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il malaffare in veneto» dove si indaga

VENEZIA – L’ospedale dell’Angelo e quello di Santorso, il naufragato Centro di terapia protonica a Mestre e l’appalto del calore nelle Ulss del Veneto. Il capitolo welfare riserva quattro possibili fronti d’indagine a corollario dell’inchiesta sullo scandalo Mose diretta dalla Procura della Repubblica di Venezia.

A rivelarlo, sono gli atti compiuti dagli investigatori della Guardia di Finanza che nelle ultime settimane hanno fatto visita agli uffici della sanità regionale prelevando una discreta mole di documenti, riguardanti i progetti citati. Vicende distinte, a volte ingarbugliate, risalenti alla stagione galaniana e in qualche caso già oggetto di indagini amministrative e cause civili. Dove affiorano sospetti ma non è agevole distinguere l’eventuale spreco o il cattivo utilizzo di risorse pubbliche dall’aperta violazione della legge penale.

Più che nuovi filoni, «clonazioni» generate dal processo principale: così le ha definite sul nostro giornale il procuratore aggiunto Carlo Nordio, lasciando intravedere sviluppi giudiziari. Proviamo a riesaminarne i contorni.

Sul versante dell’Angelo, i punti interrogativi sembrano riguardare non tanto l’assegnazione dell’appalto quanto le condizioni del project financing stipulato tra investitori privati e Ulss Veneziana; l’ospedale mestrino – inaugurato il 25 settembre 2007 – è costato 241 milioni (a fronte dei 220 preventivati) dei quali 140 coperti dalla spa Veneta Sanitaria Finanza di Progetto, l’associazione temporanea d’impresa costituita dai partner Astaldi (capofila), Mantovani, Gemmo, Cofathec Progetti, Aps Sinergia, Mattioli e Studio Altieri.

L’Ulss si è impegnata a rimborsare i capitali entro il 2031 con rate annuali di 40 milioni: 24 attraverso la concessione di alcuni servizi ospedalieri (rifiuti, pulizia, lavanderia, mensa, trasporti) e il resto in denaro contante l’azienda del capoluogo sarà chiamata a sborsare un miliardo. Troppo? E qualora il contratto risulti eccessivamente oneroso per il pubblico, la domanda è: perché è stato sottoscritto e difeso ad oltranza?

Analoghe considerazioni valgono per l’ospedale vicentino di Santorso, inaugurato nel 2012 e costruito in project per volontà della giunta di Giancarlo Galan, che bocciò la spesa di 63 milioni prevista dal piano di ristrutturazione dei poli di Thiene e Schio, scegliendo di investirne 143 nel progetto ex novo. La cordata? Vecchie conoscenze, riunite sotto la sigla Summano Sanità (studio di progettazione Altieri) con il 25% delle quote in possesso di Mantovani spa, un altro 25% di Palladio Finanziaria, il 24,9% di Gemmo, il 18% C.M.B. di Carpi.

Sul punto sono stati inviati più esposti alla magistratura e in particolare l’associazione Communitas ha lamentato il tasso «abnorme» di remunerazione concessa ai privati, vicino al 20%. Altro ginepraio, il centro di terapia protonica progettato a Mestre e rimasto sulla carta per l’opposizione dell’amministrazione Zaia e dei suoi manager.

Il contratto firmato da Antonio Padoan (direttore generale dell’Ulss, all’epoca) prevedeva che le imprese – Medipass, Gemmo, Condotte, Varian – anticipassero 159,575 milioni e la sanità pubblica li rimborsasse con 738 milioni spalmati in 19 anni.

Un po’ troppo, tanto che – calato il sipario sull’amministrazione Galan – l’accordo fu stracciato, con corollario di cause per danni intentate dalla cordata nei confronti di Ulss, Regione, Giuseppe Dal Ben (il successore di Padoan) e direttore generale della sanità veneta, Domenico Mantoan.

Ultimo, but not last, l’appalto-calore alle Ulss bandito nel 2008 attraverso cinque gare per altrettante aree vaste: Vicenza, Verona, Padova, Treviso-Rovigo, Venezia-Belluno, bandite a luglio. In ballo molte centinaia di milioni, erogati in nove anni di servizio. Succede di tutto: vischiosità burocratiche, reclami, concorrenti contro, incidenti regionali di percorso, alterchi roventi nelle stanze che contano. Fino all’apertura delle buste e alle contestazioni che culminano nel congelamento dell’appalto. Cosa è successo davvero?

Filippo Tosatto

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