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Il comitato Bruno Marcato di Dolo replica al presidente della V Commissione Padrin

«Se è vero che l’ospedale di Dolo non chiude, perchè non finanziano i lavori necessari per pronto soccorso e sale operatorie anziché prorogare di due anni i finanziamenti?».

Il comitato Bruno Marcato replica al presidente della V Commissione regionale Sanità Leonardo Padrin, che nei giorni scorsi aveva seccamente smentito le ipotesi di chiusura e ridimensionamento dell’ospedale. Il comitato si dice soddisfatto per l’approvazione, da parte del consiglio comunale di Mira, del documento a salvaguardia dell’ospedale, ma esprime anche una forte preoccupazione per la mancanza di conferme sul futuro del plesso dolese.

«Il mancato accoglimento dei nostri emendamenti da parte del Piano socio-sanitario non allontana i dubbi che avevamo sul futuro dell’ospedale – spiegano i portavoce Antonino Carbone, Francesco Sacco, Gino Bedin e Giovanni Urso – Dire che le schede attuative del Piano ovvieranno a ciò che il Piano non ha previsto è solo un modo poco trasparente per nascondere la verità ai cittadini. La nostra richiesta era chiara: dichiarare l’ospedale di Dolo struttura per acuti, classificandolo come “ospedale di rete” insieme a Mirano».

Il comitato rivolge, poi, delle richieste precise al direttore generale Orsini.

«Perché non valutare lo spostamento di Cardiochirurgia a Mestre, risparmiando risorse per gli altri reparti dell’Asl 13? Perché Otorino è ancora a Mirano quando era stato garantito che sarebbe tornato a Dolo? Perchè spendere 600.000 euro all’anno per affittare i padiglioni di Mirano, invece di utilizzare quelli vuoti di Dolo?».

Il comitato ne ha anche per il presidente della Conferenza dei Sindaci Fabio Livieri, che aveva parlato di due milioni di euro in arrivo dalla Regione per l’acquisto di materiale tecnico. Alcuni dei macchinari di Dolo sono, di fatto, obsoleti: basti pensare ad una lampada salidrica del 1982 e a un ecografo vecchio di 13 anni.

«A quanto ci risulta questi due milioni sarebbero destinati unicamente all’ospedale di Mirano – ribattono i portavoce – Da 17 anni non si investe un centesimo in ristrutturazione, strumenti ed ambiente. Sollecitiamo i sindaci della Riviera ad interventi più incisivi».

 

Padrin incontra i medici dell’Asl 13 e dà rassicurazioni sull’ospedale di Dolo

«I Primari dell’Asl 13 non hanno nulla da temere. L’azienda è virtuosa e ha bisogno di essere maggiormente finanziata». Leonardo Padrin presidente della V Commissione Regionale Sanità ha incontrato i primari dell’ospedale di Dolo. Un’incontro informale patrocinato dall’Anpo aziendale nella sala riunioni del Presidio Ospedaliero di Dolo per parlare del futuro della sanità del Miranese, alla luce del nuovo piano socio-sanitario della Regione Veneto recentemente approvato. Dall’incontro è emerso ancora una volta come l’Asl 13 Dolo-Mirano, sebbene sottofinanziata con 1.418 euro rispetto alla media di 1.600 euro delle altre aziende del Veneto, abbia comunque centrato l’obiettivo, riuscendo a garantire ai suoi cittadini tutti i servizi sanitari e a raggiungere il pareggio di bilancio. «Con il loro lavoro i primari – ha sottolineato Padrin – hanno limitato al massimo le fughe dei propri cittadini verso altre aziende sanitarie e con le loro eccellenze sanitarie sono riusciti ad attrarre pazienti da altre Asl venete. Per raggiungere migliori performance e realizzare una vera integrazione ospedale-territorio, così come delineato dal nuovo piano socio-sanitario regionale, l’Asl 13 – ha dichiarato Padrin – ha bisogno di essere maggiormente finanziata». Padrin ha illustrato alcuni punti salienti e innovativi del Piano Sanitario Regionale che verrà presto reso operativo.

 

Corriere del Veneto – Veneto City non imiti Parigi

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28

giu

2012

Corrado Poli (editoriale del Corriere del Veneto)

Cosa avranno in comune Veneto City e la Défence di Parigi? Molte cose, a parte il fatto che il piano di sviluppo perturbano francese è almeno dieci volte più grande. Si tratta in entrambi i casi di piani di crescita urbana pensati e progettati un paio di decadi fa da imprenditori rimasti ancorati a una mentalità da anni ‘70/’80. Con un gruppo di studiosi di pianificazione urbana provenienti da tutta Europa e dagli Stati Uniti ho visitato il nuovo centro direzionale parigino i cui enormi grattacieli sono stati disegnati dai più famosi architetti del mondo. Alcuni dei miei (anziani) colleghi erano stati responsabili di piani simili in città quali Lilla, Barcelona e Baltimora. Conoscendo la loro età e la conseguente passione per le grandi opere, mi sarei aspettato un generale consenso per questo intervento che impressiona per la modernità del disegno e la possanza delle costruzioni. Con mia sorpresa i miei colleghi mi sono apparsi molto scettici. Allo stesso rappresentante della compagnia di sviluppo dell’area, è sfuggito detto che alla sera la Défence, quasi tutti uffici oggi semivuoti, rimane deserta. Allo stesso tempo, di giorno ci sono molti problemi per il l’affollamento della metropolitana nelle ore di punta e non solo. “Ma non c’è da preoccuparsi” ci dice, “stiamo costruendo una nuova linea e una nuova stazione”. Come ovvio, noi esperti urbanisti all’unisono ci siamo preoccupati ancora di più: una nuova metropolitana non farà altro che aumentare il pendolarismo e svuotare ancora di più alla sera questo quartiere di torri giganti occupate da soli uffici! Questi interventi-investimenti edilizi sono comuni in molte città d’Europa e d’America e solo poche città sono state capaci di ridurli se non proprio eliminarli. Possono essere fatti bene, come succede a Parigi, a Copenhagen e in genere nel Nord Europa, o male come da noi dove spesso la manutenzione e la gestione lascia molto a desiderare. Ma rimangono in ogni caso opere del passato che dimostrano lincapacità della politica di proporre agli imprenditori finanziari opportunità di investimento meno “cassettiste” e più produttive. Non si può nemmeno farne una colpa agli imprenditori, a parte quella di avere occupato uno spazio che avrebbe dovuto essere proprio di politici pensanti in grado di elaborare progetti e non di eseguire pedissequamente quanto viene loro proposto.

La partita di Veneto City oggi si riapre grazie al successo del Movimento Cinque Stelle nel Comune di Mira. La vittoria elettorale dei grillini è figlia della mobilitazione dei comitati che hanno trovato del M5S il catalizzatore di idee condivise da gran parte della popolazione, ma non da politici decrepiti che si facevano interpreti di idee di antichi imprenditori. Ora, sarà difficile anche per il neo sindaco bloccare un progetto che ha già ricevuto tutte le benedizioni istituzionali. E forse non sarebbe nemmeno corretto mettere oggi il bastone tra le ruote a imprenditori che hanno impegnato ingenti capitali con il consenso delle istituzioni. Soprattutto perché non ci sono progetti alternativi. Lo stesso problema si pone a Parma dove il blocco dell’inceneritore dei rifiuti (che tanta parte ha avuto nella vittoria del M5S) potrebbe comportare il pagamento di grosse penali e il bisogno di ulteriori risorse per adottare un sistema diverso. Il neo Sindaco di Mira – con senso istituzionale – non dovrebbe limitarsi a cercare di bloccare il progetto, per quanto io stesso lo giudichi antico. Ma piuttosto dovrebbe dimostrare come la nuova politica, liberatasi del peso del vecchiume, sia in grado di presentare agli imprenditori nuove opportunità. A costo di costringerli a pensare in modo diverso e ad adattare i loro antichi progetti alle nuove esigenze espresse dai cittadini. Magari a partire proprio da un Veneto City profondamente rivisto.

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Qualche tempo fa, quando si diceva che forse, una volta tanto, ci avrebbe salvato proprio il mercato, con la sua legge del più forte e del più competitivo, noi tutti piccoli imprenditori del commercio e del turismo e cittadini, non ci credevamo davvero sino in fondo: eppure oggi sembra essere proprio così. Gli imprenditori che hanno dato via al sogno – o all’incubo? – di Veneto City stanno nuovamente rivedendo progetti e piani finanziari, per concludere che, forse, si era pensato un po’ troppo in grande.  “Nessuna infrastruttura può essere troppo grande e troppo invasiva per un territorio così già debilitato ed indebolito come il suolo del Veneto” – commenta Massimo Zanon, nella duplice veste di Presidente di Confcommercio Unione Venezia e del Veneto – “ma qui si trattava di impegnare risorse, cementificare un’area enorme senza ancora sapere, precisamente, cosa ci sarebbe andato dentro, quali funzioni, quali imprese, quali acquirenti avrebbero avuto interesse ad utilizzarlo”. Così, nell’arco di pochi anni, Veneto City subisce un’ulteriore riduzione. “Adesso però bisogna capire cosa si vorrà comunque realizzare per far rendere quell’area – ammette preoccupato Ennio Gallo, Vice di Zanon e alla guida della Confcommercio del Miranese che, insieme alla Riviera del Brenta, è l’area maggiormente coinvolta dal progetto, – “sperando che non si scelgano interventi speculativi di piccolo cabotaggio. E quanto alle amministrazioni comunali che hanno alla fine accolto positivamente il progetto originario, come reagiranno di fronte alle diverse opere che erano state promesse e che adesso non si faranno più?”.   E’ indispensabile ragionare subito su cosa si farà in quell’area così vasta e comunque collocata in un punto strategico del Veneto.

“C’è ancora così tanto da investire per migliorare i nostri centri urbani – continua Ennio Gallo – e tra graticolato romano, ville venete e ultimi scampoli di aree agricole, con un dissesto idrogeologico che si aggrava ogni anno sempre di più, come dimostrano i disastri meteorologici di questi periodi, non c’è dubbio che le priorità di tutela, risanamento e valorizzazione del territorio di tutto il Veneto sono enormi” E conclude: -”C’è di che investire nel Veneto, a partire proprio dalle sue risorse: forse la crisi e il mercato, con le loro spietate leggi, ci stanno ammonendo, amministratori e investitori, anche e soprattutto su questa grande verità”.

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SOTTO ACCUSA – L’ospedale di Dolo

Macchinari non acquistati, corsi di aggiornamento interni bloccati, cronica mancanza di posti letto, tempi dattesa lunghissimi e un centro di assistenza per malati terminali sempre promesso e mai realizzato.

La situazione dell’ospedale di Dolo, nelle parole dell’ex dirigente Vincenzo D’Agostino, sono tutt’altro che confortanti. «I problemi della salute – attacca D’Agostino – non possono essere affrontati in modo ragionieristico, come sta avvenendo da tempo». Nel mirino le strumentazioni:

«Veritas ha fatto una donazione di 10 mila euro per l’acquisto di un impedenziometro, ma non è mai stato acquistato. Così come la Cardiologia dolese non ha ancora un ecografo compatto, che sarebbe di grande ausilio per far fronte a determinate esigenze di portabilità».

C’è anche il problema delle liste d’attesa: «Per un ecocardiogramma si va a dicembre, per oculistica a giugno 2013 e reumatologia a gennaio 2013. Mentre risultano chiuse le liste di Endocrinologia e Dermatologia». A Mirano, però, non se la passano meglio: «Sono costretti ad inviare i tessuti da esaminare istologicamente a Dolo, perché non hanno i macchinari adeguati. Il tutto con il paziente in sala operatoria, in attesa dell’esito».

Ma D’Agostino tocca anche il problema del Pronto soccorso: «Dove permane un primario “a scavalco”. Infatti, il dirigente sanitario a presidio pare non avesse i titoli per ricoprire quell’incarico ed è stato nuovamente assegnato al Dipartimento di Cardiologia».       Anche Ortopedia, uno dei fiori all’occhiello della struttura rivierasca, rischia di perdere pezzi: «I dottori Armato e Majoni vanno in pensione. Mentre il primo è stato riconfermato con un incarico di sumaista a 25 ore, il secondo non ha avuto nulla.

Fare questa politica di risparmio è una visione miope. Serve intervenire nel taglio di spese insostenibili, come la Cardiochirurgia di Mirano, che costa due milioni e 800 mila euro all’anno quando non ha neppure il bacino sufficiente al suo mantenimento».

D’Agostino, quindi, auspica una presa di posizione da parte dei sindaci: «I cittadini devono essere pronti a scendere in piazza per salvare il loro ospedale».

Gianluigi Dal Corso

 

Gazzettino – Dolo. Polo logistico, Gei accusa la Regione

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26

giu

2012

«Scavalcate le norme di tutela ambientale, Zaia si rivela peggiore di Galan»

DOLO – «Il Polo logistico di Dogaletto di Mira come Veneto City». È questa l’accusa che il consigliere de “Il Ponte del Dolo” Giorgio Gei muove alla Regione Veneto.

«Ancora una volta – attacca – la Regione Veneto mira a scavalcare le procedure di tutela e per il Polo logistico di Dogaletto e punta ad aggirare la Valutazione ambientale strategica». Secondo Gei «l’amministrazione Zaia si conferma così ancor più devastante della precedente giunta Galan e se, saggiamente, la nuova amministrazione mirese si dichiara decisamente contraria, ecco che spunta prontamente qualche emulo del conte Volpi di Misurata disposto ad una nuova devastazione della Laguna un pò più a Sud».

Il timore è che l’approvazione del progetto possa compromettere l’equilibrio ambientale. Gei non lesina una stoccata ai primi cittadini di Dolo e Pianiga (Maddalena Gottardo e Massimo Calzavara):

«Reputo del tutto incomprensibili, se confermate, visti i precedenti, le dichiarazioni dei sindaci di Dolo e Pianiga disposti a discutere e valutare i progetti e magari pronti a far decollare un Polo logistico sicuramente Green».

(g.d.c.)

 

Gazzettino – Su Veneto City l’ombra della crisi

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24

giu

2012

GRANDI OPERE SOTTO ESAME

LO STUDIO Un documento del Collegio ingegneri ha analizzato costi e benefici dell’operazione

INGEGNERI – Un gruppo di lavoro ha analizzato il progetto dell’insediamento

I TRASPORTI   «C’è il rischio di un aumento considerevole del traffico»

L’ECONOMIA   «È probabile che gli investitori non siano più convinti»

CONTROLLI   «Le amministrazioni sono state troppo passive»

LE PROSPETTIVE – Rischio “spezzatino” per l’operazione immobiliare

La crisi rischia di “sgonfiare” Veneto City. E di compromettere la sfida imprenditoriale e progettuale che si dovrebbe sviluppare fra Venezia e Padova, dopo il varo da parte della Regione Veneto dell’Accordo di programma con gli investitori privati e gli enti locali coinvolti.

Il dubbio emerge da uno studio condotto dal gruppo di lavoro del Collegio degli ingegneri della provincia che, con un approccio tecnico e con la collaborazione del Centro provinciale di studi urbanistici della provincia, ha “smontato” pezzo per pezzo il progetto per valutarne costi e benefici.

Lo studio del Collegio, (libera associazione senza fini di lucro, apolitica e aconfessionale), che da anni mette a disposizione del territorio e delle amministrazioni locali competenze di alto spessore professionale dei propri iscritti in molti settori dell’ingegneria e in campo urbanistico al fine di fornire indicazioni e pareri a beneficio del progresso tecnologico e sociale, è appena stato consegnato ai Comuni di Dolo e Pianiga, sui cui territori sorgerà Veneto City. 

I collegamenti: Il punto di partenza dello studio riguarda la logistica e le infrastrutture: per i curatori l’insediamento «può essere considerato logisticamente interessante», trovandosi a metà dell’asse Venezia-Padova. Negativo invece il giudizio rispetto alla viabilità trasversale rispetto alla A4 e alla linea ferroviaria. Il rischio è «un aumento considerevole di traffico» sulle strade della Riviera e del Miranese. Per questo si chiede di potenziare il trasporto pubblico, anche se «risulta difficile pensare a linee frequenti di trasporto collettivo» da e per i Comuni minori.

L’economia: Dal punto di vista economico il timore del gruppo di lavoro che ha condotto lo studio è che «gli investitori non siamo più convinti che l’operazione sia remunerativa» a breve, a causa della crisi. «Ciò può portare a speculazioni di minore calibro, qualità, valore». Un elemento che per gli oppositori del progetto potrebbe essere positivo, ma che in realtà rischia di rivelarsi un danno. La conseguenza sarebbe una “parcellizzazione” del progetto che ridurrebbe l’effetto di volano economico e urbanistico del progetto, che da “intervento pilota” per la regione «si ridurrebbe a un intervento di provincia».

L’approccio: Per gli autori dello studio i Comuni direttamente coinvolti nel progetto, nello specifico Dolo e Pianiga, «hanno accolto la realizzazione di Veneto City con una certa passività», anche a causa di carenze nella pianificazione regionale e provinciale. Per i Comuni del resto Veneto City garantirà entrate cospicue a titolo di imposte e oneri di costruzione e urbanizzazione. Anche se un eventuale ridimensionamento del progetto ridurrebbe anche le entrate per le casse comunali.       Anche la scelta di operare per fasi successive può portare «più danni che vantaggi». Nello studio si sottolinea il rischio di «una ulteriore parcellizzazione» dell’intervento «in più ambiti architettonicamente e funzionalmente poco conformi». Gli ingegneri suggeriscono a questo proposito di vigilare sulla realizzazione degli stralci attraverso le norme dei piani urbanistici attuativi.       Dubbi anche sulla modifica delle altezze massime degli edifici (passate da 90 a 80 metri): «la realizzazione di edifici verticali – si legge nello studio – per uffici, residenze, terziario e quant’altro comporterebbe un minor consumo di suolo ed energia». E una progettazione unitaria garantirebbe una maggiore armonia architettonica e dei volumi previsti.

La questione ambientale: Veneto City, secondo il gruppo di lavoro che ha studiato il progetto, «potrebbe essere l’occasione per creare un vero e proprio parco agro-ambientale», in grado di riqualificare aree abbandonate, con un’apposita zona fra Veneto City, l’autostrada e la ferrovia, che potrebbe ospitare produzioni biologiche e tipiche. Così il progetto potrebbe definirsi “sostenibile”. Dal punto di vista della pianificazione però si chiede che il verde di uso pubblico sia definito in modo più preciso, con la definizione di aree destinate a orto, a passeggio, a parco per i bambini e a pic nic.       Nella materia ambientale rientrano anche le preoccupazioni per la mitigazione idraulica del progetto, minacciata da un’eventuale “spezzatino” del progetto paventato dal Collegio degli ingegneri. Lo stesso vale per il contenimento degli sprechi energetici e il ricorso a sistemi di riscaldamento tali da rendere innovativo e sostenibile il progetto complessivo.

Alberto Francesconi

 

L’IDENTIKIT DEL PROGETTO – Scommessa da due miliardi

Il progetto di Veneto City, un grande insediamento direzionale e commerciale a metà strada fra Venezia e Padova e a cavallo fra la Riviera del Brenta e il Miranese, è stato approvato lo scorso dicembre con la firma del governatore veneto Luca Zaia all’Accordo di programma fra la Regione, la Provincia di Venezia, i Comuni di Dolo e Pianiga e la società Venetocity. I proponenti (nomi noti dell’imprenditoria come Biasuzzi, Endrizzi, Mantovani e Stefanel) sono pronti a investire due miliardi di euro per un progetto da 50 ettari – circa 106 campi da calcio – un terzo dei quali da adibire a verde, da adibire a uffici, aree espositive, negozi, sedi universitarie, cinema e palestre.       Il progetto, la cui idea originaria risale al 2003, è osteggiato da associazioni ambientaliste, di categoria e da comitati civici che temono l’impatto sociale e ambientale del complesso. La versione più recente del progetto è stata affidata all’architetto Mario Cucinella, uno dei maestri della progettazione più sensibili al rapporto fra architettura e ambiente, che lo scorso autunno aveva illustrato in Riviera del Brenta la sua idea su Veneto City.       Nelle intenzioni dei privati l’avvio dei primi lavori potrebbe avvenire entro la fine dell’anno corrente. Ma su Veneto City gravano ancora i ricorsi presentati contro la realizzazione dell’opera. Ultimo quello del Gruppo Basso, proprietario di parte dei terreni sui quali dovrebbe sorgere il complesso, con la richiesta di annullare l’Accordo di programma dello scorso dicembre.

 

Nuova Venezia – Dolo, “L’ospedale resta a rischio”

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23

giu

2012

Comitato Marcato preoccupato. Livieri: appena stanziati due milioni

DOLO – Soddisfazione per l’approvazione da parte del consiglio comunale di Mira del documento a salvaguardia dell’ospedale di Dolo, ma preoccupazione per la mancanza di conferme sul futuro del plesso dolese da parte dei componenti del comitato “Bruno Marcato”. «Il mancato accoglimento dei nostri emendamenti da parte del Piano socio sanitario non allontana i dubbi che avevamo sul futuro del nostro ospedale. Noi li avevamo presentati per rassicurare i medici e cittadini che l’ospedale di Dolo rimanga per acuti e assieme a Mirano “di rete”. A chi dice che siamo campanilisti noi diciamo che lavoriamo per l’ospedale di Dolo e tutta l’Asl 13». La mobilitazione del comitato continua. E intanto vengono fatte alcune richieste al direttore generale Arturo Orsini. «Perché non valutare lo spostamento di Cardiochirurgia a Mestre risparmiando risorse per gli altri reparti dell’Asl 13? Perché Otorino è ancora a Mirano quando era stato detto che sarebbe tornata a Dolo e perché non verificare la possibilità di risparmio di spesa occupando i padiglioni vuoti di Dolo?». Sul futuro dell’Asl 13 interviene Fabio Livieri. «L’ospedale di Dolo non sarà chiuso, l’abbiamo già detto e lo confermiamo» spiega il presidente della conferenza dei sindaci «La struttura rientra nei parametri del nuovo Piano e sono appena stati stanziati due milioni per l’acquisto di materiale tecnico. Attendiamo nuovi contributi per il Pronto soccorso e le sale operatorie di Dolo, e speriamo l’aumento del riparto pro-capite».

(g.pir.)

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Nuova Venezia – “Veneto City, ecco cosa non va”

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22

giu

2012

L’Ordine degli ingegneri evidenzia le criticità e suggerisce modifiche

DOLO – Il Collegio degli Ingegneri di Venezia critica il progetto di Veneto City esprimendo perplessità sugli aspetti logistico-infrastrutturale, economico, normativo-amministrativo e ambientale. Questo è l’esito dell’analisi del Gruppo di lavoro istituito per valutare il progetto.

Le perplessità maggiori arrivano dalla questione idraulica. «La realizzazione per stralci di Veneto City e della sua prima fase comporta il rischio che anche le opere di attenuazione del rischio idraulico vengano realizzate per parti» spiegano Vittorio Drigo e Piero Pedrocco «Ci si chiede se non sia più opportuno immaginare un modello di intervento che realizzi globalmente, e per primo, il sistema di drenaggio, scaricando gli oneri sugli attuatori che realizzeranno i piani urbanistici. L’opera potrebbe essere l’occasione per creare un parco agro-ambientale, capace di riqualificare e valorizzare aree marginali». 

Il documento parla poi di viabilità e infrastrutture. «Veneto City potrà portare a un aumento considerevole di traffico sulla debole viabilità che interessa i paesi a sud della Riviera e a nord-ovest dell’A4 e del Passante. Vanno potenziati i mezzi pubblici favorendo la riduzione del traffico e i problemi ambientali dovuti al traffico eccessivo».    Si tocca anche la crisi economica.

«È probabile che gli investitori non siano più convinti che l’operazione, a cui serviranno ingenti capitali, sia remunerativa e possa portare a risultati positivi a breve. Una eventuale minor valenza imprenditoriale per l’insediamento, e prevedibilmente la minor qualità architettonica che ne deriverebbe, possono dare, a questo punto, più danni che vantaggi.

Se si riducessero le valenze del progetto si ridurrebbe a un intervento di provincia». Critiche arrivano anche per gli enti pubblici che hanno avvallato l’accordo. «Hanno accolto la realizzazione di Veneto City con una certa passività. I Comuni non hanno potuto e voluto e non potranno rinunciare all’opera, sia per l’ormai avvenuta approvazione dell’accordo di programma sia perché porterà benefici alle loro casse».

Giacomo Piran

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LA NUOVA OPERA

A RISCHIO – La realizzazione del nuovo casello del Roncoduro è a rischio. Subirà dei pesanti ritardi

I primi numeri sul casello del Roncoduro, usciti in occasione della presentazione del progetto preliminare, parlavano di un’opera da compiere in poco più di tre anni, con costi pari ad 11,7 milioni di euro. Il progetto preliminare prevede la riapertura, all’altezza del preesistente casello Dolo- Mirano, di nuova barriera con possibilità di entrata ed uscita solo in direzione di Venezia. Piazzali per il pagamento del pedaggio, le rampe di ingresso e uscita autostradali, la modifica della rampa autostradale Mestre-Trieste ed i collegamenti della viabilità autostradale con la viabilità ordinaria esistente. Oltre a queste, si sarebbero dovute aggiungere, ormai il condizionale è più che mai d’obbligo, anche diverse «opere civili» ed impiantistiche sugli edifici di casello, sui manufatti idraulici che avrebbero dovuto assicurare la continuità della rete consortile esistente e opere di mitigazione con sistemazioni a verde, barriere antirumore e alberi schermanti. L’opera è stata concepita perché sia facilmente raggiungibile dalla ex SS11, conosciuta come Brentana, attraverso la già realizzata bretella ovest e la prevista est. Tutte opere che, nell’ottica dei sindaci Maddalena Gottardo e Massimo Calzavara, oltre che di Veneto Strade e Regione, sarebbero servite per rilanciare l’economia rivierasca e la mobilità dell’intera area. Adesso, con la decisione del governo centrale di non rinnovare le figure dei commissari straordinari, rischiano di vedere la luce con un pesante ritardo. Almeno stando alle considerazioni della sindaco di Dolo, Maddalena Gottardo.

(G.Dco.)

 

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