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La rigenerazione del patrimonio vetusto porterebbe investimenti per 2,5 miliardi e 28 mila nuovi posti di lavoro

VENEZIA – Vecchie, fatiscenti, mal conservate, comunque totalmente inefficienti a livello energetico. Nel territorio della città metropolitana che comprende Venezia, Padova e Treviso, circa una abitazione ogni dieci si trova in uno stato pessimo o mediocre. Stiamo parlando di 110mila case abitate (su poco più di un milione di alloggi presenti sul territorio “metropolitano”) che dovrebbero essere ristrutturate, rinnovate, sistemate, in una parola, rottamate. Invece, le politiche edilizie si spingono in tutt’altra direzione: nuovi edifici, nuove costruzioni, nuove colate di cemento. Il tutto in un’area già urbanizzata per un quinto della sua totalità. Sotto questo profilo, insomma, lavoro da fare ce n’è, e un buon punto di partenza può essere proprio la ricerca certosina e inedita svolta dalla Fondazione Gianni Pellicani di Venezia nell’ambito della sezione dedicata alle trasformazioni della città contemporanea. Lo studio analizza e incrocia dati inconfutabili, dipingendo un quadro che lascia pochi spazi alle interpretazioni e alle possibili conclusioni: «La città metropolitana – spiega Nicola Pellicani, segretario della Fondazione – ha bisogno di ristrutturare l’esistente e non di occupare ancora suolo».

Consumo di suolo. Come prima cosa l’indagine della Fondazione si concentra sul livello di urbanizzazione raggiunto dalla città metropolitana di Venezia- Padova-Treviso. Case, industrie, negozi e centri commerciali, reti stradali e ferroviarie, porti e aeroporti, cantieri, discariche, zone estrattive, occupano il 20% del territorio preso in esame. La cosa più preoccupante, però, è che il consumo di territorio non accenna ad arrestarsi, anzi, è in continua crescita. Tanto per intenderci, nel Veneziano il “cemento” è aumentato di circa il 12% dal 1996 al 2007, del 7,6% nel Trevigiano, del 5,7% nel Padovano. Nello stesso periodo il numero di nuove abitazioni è aumentato di oltre il 16%. Andando avanti così, si sarà davvero capaci di raggiungere entro il 2050 l’obiettivo del consumo di suolo zero fissato dall’Europa?

Case vetuste. Le nuove urbanizzazioni appaiono ancora più inopportune se si considera quanto ci sarebbe da lavorare sul patrimonio abitativo esistente. Nel territorio della Patreve le case abitate, costruite fra il 1946 e il 2001 e ridotte in mediocre o pessimo stato di conservazione, sono esattamente 109.557, il 10% del totale: oltre 42mila nel Veneziano, circa 37mila circa nel Padovano e 30.685 nel Trevigiano. Di fronte a questi dati, spiega Pellicani, «bisogna individuare gli strumenti normativi adeguati per avviare politiche concrete di rigenerazione urbana, riqualificando il patrimonio edilizio esistente, altrimenti si continuerà a consumare altro suolo, impoverendo ulteriormente i centri urbani».

Riqualificazione. A questo punto la Fondazione propone anche due possibili scenari di rinnovo del patrimonio abitativo esistente. Si parte da una prima ipotesi: cosa succederebbe se si investisse per la riqualificazione energetica delle circa 94mila abitazioni in pessimo stato costruite fra il 1946 e il 1991? Secondo lo studio, che ha preso in considerazioni molte variabili, si creerebbero un giro d’affari di 2miliardi e 500milioni di euro, 28mila posti di lavoro diretto e 14mila posti di indotto. Se si rinnovassero invece tutte le case in classe “G”, quella meno efficiente dal punto di vista energetico, costruite fra il 1946 e il 1981 (più di 390mila), allora l’investimento sfiorerebbe gli 11miliardi e mezzo di euro, creando oltre 170 mila posti di lavoro diretti e indiretti. Strategie. Oltre all’analisi quantitativa, la Fondazione ha svolto una serie di interviste con esperti e opinion leaders locali e nazionali per individuare gli obiettivi principali da perseguire per migliorare il quadro esistente. Le azioni proposte individuano gli strumenti finanziari per avviare una rigenerazione urbana complessiva così da aumentare la popolazione residente nei centri urbani realizzando nel contempo un migliore equilibrio fra spazio naturale e spazio costruito.

Gianluca Codognato

 

On line i dati e le analisi dell’osservatorio il 12 settembre un convegno con i sindaci

Cementificato il 20% del territorio: «Stop al consumo del suolo, è ora di riqualificare»

Mobilità, Consumo di suolo, Nuove professioni. Partendo da queste tre prospettive analizzate sia in termini quantitativi, con dati provenienti da diverse fonti e in gran parte inediti, sia qualitativi, con interviste a opinion leaders e a esperti del settore, la Fondazione Gianni Pellicani intende tracciare e individuare i punti di forze e le criticità della futura Città Metropolitana con l’obiettivo di creare un Osservatorio permanente. La ricerca non prende in esame il profilo istituzionale della Città metropolitana, ma parte dalle funzioni, ovvero dal punto di vista dei cittadini. I dati e le analisi condotte finora stanno a dimostrare che la città metropolitana esiste già nei fatti ed è quella Grande città che viviamo quotidianamente compresa tra le province di Venezia, Padova e Treviso. Dopo due anni di lavoro, un mese fa è stata presentata un’articolata analisi della Mobilità da cui emerge come il territorio in questione sia già fortemente integrato: ogni giorno si muovono in treno e in bus circa 90mila pendolari. La seconda fase, relativa al Consumo del suolo e la vetustà del patrimonio abitativo, è stata presentata ieri, mentre nelle prossime settimane saranno illustrati i risultati del capitolo sulle Professioni innovative della Patreve. Tutti i dati finora disponibili (Mobilità ,Consumo del Suolo, analisi del patrimonio abitativo e rigenerazione urbana) sono sul sito veneziacittametropolitana.eu curato da Mauro Richeldi. La nuova piattaforma ospita testi, mappe, grafici interattivi e viene costantemente aggiornata. Anche l’indagine sul Consumo del suolo è stata curata da Giuseppe Saccà, Carlo Pavan, Nicola Pavan, con la supervisione scientifica di Massimo Cacciari e Paolo Perulli, il coordinamento di Nicola Pellicani e le segreteria organizzativa di Natascia Di Stefano. L’intera ricerca sarà argomento di discussione sabato 12 settembre alle ore 11 nella tensostruttura che verrà allestita in piazzale Candiani durante il Festival della Politica organizzato dalla stessa Fondazione dall’11 al 14 settembre a Mestre. Fra gli ospiti del convegno gli oltre 200 sindaci delle province Venezia, Padova e Treviso, oltre ai rappresentanti di Regione e delle categorie economiche. (g.cod.)

 

È Padova il Comune più urbanizzato

Portobuffolè, Quarto d’Altino e Boara Pisani i territori dove s’è costruito di più tra il 1996 e il 2007

VENEZIA – Qual è il Comune più urbanizzato rispetto alla propria superficie nella città metropolitana? Con 9.330 ettari di “cemento” e il 61% del suolo occupato, il record spetta a Padova, come rivela ancora l’indagine della Fondazione Pellicani che ha stilato una serie di “classifiche” esemplificative della situazione nell’area in questione.

Al secondo posto si piazza un altro comune patavino, Noventa, che si ritrova con una occupazione di suolo pari al 58% della propria espansione.

Il capoluogo veneto, Venezia, vanta la maggiore superficie urbanizzata, con circa 15mila e 700 ettari, che corrisponde però a poco più della metà della propria superficie totale (esclusa naturalmente la Laguna), mentre Treviso conta su 5.552 ettari urbanizzati, ovvero il 48% del suo territorio.

Naturalmente le città capoluogo di provincia hanno conosciuto un boom edilizio soprattutto a cavallo degli anni 60-90, mentre sono soprattutto i comuni più piccoli quelli che negli ultimi tempi hanno registrato la maggiore crescita del tessuto urbanizzato. In questo caso, la graduatoria stilata dalla Fondazione per la città metropolitana vede al primo posto una piccola realtà del Trevigiano, Portobuffolè: qui il consumo di suolo è ridotto, 98 ettari urbanizzati. Però nel periodo che va dal 1996 al 2007 s’è costruito quasi la metà di quanto esiste attualmente.

Nei primi dieci posti di questa classifica, ci sono solo piccoli comuni, come Sarmede (Treviso), Quarto d’Altino (Venezia), Godega (Treviso), Gaiarine (Treviso). Lo stesso discorso vale se nell’ambito dell’urbanizzazione si comprendono esclusivamente le nuove abitazioni costruite fra il 2002 e il 2011. In questo caso domina Campodoro (Padova) con 482 case realizzate nel periodo preso in esame, ovvero il 39% di quelle oggi esistenti, al secondo posto si piazza Marcon, Venezia (2.769 nuovi alloggi, il 38% del totale) e al terzo Polverara, Padova (490, 37%).

In generale la superficie urbanizzata ha avuto un impennata fra il 1983 e il 1996: +25% nella provincia di Venezia, +11,5 in quella di Treviso e + 15% nel Padovano. Con l’analisi della Fondazione ci si può spingere ancora più a fondo per quanto riguarda la costruzione di nuove abitazioni. Un quinto delle case presenti sul territorio della città metropolitana è stato costruito fra il 1962 e il 1971, il 16% fra il 1972 e il 1981,un14%fra il 1946 e il 1961 e una percentuale identica fra il 2002 e il 2011. La ricerca mette in evidenza anche il rapporto esistente fra la abitazioni occupate da residenti e il resto del patrimonio abitativo. Nella provincia lagunare, dove il turismo è settore trainante, solo 6 alloggi su dieci sono abitati da “veneziani”, contro l’88% del territorio Trevisano e il 91% di quello Padovano. Alla fine nella città metropolitana trequarti del patrimonio abitativo è occupato da residenti (tutti i dati e i grafici nel sito www.veneziacittametropolitana. eu).

(g.cod.)

 

TOP TEN DEI COMUNI CHE HANNO COSTRUITO DI PIÙ NELLA CITTÀ METROPOLITANA

Superficie Totale (ha)  % Superficie Urbanizzata
Padova 9.330 61%
Noventa Padovana 714 58%
Venezia 15.685 51%
Treviso 5.552 48%
Spinea 1.504 46%
Selvazzano Dentro 1.965 43%
Abano Terme 2.153 42%
Fiesso d’Artico 631 41%
Gallera Veneta 902 40%
Martellago 2.010 38%

 

LE ABITAZIONI E IL CONSUMO DEL SUOLO IN CIFRE

>20%  la supericie urbanizzata nella Città Metropolitana di Venezia al 2007

1.369.567 – le abitazioni registrate nel territorio della Città Metropolitana di Venezia

580.329 – le abitazioni nella provincia di Venezia

401.460 – le abitazioni nella provincia di Padova

387.778 – le abitazioni nella provincia di Treviso

14%   del patrimonio totale sono le abitazioni nella Città Metrop. costruite tra il 2002 e il 2011

11%  del patrimonio totale sono le abitazioni nella provincia di Venezia costruite tra il 2002 e il 2011

+16,08%  è la crescita di abitazioni registrate tra il 2002 e il 2011

1.056.670   è il numero di abitazioni totale occupate da residenti

 

Cgil attacca: «Penalizzato chi va a lavorare presto»

Venezia vietata dopo cena: esplode la polemica per l’ultima corsa alle 22.35

Mancano due settimane all’entrata in vigore del nuovo orario annuale di TrenItalia che, per la prima volta nella storia dei regionali delle Ferrovie dello Stato, sarà di tipo cadenzato: i locali, su una determinata linea, partiranno ed arriveranno sempre alla stessa ora ed agli stessi minuti. A fronte di questa novità, c’è già subbuglio tra i pendolari preoccupati per alcuni tagli alle linee regionali. La Cgil si è fatta interprete ieri di questo disagio e il segretario regionale Ilario Simonaggio ha avuto parole molto dure:

«Non ci sono i treni del mattino presto ed i nuovi Stadler, fabbricati in Svizzera, sono più capienti perchè hanno posti in piedi».

Il sindacato registra la protesta di chi si è visto eliminare i quattro regionali veloci per Brescia e Milano. E su Venezia: «Come è possibile che un padovano non possa andare la sera nella città più bella del mondo perchè non ci sono treni dopo le 22.30? »

Già oggi è possibile consultare il nuovo orario, che parte domenica 15 dicembre, sul sito di TrenItalia. Per quanto riguarda i treni a lunga percorrenza, nessun cambiamento. Né per le Frecce Argento per Roma (15 al giorno più 5 Italo) e né per le Frecce Bianche per Milano/Torino, dove c’è un Eurostar ogni mezz’ora.

L’unica, ma attesa, novità sulle lunghe distanze è il ritorno dell’Eurocity, gestito dalle Ferrovie Austriache, anche di giorno, sulla linea Venezia Santa Lucia (15.59)- Treviso ( 16.30)- Udine – Tarvisio – Wien.

Come anticipato dal nostro giornale, neanche stavolta partirà la Smfr, il metrò sulla tratta Padova-Venezia, sebbene quasi tutte le opere del progetto, partito 25 anni fa, siano state ultimate con una spesa di cento milioni:

«O l’assessore Chisso spiega nei particolari le cause dei ritardi in questa telenovela ferma ad un binario morto oppure si deve dimettere», osserva Pipitone, consigliere Idv. Due, essenzialmente, le novità sulle linee regionali.

Per la prima volta nascono tredici coppie di treni regionali veloci sulla linea Venezia-Padova- Vicenza-Verona, con fermate anche a San Bonifacio e Verona Porta Vescovo e, sempre per la prima volta, tredici coppie di regionali collegheranno Treviso direttamente con Padova, via Castelfranco, Camposampiero, senza dovere andare prima a Mestre e salire su un altro treno.

Applausi per la nuova linea diretta Treviso-Padova, ma non per l’istituzione dei nuovi regionali veloci Venezia-Padova-Verona perché, dal 15 dicembre, non ci saranno più i quattro regionali veloci che oggi collegano la laguna con Milano. Chi non vuole spendere soldi per salire sulle Frecce Bianche dovrà scendere a Verona Porta Nuova e prendere la coincidenza con gli altri regionali veloci che collegano Verona con Milano, via Brescia, Rovato e Treviglio.

Pochi cambiamenti sulla linea delle Dolomiti che parte da Padova, via Montebelluna e Feltre. Anche qui l’orario sarà cadenzato. Saranno regionali velocizzati a metà perché, arrivati a Camposampiero, non fermeranno più sino a Padova nelle stazioni di San Giorgio delle Pertiche, Campodarsego e Vigodarzere, dove, però, fermeranno i nuovi locali provenienti dalla Marca. Brutte notizie, infine, per i viaggiatori, che, alla sera, si servono degli ultimi treni in partenza da Santa Lucia per Padova, Treviso, Castelfranco, Bassano e San Donà-Portogruaro. Linea per Padova: ultimo regionale alle 22.35. Per Mogliano-Preganziol-Treviso alle 23.04 (oggi ultimo 23.56); per Bassano alle 21.08( oggi 21.28 e 22.38) e per Portogruaro alle 22.41 (oggi 00.21 e 00.36). Ci sarà un bus che partirà alle 00.20 ed arriverà 2.26…

Felice Paduano

 

I PENALIZZATI – Tagli di corse verso la Bassa Meno fermate nell’Alta

La novità che meno piacerà ai pendolari di Padova è la linea per Legnago-Mantova e viceversa, via Terme Euganee, Monselice. Oggi sono sette i regionali che partono da Padova e vanno verso Este, Montagnana, senza trasbordare su un altro treno a Monselice. Tra due settimane, invece, i regionali diretti saranno tre (tutti alla mattina da Legnago) e i pendolari della Bassa, per venire e tornare dalla città dovranno scendere a Monselice e servirsi dei regionali veloci della linea Padova-Bologna, che fermano solo a Terme Euganee o quelli provenienti da Rovigo, ad andamento lento, con fermate anche a Battaglia ed Abano. A proposito della linea Padova-Rovigo-Ferrara- San Pietro in Casale- Bologna e viceversa, i cui treni sono sempre strapieni, c’è da dire che il nuovo orario apporterà solo leggerissime modifiche. Da Padova il treno veloce (costo 9.20 euro,la Freccia Argento 24) partirà ai minuti 10 e non più a 12’. L’ultimo per il capoluogo emiliano partirà alle 20.10. Tutta da verificare la situazione prevista per i pendolari che si spostano dall’Alta, in particolare da Cittadella e Camposampiero, in direzione Padova.

Per la prima volta i treni provenienti da Calalzo/Belluno non fermeranno più nelle stazioni di San Giorgio delle Pertiche, Campodarsego e Vigodarzere. In compenso gli utenti, che salgono sul treno nelle tre stazioni sovramenzionate, potranno utilizzare i regionali che arrivano da Bassano e quelli da Treviso, via Paese, Castelfranco. Le difficoltà che i pendolari dell’Alta avranno con il nuovo orario saranno dovute alla mancanza di treni nelle fasce orarie della mattina presto. Oggi all’alba sono in servizio alcuni bus sostituvi. Ma i più penalizzati saranno i pendolari dell’Alta, che oggi, dopo il lavoro in città, tornano, tardi, a casa, nei paesi del Camposampierese.

 

AssoUtenti: «Positiva la scelta dell’orario cadenzato»

Se il sindacato attacca il nuovo orario dei treni, c’è anche chi elogia, senza se senza ma, la scelta del nuovo orario cadenzato. «Rappresenta un’ottima opportunità di riordino del sistema mobilità in Veneto», spiega Davide Grisafi, aponense e coordinatore regionale di AssoUtenti, « Siamo davanti all’applicazione di un sistema integrato in grado di combinare l’ offerta su gomma con quella sul ferro. L’orario cadenzato, tra l’altro varato anche con la nostra collaborazione, fa risparmiare nei costi generali perché permette di gestire al meglio, i flussi dei materiali, del personale e delle manutenzioni. A questo punto il Veneto diventa un modello per tutte le altre regioni della penisola. In pratica sono stati messi treni dove e quando servono. E’ necessario, però, che dallo Stato arrivino più risorse». f.pad.

 

Mattino di Padova – Cancellati tredici diretti per Padova

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5

nov

2013

I convogli sulla linea Mantova faranno tutti capolinea a Monselice.

Pendolari infuriati: se va bene troveremo posto in piedi

MONSELICE – A partire dal 15 dicembre, giorno in cui entrerà in vigore il nuovo orario regionale cadenzato, concordato fra TrenItalia e Regione Veneto, non ci saranno più i treni locali, che oggi collegano Padova con Legnago e Mantova, via Monselice e viceversa.

Tutti i nuovi regionali effettueranno servizio soltanto sull’asse Mantova-Legnago-Monselice e, quindi, anche i pendolari che devono recarsi a Padova o, ad esempio, negli alberghi di Abano e Montegrotto, dovranno, per forza, trasbordare a Monselice e utilizzare i treni regionali veloci, provenienti da Bologna o quelli, già classificati lenti, in arrivo da Ferrara e da Rovigo.

In pratica addio per sempre ai treni locali, che oggi partono da Mantova ( o da Legnago) e arrivano nella città del Santo alle 7.29; 7.54; 8.56; 9.56; 14.26; 15.42 e 17.56. Stessa storia per i locali, che, oggi, diretti a Legnago e a Mantova, partono da Padova alle 9.09; 12.19; 14.36; 16.38; 17.19 e, infine, alle 18.45. Insomma cancellati sia i sette treni diretti dalla Bassa che arrivano a Padova dalle 7.29 alle 17.56 e sia i sei convogli che viaggiano sulla direzione opposta, dalle 9.09 alle 18.45. Ossia quelli che partono da Padova verso la città dei Gonzaga. Un colpo di spugna per tredici treni.

Dal 15 dicembre sarà obbligatorio scendere a Monselice e risalire su un altro treno. Quasi certamente sulla linea Legnago – Monselice ci sarà qualche treno in più, anche in orario cadenzato, ma i pendolari sono ugualmente inviperiti perché non gradiscono il trasbordo obbligato a Monselice e sono già sicuri che quasi tutti i treni, in arrivo dall’Emilia, una volta arrivati alla città della Rocca, saranno sempre strapieni e offriranno solo posti in piedi e, in alcuni casi, neanche questi.

Numerosi utenti hanno firmato petizioni e le hanno inviate all’assessore Renato Chisso, alla responsabile del servizio locale di TrenItalia, Maria Annunziata Giaconia e ai sindaci dell’Estense.

La pendolare Michela Salvà, di Santa Margherita d’Adige, chiede il mantenimento, almeno, di alcuni treni diretti nella fascia mattutina e il potenziamento dei regionali in arrivo da Bologna e Rovigo.

Rossana La Zia, pendolare da Saletto, aggiunge: «Oggi viaggiamo male. Domani, rischiamo di viaggiare peggio».

Anche la Filt- Cgil è sul piede di guerra. «I nuovi orari non sono ancora chiari» sottolinea Ilario Simonaggio, segretario regionale della Cgil-Trasporti. Sono tre mesi che stiamo monitorando il territorio. Ogni giorno riceviamo dai pendolari lettere al vetriolo. In prima fila ci sono i lavoratori e gli studenti della Bassa. Consiglio a Chisso di tenere delle assemblee territoriali assieme ai pendolari, prima di varare i nuovi orari».

Felice Paduano

 

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