Cesare De Piccoli e del gruppo genovese Duferco, poi di Stefano Boato e di Luciano Claut, assessore grillino al comune di Mira. (a.v.)
le reazioni
«Non si prendano decisioni contro la città»
Altolà del Pd e di Gianfranco Bettin. Il comitato: la vicenda Mose non ha insegnato nulla
«Il governo non prenda decisioni sulla testa della città. Non si possono autorizzare nuove grandi opere e manomissioni dell’ecosistema lagunare che le istituzioni democratiche e le commissioni nazionali Via hanno già bocciato ». Sono numerosi gli «altolà» che arrivano al decisionismo del governo Renzi su questioni delicate e strategiche come il futuro della laguna. L’ex assessore Gianfranco Bettin invita il Comitatone a decidere invece subito un limite alle dimensioni delle grandi navi che possono entrare in laguna. «Limite fissato dal decreto Clini Passera dopo il naufragio della Costa Concordia e mai applicato ». «Sarebbe davvero grave se si decidesse di scavare un nuovo canale che la città ha bocciato », attacca l’ex vicesindaco Sandro Simionato, «ancor più grave se il governo non terrà conto di quanto votato dal Consiglio comunale sulla questione della Salvaguardia. Decisioni strategiche sulla città vanno prese con il consenso della città». «Meglio sarebbe», continua Simionato, «che il Comitatone provvedesse invece a stanziare fondi per la manutenzione della città, che mancano da anni all’appello. Non accetteremo scelte che vadano contro la volontà dei veneziani ». Stessa posizione quella del Pd. «Ci sono degli ordini del giorno molto chiari del Comune e del Senato che dicono di partire dal confronto di tutte le alternative», dice il segretario Emanuele Rosteghin, «partiamo da lì». Un avviso forte viene anche dal Comitato «No Grandi Navi ». «È un blitz di agosto», dicono i comitati, «si cerca in assenza di un governo democraticamente eletto di forzare ogni decisione e avviare l’ennesima grande opera distruttiva per la laguna». «Evidentemente la vicenda del Mose e delle tangenti non ha insegnato nulla», dice Silvio testa. «Siamo pronti a riprendere la mobilitazione dura», continuano i comitati, «per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su quello che si vuole fare in laguna. Invece di studiare alternative compatibili e portare le grandi navi fuori dalla laguna si vogliono allargare i canali esistenti per renderli capaci di contenere navi da 130 mila tonnellate». (a.v.)
«Chioggia vuole le grandi navi»
Lettera del sindaco ai membri del Comitatone: siamo l’alternativa a Venezia
CHIOGGIA – Il sindaco torna a candidare Chioggia come valido partner di Venezia nell’accogliere le grandi navi. Lo fa con una lettera inviata ieri a tutti i componenti del Comitatone che si riunirà oggi a palazzo Chigi proprio per discutere di portualità e grandi navi. Giuseppe Casson da mesi ribadisce in tutte le sedi come Chioggia non possa perdere l’opportunità di inserirsi in un sistema crocieristico lagunare “approfittando” anche del vuoto che si creerà durante i lavori per trovare un’alternativa a San Marco. «Non può essere sottaciuta l’importante incidenza», scrive Casson, «sotto il profilo occupazionale e economico del movimento crocieristico, che genera lavoro e benessere per un numero rilevantissimo di persone. Un patrimonio siffatto non può essere in alcun modo disperso e ciò impone di individuare soluzioni capaci di coniugare le ragioni di tutela di Venezia con la permanenza in ambito lagunare del sistema delle crociere. Chioggia può rappresentare una risposta concreta, rapida e efficace alle esigenze di decongestionamento del traffico di navi attualmente gravante sulla sola Venezia. La creazione di un “sistema crocieristico della laguna di Venezia” consentirebbe di spalmare sull’intero contesto lagunare il traffico». Secondo il sindaco Chioggia si propone come scalo complementare a Venezia potendo garantire in tempi veloci e con interventi “di rapida attuazione, economicamente modesti e di basso impatto ambientale” un primo significativo allentamento della pressione del traffico crocieristico su Venezia. «I tempi per le opere necessarie », spiega il sindaco, «per ospitare almeno due grandi navi sono tali da consentire una piena operatività già nel 2015. In questo modo le compagnie di navigazione avrebbero una soluzione tampone in attesa che i lavori per la nuova location di Venezia siano completati. Se Chioggia non venisse considerata già da oggi nelle scelte di indirizzo del Comitatone si correrà il rischio di arrivare impreparati al momento in cui Venezia non potrà più tenere il passo del traffico crocieristico futuro».
(e.b.a.)
L’INTERVENTO
Mose e Contorta, le incredibili parole di Paolo Costa
di Lidia Fersuoch – Presidente di Italia Nostra, sezione di Venezia
Leggendo le lettere o le interviste di Paolo Costa si sobbalza sempre sulla sedia per come la realtà che pare offrirsi in un modo ai nostri occhi possa venire interpretata in modo molto diverso dal presidente dell’Autorità portuale. Non ci si può meravigliare se un accanito sostenitore del Mose, qual egli si è sempre dichiarato, possa ancora insistere nel separare la vicenda giudiziaria – e le responsabilità di molti, che tutti sospettavamo- dalla realtà stessa dell’opera: «Si sa di avere a che fare», dice Costa, «con una grande opera di ingegneria ambientale della quale gli italiani possono andare fieri nel mondo». Chetatasi un po’ la buriana giudiziaria, o meglio abituatici ormai ad essa, ecco che riemerge “l’opera salvifica”, orgoglio dell’ingegneria italiana, che tutela il “bene culturale Venezia”. Corre l’obbligo di ricordare che altre opere ingegneristiche rappresentative delle competenze italiane una decina d’anni fa erano state proposte per la regolazione delle maree, in alternativa al Mose. Giudicate migliori, più affidabili ed economiche del Mose da una commissione scientifica istituita dal Comune di Venezia, erano state scartate dal governo senza essere prese in considerazione. Prodi e Di Pietro avevano già deciso. Vale la pena di menzionare quel che sostiene l’ingegner Vielmo, progettista della paratoia a gravità (opera alternativa al Mose, che ne sfruttava i punti deboli, letteralmente rovesciando il progetto): «Il Mose è nato 30 anni fa e non tiene assolutamente conto dell’evoluzione dell’ingegneria off shore». Altre linee progettuali alternative erano sicuramente altrettanto interessanti, come il progetto Arca, che constava in barriere removibili stagionalmente e dai costi inferiori (un ventesimo!) rispetto al Mose. Sappiamo tutti (o ce ne siamo dimenticati?) come andò a finire: Prodi (che Andreina Zitelli in una recente intervista definisce “lo sdoganatore del Mose”) si impose, facendo votare il governo in Comitatone con un voto unico, favorevole, e impedendo così ai ministri contrari di esprimere il loro dissenso. E a proposito sempre dei prodigi dell’opera, meglio ricordare la relazione dei giudice della Corte dei conti che ricorda l’«assenza di un confronto tecnico ed economico tra diverse possibili soluzioni progettuali»: in parole povere un reale confronto fra Mose e i progetti alternativi più moderni e meno costosi non vi fu. Il Governo impose la sua decisione contro la città stessa e la sua amministrazione. Sempre da uno scritto di Costa apprendiamo inoltre, sbigottiti, di una «valutazione di impatto ambientale positiva che il progetto Mose ha conseguito nel 1998 e che i suoi detrattori cercano di dimenticare ». Mi pare che qui a essere dimenticato è il fatto che la Valutazione di impatto ambientale emessa dalla Commissione nazionale “Via” nel 1998 era irrimediabilmente negativa. In modo tombale. Il decreto attuativo che nel seguì (Ronchi-Melandri), venne impugnato di fronte al Tar del Veneto dal presidente della regione Galan, e annullato per vizi formali, senza inficiare la validità del pronunciamento della Commissione. Forse a distanza di anni la memoria inganna il nostro presidente dell’Autorità portuale: positivo non era il giudizio della commissione Via, ma quello di un Collegio di esperti di livello internazionale che nello stesso anno approvò il Mose, pur avanzando dubbi seri sul suo comportamento dinamico, e cioè la possibilità dell’insorgere di un’«indesiderata risonanza tra gli elementi delle barriere». Tale eventualità fu poi confermata dallo studio effettuato dalla società francese Principia, leader mondiale per la tecnologia off shore, cui il Comune di Venezia aveva chiesto una consulenza. E così il prodigio ingegneristico che tutto il mondo ci invidia non si sa se potrà fronteggiare alcune condizioni di mare che qui si verificano non infrequentemente. Quel che colpisce negli scritti del presidente dell’Autorità portuale è la determinazione che mostra nel considerare opere di grande impatto (come Mose o Contorta) rispettose dell’ambiente o anche restitutive di un equilibrio compromesso. Ancora il Mose è, per Costa, fondamentale, «contribuendo anche alla salvaguardia ambientale e paesistica». Se si pensa alla monumentale isola artificiale di fronte al Bacan, o alla quantità di zinco altamente inquinante che il Mose rilascerà in mare ogni anno (12 tonnellate), c’è di che dubitare. Ma ciò che appare ancor più incredibile è quanto va sostenendo per l’escavo del Contorta, definito «una grande opera per il riequilibrio della laguna». È ormai noto a tutti che è stato il canale dei Petroli a distruggere i caratteri morfologici della laguna centrale: le onde che si creano a ogni passaggio di nave per il canale si frangono sui bassifondi adiacenti erodendoli. Il canale Contorta sarebbe un Canale dei petroli bis, portato più verso il cuore della città. I fenomeni che innescherebbe sono ben noti, perché sotto gli occhi di tutti da cinquant’anni sono gli effetti esiziali del Canale dei Petroli. Su ciò non si discute. Solo una mente brillante poteva trovare una via di uscita, un po’ contorta (nomen omen?) per la verità: i cinque milioni di mc di sedimenti che si scaverebbero per realizzare il nuovo canale Contorta verrebbero destinati – secondo Costa – «per costruire barene di protezione e fermare la perdita dei sedimenti in mare». Come, come? Si escava un canale destinato a distruggere ulteriormente la laguna ancor più e con i sedimenti dragati si creano opere per fermare l’erosione indotta da quello stesso canale? C’è da non credere. C’è invece solo da sperare che tali controsionismi dialettici vengano ben compresi dal governo, e dai rappresentanti del Ministero di beni culturali. Un’ultima osservazione: concordiamo invece con Costa quando sostiene la necessità del «rapporto Mose-porto»: è per il porto che si è scelto e voluto il Mose e a quelle profondità che avrebbero consentito alle grandi navi commerciali di entrare comunque in Laguna. Ma il diavolo è sempre peggiore di come lo si pensa, e le profondità delle bocche portuali, incompatibili con la preservazione della Laguna che il Mose sancisce e fissa, solo dopo qualche anno non bastano più. Nemmeno la conca di navigazione di Malamocco basta più. Così – a detta di Costa – si rendeva necessario «”un patto ambientale” che scambiava approfondimenti della conca e dei canali portuali entra lagunari, ai quali il porto rinunciava, con la realizzazione di una piattaforma portuale di altura». Peccato che i canali di grande navigazione entro la laguna erano stati già ampiamente dragati: nel 2004 venne istituito un “commissario delegato per l’emergenza socio economico ambientale relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia” con il compito non di por rimedio, come ci si poteva aspettare, alla rovina della Laguna ma di e scavare i canali che la distruggono. Tra il 2004 e il 2012 oltre 7 milioni di mc di sedimenti sono stati escavati dai grandi canali industriali e dal Canale del petroli. Il porto, dalle parole di Costa,non vuole rinunciare a nulla: e scavo del Contorta per fare entrare in Laguna e a Venezia le grandi, sempre più grandi navi croceristiche e porto offshore per far attraccare le navi commerciali sempre più grandi che proprio non possono più entrare. Ma entrerebbero invece grandi chiatte che dal porto offshore condurrebbero i container a Marghera, incrementando in modo drammatico il moto ondoso che erode e distrugge la Laguna. In conclusione, il problema è a monte. Si tratta di riflettere una volta per tutte sul futuro di Venezia e della Laguna: come negli anni Sessanta l’unica prospettiva era lo sviluppo industriale, poi fallito, ora sembra essere il porto. Ma destinare la gronda lagunare a immenso stoccaggio di container, invece che a parco scientifico tecnologico (sull’esempio di Trieste, ad esempio), e la laguna centrale a immenso svincolo “stradale” appare un’operazione di retroguardia, alla lunga perdente.
CONVEGNO IL 4 NOVEMBRE
Gli esperti del Cvn ai Lincei a parlare di difesa dalle acque
VENEZIA – La data non è casuale: 4 novembre, anniversario dell’alluvione e della grande acqua alta del 1966. Il luogo nemmeno: l’Accademia nazionale dei Lincei, «tempio» del sapere nazionale. Unica sede esterna a palazzo Chigi dove nel 1996 si riunì il Comitatone per decidere di mandare avanti il progetto Mose. E il titolo emblematico: «Resilienza delle città d’arte alle catastrofi idrogeologiche, successi e insuccessi dell’esperienza italiana». Il fatto è che a parlare di come si affronta l’emergenza idrogeologica sono stati invitati ben due relatori del Consorzio Venezia Nuova. Hermes Redi, direttore generale del Consorzio, spiegherà «il ruolo dell’ingegneria nella progettazione e realizzazione del Mose ». Giovanni Cecconi, responsabile del Servizio informativo del pool di imprese, spiegherà invece come funzionerà la gestione della grande opera. Un annuncio che ha fatto mormorare gli addetti ai lavori, visto che l’Accademia nazionale dei Lincei, presieduta da Lamberto Maffei, organizza il convegno in piena inchiesta Mose. Tra i relatori molti altri studiosi che hanno legato il loro nome alle vicende della grande opera adesso finita sotto inchiesta. Il professor Giovanni Seminara, esperto del ministero e del Magistrato alle Acque che ha più volte valutato il progetto delle dighe mobili. L’ingegnere dell’Istituto veneto di Scienze, lettere ed Arti Andrea Rinaldo, fratello di Daniele Rinaldo, consulente del Mose e marito di Maria Teresa Brotto, direttrice del Consorzio ed ex presidente di Tethis arrestata nell’ambito dell’inchiesta. Il professor Ignazio Musu, poi nominato al posto di Paolo Costa, diventato ministro, tra i cinque esperti internazionali che avevano promosso Il Mose, pur con riserva. Ma si parlerà sugli «aspetti economici della Salvaguardia di Venezia». Ci saranno anche il ministro Franceschini e la soprintendente Codello («I problemi del patrimonio artistico veneziano»).
Alberto Vitucci