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Gazzettino – Venezia. Grandi navi, cancellati i divieti

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10

gen

2015

VENEZIA – Il Tar riapre al passaggio. «Mancano vie alternative»

Il Tar cancella i divieti di passaggio delle grandi navi in bacino San Marco e nel canale della Giudecca a Venezia. Secondo i giudici amministrativi, mancano le vie alternative e quindi la Capitaneria di porto non può proibire il transito dei colossi del mare. Ma le compagnie hanno già modificato le rotte.

Ma le crociere hanno già modificato gli scali

Il ministero farà ricorso contro la sentenza

Grandi navi, divieti annullati

Il Tar boccia l’ordinanza che bloccava i colossi del mare: «Mancano vie alternative»

VENEZIA – Un condominio del mare passa davanti a piazza San Marco. Sotto: il nuovo terminal crociere vuoto

In attesa della Variante di Valico, ferma da vent’anni, non hanno mica chiuso l’autostrada del Sole. A Venezia, invece, hanno fatto proprio questo, hanno chiuso il bacino di San Marco e il canale della Giudecca al transito delle grandi navi dirette al porto di Marittima. Con questo paragone Sandro Trevisanato, il presidente della Venezia Terminal Passeggeri (Vtp), ha commentato la sentenza della prima sezione del Tar del Veneto che ha annullato i limiti imposti dalla Capitaneria di porto per il 2014 e il 2015 al passaggio delle navi in laguna, nel cuore di Venezia.

Ora le navi superiori alle 96 mila tonnellate di stazza possono tornare a passare davanti a palazzo Ducale ma non lo faranno perché le compagnie armatoriali programmano le crociere con due o tre anni di anticipo, quindi la Vtp (autrice del ricorso) può solo sperare che il Governo si sbrighi a decidere il percorso alternativo per arrivare alla Marittima e, in attesa della sua realizzazione, che tolga i limiti in modo da recuperare almeno parte delle crociere del 2006.

Il ministero del Trasporti ha annunciato che farà ricorso al Consiglio di Stato ma ha anche aggiunto che la sentenza del Tar «rende ancora più urgente la realizzazione dell’iter proposto dal Governo per individuare il percorso alternativo per l’accesso alla Stazione Marittima di Venezia». E ha aggiunto che la Valutazione di impatto ambientale del progetto per lo scavo del Canale Sant’Angelo-Contorta è attesa per metà marzo. A dire il vero era già attesa per dicembre e poi per gennaio, perciò Paolo Costa, il presidente dell’Autorità portuale veneziana è intervenuto per dire che la sentenza è «un ulteriore stimolo affinché venga presa quella decisione capace di togliere le navi da San Marco senza mettere in crisi l’eccellenza crocieristica veneziana. Attendiamo con fiducia le decisioni che il Governo vorrà prendere, al più presto».

Tutti chiedono al Governo di fare presto, anche gli ambientalisti che ieri hanno criticato la sentenza annunciando nuove azioni di protesta. E il Governo, invece, non si sbriga, non quanto almeno richiederebbe la questione che sta tenendo in stallo migliaia di posti di lavoro, uno dei settori più importanti dell’economia veneziana e, in definitiva, anche la stessa tutela ambientale di Venezia. Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, non a caso, ha scritto in un messaggio su Twitter che «il Governo conferma il no a condomini galleggianti nel bacino di San Marco. Laguna patrimonio assoluto da difendere». Ed è quasi un paradosso quel che sta accadendo se si pensa che a fronteggiarsi sono due istituzioni pubbliche, Roma da un lato, la Regione del Veneto e l’Autorità portuale dall’altro in quanto soci di maggioranza della Vtp.

Mentre si attendono, dunque, le decisioni del Governo, il Consiglio di Stato dovrà prendere in mano la questione giuridica dopo che il Tar ha annullato i limiti imposti dalla Capitaneria di porto con motivazioni pesanti: in particolare sostiene che «i divieti avrebbero potuto applicarsi soltanto a partire dalla messa a disposizione di vie di navigazione alternative a quelle attualmente in uso». E poi ha rilevato un «difetto assoluto di istruttoria, non essendo stata svolta alcuna valutazione e ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti dai divieti».

Elisio Trevisan

 

VENEZIA – Il Tar annulla il decreto del ministero che impediva il transito in Bacino ai grattacieli del mare

RETROMARCIA – Si infiamma il fronte delle crociere a Venezia. Il Tar Veneto ha annullato i limiti al transito delle Grandi navi in Bacino di San Marco, accogliendo il ricorso di Venezia Terminal passeggeri. La decisione non avrà però conseguenze per l’anno in corso. Immediata la reazione del ministero dei Trasporti, che annuncia un ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione dei giudici amministrativi del Veneto.

LA POLEMICA – Opposte le reazioni alla sentenza: Sandro Trevisanato, presidente di Vtp, invita ad accelerare con lo scavo del canale Contorta, mentre il fronte che in città si oppone al passaggio dei colossi delle crociere in laguna annuncia già nuove iniziative di mobilitazione per ripristinare i divieti di transito.

 

DIVISI

Trevisanato (Vtp) «Ora accelerare sul Contorta»

Il fronte No Navi: «Basta pasticci. Pronti a nuove mobilitazioni»

 

LA GALASSIA DEI NO NAVI  «Basta con questi pasticci. Nuove azioni di protesta»

Cacciari: «Pronti a riprendere l’azione da marzo prossimo»

Testa: «Il “re è nudo”, prioritaria la salvaguardia della città»

In qualche modo il Tar ha accontentato l’arcipelago dei “No Grandi Navi”. Ironia della sorte le varie anime che compongono il movimento di protesta non solo prendono atto di quanto deciso dalla magistratura amministrativa, ma allo stesso tempo – sotto sotto – se ne compiacciono. «É stato messo il dito nella piaga – taglia corto uno dei leader del movimento, Tommaso Cacciari – e soprattutto sono state messe a nudo le ipocrisie. Perchè aver fissato il limite a 96 mila tonnellate? E perchè non 95 o 100 tonnellate… Oppure 30 mila? Insomma è detto no ad un pasticcio. Quello che noi chiediamo da tempo è che vi sia un organo – un ente, un’istituzione – esterna alla partita veneziana che in qualche modo sappia trarre dei giudizi e delle decisioni imparziali. Insomma, che possa decidere per il bene della città e per la sua salvaguardia senza essere tirata per la giacchetta».

Cacciari sottolinea come ogni iniziativa presa dalla Capitaneria non sia stata presa solo sotto il peso dell’emergenza, ma senza che si capissero fino in fondo le motivazioni. «Vogliamo capire – dice ancora Cacciari – quale è realmente il livello di sostenibilità della laguna? Quello che è certo, in tutto questo, è che, con ogni probabilità, a marzo saremo costretti a tornare in piazza e in barca per difendere la città dall’assalto delle grandi navi crociera. Lo status quo conviene a tanti».

Intanto domani, al Laboratorio Morion, il Comitato No Grandi Navi si avvierà a festeggiare, alle 17, il terzo compleanno con un’assemblea cittadina. E anche un’altra anima dei “No Navi”, come Silvio Testa, commenta con un pizzico di malcelata soddisfazione la decisione del Tar Veneto. «Adesso il Re è nudo – sottolinea – L’ordinanza così come era stata concepita non stava nè in cielo nè in terra. La bocciatura fatta dal Tar è a dir poco sacrosanta, anche perchè, a dir il vero, le compagnie di crociere si sono tranquillamente adeguate. L’ordinanza nasceva già zoppa perchè non vi era alcuna quantificazione dei danni. Perchè fissare il limite a 96 mila tonnellate? E perchè non meno o anche di più? E con quali motivazioni la Capitaneria di Porto è arrivata a stabilire questi limiti? Siamo di fronte ad una vera e propria cartina di tornasole e ci auguriamo che ora si faccia veramente chiarezza». Testa, che ha un passato da giornalista, sottolinea anche la “bufala mediatica” che ha accompagnato in questi anni il piano Clini-Passera per le grandi navi a Venezia. «Un provvedimento sbandierato – conclude Testa – in tutti i modi dal precedente Governo, ma che in realtà non ha risolto i nodi della vicenda grandi navi in laguna. Ha solo allungato i tempi di una decisione che ci auguriamo Palazzo Chigi possa prendere al più presto nel pieno interesse di Venezia e del suo habitat».

 

LA SENTENZA – Il Tar ha annullato il decreto del ministero che bloccava le navi sopra 96mila tonnellate

LE CONSEGUENZE – I colossi tornano ad avere libero transito in laguna e in Bacino San Marco

GLI ATTI REVOCATI – Il tribunale amministrativo ha cancellato le 2 ordinanze della Capitaneria di Porto

LE REAZIONI Casson: «Provvedimento inadeguato, c’erano molte perplessità»

E ora si attende una risposta dal Governo

Costa e Zoppas: «Attendiamo Roma, ma si difenda il Porto crociere»

L’affondo più tosto è arrivato dal senatore Pd, Felice Casson, ora anche candidato alle primarie per l’incarico di sindaco per il Partito Democratico. «Le decisioni del Tar – dice – chiariscono fino in fondo l’inadeguatezza del provvedimento che era stato preso un paio di anni fa e che aveva creato perplessità in tutti. Allo stesso tempo rivela l’incompetenza della Capitaneria di Porto che non può essere organo delegato per questo tipo di decisioni. Si tratta di temi molto complessi ed è necessario che siano regolati da un “organo terzo” e questo non può essere la Capitaneria veneziana». In qualche modo Casson ribadisce a parole quanto aveva già sottolineato in Parlamento con ben due interventi in materia.

«Ora bisogna ripartire da zero – sottolinea ancora l’esponente Pd – ma occorre non solo che ci sia un’iniziativa condivisa che serva a garantire e tutela il lavoro nel mondo delle crociere e del porto, ma allo stesso tempo operi per la salvaguardia della città. Tutto ciò è compito del Governo».

E sulla vicenda è intervenuto anche il presidente dell’Autorità portuale, Paolo Costa affidando le proprie riflessione ad un breve testo dell’ente. «Prendiamo atto – dice l’ex ministro – della sentenza emessa emessa dal Tar Veneto, un ulteriore stimolo affinché venga presa quella decisione capace di togliere le navi da San Marco senza mettere in crisi l’eccellenza crocieristica veneziana, consentendo così di uscire dall’impasse che dura ormai da troppo tempo. Attendiamo con fiducia le decisioni che il Governo vorrà prendere, al più presto».

Insomma, molta diplomazia in attesa di nuove decisioni da parte di Palazzo Chigi e di ciò che si stabilirà con la Valutazione di impatto ambientale (Via) legata al progetto del canale Contorta. E sempre sulla decisione del Tar Veneto è intervenuto anche il presidente di Confindustria Venezia, Matteo Zoppas: «La decisione presa oggi dal Tar del Veneto, che riconosce il ricorso di Vtp e annulla l’ordinanza della Capitaneria di Porto sulle limitazioni al transito delle grandi navi nel bacino di San Marco, non fa che riconoscere quanto da tempo associazioni di categoria, sindacati e addetti ai lavori hanno perentoriamente denunciato: che serve al più presto prendere una decisone sulla scelta della via per l’arrivo in Marittima. Questa decisione sarebbe dovuta arrivare prima. Anche se, sulla carta, sono stati cancellate le limitazioni di fatto abbiamo perso occasioni, economia e quindi impresa ed occupazione. Il nostro auspicio è che questa sentenza possa essere utile per risvegliare la responsabilità politica di questa decisione e accelerare la messa in cantiere della soluzione più idonea a tutelare tanto la città di Venezia quanto il suo indotto economico».

Infine è intervenuto il presidente della commissione nazionale dell’Unesco, Giovanni Puglisi chiedendo un rapido pronunciamento del Consiglio di Stato. «Mi auguro – ha detto – che questo ente faccia a sua volta giustizia rispetto a questa decisione del Tar Veneto. Sono allibito dal provvedimento perchè non rende giustizia non tanto alla decisione della Capitaneria di Porto, quando ai veneziani stessi, al buon senso e al gusto estetico di un Paese».

(p.n.d.)

 

Nuova Venezia – Grandi navi, cancellati i limiti

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10

gen

2015

Stop illegittimo: il Tar accoglie il ricorso di Vtp e del Porto

Illegittimo lo stop alle grandi navi. Il Tar accoglie il ricorso di Vtp e del Porto, cacellando i limiti al traffico crocieristico introdotti nel 2013: tetto di 708 transiti e limite di 96 mila tonnellate che dovevano scattare quest’anno, in contrasto con il decreto Cini-Passera. Il Tar poi dà una “sveglia” al Governo perché «si muova con atti concreti».

 

Il Tar accoglie il ricorso di Venice Terminal Passeggeri e degli operatori del porto. Cancellati i limiti al traffico crocieristico

Lo stop alle grandi navi è illegittimo

Grandi Navi in bacino San Marco: tutto da rifare, con il Tar che (di fatto) svela il grande bluff di un governo che finge di voler porre regole e poi le rinvia sine die. E nulla cambia, da anni. Il Tribunale amministrativo regionale ha, infatti, accolto il ricorso di Venezia Terminal Passeggeri e degli operatori del porto, cancellando i limiti al traffico crocieristico introdotti dalla Capitaneria di Porto con l’ordinanza 153/2013: un tetto al numero dei transiti di navi (708) e, soprattutto, il limite delle 96 mila tonnellate che avrebbe dovuto scattare quest’anno.

Carta straccia viziata da illegittimità -secondo i giudici veneti – in contrasto con le disposizioni del decreto Clini Passera, al quale faceva riferimento. Decreto che nell’ormai lontano marzo 2012 aveva sì fissato in 40 mila tonnellate il limite massimo di stazza delle navi compatibili con il passaggio in sicurezza in Bacino San Marco, ma subito dopo ne aveva rinviato l’applicazione «a partire dalla disponibilità di vie di navigazione alternative a quelle vietate, come individuate dall’Autorità marittima con proprio provvedimento».

Riconoscere un problema, far finta di decidere per risolverlo, per poi delegare i provvedimenti ad autorità locali senza potere per legge: un pasticcio che è valso l’annullamento dell’ordinanza con la quale la Capitaneria aveva cercato di tamponare l’interregno, in attesa che a livello centrale si sbrogliasse l’intricata querelle su quale accesso garantire al porto.

Un “non decidere” stigmatizzato anche dai giudici del Tar. «Dal tenore letterale delle richiamate disposizioni, peraltro caratterizzate da una sostanziale indeterminatezza», sottolineano i giudici, «il decreto interministeriale 79/2012 ha espressamente introdotto tra i provvedimenti finalizzati a proteggere la città e la laguna di Venezia da traffico marittimo connesso al passaggio delle “grandi navi”, generiche misure di divieto di transito delle imbarcazioni oltre le 40 mila tonnellate, da applicarsi a partire dall’effettive disponibilità di vie alternative, individuandosi misure di mitigazione al transito, quali l’aumento della distanza tra le navi».

Mitigazioni che – queste sì – vengono mantenute. Perciò, fissare per ordinanza un numero massimo di passaggi e tetto nelle stazze «si pone in contrasto palese con il dettato normativo», non attendendo la via alternativa».

Che per il Tar veneto è lo scavo del Contorta Sant’Angelo presentato dal Porto e ufficialmente presentato dalla Capitaneria al vaglio della commissione Valutazione impatto ambientale. I giudici hanno accolto anche il ricorso del Comune, che – paradosso – partendo da presupposti completamente diversi (il rischio dei passaggi in Bacino) si è ritrovato a dar manforte a Vtp.

Ca’ Farsetti, infatti, nel criticare il fatto che l’ordinanza fosse troppo lasca, ne contestava l’illegittimità per carenza di istruttoria e difetto di motivazione: la Capitaneria avrebbe fissato transiti e stazza senza spiegare in base a quale analisi dei rischi.

Vero, hanno riconosciuto i giudici, che hanno cancellato l’ordinanza, con il risultato di togliere del tutto ogni limite, non potendosi «appurare come tale soglia possa determinare un’adeguata, significativa riduzione dei rischi connessi al transito di tali imbarcazioni, Rischi, allo stato, neppure qualificabili, in quanto non analiticamente determinati, ma unicamente presunti, senza alcuna puntuale individuazione o disamina». Il Tar – pur con toni formali – dà quindi la sveglia al governo, perché si muova con atti concreti.

A dieci mesi dall’ordinanza di sospensiva che aveva già bloccato gli effetti dell’ordinanza «non si è registrato alcun intervento risolutivo», concludono i giudici, auspicando «una più adeguata ponderazione di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti e perciò la ricerca di quegli interventi maggiormente idonei a scongiurare ogni prevedibile pericolo connesso alla navigazione, anche garantendo una doverosa più ampia tutela dell’ambiente lagunare del patrimonio artistico e naturale della città di Venezia, salvaguardando altresì i rilevanti interessi collegati all’occupazione nel lavoro portuale e all’indotto economico ad esso connesso, rimasti privi di adeguata considerazione».

Roberta De Rossi

 

Sette associazioni ambientaliste denunciano l’inquinamento atmosferico di navi e barche

Venezia inquinata dai fumi cancerogeni di navi e vaporetti: sette associazioni ambientaliste chiedono un’indagine con un esposto penale in Procura. AmbienteVenezia, Italia Nostra, Ecoistituto Veneto, Movimento dei Consumatori, WWF, Lega Ambiente, LIPU, e altri 28 cittadini (anche componenti del Comitato NOGrandiNavi- Laguna Bene Comune) hanno firmato un esposto presentato lo scorso 24 dicembre dall’avvocato Elio Zaffalon per allarmare l’inquinamento atmosferico nel centro storico lagunare.

Il documento fa riferimento alla petizione trasmessa dalle associazioni ambientaliste al Parlamento Europeo per il diritto dei cittadini alla qualità dell’aria che a Venezia sarebbe a rischio a causa dei fumi prodotti dai motori delle imbarcazioni. Secondo le associazioni, la stazione che ha il compito di rilevare la qualità dell’aria situata a Sacca Fisola (stazione di fondo urbano) non sarebbe in grado di misurare tutte le fonti, trovandosi «sottovento» rispetto ad alcune.

Inoltre, l’esposto fa riferimento alla campagna di misura parziale dell’agenzia regionale per la protezione ambientale del 2012, quando, oltre alla stazione di rilevamento a Sacca Fisola, ne era stata istituita una anche a San Basilio: «I risultati dell’inquinamento dell’aria – cita il testo – hanno abbondantemente superato i limiti di legge per quanto riguarda il PM10 e il biossido di azoto».

Un superamento che sarebbe poi stato confermato dalla successiva campagna del 2013 che ha visto una stazione di misurazione mobile a Santa Marta. Il pericolo per i cittadini è spiegato nel punto 3 dell’esposto: «L’organizzazione mondiale di sanità ha inserito il particolato derivante della emissioni di motori diesel nella prima classe degli inquinanti cancerogeni (dove troviamo l’amianto e il cloruro di vinile)».

Avvelenamento che sarebbe dovuto al traffico delle navi passeggeri e dei natanti minori, cioè i vaporetti, i lancioni, ecc. E nonostante i superamenti dei livelli consentiti «le competenti autorità – si legge nel testo – non hanno predisposto un efficace piano di rientro nei limiti prescritti». Motivo per cui ora le associazioni ambientaliste e i cittadini chiedono a gran voce delle indagini per verificare competenze e relative responsabilità penali.

Giorgia Pradolin

 

Lo firmano sette associazioni

Le associazioni vanno in Procura e chiedono indagini sui fumi emessi dalle grandi navi e dai natanti minori che circolano in laguna. Un esposto firmato da Ambiente Venezia, Italia Nostra, Ecositituto del Veneto, Movimento Consumatori, Wwf, Lega Ambiente, Lipu e da 28 cittadini aderenti ai comitati «No Grandi Navi» e «Laguna bene comune» è stato presentato alla Procura della Repubblica la vigilia di Natale dall’avvocato Elio Zaffalon.

Citando leggi e norme vigenti, il legale chiede che sia aperta un’indagine sull’inquinamento e sugli atti omissivi delle autorità. Si ricorda come nel novembre scorso la Corte Europea di giustizia abbia deciso che devono essere le autorità nazionali a far rispettare le direttive ambientali e i limiti di inquinanti presenti nell’aria.

«Ma in realtà non si è fatto nulla», dicono a una sola voce i firmatari dell’esposto Armando Danella di Ambiente Venezia, Lidia Fersuoch (Italia Nostra), Michele Boato (Ecoistituto Alex Langer), Giulio Labbro Francia (Movimento consumatori), Stefano Borella (Wwf), Luigi Lazzaro (LegaAmbiente) e Giampaolo Pamio (Lipu).

Le misure dell’inquinamento reale della città sono affidate a una centralina posizionata a SaccaFisola. Dunque, «sottovento» rispetto al transito delle grandi navi.

«Quando abbiamo ottenuto di misurare la qualità dell’aria anche a San Basilio, cioè «sopravento», dicono gli esponenti, «è stato registrato uno sforamento di tutti i valori massimi consentiti dalla legge». Dunque, secondo le associazioni, servono indagini «terze e indipendenti». Una battaglia che continua, quella contro le grandi navi in laguna. E che adesso attende risposte dalla Procura sulla qualità dell’aria e sulle eventuali omissioni delle autorità vigilanti.

(a.v.)

 

Nuova Venezia – L’incognita off shore e le crociere

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8

gen

2015

Due temi strategici. Intanto, dieci anni dopo, ci si accorge che la conca è piccola

Marghera e il porto. Una possibilità di espansione che dipende anche dal futuro di molti progetti sul tappeto. L’ex assessore all’Urbanistica Roberto D’Agostino ha proposto di attrezzare le banchine dell’ex Zona industriale dismessa per ospitare le grandi navi passeggeri. Progetto presentato al ministero dell’Ambiente per la Valutazione di Impatto ambientale. È una delle alternative alle grandi navi davanti a San Marco, insieme al nuovo terminal a Punta Sabbioni e allo scavo del canale Contorta, anche questi all’esame della Via.

Il futuro dipende anche dalla nuova piattaforma off-shore, costo due miliardi e duecento milioni, dove il Porto vorrebbe far attraccare le petroliere e le grandi navi cargo oceaniche. Progetto ambizioso, per cui il governo non dà finanziamenti. Necessario, secondo il Porto, a garantire un futuro allo scalo veneziano. Anche perché, pur con dieci anni di ritardo, ci si accorge oggi che la conca di navigazione, costruita dal Consorzio Venezia Nuova a Malamocco nell’ambito del progetto Mose, non è sufficiente a far passare le navi di grandi dimensioni, superiori ai 280 metri di lunghezza.

Eppure era stata proprio l’amministrazione presieduta dal sindaco Costa, attuale presidente del Porto, a mettere fra le condizioni per il via libera al Mose la costruzione della nuova conca. 250 milioni di euro di spesa, qualche anno di lavori. E adesso il collaudo, salvo scoprire – ma tutti lo sapevano dal 2003 – che le dimensioni della conca sono (relativamente) limitate. Non consentono nemmeno l’ingresso delle grandi navi passeggeri, dunque renderebbero inutile anche lo scavo del canale Contorta. Anche se in realtà durante la stagione croceristica, in estate, le alte maree-– e dunque la necessità di chiudere le dighe mobili – non sono frequenti. Lo scopo, si leggeva allora nell’ordine del giorno del Consiglio comunale, sarebbe stato quello di separare l’attività portuale dalla tutela della laguna, consentendo un leggero rialzo dei fondali. In realtà i fondali sono stati scavati e la conca costruita. Costosissima ma troppo piccola.

Alberto Vitucci

 

DIFFICILE La conca di navigazione. Per gli operatori portuali c’è difficoltà di allineamento

COSTA (PORTO) «È già piccola. Per quello serve il molo offshore»

MOSE – Il direttore Redi risponde alle preoccupazioni degli agenti marittimi sulla funzionalità della struttura

La conca di navigazione di Malamocco funziona, almeno con le navi medio – piccole. Certamente non con le navi di ultima generazione, essendo stata progettata per sopportare il passaggio di scafi lunghi fino a 280 metri, larghi 39 e con pescaggio di 12.

Il direttore del Consorzio Venezia Nuova, Hermes Redi, replica così alle preoccupazioni degli operatori marittimi veneziani. In particolare è stato il presidente dell’Associazione agenti e raccomandatari marittimi del Veneto, Alessandro Santi, a ricordare come al Ministero delle Infrastrutture siano state depositate formali richieste di intervento correttivo perché il complesso conca e lunata di protezione non consente il corretto allineamento delle navi soprattutto in entrata.

«Come non funziona? – risponde Redi – per quella conca sono passate un centinaio di navi mentre posavamo i cassoni. Navi lunghe fino a 218 metri, perché di più grandi in quel periodo non ne erano arrivate. Il Consorzio ha realizzato l’opera così come era stata progettata e approvata. E se qualcuno ritiene debbano essere fatte migliorie per un accosto più veloce se ne può parlare».

Anche i Piloti del porto (coloro che “guidano” le navi all’interno della laguna) condividono le preoccupazioni sulla mancanza di spazio per un corretto allineamento. Una situazione – dicono – che può però essere corretta facilmente. Per Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale, il limite era evidente da tempo e per questo è stato concepito il porto offshore.

«Il sistema Mose – specifica Costa – non è solo le barriere mobili, ma comprende anche la conca di navigazione e, dal Comitatone del Luglio 2011 anche la piattaforma offshore. La conca era stata disegnata a fine anni ’90 quando le navi erano più piccole e strette. Poi, ci siamo accorti che le navi oggi sono più di 300 metri e quindi la conca, anche perfettamente funzionante, non sarebbe stata sufficiente. Questo è sulle carte. Invece – aggiunge – ci siamo accorti che ha comunque un difetto di allineamento. Come si può fare per rimediare? Bisognerebbe realizzare una sorta di “muretto” su cui la nave si possa appoggiare, allineandosi e quindi entrare in sicurezza».

 

«Non possono prevalere interessi di parte per fare ancora una volta grandi opere inutili e dannose». La co-portavoce nazionale dei Verdi Luana Zanella torna alla carica contro l’ipotesi di scavare il canale Contorta Sant’Angelo in mezzo alla laguna, per farci passare le grandi navi. Opera che non ha avuto pareri positivi nell’istruttoria per la Valutazione di Impatto ambientale. Ma il Porto preme. «Unica soluzione», ha ribadito al governo il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa, «per togliere le navi da San Marco salvando la Marittima».

Ma Zanella se la prende proprio con il presidente del Porto, ex sindaco ed ex ministro dei Lavori pubblici. «I toni di Costa», scrive Zanella, «si fanno perfino minacciosi in questa situazione di assenza di un governo cittadino denocratico e rappresentativo. Guai se prvalessero interessi di parte, ancorché potenti e con agganci forti nei palazzi del governio centrale».

«La nostra città», continua l’ex parlamentare, «ha già fin troppo patito scelte scellerate, devastazione del territorio, con il grande intreccio tra grandi (e inutili e dannose) grandi opere, business e corruzione. taccia Costa e tacciano le lobbies, sia data voce alla città vera».

(a.v.)

 

SALVAGUARDIA – Gli agenti marittimi contro l’ipotesi chiesta dai negozianti di San Marco

LA BOCCA DI LIDO – Assoagenti: «Col Contorta passeranno di qui centinaia di unità»

VENEZIA – Il Mose si potrebbe chiudere in previsione di ogni evento sopra gli 80 centimetri? Apriti cielo! Una simile eventualità, chiesta recentemente dai commercianti di piazza San Marco per salvaguardare le loro attività, è vista come il fumo negli occhi dagli operatori portuali. I costi che il settore dovrebbe sostenere, al di là di quelli di molto superiori per la gestione del Mose, sarebbero elevatissimi e rischierebbero di pregiudicare l’attività dello scalo veneziano. Questo al di là della questione “grandi navi” e Contorta, poiché si parla in via generale dell’agibilità del porto ancora privo di una struttura in mare aperto che consenta di bypassare le barriere mobili in caso di chiusura.

L’aver appreso di una disponibilità teorica del Consorzio Venezia Nuova a sollevare le barriere anche per maree di 80 centimetri ha lasciato basito il presidente dell’Associazione agenti raccomandatari e marittimi del Veneto, Alessandro Santi.
«La possibilità di alzare le barriere del Lido al di sopra di un livello di marea inferiore a quello previsto dal progetto – attacca Santi – è in conflitto con l’economia portuale della città, oltre che con il budget che avrà a disposizione la gestione del Mose. Nel 2014 ci sono stati 189 eventi, moltiplicati per i circa 10mila euro di energia che servirebbero (secondo i calcoli del Consorzio) per ogni bocca di porto fa quasi due milioni».

Ma non è questo il punto.
«Durante l’anno – aggiunge – ma soprattutto da aprile a novembre – il porto del Lido è attraversato per due volte da 550 navi da crociera, 300 catamarani ad alta velocità, almeno 200 yacht oltre ad altre grandi unità di tonnellaggio però inferiore. Questo non vale solo oggi, ma varrà anche quando sarà stato approntato il diversivo per far arrivare le navi in Marittima. Le navi inferiori alle 40mila tonnellate – precisa – continueranno a passare per quella bocca di porto e l’operatività non può essere ridotta. Per questo chiediamo al Consorzio una maggior attenzione rispetto a quella finora dimostrata nei confronti degli operatori portuali».

Tra gli oggetti di contenzioso c’è anche il mancato riconoscimento dei sovracosti per gli armatori dovuti alla posa dei cassoni. Mentre c’è stato un risarcimento per la bocca di Malamocco, per i disagi subiti dalle navi che dovevano entrare tra il Lido e Chioggia il Consorzio non ha accettato nessuna presa a carico.

Michele Fullin

 

LA PROPOSTA – Boato: «Con poca spesa si può isolare la Piazza»

Ci sarebbe una ricetta semplice e poco costosa per tenere all’asciutto piazza San Marco, ma nessuno finora l’ha voluta prendere in considerazione. Il professor Stefano Boato, una vita passata in nome della salvaguardia di Venezia, ricorda un progetto presentato anni fa che oggi potrebbe essere, per così dire, ripescato senza dover ricorrere ad eccessive chiusure del Mose.

«L’insula di piazza San Marco – spiega – è in parole semplici un “catino” già parzialmente chiuso alle acque alte. Tutta la zona del Molo è stata portata a 115 centimetri, per cui si tratterebbe di pareggiare quella quota una decina di metri in bacino Orseolo e in rio delle Procuratie. Poi, sarebbe sufficiente installare delle valvole senza ritorno alle vecchie condotte fognarie e di scarico dell’acqua e questa non entrerebbe più in piazza. Per l’acqua piovana sarebbe sufficiente una pompa o un sistema di pompe. Nulla a che vedere con le mastodontiche opere ipotizzate come la membrana e il rifacimento delle condotte che come Ministero dell’Ambiente assieme alla Soprintendenza siamo sempre riusciti a bloccare dopo scontri frontali con il Consorzio».

Vista la disponibilità del Consorzio a discutere (almeno con i commercianti della piazza) , Boato lancia lì un’altra ipotesi di lavoro, portata avanti con voluminosi studi negli anni Novanta per conto del Ministero dell’Ambiente.

«Si possono eliminare le acque medio-alte per le parti basse di Venezia con il riequilibrio idraulico e fisico della laguna – spiega – in particolare riducendo la profondità alle bocche di porto da 14 a 8-9 metri, soprattutto a partire da quella del Lido otterrebbe una riduzione delle punte di marea mediamente di 20,2 cm che combinata con le difese verticali a insula (a Piazza S.Marco e a Rialto) può ridurre il numero degli allagamenti mediamente ad un evento ogni 5-6 anni per una durata media di 2 ore e 40 minuti e una altezza massima di 9,1 cm. Questo affermano le relazioni del Ministero dell’Ambiente del 1999-2000».

M.F.

 

L’INTERVENTO

Se non altro cronologicamente il Gds-Cc (Gruppo di studio-Canale Cortorta formato da iscritti ed elettori del Pd) ha richiesto per primo al ministero dell’Ambiente di attivare lo svolgimento della cosiddetta Inchiesta pubblica sul Canale Contorta: all’iniziativa del Gds si sono unite le associazioni ambientaliste e culturali, e alcuni circoli del Pd consentendo di raggiungere una massa critica di richiesta che non poteva essere ignorata.

Va detto che, in Italia, l’Inchiesta pubblica è una pratica poco nota e poco praticata: si tratta di riconoscere, ai sensi di legge, la possibilità ai presentatori di osservazioni di poter esporre in pubblico, ai membri della commissione “Via”, i contenuti delle osservazioni presentate.

L’Inchiesta pubblica consente di dare vasta udienza – “coram populi” – alle ragioni portate dai cittadini che ravvisano lesioni agli interessi ambientali generali e di settore derivanti dalla realizzazione di un progetto. La partecipazione del pubblico, in altri Stati europei, è del tutto normale e il dibattito pubblico è parte obbligatoria e irrinunciabile del procedimento valutativo: la partecipazione sostanziale, e non formale, è considerata lo strumento utile per controllare le procedure, per evitare i soprusi e per diminuire i conflitti.

Non così in Italia dove è esclusiva prerogativa del ministero dell’Ambiente “concedere” lo svolgimento del pubblico dibattimento e dove si contano sulle dita di una mano le Inchieste pubbliche organizzate dal ministero dell’Ambiente a seguito della richiesta dei cittadini.

In questo quadro è ovvio che avere chiesto e ottenuto lo svolgimento dell’Inchiesta pubblica sulle osservazioni al Canale Contorta è un grande risultato a favore della trasparenza. Dimostra la forza della partecipazione e consente di rendere pubbliche alla Città le ragioni di esperti, di associazioni, di centinaia di cittadini: una tale richiesta non poteva essere privata del diritto di ascolto. Tanto più in una Venezia senza governo e teatro di una limitata sovranità cittadina e dove negli ultimi due anni, alcuni ex ministri, ministri e almeno un ex presidente del Consiglio si sono pronunciati a favore della realizzazione del Contorta prima del pronunciamento tecnico di valutazione previsto per legge.

È quindi doppiamente importante che il ministero dell’Ambiente abbia riconosciuto e accettato di attivare l’Inchiesta pubblica sul Canale Contorta. È un passo essenziale per rappresentare pubblicamente alla commissione “Via” gli interessi ambientali collettivi che risultano lesi dal Progetto.

Lo scavo del Canale Contorta, peraltro è stato presentato dall’Autorità portuale, a parere di molti in modo esorbitante l’ambito territoriale di sua propria competenza ed è stato iscritto, sempre ad avviso di molti in modo erroneo in Legge obiettivo. Serve chiarezza del procedimento, trasparenza degli Atti e un giudizio tecnico-scientifico indipendente.

Andreina Zitelli – Gruppo di studio Canale Contorta

 

L’annuncio del sub commissario Natalino Manno durante un incontro con i comitati in Comune

«Il ministero dell’Ambiente attiverà la procedura da noi richiesta. Un grande risultato democratico»

«Una grande vittoria per Venezia». Le associazioni non nascondono la loro soddisfazione all’indomani del’annuncio, comunicato ieri dal subcommissario Natalino Manno, che per il progetto del nuovo canale Contorta si farà «l’inchiesta pubblica» prevista dalla legge 152 del 2006.

«La mobilitazione dei cittadini ha ottenuto un bel risultato», commentano in una nota Italia Nostra, Ambiente Venezia, Gruppo 25Aprile, Comitato No Grandi Navi e gruppo di studio Canale Contorta Gds. Ieri mattina, dopo un lungo presidio delle associazioni davanti a Ca’ Farsetti, è arrivato l’annuncio.

«Il subcommissario», spiega il portavoce Luciano Mazzolin, «ha accettato di incontrarci e ci ha comunicato che il ministero dell’Ambiente attiverà la procedura di Inchiesta pubblica che avevamo richiesto. L’amministrazione comunale metterà a disposizione la sala consiliare di Ca’ Loredan e fornirà l’assistenza necessaria».

Cosa cambia rispetto all’iter in corso? «Che tutto si svolgerà in pubblico, con estrema trasparenza», dice Mazzolin, «i cittadini potranno decidere dopo aver preso visione degli studi e della documentazione. E finalmente le decisioni saranno prese in pubblico, e non nelle segrete stanze».

Una procedura attivata in parte anche per il progetto Mose, alla fine degli anni Novanta, con numerose riunioni nella sede provvisoria del ministero dell’Ambiente all’ex Pilsen di Bacino Orseolo messa a disposizione dal Comune. La Valutazione di Impatto ambientale era stata allora negativa, ma la politica aveva deciso di andare avanti lo stesso. Alla commissione Via si era sostituito il governo, prima con D’Alema, poi con Amato, decidendo di andare avanti.

«Se si fosse dato seguito a quanto emerso in quell’inchiesta», dice adesso Mazzolin, « certo quell’intervento non si sarebbe fatto o si sarebbe fatto in modo diverso, modificando il progetto e rendendo impossibili anche le successive corruttele».

Adesso i riflettori sono accesi sulla nuova grande opera del canale Contorta. Uno scavo di 8 chilometri in mezzo alla laguna, milioni di metri cubi da togliere per portare la profondità dell’attuale canale Contorta da due a dieci metri e mezzo, allargandolo fino a 120 metri.

«Unica soluzione», secondo il Porto, «per togliere le grandi navi da San Marco e farle entrare da Malamocco, mantenendo la Marittima».

Un intervento da 150 milioni di euro, interamente a carico dello Stato, che si dovrebbe concludere in un anno e mezzo. Ma adesso i tempi si allungano, le alternative sulo tappeto, all’esame della Via, sono ormai tre, con quella del porto fuori della laguna, a Punta Sabbioni e Marghera.

Adesso i confronti si dovranno fare in pubblico. E per la prossima stagione ancora non è chiaro quali saranno i limiti massimi consentiti.

Alberto Vitucci

 

Conclusi i lavori di prefabbricazione di tutti i cassoni di alloggiamento delle dighe mobili

In un anno installate 21 paratoie del Mose

VENEZIA L’approssimarsi della fine dell’anno è l’occasione per un bilancio dell’attività del Consorzio Venezia Nuova riguardo la realizzazione del Sistema Mose. Questo il bilancio tracciato dal Consorzio: «Il 2014 è stato un anno impegnativo durante il quale è stato garantito il rispetto delle date di consegna dell’Opera. Sono stati conclusi i lavori di prefabbricazione di tutti i cassoni di alloggiamento delle paratoie e sono state eseguite come da progetto le operazioni di varo e di affondamento, una sfida di ingegneria d’eccellenza nel rispetto di tolleranze al millimetro: sono stati posati ogni 15 giorni cassoni del peso di decine di migliaia di tonnellate ciascuno».

Continua la nota: «Si è proceduto contemporaneamente in tutti e quattro i cantieri alle tre bocche di porto: due a Lido (Cavallino-Treporti e San Nicolò), una a Malamocco e una a Chioggia. In totale i cassoni che costituiscono il Sistema Mose sono 35: nove a Lido Cavallino-Treporti, nove a Lido San Nicolò, nove a Malamocco e otto a Chioggia. Nel 2014, inoltre, sono state installate tutte le 21 paratoie previste per la barriera di Lido Nord, nel canale di Cavallino-Treporti, e a fine novembre è stata movimentata l’intera schiera. In totale le paratoie da installare in tutte le bocche di porto sono 78. Intanto sono state avviate le gare d’appalto per impianti e installazioni ed è stato messo in campo un grande impegno per riuscire ad attivare già durante l’estate la conca di navigazione di Malamocco».

Chiude il Consorzio: «A novembre, l’arrivo degli amministratori prefettizi inviati da Roma ha aperto un nuovo corso che mette il Consorzio Venezia Nuova nelle condizioni di un ulteriore sviluppo in ordine alla realizzazione della più grande opera idraulica al Mondo, il Sistema Mose, il cui obiettivo è la salvaguardia di Venezia e della sua Laguna».

 

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