Nuova Venezia – Scandalo Mose: Mazzacurati in liberta’
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9
ago
2013
Motivi di salute e «atteggiamento leale»: dopo 27 giorni revocati i domiciliari all’anziano ex presidente di Venezia Nuova
VENEZIA – Dopo 27 giorni di arresti domiciliari, è tornato ieri un uomo libero Giovanni Mazzacurati, 81 anni, l’uomo che alla presidenza del Consorzio Venezia Nuova – che ha lasciato dopo vent’anni al timone, solo alla vigilia dello scoppio della bomba giudiziaria – ha trasformato la salvaguardia della laguna di Venezia in un affare da quasi 6 miliardi di euro sul quale dettava legge, forte di quella concessione unica riconosciuta al Cvn dallo Stato italiano.
Il giudice per le indagini preliminari Gabriele Scaramuzza, ha accolto la richiesta di revoca delle misure cautelari avanzata dagli avvocati difensori Muscari Tomaioli e Biagini, per motivi di salute, ma non solo: anche per il suo atteggiamento «leale» nel corso degli interrogatori.
«Certamente il giudice ha preso atto dello stato di salute dell’ingegnere, ma è stata anche riconosciuta la sua piena lealtà nel corso degli interrogatori con il pubblico ministero», sottolinea l’avvocato Muscari Tomaioli.
Anche la pubblico ministero Paola Tonini ha espresso parere favorevole alla revoca degli arresti domiciliari: quanto accaduto nell’inchiesta parallela del pm Ancillotto (ma che va verso la riunificazione) sui fondi neri che Piergiorgio Baita costruiva per milioni di euro quand’era alla guida della Mantovani con un giro di false fatturazioni, ha però dimostrato che chi ha visto attenuata la misura cautelare (lo stesso Baita ha ottenuto gli arresti domicilari dopo tre mesi di carcere) l’ha ottenuto solo dopo aver raccontato ai magistrati qualcosa in più rispetto a quanto già a conoscenza della Procura, in seguito alle indagini.
Inutile dire che l’attesa è per un possibile sviluppo politico dell’inchiesta: il colonnello della Guardia di Finanza Renzo Nisi, che ha coordinato le indagini, ha detto più volte che per esperienza professionale, fondi neri di questa natura finiscono in mazzette, più ancora che in evasione. Tant’è, sono stati tutti secretati gli interrogatori che riguardano – in entrambe le inchieste – l’aspetto delle false fatturazioni. C’è quindi molta attesa sugli sviluppi che quest’indagine potrebbe ancora riservare, comprese le dichiarazioni che lo stesso Mazzacurati ha reso nel secondo interrogatorio davanti alla pm Tonini, quando gli è stato chiesto a che servivano i fondi neri raccolti dal Consorzio attraverso le imprese, che consegnavano lo 0,5 per cento degli introiti percepiti per i lavori svolti.
Così ha un bel dire il legale di Mazzacurati, nel ribadire che nei due interrogatori, l’ingegnere abbia risposto solo in merito alle accuse dell’ordinanza di custodia cautelare, secondo la quale l’ex presidente del CVN si sarebbe attivato per far vincere a una serie di piccole imprese chioggiotte la gara d’appalto da 17 milioni di euro per lo scavo dei canali portuali, fermando Matovani &C. A riguardo, Mazzacurati si era assunto le proprie responsabilità, sostenendo di averlo fatto solo in quell’occasione, per aiutare le realtà locali.
Disponibilità nel fare un passo oltre che non avrebbe avuto Savioli, già nel cda del Consorzio, al quale il Riesame ha negato la revoca degli arresti domiciliari, con parere negativo anche della pm, nonostante nel primo interrogatorio avesse ammesso di aver raccolto dalle imprese danaro, aggiungendo però di averlo consegnato al Consorzio. Non avrebbe però detto a chi, tanto che la pm Tonini aveva interrotto un secondo interrogatorio, per reticenza.
Ora, i giudici del Tribunale del Riesame (presieduto da Angelo Risi), nel motivare la loro decisione, osservano che Savioli – «Persona da anni inserita in questo contesto di affari facili di dazioni di danaro dalle causali incerte» -è «il secondo motore dell’operazione illecita, opera a stretto contatto con Mazzacurati e Sutto per stravolgere l’iter e gli esiti della gara», forte di «una fitta rete di rapporti che aveva intrecciato con ambienti e settori della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria, rivelatisi disponibili a violare o aggirare la legge.
Roberta De Rossi
Gazzettino – Baita, le inchieste non bloccano gli affari.
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8
ago
2013
Le societa’ che erano del manager finito in carcere in corsa per la Meolo-Jesolo: la Regione accelera l’iter
OSTACOLI – Il Pd: quella gara va sospesa
Le inchieste non bloccano le gare d’appalto. Così Adria Infrastrutture, una delle società finite nell’occhio del ciclone a marzo nell’ambito dell’inchiesta sulle attività dell’ex presidente della Mantovani Piergiorgio Baita, è pronta per la gara europea per aggiudicarsi la progettazione e la realizzazione della superstrada a pedaggio Meolo-Jesolo. La società, assieme al Consorzio Via del mare (diretta fino a maggio dallo stesso Baita) e alla spa Strade del mare, figura infatti come promotrice del progetto che, secondo le procedure del project financing, è stato messo a gara dalla Regione.
Il bando in questione è stato pubblicato nel sito di Palazzo Balbi e fino al 20 settembre prossimo i soggetti interessati potranno partecipare alla gara per la progettazione esecutiva e definitiva, la costruzione e la gestione della superstrada a pedaggio che, con una lunghezza di 18,6 chilometri, collegherà il casello di Meolo della Venezia-Trieste a Jesolo.
Un appalto che vale circa 200 milioni di euro ma che non costerà nulla alla Regione, che ancora nel 2009 aveva dichiarato il pubblico interesse per l’opera, che nel frattempo ha ottenuto l’ok del Cipe. Le tre società promotrici, che nel frattempo hanno visto respinto al Tar un ricorso presentato da Net Engineering e Autovie Venete che contestavano la procedura concorsuale per la scelta del soggetto promotore, una volta chiuso il bando di gara dovranno vedersela con il miglior concorrente. E potranno adeguare la loro offerta con diritto di prelazione in caso di parità di condizioni proposte.
Con il varo del bando di gara la Regione sembra premere decisamente l’acceleratore su un’opera definita a suo tempo strategica sia dal governatore Luca Zaia che dall’assessore alla Mobilità Renato Chisso: la superstrada del mare, che per i residenti dei Comuni attraversati sarà gratuita, servirà a decongestionare le vie d’accesso al litorale e fornirà a Jesolo un collegamento diretto all’autostrada.
Sull’opportunità di dare corso all’opera pesa però l’opposizione del Pd locale: il segretario della sezione di Meolo Giampiero Piovesan chiederà la sospensione della gara, a causa del ciclone giudiziario che ha riguardato due delle tre società promotrici. E lo stesso potrebbe fare un comitato civico che da tempo contesta la realizzazione dell’opera. Va detto che, proprio per evitare problemi, due degli inquisiti nell’inchiesta sui fondi “neri” della Mantovani, Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo, sono stati surrogati dai vertici rispettivamente del Consorzio Via del mare e di Adria Infrastrutture. Se non ci saranno problemi, in autunno potrebbe esserci l’aggiudicazione della concessione e nel 2014 potrebbero cominciare i lavori, che in parte riguarderanno l’adeguamento di una strada esistente che porta alla rotatoria “Frova”, alle porte di Jesolo.
IL PROGETTO – Quasi 19 chilometri di strada a pedaggio
MEOLO La Regione pubblica la gara europea per l’asse con Jesolo
Via del Mare, c’è il bando
Il Pd annuncia battaglia: «Tra i proponenti Baita e Minutillo»
A sei anni dal bando per il progetto preliminare, dopo aver superato gli scogli delle autorizzazioni ministeriali e del Cipe e un ricorso al Tar, inizia la fase operativa della “Via del mare”. La Regione ha infatti pubblicato il bando di gara europeo per la costruzione e gestione in project financing della futura superstrada a pedaggio che collegherà il nuovo casello di Meolo-Roncade della A4 con Jesolo.
Sarà una sorta di prolungamento dell’autostrada verso il litorale, con una lunghezza complessiva di 18,6 chilometri a due corsie per senso di marcia, a percorrenza veloce, con quattro svincoli lungo il tragitto e un sistema di esazione del pedaggio attraverso postazioni telematiche. Per oltre 10 chilometri, la “Via del mare” verrà realizzata sul tracciato dell’attuale Treviso-mare, e questo ha già fatto sollevare numerose proteste di cittadini e imprenditori della zona, poiché verrà eliminata una strada regionale libera per costruire una superstrada a pagamento, anche se è previsto che i residenti dei Comuni interessati dalla nuova arteria siano esentati dal pedaggio (e cioé Roncade, Meolo, Musile, San Donà, Fossalta di Piave, Eraclea, Jesolo, Cavallino-Treporti, con possibilità di estendere l’esenzione anche a Treviso, San Biagio di Callalta e Silea).
Il Pd di Meolo si è da sempre opposto al progetto ed ora, con la pubblicazione del bando di gara che scadrà il 20 settembre prossimo, annuncia battaglia: «Siamo disposti anche a fare le barricate» attacca Giampiero Piovesan, segretario del Pd locale, fiducioso che ci sia ancora spazio di manovra per bloccare il progetto. La costruzione della “Via del mare” costerà oltre 200 milioni e 750mila euro, in base al progetto preliminare realizzato dal gruppo di società che aveva vinto la selezione nel 2007, bandita dalla Regione. Era la stessa cordata di società che poco prima aveva lanciato l’idea, proponendosi per realizzare una superstrada a pedaggio in project financing. Un progetto piaciuto fin da subito all’assessore regionale alla mobilità Renato Chisso, che l’ha sempre fortemente sostenuto. A siglare la convenzione con la Regione ed a presentare nel 2012 il progetto preliminare erano stati Claudia Minutillo per “Adria Infrastrutture”, Piergiorgio Baita per “Consorzio Vie del mare” (entrambi si sono ora dimessi dalle rispettive cariche) e Bruno Beghello per “Strada del mare”. L’inchiesta della Procura su frodi fiscali e costituzione di fondi neri, nel marzo scorso, ha coinvolto e fatto finire in carcere Minutillo e Baita, ma il progetto della “Via del mare” non si è fermato. Nel bando di gara per la realizzazione dell’opera, pubblicato nei giorni scorsi, è stato fissato il diritto di prelazione da parte del gruppo di imprese che ha redatto il progetto preliminare: se qualche società farà un’offerta migliore, il gruppo potrà adeguare la sua proposta ed ottenere l’appalto. Il Pd di Meolo ha già annunciato che chiederà la sospensione del bando, visti i guai giudiziari che hanno interessato le società della nuova superstrada.
LA SUPERSTRADA a pagamento collegherà il casello di Roncade-Meolo con Jesolo
Via del mare più vicina: la Regione apre la gara
A sei anni dal bando per il progetto preliminare, dopo aver superato gli scogli delle autorizzazioni ministeriali e del Cipe e un ricorso al Tar, inizia la fase operativa della “Via del mare”. La Regione ha infatti pubblicato il bando di gara europeo per la costruzione e gestione in project financing della futura superstrada a pedaggio che collegherà il nuovo casello di Meolo-Roncade della A4 con Jesolo.
Sarà una sorta di prolungamento dell’autostrada verso il litorale, con una lunghezza complessiva di 18,6 chilometri a due corsie per senso di marcia, a percorrenza veloce, con quattro svincoli lungo il tragitto e un sistema di esazione del pedaggio attraverso postazioni telematiche. Per oltre 10 chilometri, la “Via del mare” verrà realizzata sul tracciato dell’attuale Treviso-mare, e questo ha già fatto sollevare numerose proteste di cittadini e imprenditori della zona, poiché verrà eliminata una strada regionale libera per costruire una superstrada a pagamento, anche se è previsto che i residenti dei Comuni interessati dalla nuova arteria siano esentati dal pedaggio (e cioé Roncade, Meolo, Musile, San Donà, Fossalta di Piave, Eraclea, Jesolo, Cavallino-Treporti, con possibilità di estendere l’esenzione anche a Treviso, San Biagio di Callalta e Silea).
La costruzione della «Via del mare» costerà oltre 200 milioni e 750mila euro, in base al progetto preliminare realizzato dal gruppo di società che aveva vinto la selezione nel 2007, bandita dalla Regione. Era la stessa cordata di società che poco prima aveva lanciato l’idea, proponendosi per realizzare una superstrada a pedaggio in project financing. A siglare la convenzione con la Regione e a presentare nel 2012 il progetto preliminare erano stati Claudia Minutillo per «Adria Infrastrutture», Piergiorgio Baita per «Consorzio Vie del mare» e Bruno Beghello per «Strada del mare». L’inchiesta della Procura su frodi fiscali e costituzione di fondi neri, nel marzo scorso, ha coinvolto e fatto finire in carcere i dirigenti di due delle tre società, Minutillo e Baita. Ma il progetto di «Via del mare» non si è fermato. Nel bando di gara per la realizzazione dell’opera, pubblicato nei giorni scorsi, è stato fissato il diritto di prelazione da parte del gruppo di imprese che ha redatto il progetto preliminare: se qualche società farà un’offerta maggiore, il gruppo potrà adeguare la sua proposta ed ottenere l’appalto.
Fulvio Fenzo
Gazzettino – Venezia Nuova. Le indagini ora investono il Porto.
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5
ago
2013
L’INCHIESTA – Osservati “speciali” gli appalti tra 2009 e 2011
I riflettori della GdF su tutti gli appalti che hanno visto partecipare imprese aderenti o targate Cvn
Una vera équipe di specialisti sta consultando e confrontando l’ampia mole di documenti sequestrati alle tante ditte coinvolte
VENEZIA NUOVA – Le attenzione della Finanza ora sono sul Porto
È in Corso del Popolo a Mestre all’angolo con via Costa che giorno dopo giorno a partire dal giugno del 2009 si è materializzata l’inchiesta che, come uno tsunami in piena laguna, ha travolto il Consorzio Venezia Nuova, portando lo scorso 12 luglio all’arresto fra gli altri del presidente Giovanni Mazzacurati, che forse presagendo l’onda lunga si era dimesso dalla carica appena due settimane prima.
Il quartiere generale delle indagini è il grande palazzone al civico 55, quasi anonimo e che si sviluppa in altezza, diventato da qualche anno sede del Comando provinciale della Guardia di Finanza e del il Nucleo di polizia tributaria che sotto la guida del colonnello Renzo Nisi ha sferrato, con il coordinamento del sostituto procuratore Paola Tonini, l’offensiva in grado di far tremare non solo il mondo economico ma anche quello politico e ben oltre i confini veneti. Ma il cuore pulsante dei futuri attacchi è ben localizzato: si trova al quinto piano. Dove è stato depositato tutto il materiale acquisito nelle oltre 140 perquisizioni eseguite in Veneto, Lombardia, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania: aziende, professionisti, manager, finanzieri, fondazioni in qualche modo collegate a Cvn o a suoi esponenti di spicco a cominciare dallo stesso Mazzacurati.
Un’intera squadra, quella del 1. Gruppo tutela entrate, diretta dal tenente colonnello Roberto Ribaudo, che senza sosta verifica, confronta, cataloga migliaia di documenti sia cartacei che informatici, opportunamente duplicati o riversati alla ricerca di trame, commistioni, cointeressenze per così dire carsiche e spesso dipanate sul filo dell’illegalità o del condizionamento forzoso.
L’attenzione si concentrerà in particolare sull’analisi certosina di ogni singolo appalto assegnato dall’Autorità Portuale nel biennio 2009-2011, periodo oggetto della corposa informativa consegnata dalla Finanza al pm e sulla cui base la dottoressa Tonini ha formulato le richieste sostanzialmente accolte dal gip Alberto Scaramuzza. Va ricordato infatti che se lo scandalo Cvn è partito dalla “banale” verifica fiscale in una delle imprese consorziate, ovvero la Cooperativa San Martino di Chioggia, con la scoperta di fondi neri per almeno decina di mini di euro, a inchiodare Mazzacurati e alcuni fra i suoi uomini più fidati.
A interessare gli investigatori della Fiamme Gialle risulterebbero quegli appalti che vedono partecipare le ditte aderenti o targate Cvn. E con questo criterio di individuazione spunterebbero ad esempio i lavori per la costruzione della darsena nord e del marginamento sud – terminal autostrade del mare e piattaforma logistica Fusina per quasi 23 milioni di euro aggiudicati a un raggruppamento temporaneo di imprese composto anche da Nuova Coedmar di Chioggia e Ccc di Bologna, o la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori relativi al rafforzamento di un tratto della banchina Veneto-bacino Molo A- porto commerciale per un importo di 15 milioni e 200mila euro affidate alla Mantovani spa, o ancora l’escavo manutentorio di un tratto del canale di Malamocco-Marghera per garantire la navigazione in sicurezza in corrispondenza della curva di San Leonardo assegnato al Coveco per 2.617.485,45 euro con il ribasso del 46,230%.
Monica Andolfatto
PARTECIPATE Situazione delicata per la società. Per i dipendenti l’ipotesi di essere messi in aspettativa
Insula, deficit per 700 mila euro
«Chiediamo garanzie per il lavoro dei dipendenti»
COMUNE – Impegno di Orsoni per una soluzione
La situazione di Insula è seria. Molto seria, al punto da rischiare una perdita di almeno 700mila euro a fine anno, se non si farà presto qualcosa. Questa situazione è stata dipinta ai sindacati dall’amministratore delegato Andrea Razzini, il quale avrebbe prospettato – se non ci saranno commesse o ricapitalizzazioni- un intervento sul personale, come la messa in aspettativa o il contratto di solidarietà per i circa 90 dipendenti della società.
«Razzini – spiega Andrea Gaggetta (Cisl) – ha spiegato che fino al 2012 il bilancio di Insula è stato a posto e che il 2013 invece si presenta con un buco di 700mila euro che avrebbe portato l’azienda in perdita. Ha anche aggiunto che il Comune deve decidere presto che cosa fare della società, altrimenti bisognerà intervenire a ridurre i costi anche di personale».
Il sindaco Giorgio Orsoni, con il vicesindaco Sandro Simionato, l’assessore ai lavori pubblici Alessandro Maggioni, e il presidente della società Giampaolo Sprocati, ha detto che su Insula il Comune è sempre intervenuto. «Questo impegno è stato confermato – prosegue il sindacalista – e per noi è positivo. Il sindaco ha detto che la Giunta approverà un atto di indirizzo per garantire a Insula un progetto importante fino al 2014 finanziato con 60 milioni di Legge speciale».
Ma l’impegno di Ca’ Farsetti è trasformare Insula nell’unico braccio operativo dei Lavori pubblici, aggiungendo nuove funzioni. Così, dopo aver affidato alla società le pratiche del condono ed essere disposto ad affidarle anche il recupero dei crediti, l’amministrazione sta valutando l’idea di trasferire il ramo d’azienda “realizzazioni” da Avm a Insula, con il passaggio di alcuni dipendenti.
Nuova Venezia – Le inchieste Baita e Mose verso la riunificazione
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4
ago
2013
Fondi neri delle imprese: sempre più evidenti gli intrecci fra le due indagini così la procura di Venezia valuta se far lavorare insieme i pm Ancillotto e Tonini
VENEZIA – Il procedimento sul Consorzio Venezia Nuova e quello su Giorgio Baita, ex amministratore della Mantovani, potrebbero imboccare la strada della riunificazione. Alla luce degli intrecci sempre più evidenti tra l’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Paola Tonini e quella coordinata dal collega Stefano Ancillotto, le due inchieste potrebbero confluire in un unico fascicolo per unire gli sforzi e far fruttare al meglio l’immensa mole di documenti e intercettazioni raccolti in questi lunghi mesi di indagine. I due sostituti procuratori, dunque, potrebbero costituire insieme un pool per far luce sulla gestione degli appalti nelle grandi opere in laguna. Una cosa certa emerge infatti dalle inchieste della Procura di Venezia su grandi opere e malaffare in Veneto: chi voleva partecipare al business doveva contribuire a creare fondi neri, attraverso fatture false prodotte da società cartiera fatte nascere ad hoc. Le fatture false e i fondi neri sono i due elementi comuni alle inchieste dei sostituti Ancillotto e Tonini. Il primo ha arrestato Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani per frode fiscale, la seconda Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, per turbativa d’asta. La Mantovani è stata ed è la spina dorsale del Consorzio che sta realizzando il Mose in laguna. Chi non accettava la regola delle fatture false, restava fuori. Lo sapevano le imprese legate alla destra, come quelle finite nell’inchiesta di Ancillotto e lo sapevano quelle del mondo delle coop al centro dell’indagine della Tonini. Dalle intercettazioni fatte a Baita risulta che quando l’ex presidente della Mantovani chiamava l’ingegnere Mazzacurati si percepiva quasi un rapporto di sudditanza tra i due. Tutto, insomma, ruotava introno alla figura onnipotente di Mazzacurati sia per quanto riguarda l’attività regolare delle imprese e del Consorzio sia per quel che riguarda le fatture false e i fondi neri. Gli inquirenti sono certi che sia Baita che Mazzacurati sedevano al tavolo decisionale, ma non erano gli unici. Per far tornare i conti, incrociando i documenti dell’una e dell’altra inchiesta che si stanno sovrapponendo sempre di più, la procura veneziana potrebbe quindi decidere di unificare i procedimenti. Ieri, intanto, si è riunito il nuovo Consiglio Direttivo del Consorzio che risulta così costituito: presidente Mauro Fabris, vicepresidente Alessandro Mazzi, consiglieri Duccio Astaldi, Giampaolo Chiarotto, Romeo Chiarotto, Omer Degli Esposti, Americo Giovarruscio, Mauro Gnech, Giovanni Salmistrari, Salvatore Sarpero. (m.pi.)
BACINO DI LAMINAZIONE DI TRISSINO
Sospetta concussione, inquirenti al lavoro
VICENZA – Un terremoto, le perquisizioni compiute l’altra mattina dagli agenti della sezione della procura del Corpo forestale dello Stato. Gli inquirenti, coordinati dal procuratore di Vicenza Cappelleri e dal pm Severi, stanno esaminando la massa di documenti sequestrati nelle abitazioni degli indagati e negli uffici del Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta (Apv) e del Consorzio di bonifica veronese. Fra le carte, le offerte delle varie aziende che hanno preso parte alla gara d’appalto per la realizzazione del bacino di laminazione di Trissino. È sul primo stralcio – da 26 milioni di euro – che si sono concentrati gli inquirenti. L’ipotesi della procura è che la gara potesse essere truccata. Il ruolo del possibile “truccatore” ce l’avrebbe avuto Antonio Nani, di Nanto, presidente del Consorzio Apv, iscritto sul registro degli indagati con le ipotesi di turbativa d’asta ma anche di concussione, mentre per gli ingegneri veronesi Luca Pernigotto (dipendente di Apv e responsabile del procedimento) e Roberto Bin (direttore del Consorzio veronese, e commissario) l’ipotesi è solo quella della turbativa d’asta. Nani si difende spiegando di aver chiesto scrupolo ed attenzione prima di eliminare qualche concorrente. Una versione ora al vaglio degli inquirenti vicentini.
Nuova Venezia – Venezia. Porto offshore, un altro passo avanti
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3
ago
2013
Parere favorevole della commissione Via del ministero dell’Ambiente con alcune prescrizioni. Zaia e Orsoni soddisfatti
Per la piattaforma off shore del Porto arriva anche la «compatibilità ambientale» nazionale. Ieri la commissione Via del ministero dell’Ambiente ha approvato all’unanimità con prescrizioni il progetto del nuovo terminal petrolifero e commerciale in Adriatico. Un passo avanti per il progetto da tre miliardi di euro voluto dall’Autorità portuale e sostenuto da Regione e Unindustria.
«Questo parere apre la strada a un’opera capace di garantire il futuro sostenibile di Venezia e di rilanciare l’economia dell’Alto Adriatico», commenta il presidente della Regione Luca Zaia. Che plaude anche alle prescrizioni imposte dalla commissione. Che riguardano in particolare l’analisi degli impatti dell’opera sulle attività di pesca e di acquacoltura.
Entusiasta anche il presidente del Porto Paolo Costa. «Apprendiamo con soddisfazione di questo voto unanime», dice, «a conferma della bontà del progetto che farà dell’Alto Adriatico una gateway vincente». Costa ricorda anche come l’innovazione tecnologica e organizzativa per il trasbordo dei contanier e il loro trasporto a Marghera «potrà aumentare la competitività del sistema portuale italiano su scala europea». La grande piattaforma dovrebbe essere costruita 8 miglia al largo di Malamocco e contenere sia il terminal petrolifero che il porto per le grandi navi portacontainer. Profondità dei fondali 20 metri, navi troppo grandi anche per la conca di navigazione che era stata voluta accanto al Mose proprio per non penalizzare la portualità. Appena finti i lavori, ci si è accorti che la conca, votata dal Consiglio comunale nel 2002 (quando Costa era sindaco) è già inadeguata.
Il progetto di off shore è stato elaborato da Mantovani e Tethis per il Consorzio Venezia Nuova. I finanziamenti saranno dello Stato per la parte dei petroli (La Legge speciale del 1973 prevedeva l’allontanamento dalla laguna del traffico petrolifero) così come la diga di protezione, lunga 4,2 chilometri.
Soddisfazione espressa anche dal presidente di Unindustria Matteo Zoppas e dall’assessore regionale Renato Chisso («Una bella notizia per Venezia, per la conservazione dell’equilibrio della sua laguna») e del parlamentare veneziano del Pd Andrea Martella («Renderemo l’area veneziana competitiva rispetto al resto d’Europa»).
«Benissimo», commenta il sindaco Orsoni, «ci consente di liberare aree a Marghera per realizzare il terminal delle crocere», dice.
Restano dubbi e perplessità. Come quelli espressi da Italia Nostra, dal Porto di Ravenna, da tecnici del settore. Giovanni Anci, rappresentante della Provincia in Comitato portuale, ricorda che si tratta di un’opera «costosissima e pericolosa».
«Potrà danneggiare la pesca ma anche la laguna», dice, «in caso di incidente gli studi dei proponenti dicono che la macchia di petrolio arriverebbe in laguna. Con quei soldi si poteva attrezzare il terminal di San Leonardo».
Con il progetto approvato ieri le petroliere saranno fermate a 8 miglia dalla costa. Il greggio arriverà a Marghera attraverso una grande pipeline che correrà sotto l’abitato di Malamocco. La parte dei petroli sarà dunque finanziata dalla Legge Speciale (100 milioni sono già stati messi a disposizione), il resto dovrà essere realizzato con i fondi dei privati. Alla fine il terminal d’altura verrà a costare intorno ai 3 miliardi di euro, circa la metà del Mose.
Alberto Vitucci
Nuova Venezia – Marghera. Il Tar sospende l’ampliamento di Alles
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3
ago
2013
Primo round al Comune di Venezia, udienza nel secondo semestre 2014.
L’appello: «Ora la giunta Zaia cambi idea»
Delibera della giunta regionale sospesa in attesa della sentenza di merito sul ricorso presentato dal Comune di Venezia. E se ne riparla solo nel secondo semestre del 2014. La terza sezione del Tar del Veneto ha sospeso per un anno la delibera della giunta Zaia che autorizza il revamping, ovvero il potenziamento, dell’impianto di Alles Spa a Porto Marghera.
«Si tratta di un primo, importante passo nella giusta direzione, anche per le motivazioni che argomentano la sospensiva. Il Tar infatti riconosce esplicitamente che il ricorso “presenta elementi di fondatezza”; sottolinea che, come da noi sostenuto, “le modifiche progettate hanno carattere sostanziale” e che si tratta di “un diverso impianto” che tratterà “tipologie di rifiuti diverse da quelle già autorizzate, con l’utilizzo di differenti tecnologie e nuovi impianti ancora da realizzare», spiega l’assessore comunale all’Ambiente Gianfranco Bettin che esprime grande soddisfazione per la decisione dei giudici amministrativi. E sottolinea che il «Tar evidenzia che la tesi della Regione “appare priva di riscontri” e che il progetto, ricadendo in area SIN (Sito di Interesse Nazionale) deve ottenere l’assenso del Ministero dell’Ambiente che aveva già diffidato Alles dall’attuare interventi che potrebbero interferire con l’ambiente. Per Bettin, quindi, la delibera regionale di approvazione e il precedente parere della Via regionale, sono da «intendersi insufficienti e, appunto, “privi di riscontri” risolutivi».
Primo atto vinto dal Comune, quindi, mentre resta aperto lo scontro con la commissione Via regionale che Bettin definisce “antidemocratica”. La composizione della commissione, «anche se a norma di legge», avvisa l’assessore comunale, «assegna uno strapotere numerico ai suoi propri membri peraltro scelti secondo l’arbitrario volere della giunta regionale».
E il consigliere del Pd in Regione Bruno Pigozzo gli dà ragione: «Ci dobbiamo subito mettere al lavoro per modificarne la composizione», avvisa.
Tanti i commenti positivi alla decisione del Tar.
La Provincia, in una nota, ricorda di essere intervenuta nel procedimento «costituendosi con la propria avvocatura per sostenere le ragioni del Comune e scongiurare l’avvio dell’impianto a forte rischio ambientale».
Il presidente della Municipalità di Marghera Flavio Dal Corso gioisce per il primo atto vinto nonostante le decisioni della giunta regionale e avvisa: «Continueremo ad opporci a tale autorizzazione e soprattutto all’idea che il territorio di Marghera e Malcontenta possa ridiventare, come alcuni decenni fa, il polo d’attrazione da tutto il Veneto, e non solo, per tutte le attività pericolose e inquinanti e quindi riproponendo, di fatto, Porto Marghera come localizzazione della filiera produttiva per lo stoccaggio, il trattamento e lo smaltimento di rifiuti civili e industriali, speciali, pericolosi e tossico-nocivi.
Pierangelo Pettenò (Fds) si rivolge a Zaia: «Ci chiediamo, a questo punto, come possa la giunta Zaia ostinarsi nella difesa di un progetto che, dopo aver ricevuto stroncatura unanime da parte del Comune di Venezia, dalla Provincia e dallo stesso Consiglio regionale, si avvia ad essere demolito anche in sede giudiziale. Prendano atto che il progetto Alles SpA è un morto che cammina».
E l’assemblea permanente contro il rischio chimico: «La sospensione della delibera della giunta regionale e’ un primo positivo atto che conferma la giustezza delle ragioni dei tanti cittadini preoccupati per le ricadute sull’ambiente e salute del progetto».
Soddisfatti anche i giovani del Pd di Marghera che spiegano: «Piuttosto che del revamping di Alles la Regione si occupi dello sblocco di altri progetti fondamentali per la nostra comunità, in primis: Vaschette e Vallone Moranzani».
Mitia Chiarin
UNA LUNGA DIATRIBA
Cravin: «Rispettiamo la scelta dei giudici»
«Non possiamo che rispettare la decisione assunta dal Tribunale amministrativo regionale, dice Guerrino Cravin, amministratore delegato di Alles Spa, società del gruppo Mantovani. «Attendiamo di leggere l’ordinanza prima di esprimere qualsiasi tipo di valutazione sulle motivazioni che hanno portato a questa scelta difforme rispetto all’articolato iter approvativo che, da parte nostra, ritenevamo rispettoso di tutte le normative. Per il futuro di Alles la valutazione finale sarà un passaggio fondamentale».
L’impianto di Alles Spa, lo ricordiamo, è stato autorizzato dalla Regione Veneto – con delibera 488 del 10 aprile 2013 – a bruciare 180 mila tonnellate di rifiuti annui al posto delle attuali 100 mila. È stata aumentata anche la tipologia di rifiuti da bruciare che passano da 20 tipi a 70. Una scelta contro cui si sono schierati fin da subito le amministrazioni comunali di Venezia, la Provincia di Venezia e contro cui ha votato lo stesso consiglio regionale del Veneto. Da qui la decisione della giunta Orsoni di presentare un ricorso al Tar del Veneto. I giudici della terza sezione hanno accolto la richiesta del Comune di Venezia di sospendere l’efficacia della deliberazione di Giunta Regionale n.448 del 10 aprile per il “Revamping dell’impianto di Alles di ricondizionamento di rifiuti speciali anche pericolosi” , che è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione il 23 aprile, in attesa della trattazione della causa nel merito fissata presumibilmente in una delle udienze pubbliche del secondo semestre del 2014.
Gazzettino – Inchiesta Mose. Gli “omissis” fanno tremare i politici.
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1
ago
2013
VENEZIA – Le inchieste della Finanza partite da verifiche fiscali e approdate a sospetti di tangenti
Attesi sviluppi dopo le confessioni di Baita e le prime ammissioni degli indagati del Consorzio Venezia Nuova
MANAGER – William Colombelli assieme all’allora governatore Galan durante una riunione
Accertamenti su Colombelli tessera n. 5 di Forza Italia
Tutto nasce da una semplice verifica fiscale. Ecco il “grimaldello” utilizzato dagli investigatori per scoprire i fondi neri milionari che sarebbero stati utilizzati per pagare esponenti politici.
È accaduto con la società padovana Mantovani spa, fino a pochi mesi fa presieduta dall’ingegner Piergiorgio Baita; si è ripetuto con la cooperativa San Martino di Chioggia, una delle principali ditte impegnate nei lavori di Salvaguardia della laguna di Venezia. Nel primo caso le fatture false hanno condotto gli inquirenti a “cartiere” di San Marino e a conti correnti in Svizzera, ma anche in Canada e perfino in Thailandia; nell’altro i presunti collegamenti illeciti scoperti dai finanzieri sono con società e banche con sede in Croazia, Austria e Lussemburgo. Paesi diversi, trucchi sostanzialmente simili per creare consistenti “provviste” da utilizzare liberamente, senza dover sottostare ad alcun controllo. La Guardia di Finanza non ha dubbi sulla destinazione di una parte consistente di tutto quel “nero” derivante da false fatture per milioni di euro: servivano a finanziare la politica in cambio di un occhio di riguardo per appalti e lavori. O più semplicemente per ingraziarsi l’amministratore pubblico di turno in vista di futuri progetti riguardanti opere pubbliche. Di questo avrebbe parlato ampiamente lo stesso Baita nel corso degli interrogatori sostenuti davanti al pm Stefano Ancilotto. Ed è probabile che anche il pm Paola Tonini decida di ascoltare l’ex presidente della Mantovani nel filone riguardante i consistenti flussi di denaro gestiti dal Consorzio Venezia Nuova e dal suo presidente, Giovanni Mazzacurati.
Gli stretti rapporti tra imprenditori ed esponenti politici esce confermata con lampante evidenza dalle carte dell’inchiesta, anche se gli elementi più interessanti non sono ancora di dominio pubblico in quanto coperti da omissis perché oggetto di ulteriori indagini che, con molte probabilità, porteranno presto a nuovi, clamorosi sviluppi investigativi. La Guardia di Finanza lo scrive chiaramente nella relazione conclusiva all’inchiesta sul presunto appalto pilotato per lavori portuali a Venezia: «In diversi casi la provvista creata in capo alle società utilizzatrici viene utilizzata per corrispondere tangenti ai pubblici ufficiali referenti del Consorzio Venezia Nuova, nonché per elargire finanziamenti illeciti ad esponenti politici locali».
I forti legami tra esponenti politici e alcuni indagati nelle due inchieste parallele su Mantovani e Consorzio Venezia Nuova, sono emersi fin dall’arresto del bergamasco William Colombelli, 50 anni, console (a disposizione) di San Marino dove ha sede la sua Bmc Broker srl, società che avrebbe “fabbricato” false fatture per svariati milioni di euro per conto della Mantovani. Dagli atti dell’inchiesta emerge che Colombelli aveva la tessera numero 5 di Forza Italia. E i suoi contatti con gli ambienti politici veneti erano così stretti che, nel 2011, in occasione di una visita ufficiale a San Marino, l’allora ministro Giancarlo Galan preferì salire sull’auto di Colombelli piuttosto che su quella messa disposizione dalle autorità della Repubblica del Titano, provocando un piccolo incidente diplomatico.
Gianluca Amadori
RIESAME – Oggi tocca a Savioli, domani a Mazzacurati
Oggi Pio Savioli, domani Giovanni Mazzacurati. I ricorsi presentati dai due principali indagati per il presunto appalto pilotato per lavori portuali a Venezia saranno discussi dal Tribunale del riesame, presieduto da Angelo Risi. Nell’udienza di oggi sono fissate anche le discussioni relative alle posizioni di altri due indagati ai domiciliari, Mario e Stefano Boscolo Bacheto (coop San Martino di Chioggia), e di tre con obbligo di dimore, Antonio Scuttari (Clodiense opere marittime) Erminio Boscolo Menela e Dimitri Tiozzo, delle omonime imprese. Domani, oltre al ricordo di Mazzacurati, saranno discussi quelli di Flavio Boscolo Contadin (Nuova Coedmar) e Valentina Boscolo Zemello (Zeta).
Nuova Venezia – Venezia. Mose, Boscolo Bacheto pronto a collaborare.
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1
ago
2013
Oggi e domani il Riesame valuterà i ricorsi presentati dai principali indagati per riottenere la libertà
VENEZIA – Anche l’anziano titolare della Cooperativa San Martino, Mario Boscolo Bacheto, vuole farsi interrogare dal pubblico ministero e, per comunicare ai giudici del Tribunale del riesame di Venezia questa sua disponibilità prima che decidano, oggi, della sua sorte (è agli arresti domiciliari con il figlio Stefano) ha presentato loro un breve memoriale in cui spiega che doveva pagare i vertici del Consorzio Venezia Nuova (la Guardia di finanza ha scoperto la contabilità nera da cui risulta che ha consegnato a Pio Savioli ben 600 mila euro in due anni) per poter lavorare, per poter partecipare agli appalti del Mose, altrimenti la sua impresa sarebbe rimasta fuori, segnata nel libro nero di Giovanni Mazzacurati.
Come del resto era capitato prima, quando, ad esempio, c’era da spartirsi le partecipazioni al Consorzio della Furlanis, della Maltauro e della Del Favero, ditte che lasciavano. Boscolo Bacheto voleva acqusirle, ma Mazzacurati si affidò ad altri.
E ancora per i lavori ai murazzi di Pellestrina, 10 miliardi di vecchie lire. Sperava di ottenere per la San Martino il subappalto, invece tutto andò alla Mantovani di Piergiorgio Baita.
E, allora, scottato da quelle esperienze avrebbe cominciato a pagare. Oggi, i giudici veneziani dovranno esaminare i ricorsi presentati da Savioli, dai Boscolo Bacheto, Erminio Boscolo Menela, Dimitri Tiozzo e Antonio Scuttari. Mentre domani saranno prese in considerazioni quelle di Mazzacurati, Valentina Boscolo Zemello e Flavio Boscolo Contadin. Sono già stati affrontati, invece, quelli di Juri Barbugian, Carlo Tiozzo Brasiola, Luciano Boscolo Cucco e Roberto Boscolo Anzoletti. Per quest’ultimo i giudici hanno confermato gli arresti domiciliari, presumibilmente mettendo in primo piano quello che lo stesso giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare ha scritto, cioè che l’imprenditore sarebbe stato il regista, assieme a Mazzacurati, dell’operazione per truccare la gara d’appalto del Porto per lo scavo dei canali. Sarebbe stato lui a lamentarsi con l’ex presidente del Consorzio per non aver avuto lavori per il Mose insistendo perché le grandi imprese rimanessero fuori. Inoltre, è finito sotto inchiesta a Pescara per un’altra turbativa d’asta. Mentre Barbugian e Tiozzo avrebbero avuto un ruolo marginale, limitandosi a partecipare con il 2, 8 per cento all’Associazione temporanea d’impresa e non avrebbero partecipato alla riunione in cui era stato messo a punto l’accordo per far vincere l’appalto da 12 milioni di euro ad Anzoletti e alle altre piccole imprese di Chioggia .
Giorgio Cecchetti
Nuova Venezia – Inchiesta Mose. Savioli parla e fa i nomi dei politici
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31
lug
2013
Il manager del Coveco, interrogato per 5 ore, ha cominciato a raccontare al pm Paola Tonini il sistema delle tangenti
VENEZIA – È cominciato alle 9,15, negli uffici della Guardia di finanza di Mestre, ed è terminato alle 14,15: cinque ore ininterrotte d’interrogatorio per Pio Savioli, difeso dall’avvocato Paolo De Girolami, davanti al pubblico ministero Paola Tonini. E ci sarà un secondo round nei prossimi giorni. Poco meno di un’ora sarebbe stata dedicata alla vicenda della gara d’appalto dell’Autorità portuale che è costata gli arresti domiciliari all’esponente del Consorzio Veneto Cooperativo nel consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), mentre il tempo rimanente sarebbe stato dedicato a ricostruire il ruolo di Savioli come collettore di danaro in nero nelle varie imprese del Cvn trasformate poi in mazzette da consegnare a esponenti politici e pubblici funzionari. Per quanto riguarda il reato di turbativa d’asta, la rappresentante della Procura ha ormai raccolto numerose conferme alle ipotesi d’accusa. Nell’ordinanza di custodia cautelare le prove sono state raccolte grazie alle intercettazioni telefoniche e soprattutto a quelle ambientali e ora ci sono le conferme di chi ha organizzato la combine, vale a dire l’ex presidente del Consorzio Giovanni Mazzacurati, che già nel primo interrogatorio aveva confermato di aver messo mano a quell’appalto per far operare le piccole imprese di Chioggia che si lamentavano di aver lavorato poco per il Mose. Poi sono arrivate le conferme di Federico Sutto, il quale ha chiarito di aver impartito le direttive provenienti da Mazzacurati per fare in modo che alcune grosse imprese, come la Mantovani e la Cooperativa San Martino, non presentassero alcuna offerta per la gara in modo da far vincere l’Associazione temporanea d’impresa formata dalle aziende chioggiotte. Infine, è stato il presidente del Consorzio Coperativo Franco Morbiolo, in questo procedimento semplicemente indagato, a raccontare che «Savioli gli aveva spiegato che il Cvn poteva prospettare una somma oscillante tra i 100 mila e i 200 mila euro da corrispondere in cambio del fatto che doveva trovare il modo per non farsi aggiudicare la gara», visto che all’ultimo momento aveva presentato un’offerta disobbedendo alle direttive di Mazzacurati. Quindi, il pubblico ministero a Savioli deve aver chiesto alcune conferme sulla turbativa d’asta per passare velocemente ad altro. Per la Guardia di finanza – lo si legge nella informativa consegnata al pm – Savioli avrebbe dovuto essere indagato per corruzione o addirittura per concussione, visto che i titolari della Cooperativa San Martino, stando alla contabilità nera recuperata dagli investigatori, nel giro di due anni gli avrebbero consegnato ben 600 mila euro. Secondo l’ipotesi delle «fiamme gialle» per ottenere in cambio lavori negli interventi alle bocche di porto per il Mose. Ma Savioli avrebbe cercato di allontanare da sé l’accusa di essere un esoso: quei soldi, avrebbe aggiunto ieri, non erano per lui. Aveva il compito di raccoglierli anche da altre imprese, così come la Guardia di finanza ha scoperto riuscendo addirittura a filmarlo con la telecamera, per poi consegnarli ad esponenti politici e pubblici funzionari. Il segreto è totale sui nomi che Savioli ha fatto anche perché ora scatteranno ulteriori indagini per trovare riscontri a ciò che l’indagato ha riferito. Il suo difensore, l’avvocato De Girolami, non ha chiesto la scarcerazione (Savioli è agli arresti domiciliari) nella speranza che sia domani il Tribunale del riesame a revocare la misura, giudicandola inutile vista la disponibilità a collaborare. I giudici veneziani, domani, dovranno esaminare i ricorsi presentati dai difensori oltre che di Savioli, anche di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, titolari della S. Martino, di Dimitri Tiozzo, Antonio Scutari ed Erminio Boscolo Menela. Mentre venerdì prenderanno in esame i ricorsi di Giovanni Mazzacurati, Fulvio Boscolo Contadin e Valentina Boscolo Zemello. A presiedere il Tribunale in entrambe le giornate sarà il giudice Angelo Risi. I giudici intanto hanno respinto il ricorso di Roberto Boscolo Anzoletti e hanno invece revocato l’obbligo di dimora per Juri Barbugian e Carlo Tiozzo Brasiola, accogliendo le tesi della difesa.
Giorgio Cecchetti
Bitonci: «L’ex ministro attenda la fine dell’inchiesta Mantovani»
Anche Paolo sinigaglia su fb dice la sua
VENEZIA «Galan? Prima di dare pagelle alla Lega dovrebbe attendere la conclusione delle indagini che hanno investito la Mantovani e Adria Infrastrutture». A parlare è Massimo Bitonci, capogruppo della Lega al Senato, uno dei big del Carroccio che non fa mistero di aspirare alla carica di sindaco di Padova: una corsa solitaria, Lega con due liste civiche, contro il Pd e il Pdl e chi altro ancora vorrà candidarsi nel 2014. L’ultima polemica nasce sull’onda delle dichiarazioni dell’ex ministro e parlamentare Pdl, che boccia la Lega considerandola inadeguata al ruolo di governo di Padova e anche del Veneto. La polemica dura dal 2010, anno in cui Galan è stato estromesso da palazzo Balbi per far posto a Luca Zaia grazie al patto siglato ad Arcore da Bossi e Berlusconi. E ieri Massimo Bitonci è tornato alla carica: «Galan ha governato il Veneto per 15 anni, lasciando buchi enormi e realizzando opere in project financing che strozzano la nostra comunità. Il signor Galan dice che la Lega è inadeguata a guidare Padova? Dimentica che il suo partito non ha saputo esprimere alcuna leadership o proposta per la città. Oltre a questo sentenzia anzitempo: dovrebbe attendere gli esiti delle inchieste che hanno investito Mantovani spa, Adria Infrastrutture e il Consorzio Venezia Nuova prima di dire che la Lega è inadeguata», afferma Massimo Bitonci.
E sul ruolo di Galan e dei suoi legami tra Adria Infrastrutture Spa e la Mantovani ieri è intervento anche Paolo Sinigaglia, fondatore della Simod, imprenditore di Legnaro, ex presidente di Veneto Sviluppo, finito anche nella polvere con gli aerei Alpi Eagles. Dopo aver letto l’articolo del mattino che ricostruiva gli interessi societari tra Adria Infrastrutture Spa, la Pvp, la Arianna Spa, la Margherita srl e Giancarlo Galan, Paolo Sinigaglia ha lasciato il suo commento su Facebook e sul sito del nostro giornale. Questo il testo del messaggio: «Secondo me non è un filo che lega Galan alla tangentopoli veneta ma l’inizio di un consistente cordone ombelicale a doppia mandata. Paolo Sinigaglia». Non è finita perché a scorrere la pagina dell’imprenditore ci si imbatte in una serie infinita di commenti sulle inchieste del Mose. Ecco quello su Baita e Minutillo. «La posizione di Claudia Minutillo merita un distinguo. Claudia era affranta dopo l’allontanamento subito da Galan. Le proposi di ricoprire una carica di operatrice commerciale in Alpieagles, ma cedette…». La firma è sempre Paolo Sinigaglia. (r.r.)
Pd, il capogruppo Tiozzo: «Marchese? Non è imputato e resterà in consiglio»
Si è presentato regolarmente in aula ma non ha rilasciato dichiarazioni, il consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, autosospesosi dal partito dopo le voci su un finanziamento illecito ricevuto da Pio Savioli, ex consigliere del Consorzio Venezia Nuova tra i principali imputati nell’inchiesta. «Ho parlato con Piero e mi ha ribadito la sua estraneità a fatti illegali», ha dichiarato il capogruppo democratico Lucio Tiozzo «io ne prendo atto e sottolineo la distinzione tra i comportamenti individuali e l’operato del partito e del gruppo. Marchese mi ha fatto notare di essere il consigliere che ha documentato il maggior numero di contributi privati, io credo che nel momento in cui si discute di abolire il finanziamento pubblico non si debba cadere nell’ipocrisia: la politica ha un costo, che certo dev’essere finanziato alla luce del sole, ma non è possibile demonizzare ogni contributo da parte di sostenitori privati». Marchese resterà in consiglio? «Io sono garantista, fino all’eventuale rinvio a giudizio credo abbia il diritto di restare al suo posto. Voci su un avviso di garanzia? Non ne so nulla».
Nuova Venezia – C’e’ un filo che lega Galan ad Adria spa e Mantovani
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30
lug
2013
La società Margherita srl, riconducibile al parlamentare del Pdl e a sua moglie possedeva il 10% di una spa detentrice di quote nelle imprese sotto inchiesta
PADOVA – C’è un filo che lega il parlamentare del Pdl, ex governatore del Veneto ed ex ministro Giancarlo Galan a Adria Infrastrutture Spa e Mantovani. Le due società finite nel mirino della procura veneziana, la stessa che in queste ultime settimane ha acceso i riflettori sul Consorzio Venezia Nuova e che ha ottenuto l’arresto (tra gli altri) dell’ex presidente Giovanni Mazzacurati. Effetti di due inchieste distinte, ma che hanno alcuni punti in comune. Primo fra tutti l’obiettivo di far luce su un comparto in cui il finanziamento pubblico è una delle voci più consistenti. Un filo, si diceva. Un filo che parte da Margherita srl, società padovana riconducibile a Galan e alla moglie Sandra Persegato e che ha come oggetto sociale anche l’assunzione di partecipazioni di altre società sia in Italia che all’estero. Un legame quasi invisibile, perché intessuto nella stoffa di decine società, il cui insieme è di difficile visualizzazione. Tuttavia, una volta svelato, è la rappresentazione stessa del sistema veneto: un intreccio di interessi economici sotto forma di partecipazioni societarie che racchiude e raggruppa politici, imprenditori, finanzieri, sacerdoti, commercialisti e professionisti di ogni genere. Grovigli che, proprio perché tali, consentono a volte a società minuscole di condizionare imprese molto più grandi, inserite in contesti di potere che muovono decine di milioni di euro a favore di una o dell’altra parte a seconda della convenienza. Ma torniamo a Margherita srl. Seguendo il filo di quote e azioni si arriva direttamente in Adria Infrastrutture Spa, passando attraverso Arianna Spa (società specializzata nella produzione di led per l’illuminazione pubblica e di cui Margherita srl ha posseduto il 10%) e arrivando a Pvp srl (società che ha domicilio fiscale in Passaggio Corner Piscopia 10 a Padova, stesso indirizzo di Margherita Srl e dello Studio Penso-Venuti e associati) e quindi in Adria Infrastrutture, controllata anche da Mantovani. Un intreccio decisamente scomodo, se non altro perché Claudia Minutillo (ex segretaria di Galan e consigliere delegato di Adria Infrastrutture) e Piergiorgio Baita (ex presidente di Mantovani Spa e vice presidente di Adria Infrastrutture) nella primavera scorsa sono stati arrestati con l’accusa di aver creato un sistema di fatture false per milioni di euro, grazie alla sanmarinese Bmc Consulting del faccendiere bergamasco William Ambrogio Colombelli nonché ex consigliere della Nuova Garelli, società partecipata da Paolo Berlusconi, fratello dell’ex premier Silvio (come ha scritto Gianfranco Turano nell’Espresso nel marzo scorso). A legare le società non solo quote ma anche persone: come Paolo Venuti, commercialista padovano, socio e amministratore di Pvp e presidente del collegio sindacale di Adria Infrastrutture. Ma facciamo un passo indietro seguendo il filo che porta da Margherita srl a Adria Infrastrutture. Sfogliando la Margherita. La società è stata fondata nel 2008 da due persone fisiche e due giuridiche: la società Frasseneto (azienda agricola) di Sandra Persegato e la Comunità Incontro Onlus di don Pietro Gelmini. Il sodalizio ha un capitale sociale di 20 mila euro interamente versato. L’amministratore unico è Sandra Persegato che nel 2011 ha ricevuto le quote del marito in dono (nel 2013 Galan ha riacquistato una piccola partecipazione), mentre tra il 2009 e il 2010 sono entrati in società sia la sorella di Galan, Valentina (dipendente della Regione Veneto e che ha lavorato anche nell’ufficio stampa dell’Azienda ospedaliera di Padova), sia Guido Penso, titolare dell’omonimo studio insieme al commercialista Venuti. Ma ciò che conta è che Margherita srl fino al 2011 è stata socia di Arianna Spa. Il filo di Arianna. La società è nata nel 2009 per interesse di Pvp srl. Al suo interno, oltre alla società dei coniugi Galan troviamo anche tra gli altri la Carel di Brugine (di proprietà di Luigi Rossi Luciani, ex presidente Confindustria Veneto, ora presidente del Parco Scientifico Galileo), la Finpiave (riconducibile a Bepi Stefanel), la Pvp e l’ingegner Alberto Giovanni Gerli un trentenne di Albignasego inventore di un sistema di illuminazione a led innovativo che riveste il ruolo di ad. Tra i consiglieri della spa troviamo sia Paolo Venuti che Christian Penso entrambi soci di Pvp. Particolare numero uno: Arianna, partecipata da Pvp, a sua volta detiene una quota azionaria della società presieduta dai commercialisti padovani. Il che rende ancora più diretto il rapporto tra la Margherita srl e Adria Infrastrutture spa. Quindi tra l’ex Governatore e un’azienda che ha lavorato e prosperato anche grazie agli investimenti pubblici. Affari come molti altri, si dirà. Come quelli che hanno consentito a Galan di incassare una plusvalenza di 373 mila euro vendendo la propria partecipazione (del 10%) di Arianna nell’ottobre del 2011 (articolo del Mondo.it del 2012). Particolare numero due: Arianna fornisce in esclusiva i propri prodotti a Metalco spa. Il cui titolare, il trevigiano Claudio Bertino si è sposato a Jesolo nel 2009 scegliendo come testimoni di nozze Giancarlo Galan e la moglie.
Lo snodo Pvp. La società fa capo a noti professionisti padovani: Guido Penso, il figlio Christian (che detengono quote paritarie) e Paolo Venuti. Pvp ha in portafoglio, tra le altre, anche quote di Adria Infrastrutture (300 mila euro circa su un capitale sociale di 4,5 milioni di euro), di Arianna spa (circa il 30%). I tre, Guido e Christian Penso e Paolo Venuti sono anche amministratori allo stesso tempo. Venuti è un commercialista molto attivo in Veneto. Socio della Trust Company Delta Erre, ha ruoli in Maap di Padova (sindaco), in Padovafiere Spa (presidente del collegio sindacale), in Bh4 spa (sindaco), in Save spa (sindaco), in Adria Infrastrtutture spa (presidente del collegio sindacale), in Concessioni Autostradali Venete (sindaco), ed è stato in Aps spa (sindaco), in Fiera di Padova Immobiliare Spa (presidente dei revisori di conti e del collegio sindacale), in Telerete Nordest srl (sindaco supplente), in Ater Padova (revisore dei conti, ruolo assunto per decreto regionale), in Acegas-Aps service (sindaco supplente)in Aps Holding spa (sindaco), in Veneto Logistica (presidente del collegio sindacale), nella spa partecipata dalla Regione Veneto e da otto istituti di credito Veneto Sviluppo (sindaco), in Metropolitana del Veneto srl (sindaco) in Venezia Terminal Passeggeri spa (consigliere) e in Veneto Strade spa (sindaco e revisore dei conti).
Paolo Baron
Pio Savioli pronto a collaborare
Ieri sentito di nuovo dal pm Tonini l’ex presidente Mazzacurati. Oggi tocca al consigliere
VENEZIA – Secondo interrogatorio ieri per Giovanni Mazzacurati davanti al pubblico ministero Paola Tonini e primo colloquio, invece, per Pio Savioli questa mattina negli uffici della Guardia di finanza di Mestre. L’anziano ingegnere era già stato sentito il 25 luglio scorso, quando il colloquio era stato interrotto per i seri problemi di salute e la sua età piuttosto avanzata (81 anni). In quel primo round Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova (CVN) concessionario unico per le opere di salvaguardia di Venezia, avrebbe ammesso, le proprie responsabilità relative alla turbativa d’asta del bando per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale che lo hanno portato agli arresti domiciliari. I legali di Mazzacurati, gli avvocati Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini, al termine dell’ interrogatorio, avevano riferito che l’ingegnere aveva confermato quanto ascrittogli nell’ordinanza, secondo la quale l’ex presidente del CVN si sarebbe attivato per far vincere la gara d’appalto, esterna al consorzio a delle imprese che si erano lamentate di lavorare troppo poco per il Mose. In questo secondo colloquio potrebbe aver cominciato a raccontare a chi finivano i fondi neri raccolti dal Consorzio attraverso le imprese, che consegnavano lo 0,5 per cento degli introiti percepiti per i lavori svolti. Sicuramente collaborerà con gli inquirenti anche Savioli, il rappresentante del Consorzio Veneto Cooperativo nel Consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova. È quello che gli investigatori della Guardia di finanza hanno intercettato e filmato mentre ritirava i soldi in nero da alcuni imprenditori. Stando ai conti della Guardia di finanza soltanto dalla Cooperativa San Martino di Chioggia, in due anni, avrebbe ottenuto ben 600 mila euro. Intanto, in attesa di conoscere le motivazioni che hanno spinto il Tribunale del riesame a revocare le ordinanze di obbligo di dimora per Juri Barbugian e Carlo Tiozzo Brasiola e confermare, invece, quella per Roberto Boscolo Anzoletti, sono attende le decisione per l’udienza di giovedì e di venerdì. quando, i giudici veneziani prenderanno in esame la posizione di Savioli e di altri, mentre il giorno successivo saranno valutate quelle di Mazzacurati e dei titolari della Coop San Martino.
Giorgio Cecchetti
Bottacin: «Filippin mi attacca ma tace sul consociativismo del Pd»
Scambio di battute polemiche tra Diego Bottacin, ex democratico e ore consigliere regionale di Verso Nord, e Rosanna Filippin, senatrice e segretario veneto del Pd. A Bottacin, che aveva lamentato l’isolamento subito nel Pd quando aveva sollevato il tema della trasparenza in materia di appalti tanto da indurlo a uscire dal partito, Filippin ha replicato attribuendo la sua scelta a ragioni «molto meno nobili», di carattere elettorale. Controreplica di Bottacin: «È singolare e non certo privo di fantasia il tentativo del Pd regionale di spostare il piano della discussione. Nel momento in cui esponenti e tesserati del partito risultano coinvolti in un’inchiesta giudiziaria, la dirigenza si scaglia pubblicamente contro il sottoscritto, descrivendomi come “opportunista” per aver lasciato il Pd in un momento di “debolezza”. A parte il fatto che non ho ancora visto il Pd in un momento di “forza”, la riprova sono le ultime elezioni politiche – perse contro ogni pronostico, ribadisco la mia posizione attuale: il Pd veneto non si è affrancato dal collateralismo, mantenendo rapporti privilegiati con alcuni operatori economici e in una logica consociativa ha sempre negoziato la propria quota rappresentanza nelle società pubbliche di gestione (Ulss, Autostrade, etc). Questo, non solo ha limitato la capacità di rappresentare un’opposizione credibile a livello regionale, ma ha soprattutto impedito la modernizzazione e l’apertura del Pd verso la società» Conclusione: «Ho lasciato il Pd non per strani calcoli o arzigogolate alchimie partitiche, ma solo per aver preso coscienza della sostanziale irriformabilità di una formazione politica, ostinata a voler cambiare gli italiani anziché impegnata a cambiare l’Italia».
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