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Grandi opere e tangenti, dibattito a san leonardo

«Il problema si lascia irrisolto, per anni. Poi si crea l’emergenza e bisogna decidere in fretta. A quel punto passa la grande opera, i tempi e i controlli vengono allentati. E la corruzione dilaga».

È questo secondo Francesco Giavazzi, economista della Bocconi, il nucleo del sistema del malaffare. La sua causa, che permette poi di fare affari con i soldi dello Stato e di costruire opere non sempre necessarie e qualche volta dannose.

È la tesi illustrata ieri sera in un’affollata sala San Leonardo a Cannaregio da Giovazzi, autore del libro «Corruzione a norma di legge», scritto insieme al giornalista Giorgio Barbieri. Un magma presente da vent’anni, venuto in superficie con l’inchiesta della Procura veneziana lo scorso 4 giugno. Che non è limitato al solo progetto Mose.

«È successo così anche per l’Expo del 2015», dice Giavazzi, «tutto fermo per anni, poi i lavori si devono fare in fretta, per non perdere i finanziamento. E si va veloci anche con i certificati antimafia. Sta per succedere anche con le grandi navi e il canale Contorta. Decreto Clini Passera inapplicato per tre anni e adesso l’emergenza».

Un pubblico numeroso e attento quello venuto a San Leonardo per ascoltare la relazione di Giavazzi, ma anche la prima uscita pubblica – dopo l’annuncio della scesa in campo del suo concorrente Nicola Pellicani – del candidato alle primarie del centrosinistra Felice Casson, senatore Pd.

«Il Consorzio Venezia Nuova non è stato solo corruzione penale, tangenti e malaffare», attacca Casson tra gli applausi, «ma anche corruzione sociale. Un sistema per cui bastava pagare per andare avanti con le autorizzazioni».

Soldi dello Stato e concessione unica, niente gare d’appalto e prezzi gonfiati. E centinaia di milioni di euro messi da parte con i profitti e le evasioni fiscali delle aziende, per pagare il consenso.

«Per questo motivo non ci hanno mai ascoltato», tuona Armando Danella, per decenni responsabile dell’Ufficio legge Speciale del Comune, «i dubbi tecnici sul Mose venivano accantonati e mai presi in considerazione, anche se venivano da scienziati di fama internazionale».

Della corruzione diffusa in città parlano Gianfranco Bettin, Beppe Caccia e Roberto D’Agostino, ultimo presidente della disciolta società Arsenale spa che si era trovata a contendere gli spazi proprio al Consorzio Venezia Nuova. Luana Zanella, ex parlamentare dei Verdi, ricorda le battaglie in parlamento e in Europa, i pronunciamenti della Corte dei Conti e delle commissioni Europee sulle Procedure di Infrazione a cui la Regione, alcuni settori dello Stato e del governo non hanno mai dato ascolto.

«La corruzione si è inserita nei livelli più profondi, hanno distrutto la libera ricerca», ricorda Andreina Zitelli, docente Iuav e relatrice della Valutazione di Impatto ambientale che bocciò il progetto Mose nel 1998. Ma anche allora non era successo nulla. Giavazzi, che pure si era espresso a favore del Mose nel 2006, in un articolo di fondo apparso sul Corriere ha anche duramente criticato il candidato sindaco della maggioranza Pd, Nicola Pellicani.

«Primarie finte perché nulla cambi», ha scritto, «saranno le solite imprese a pagare la campagna elettorale».

In sala Pellicani non c’è, e nemmeno Jacopo Molina. C’è l’altro candidato alle primarie, il libraio Giovanni Pelizzato. Giavazzi sorride e firma autografi.

In sala interventi sul «monopolio da fermare, sulla necessità della concorrenza, legalità e trasparenza per la pubblica amministrazione. «Ci proveremo», promette Casson, «e in questa città non governeremo mai con la destra: quando si votano le leggi anticorruzione in Parlamento loro stanno sempre dall’altra parte».

Alberto Vitucci

 

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