Gazzettino – Inchiesta Mose. Imprenditori “in coda” per parlare con i giudici
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28
lug
2013
INCHIESTA MOSE – Numerosi imprenditori hanno chiesto alla Finanza e alla Procura di essere ascoltati
«Se mi beccano buttano la chiave»
Savioli e Morbiolo intercettati al telefono: «Scrivilo su carta che si possa inghiottire, non scherzo»
I TIMORI – Alcuni indagati sospettavano di essere indagati e intercettati. Tra questi Pio Savioli che al telefono dice al suo interlocutore: «Se mi beccano buttano la chiave». E Morbiolo a un suo collaboratore: «Scrivi su carta che si possa mangiare».
IN CODA – Sul fronte delle indagini, ora molti imprenditori hanno chiesto alla Finanza e alla Procura di essere sentiti. La prossima settimana l’inchiesta passerà al vaglio del tribunale del riesame.
EX LEADER – Piergiorgio Baita, ex “capo” della Mantovani, avrebbe fornito molte informazioni agli inquirenti
Indagini sull’appalto “pilotato”. Anche se non indagati, molti chiedono alla Procura di incontrare i pm per allontanare il rischio del carcere
VERSIONI DA VERIFICARE A ogni deposizione seguono molti controlli e riscontri
INIZIATIVE AUTONOME – Anche chi non è nel mirino vorrebbe “vuotare il sacco”
CANTIERI – Per anni la laguna è stata interessata da decine di cantieri. Molte anche le proteste di ambientalisti e residenti perché le opere avrebbero modificato di molto l’ambiente.
Imprenditori in “coda” per parlare con la Guardia di Finanza e con i magistrati della procura che coordinano le indagini. A poco più di due settimane dall’esecuzione delle misure cautelari relative al presunto appalto “pilotato” per lavori commissionati dal Porto di Venezia, sono numerose le persone che hanno chiesto di essere ascoltate. Tra loro vi sarebbero anche imprenditori che per ora non risultano indagati (o comunque non sono oggetto delle misure restrittive) e che potrebbero aver deciso di “vuotare il sacco” per evitare il rischio di finire in carcere. Dalla prossima settimana, insomma, la Guardia di Finanza avrà parecchio da lavorare, anche perché dopo ogni interrogatorio e deposizione è necessaria un’articolata attività di riscontro e di verifica delle versioni fornite.
Gli elementi che stanno emergendo nel filone relativo all’appalto “pilotato” e alle false fatture della cooperativa San Martino, su cui indaga la pm Paola Tonini, si intrecciano con quelli già agli atti nelle indagini sulle false fatture della società Mantovani spa, nel quale finì in carcere lo scorso inverno Piergiorgio Baita, il quale ha iniziato dalla primavera a collaborare con il pm Stefano Ancilotto. L’esito delle due indagini si preannuncia “esplosivo” per gli equilibri economico-finanziari della regione, ma anche per quelli politici, considerato che sono molte le ombre di tangenti e di finanziamenti illeciti ai partiti che spuntano dalle carte acquisite dalle Fiamme Gialle. Un elemento accomuna le due inchieste: entrambe sono iniziate da un accertamento fiscale che ha portato alla scoperta di false fatture, grazie alle quali le società realizzavano “provviste” in nero, parti delle quali sarebbero poi finite per finanziare esponenti politici.
Finora sono comparsi davanti agli investigatori il presidente del consorzio Coveco, Franco Morbiolo (indagato a piede libero), il quale è parlato per circa sei ore con il pm Paola Tonini. Morbiolo è l’imprenditore che decise di sfidare il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, rifiutando di sottostare all’accordo per far vincere l’appalto alle piccole imprese: il Coveco presentò domanda ugualmente e si aggiudicò uno stralcio dei lavori, per poi fare un passo indietro in cambio di un’adeguata contropartita. Anche il segretario di Mazzacurati, Federico Sutto (ai domiciliari), ha confessato, spiegando di aver eseguito gli ordini del “capo”. E lo stesso presidente del Consorzio Venezia Nuova (anche lui ai domiciliari) ha ammesso di aver pilotato l’appalto, seppure assicurando di averlo fatto a fin di bene, per riequilibrare le assegnazioni di lavori a favore delle piccole imprese, troppo spesso escluse.
Nei primi giorni della prossima settimana sarà la volta di Pio Savioli, il consigliere del Consorzio Venezia Nuova definito «il grande protagonista dell’attività investigativa» e non è escluso che il trevigiano possa decidere di collaborare con gli inquirenti nel tentativo di uscire da una posizione che appare fortemente compromessa.
Gianluca Amadori
INTERCETTAZIONI – Alcuni indagati sospettavano di essere intercettati. Morbiolo: «Scrivilo su carta che si possa mangiare»
Savioli: «Se mi beccano buttano via la chiave»
VENEZIA – (gla) Alcuni degli indagati sospettavano di essere sotto inchiesta e temevano di poter essere intercettati. È quanto emerge dagli atti della Guardia di Finanza.
Franco Morbiolo, responsabile del consorzio Coveco di Marghera, è molto cauto e nel 2011 suggerisce ad un collaboratore di prendere tutte le precauzioni necessarie per non essere trovato il possesso di documenti scomodi: «Scrivilo su una carta diversa… su carta mangiabile… se arriva qualcuno un giorno è deglutibile… non sto scherzando…», gli dice in un colloquio registrato dalle Fiamme Gialle.
Anche Pio Savioli, il consigliere del Consorzio Venezia Nuova, secondo i finanzieri era a conoscenza delle indagini in corso. Al telefono spiega al suo interlocutore di essere stato più volte avvisato che potrebbero scattare perquisizioni e arresti, ma ostenta sicurezza: «Sono venuti anche a casa mia alla sera dicendo … domani… arrestano tutti… come vedi non è successo nulla… c’è qualche mallevolenza, un po’ di lettere anonime – dichiara, per poi aggiungere – Se mi beccano buttan via la chiave…»
Stefano Tomarelli, altro amministratore del Consorzio Venezia Nuova (nonché della cooperativa Clodia e della società romana Condotte spa) viene descritto come «particolarmente diffidente e guardingo», tanto da spegnere spesso il telefonino e da pagare l’autostrada soltanto in contanti per non lasciare tracce. «Unitamente al Savioli, entrambi consapevoli dell’attività di polizia giudiziaria in corso e ipotizzando di essere intercettati, durante le conversazioni telefoniche hanno tentato in tutti i modi di celare le date, i luoghi e i motivi degli incontri», nel corso dei quali si sarebbero verificati i pagamenti illeciti di tangenti, scrivono i finanzieri.
L’INCHIESTA – Sarà la settimana dedicata al riesame
Tra giovedì e venerdì prossimi l’inchiesta sul presunto appalto “pilotato” passerà al vaglio del Tribunale del riesame. Davanti al collegio presieduto da Angelo Risi saranno discusse le posizioni dei principali indagati: quelle di Giovanni Mazzacurati e Pio Savioli, innanzitutto. Poi quelle di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, della cooperativa San Martino e di Gianfranco Boscolo Contadin della Nuova Coedmar (tutti algi arresti domiciliari). Sono in calendario, infine, i ricorsi presentati da Ermimio Boscolo Menela dell’omonima impresa, Dimitri Tiozzo della “Tiozzo Gianfranco”, Antonio Scuttari della Clodiense opere marittime e Valentina Boscolo Zemello della società Zeta, tutte di Chioggia.
Nuova Venezia – Inchiesta Mose. “Pax” in laguna: gare pilotate e tangenti
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28
lug
2013
L’inchiesta del pm Tonini al cuore del sistema-Venezia: fondi neri creati dalle aziende per pagare l’affidamento di nuovi appalti
VENEZIA – Mantenere la pax tra le aziende e sostenere i politici chiamati a ricoprire posti chiave per assicurare i lavori: i fondi neri, per milioni di euro, potrebbero essere serviti a questo secondo l’ipotesi investigativa della Guardia di finanza di Venezia. Se accontenti tutti, nessuno si lamenterà, almeno che non arrivi una semplice verifica fiscale della Finanza, come è accaduto alla cooperativa San Martino di Chioggia, a scoprire false fatturazioni e fondi neri. Gli uomini del Nucleo di polizia tributaria stanno cercando di mettere uno vicino all’altro i tasselli dell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova, che due settimane fa ha visto finire agli arresti domiciliari sette persone, tra le quali il presidente del Consorzio, Giovanni Mazzacurati per un appalto pilotato al porto, con accuse di turbativa d’asta e fatture false. Ma nelle oltre 700 pagine dell’informativa dei finanzieri – in gran parte coperte da omissis – ci sono già riferimenti ai presunti finanziamenti illeciti per le campagne politiche del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, che ha già respinto al mittente tutte le accuse, al consigliere regionale del Pd, Giampietro Marchese, di cui venerdì sera è stata annunciata l’auto-sospensione dal partito, e di Renato Brunetta – anch’egli ha ribadito che tutti i finanziamenti sono regolari – quando tre anni fa si candidò per guidare Ca’ Farsetti. Il filone dei presunti finanziamenti illeciti alla politica è quello più delicato dell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Paola Tonini, che a partire da questa settimana sentirà prima Pio Savioli, una delle figure chiave dell’indagine, e poi di nuovo Giovanni Mazzacurati, già interrogato giovedì, negli uffici della Finanza di Mestre, alla presenza anche del pubblico ministero Stefano Ancilotto, che sta indagando invece sui fondi neri della Mantovani a trazione Piergiorgio Baita. L’ex ad dell’azienda pigliatutto in Veneto per ciò che riguarda le grandi opere ha già raccontato la sua versione dei fatti – i verbali sono secretati – e ottenuto così il via libera per il patteggiamento a 22 mesi. Pio Savioli, se veramente vuoterà il sacco, potrebbe fornire spunti tra i più preziosi per l’indagine. L’uomo del Consorzio Veneto cooperativo nel Consiglio direttivo del Consorzio è ritenuto dai finanzieri la longa manus di Mazzacurati, il collettore del denaro pagato dalle aziende, nella misura dello 0,5% del valore dell’appalto, per avere la garanzie di poter lavorare. Soldi che, secondo i finanzieri, in parte restano nella tasche di Pio Savioli (tra il 5% e l’8%) e in parte andavano ad alimentare quei fondi nero i cui ultimi destinatari sono con buona probabilità indicati negli omissis posti dal pubblico ministero sulla relazione della finanza che, in laguna, fa tremare destra e sinistra.
Francesco Furlan
INTERROGATORIO – Savioli, doppio round davanti ai magistrati
Un’altra settimana importante per l’inchiesta: l’interrogatorio del consigliere Pio Savioli è previsto tra lunedì e martedì mentre giovedì primo agosto ci sarà il Riesame. Attualmente Savioli infatti si trova agli arresti domiciliari. Se decidesse di parlare forse gli potrebbero essere revocati. Venerdì 2 agosto invece dovrebbe esserci il Riesame per presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, e di altre persone coinvolte nell’inchiesta. Ulteriori sviluppi dell’indagine sono previsti dalla fine di agosto.
Nuova Venezia – Inchiesta Mose. Appalti pilotati, ora tutti ammettono
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27
lug
2013
Da Morbioli (Coveco) e Sutto conferme sulla gara truccata.
Tribunale del riesame: Boscolo Anzoletti resta ai domiciliari
VENEZIA – Il Tribunale del riesame di Venezia (relatrice Daniela Defazio) ha confermato gli arresti domiciliari per Roberto Boscolo Anzoletti, il titolare della «Lavori Marittimi e Dragaggi» di Chioggia, respingendo il ricorso presentato dai difensori, ha invece revocato la misura dell’obbligo di dimora nei confronti di Juri Barbujgian della «Nautilus srl» di Venezia e di Carlo Tiozzo Brasiola della «Somit» di Chioggia, così come avevano chiesto gli avvocati Marco Vassallo, Renzo Fogliata e Stefano Rizzardi. Infine, hanno modificato la misura per Luciano Boscolo Cucco de «La Dragaggi», difeso dall’avvocato Daniele Grasso: hanno confermato l’obbligo di dimora nel territorio del Comune di Chioggia, ma hanno revocato l’altro obbligo, quello di rimanere in casa dalle 8 alle 17. Ieri mattina, l’udienza a porte chiuse ha visto anche la partecipazione del pubblico ministero Paola Tonini, che a conferma delle sue accuse ha depositato i verbali d’interrogatorio di due indagati, quello del braccio destro di Giovanni Mazzacurati, Federico Sutto, e quello di Franco Morbioli, presidente del «Coveco«, il capo di Pio Savioli, colui che era incaricato di ritirare i soldi presso le imprese del Consorzio Venezia Nuova per poi consegnarle a politici e pubblici funzionari, oltre che a trattenerne un a parte. Sutto è agli arresti domiciliari, mentre Morbioli è semplicemente indagato. Nel verbale d’interrogatorio di quest’ultimo l’imprenditore racconta come era andata la vicenda della gara d’appalto per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale che è costata l’arresto a Mazzacurati e agli altri per turbativa d’asta. «Pio Savioli», si legge, «mi disse che la Cooperativa San Martino non avrebbe partecipato alla gara e che era stato l’ingegner Mazzacurati a fornire questa indicazione. Mi disse ancora che a quella gara avrebbero partecipato le piccole imprese e che si sarebbero astenute anche la Mantovani e la Codemar». Morbioli, però, non si astiene e presenta all’ultimo momento un’offerta e allora «Giorgio Mainoldi (del Consorzio) è venuto a chiedermi di ritirarla, dicendomi “Tu sai già come dovrebbero andare le cose rispetto alle gare dell’Autorità portuale, è bene quindi che il Coveco ritiri l’offerta perché poi potrebbero essersi problemi con il Consorzio”». E ancora: «Savioli mi disse che Mazzacurati era andato su tutte le furie a causa delle nostra offerta, poi mi disse che il Consorzio poteva prospettare una somma oscillante tra i 100 e i 200 mila euro, in cambio il Coveco doveva trovare il modo per non farsi aggiudicare la gara». Anche Sutto ha confermato di aver agito in questa direzione, aggiungendo di averlo fatto su precise disposizioni di Mazzacurati.
Giorgio Cecchetti
CACCIARI «L’origine dei mali nella concessione»
«L’origine di tutti i mali è il concessionario unico». Lo dice Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia. «Il grave errore che si è fatto è stato quello di affidare la salvaguardia a un’unica opera di profilo altissimo», continua Cacciari, «creando l’humus ideale per ogni pratica monopolistica come quella che per anni ha visto unico attore il Consorzio, con il beneplacito di tutti i governi dal 1984 ad oggi. Berlusconi come Prodi. È davvero inquietante». Così Cacciari in un intervista proiettata giovedì sera dagli schermi dello Sherwood Festival al parco San Giuliano di Mestre.
IL CASO – Anche il pm Ancilotto all’interrogatorio di Mazzacurati
Il magistrato che indaga sul caso Baita-Mantovani insieme alla collega Tonini: inchieste sempre più intrecciate
VENEZIA – Nuovo appuntamento con il pubblico ministero Paola Tonini per Giovanni Mazzacurati la prossima settimana, ma prima il magistrato interrogherà un altro degli arrestati che ha chiesto di essere sentito e che ha l’intenzione di vuotare il sacco, è Pio Savioli, il rappresentante del Consorzio Veneto Cooperativo nel Consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova. E’ quello che gli investigatori della Guardia di finanza hanno intercettato e filmato mentre ritirava i soldi in nero dagli imprenditori titolari delle ditte del Consorzio, la Cooperativa San Martino di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, la Te.Ma di Gianfranco Castelli, la Geosigma di Diego Tramontin. Ma tutte le imprese avevano l’obbligo di contribuire al «fondo nero» consegnando lo 0,5 per cento dell’importo dei lavori ottenuti per il Mose. «Molte imprese avevano ingenti avanzi di gestione che abbattevano con il sistema della falsa fatturazione» si legge nell’informativa delle «fiamme gialle». E sia il pubblico ministero Stefano Ancilotto sia la collega Tonini hanno scoperto come gli imprenditori legati a Mazzacurati costituivano i fondi neri (sette milioni e mezzo Piergiorgio Baita della Mantovani grazie ad una società di San Marcino e la Coop San Martino cinque milioni e 800 mila grazie ad una società con sede a Villach in Austria). Adesso vogliono scoprire a chi finivano quei soldi: Claudia Minutillo, l’ex segretaria di Giancarlo Galan poi diventata manager, e Baita hanno già parlato, hanno fatto i nomi.
Adesso tocca a Giovanni Mazzacurati ed è proprio per questo che il pubblico ministero Ancilotto, giovedì pomeriggio, ha assistito all’interrogatorio dell’anziano ingegnere negli uffici della Guardia di finanza di Mestre e presumibilmente assisterà anche ai prossimi colloqui con il pm Tonini. Non è escluso che Baita, i cui verbali d’interrogatorio sono secretati, abbia sostenuto che era proprio Mazzacurati a consegnare le mazzette a Roma e a Venezia per quanto riguarda i lavori del Mose e che sarebbe stato necessario chiedere a lui i nomi di coloro che percepivano le tangenti. Dunque, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova sarebbe stato uno dei prossimi obiettivi dell’inchiesta partita dalla frode fiscale della Mantovani e per questo motivo anche il pm Ancilotto è interessato a ciò che ha da dire, dopo che è finito agli arresti domiciliari per turbativa d’asta. Un’accusa lieve, visto che con un patteggiamento o con il rito abbreviato potrebbe cavarsela con una condanna di poco superiore ai 12 mesi di reclusione, rispetto ai reati che potrebbero piovergli tra capo e collo se le ipotesi avanzate dagli investigatori della Finanza, quelle di associazione a delinquere, corruzione e altro, fossero provate. Intanto il pm Tonini e i finanzieri stanno monitorando tutti gli appalti per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale, che sono diciannove. Per la maggior parte gare vinte dalle imprese maggiori, costrette però poi a subappaltare alle piccole che sono le uniche ad avere i mezzi necessari.(g.c.)
Pd: il consigliere Marchese si autosospende
Passo indietro dopo le accuse di finanziamenti illeciti. La parlamentare Rubinato: «Ora chi sa parli»
IL SEGRETARIO FILIPPIN – Non è mai stato il nostro tesoriere, spero che le indagini siano rapide e sono certa che Piero potrà dimostrare la sua totale estraneità
VENEZIA – Il consigliere regionale Giampietro Marchese si è autosospeso dal Pd. L’ha reso noto in serata il segretario della federazione veneziana, Michele Mognato, che ha definito il passo indietro «Un atto opportuno perché volto ad evitare strumentalizzazioni politiche anche se non previsto dallo statuto del Partito»; «Il Pd è estraneo ai fatti oggetto d’indagine», ha concluso il dirigente democratico «ed è evidente che auspichiamo la massima chiarezza, ribadendo la nostra fiducia nel lavoro della magistratura». Marchese, il cui nome compare nelle indagini della Guardia di Finanza come presunto destinatario di contributi elettorali illeciti dal Consorzio Venezia Nuova, ha 55 anni, vive a Jesolo ed è al terzo mandato nell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini dove in passato ha ricoperto la carica di vicepresidente e di capogruppo. Veterano del Pci-Pds-Ds-Pd, è stato responsabile organizzativo e si è occupato delle primarie. Ha presieduto, fino a tre mesi fa, la Fondazione Rinascita che gestisce il patrimonio dei disciolti Ds ma non era il “cassiere rosso”: «Piero Marchese non ha mai ricoperto il ruolo di tesoriere del Pd veneto né di quello veneziano», ha precisato il segretario regionale Rosanna Filippin, lesta a smentire indiscrezioni trapelate a distinguere le eventuali responsabilità personali da quelle del partito democratico «attendiamo che le indagini facciano il loro corso in totale autonomia e mi auguro che si giunga presto all’accertamento dei fatti, sono sicura che Piero Marchese potrà dimostrare la sua totale estraneità a quanto riportato dalla stampa». Quanto ai finanziamenti privati, Filippin conclude ricordando che «Il bilancio del Pd, a livello nazionale ma anche regionale, è pubblico e certificato da una società di consulenza esterna, la Price Water House. Chiunque voglia può liberamente visionarlo sul nostro del Pd». La vicenda, comunque, suscita tensioni e disagio nel partito. In mattinata, ben prima dell’annuncio di Marchese, era stata la deputata trevigiana Simonetta Rubinato a rompere il silenzio, auspicando un segnale di discontinuità: «L’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti versati ad esponenti politici regionali, sta allargando ancor di più il solco tra i cittadini, politica e partiti, è bene che quanto prima sia fatta luce sull’intera vicenda da parte della magistratura», la premessa della parlamentare «per questo la stessa dirigenza del Pd deve collaborare con le autorità inquirenti e chi ritiene di poter essere coinvolto si autosospenda per non travolgere l’intero partito compromettendo l’impegno di molti militanti, dirigenti ed eletti che continuano a fare politica in modo corretto». «Già il tema del finanziamento lecito ai partiti è controverso», ha concluso Rubinato «figuriamoci poi se dovesse essere confermato che accanto ai contributi pubblici c’era anche il canale del finanziamento illegale. Perciò è doveroso che dirigenti, eletti e candidati democratici facciano piena chiarezza sui contributi ricevuti e sulle spese sostenute. In questo momento è necessaria la massima trasparenza e sobrietà».
Filippo Tosatto
Nuova Venezia – Inchiesta Mose. Mazzacurati: pilotai l’appalto del Porto
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26
lug
2013
L’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova per tre ore davanti al pm «Non pensavo fosse illegale, lo feci per accontentare tutte le imprese»
VENEZIA – Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, ha parlato per quasi tre ore. Ammettendo, davanti al pm Paola Tonini, le proprie responsabilità relative alla turbativa d’asta nella gara d’appalto indetta dall’Autorità portuale di Venezia per la quale l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova è agli arresti domiciliari. I legali di Mazzacurati, Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini, al termine dell’interrogatorio, hanno riferito che l’ingegnere al pm ha confermato quanto ascrittogli nell’ordinanza del gip Alberto Scaramuzza secondo la quale l’ex presidente del Consorzio si sarebbe attivato per far vincere una gara d’appalto esterna a delle imprese che si erano lamentate di lavorare troppo poco per il Consorzio e quindi di essere penalizzate in termini di ricavi. Mazzacurati ha spiegato di non essersi reso conto dell’eventualità di un illecito facendo partecipare delle imprese del Consorzio a una gara d’appalto dell’Autorità portuale di Venezia per delle opere a mare, in quanto preoccupato di far in modo che nell’ambito delle attività costruttive in laguna potessero essere soddisfatte tutte le imprese del settore. Mazzacurati ha anche assicurato che si è trattato dell’unica sua ingerenza in vicende del genere. Dopo quasi tre ore, l’ingegnere, agli arresti domiciliari, ha dovuto smettere. Le sue condizioni di salute, infatti, non gli permetterebbero lunghi sforzi. Probabilmente è stato fissato un nuovo appuntamento. Gli inquirenti, che hanno interrogato l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova negli uffici della Guardia di finanza di Mestre, hanno fatto in modo di depistare tv e giornalisti. Proprio questo bisogno di tranquillità, di tenere lontana l’attenzione dei media da un lato e le dichiarazioni dei difensori prima del colloquio dall’altro, fanno ritenere che l’anziano ingegnere abbia deciso di collaborare. La Guardia di finanza fino ad ora ha soprattutto ricostruito in quale modo i vertici del Consorzio e le imprese più importanti costituivano i fondi neri e lo hanno fatto sia con l’indagine coordinata dal pubblico ministero Stefano Ancilotto su Piergiorgio Baita e la Mantovani, sia con quella del pm Tonini che ha riguarda Mazzacurati e il Consorzio.
Adesso si è aperta la seconda fase delle indagini, quelle che devono chiarire a chi venivano pagate le tangenti prelevate dai conti all’estero, in Svizzera per la Mantovani, in Austria per la Cooperativa San Martino. Oggi, intanto, primo vaglio del Tribunale del riesame per quanto riguarda le posizione di alcuni degli indagati. Mentre solo l’1 agosto il Tribunale discuterà le posizioni di Mazzacurati e di altri. (g.c)
Savioli, mister 8 per cento e la “cresta” alle mazzette
Gli investigatori: era il collettore dei soldi che alimentavano il “fondo tangenti” ma incassava la sua quota. Fotografato con una borsa: «Dentro 100 mila euro»
VENEZIA – I finanzieri lo considerano la longa manus del presidente del Consorzio Venezia Nuova e l’uomo che faceva da collettore dei soldi destinati ad alimentare quel fondo nero di cui l’indagine coordinata dal pm Paola Tonini dovrà accertare i destinatari. Ma Pio Savioli, secondo le indagini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Mestre, aveva anche l’abitudine di tenere per sé una parte di quei soldi, per una percentuale stimata tra il 5% e l’8% di quello 0,5% del valore dell’appalto che le aziende mediamente versavano per avere la sicurezza di lavorare nei cantieri su cui vigilavano il Consorzio e il suo presidente, Mazzacurati. I finanzieri sono in possesso di filmati e foto che testimoniano una ventina di presunti scambi di denaro che vedono come protagonisti Savioli, Stefano Tomarelli, pure lui consigliere del Consorzio dal 2002, che però non è stato raggiunto da alcun provvedimento, e alcuni imprenditori disposti a pagare per garantirsi le quote degli appalti per i lavori in laguna. In particolare c’è un incontro, che risale al 2011, in cui Savioli accompagnato da un’altra persona – che i finanzieri sospettano essere proprio Tomarelli, episodio sul quale sono in corso ulteriori verifiche – incontra un imprenditore, in un luogo appartato all’uscita di un casello della Bologna-Firenze, dal quale si fa consegnare una busta con 100 mila euro in contanti, passaggio di denaro documentato dai finanzieri, che ritengono questa una prova fondamentale. Che Pio Savioli fosse il referente delle aziende e il primo destinatario dei soldi “fuori busta” era ben spiegato già nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale il consigliere del Consorzio Venezia Nuova è finito agli arresti domiciliari. Secondo l’indagine dei finanzieri, nel solo biennio 2005 e 2006, sarebbe stato destinatario di 600 mila euro da parte della società cooperativa San Martino di Chioggia che, proprio per evitare controlli, utilizzava una contabilità parallela, di cui è stata trovata traccia solo in una memoria Usb nella disponibilità di una dipendente, Nicla Boscolo “Bacheto” dopo che, preoccupati dalla visita dei finanzieri per una normale verifica fiscale, i titolari della San Martino avevano deciso di eliminare tutta la documentazione cartacea relativa alle elargizioni a Savioli e a Tomarelli. Quest’ultimo, sempre secondo i riscontri della Finanza sulla contabilità ritenuta parallela, avrebbe ricevuto dalla San Martino almeno la somma di “20.000 + 20.000”.
Francesco Furlan
finanziamenti ai politici: IL CONSORZIO SI SCUSA
L’ex ministro Matteoli: «Ho restituito quei 20 mila euro»
VENEZIA «Il contributo regolarmente elargito nel 2006 dal Consorzio a sostegno della mia campagna elettorale, quale candidato alle elezioni per il Senato della Repubblica è stato interamente restituito non appena ricevuto a cura del mio mandatario». Lo precisa il senatore del Pdl Altero Matteoli in relazione all’inchiesta della Guardia di finanza sul Consorzio. «Quanto affermo è facilmente verificabile» sottolinea l’ex ministro «ed è stato riportato nelle dichiarazioni che i candidati devono depositare, a norma di legge, presso le Corti di Appello competenti (nella fattispecie quella di Firenze) e il Parlamento». L’intervento di Matteoli arriva dopo che nei giorni scorsi il Consorzio aveva reso pubblici i contributi versati a sostegno di campagne elettorali locali o nazionali. Tra i beneficiari risultava esserci anche Matteoli, per una somma pari a 20 mila euro. Matteoli nel 2006 era esponente di Alleanza nazionale, e sarebbe poi diventato ministro dei Lavori pubblici. Ieri sera il Consorzio dopo aver verificato che i soldi sono stati effettivamente restituiti, si è ufficialmente scusato con Matteoli. Sul tema dei finanziamenti ai politici interviene anche il Movimento 5 Stelle: «Pur non essendo prevista da alcuna disposizione legislativa si chiede al sindaco e alla maggioranza di pubblicare l’elenco di tutti i finanziatori privati della campagna elettorale». (f.fur.)
FINANZIATO DAL CVN
Bettin: «Bellissimo il film su Venezia»
«Non so come siano avvenute e avvengano le scelte a sostegno di opere letterarie o artistiche nell’ambito del Consorzio Venezia Nuova, non l’ho mai frequentato limitandomi a contrastarne spesso, in modo radicale, i progetti e il ruolo in città e in laguna. Forse le importantissime e benvenute indagini in corso da parte della magistratura potranno chiarire anche tali aspetti, ma bisogna dire che certe polemiche sul film di Carlo Mazzacurati sostenuto dal Consorzio, tendono a offuscare il valore dell’opera e del suo autore». È l’assessore comunale Gianfranco Bettin, che certo non può essere sospettato di contiguità con il Consorzio a intervenire. «“Sei Venezia” di Mazzacurati è uno dei film documentari più belli, originali e interessanti sulla Venezia contemporanea. L’autore, uno dei principali registi italiani, ha lavorato a lungo, in profondità e con sincerità sulla città e sulla sua laguna, dimostrando di avere tutte le carte professionali e artistiche per affrontare al meglio questo progetto. Del resto, il Consorzio ha sostenuto, da molti anni, altre importanti opere, soprattutto letterarie, come i libri di Iosif Brodskij, di Andrè Chastel, di Acheng, Predrag Matvejevic, Harold Brodkey, Derek Walcott e altri nomi di straordinaria caratura, veri e propri classici, ma anche autori più legati al nostro tempo. È auspicabile che il Consorzio, o quello che ne sarà dopo queste indagini, in modo trasparente e lungimirante, prosegua nel sostegno di questi e altri autori invitandoli a studiare e a raccontare Venezia».
Perquisita la fondazione degli ex ds
Mestre, per la Finanza l’ex presidente Marchese avrebbe incassato contributi illeciti
VENEZIA – La Guardia di finanza è entrata anche nella sede del Partito Democratico, in via Cecchini 5 a Mestre: ha compiuto una perquisizione negli uffici della Fondazione «Rinascita 2007», la società che gestisce il patrimonio immobiliare dei Ds veneziani, il partito che si è sciolto nel Pd assieme alla Margherita. Presidente della Fondazione, che ha la sede allo stesso indirizzo del Pd, fino a tre mesi fa è stato il consigliere regionale Giampietro Marchese, l’esponente politico che, stando al rapporto delle «fiamme gialle», avrebbe incassato «finanziamenti illeciti» da parte del Consorzio Venezia Nuova o comunque di società che ne fanno parte. A differenza del sindaco di Venezia, per ora, Marchese non ha smentito la notizia e, più volte cercato al telefono, non ha mai risposto. A differenza dei sindaci, che stando alla legge non avevano l’obbligo di rendicontare contributi e spese elettorali ma Giorgio Orsoni lo ha fatto comunque, tutti i consiglieri regionali sono tenuti a denunciare quanto hanno speso e da chi hanno ricevuto finanziamenti, visto che la norma impone anche un tetto massimo per le spese elettorali. Nella lunga informativa della Guardia di finanza il nome di Marchese ricorre in più occasioni, anche quando i militari si ritrovano a trascrivere le intercettazioni ambientali colte grazie ad una microspia posta negli uffici della Coveco di Marghera, la società per cui lavorava uno degli arrestati, Pio Savioli. A parlare, l’8 giugno 2011, è il presidente Coveco Franco Morbioli, di fronte c’è Marchese, ex segretario organizzativo del Pd veneziano. È il giorno dell’apertura delle buste della gara d’appalto per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale: Morbioli spiega a Marchese che per quel bando «Mazzacurati ha fatto fare un’unica cordata formata da tutti i piccoli imprenditori per accontentarli e non rompersi i coglioni e ha tenuto fuori gli altri, compreso Baita». Insomma gli racconta tutto del trucco ideato dall’ex presidente del Consorzio, trucco che è costato a lui e agli alti l’arresto per turbativa d’asta. Il senatore Felice Casson, intanto, durante un dibattito ieri sera, ha chiesto a tutti i candidati del suo partito, il Pd, di rendere pubblici i contributi elettorali, a livello comunale, provinciale e regionale, ricevuti. «Occorre trasparenza», ha ribadito il senatore, «e dunque devono essere resi pubblici, se ci sono stati, gli importi e da chi sono stati ricevuti».
Giorgio Cecchetti
Gazzettino – Inchiesta Mose. Gli appalti a Venezia.
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26
lug
2013
L’ex presidente del Consorzio ha minimizzato le responsabilità
NUOVE IPOTESI – Nessuna contestazione su finanziamenti elettorali o tangenti
L’ACCUSA – Intendeva tacitare malumori per il monopolio sul Mose dei grandi costruttori veneti
Ci sono le prove, documenti e intercettazioni: Pio Savioli, consigliere del Consorzio Venezia Nuova, stando alle prove raccolte dalla Finanza, avrebbe consegnato una mazzetta da 50mila euro al consigliere del Pd veneto Marchese. Intanto, ieri pomeriggio Giovanni Mazzacurati ha risposto due ore alle domande del pm Paola Tonini. Sull’appalto finito sotto inchiesta, l’ex presidente di Cvn ha detto di essere intervenuto per ragioni di riequilibrio, «volevo soccorrere le imprese minori». E ha ammesso, «procedura poco ortodossa».
L’INTERROGATORIO – Mazzacurati risponde per due ore al Pm sulle irregolarità nell’appalto per il Porto
«Volevo soccorrere le imprese minori»
«Lo ammetto, una procedura poco ortodossa. Ma è l’unico episodio e non me n’è venuto in tasca nulla»
Ha risposto per due ore alle domande del pm Paola Tonini, precisando di essere intervenuto, nell’appalto finito sotto accusa, solo per ragioni di riequilibrio, di “soccorso” alle società minori che si erano lamentate per essere state escluse dalle opere di Salvaguardia in laguna. «È stato l’unico episodio e non me n’è venuto nulla in tasca», ha dichiarato l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, pur ammettendo di essersi reso conto che non è stata una procedura “ortodossa”.
Giovanni Mazzacurati, 81 anni, agli arresti domiciliari dallo scorso 12 luglio con l’accusa di turbativa d’asta in relazione ad un presunto appalto “pilotato” del 2011 per lavori portuali a Venezia, è stato ascoltato ieri pomeriggio nella sede della Polizia Tributaria di Corso del Popolo, a Mestre (dopo aver depistato la stampa, tutta in attesa all’esterno della Procura, a Venezia), da dove è uscito attorno alle 19, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Alfredo Biagini e Giovanni Battista Muscari Tomaioli.
Mazzacurati, definito dal pm Paola Tonini il “Grande Burattinaio”, è accusato di aver avuto un ruolo di primo piano «nell’attività collusiva che porterà al turbamento delle gare… – scrive il magistrato nella richiesta di misura cautelare – Per tacitare pericolosi malumori da parte dell’imprenditoria veneta “minore” in ordine al “monopolio” delle cosiddette Grandi Imprese nell’esecuzione dell’Opera Mose, interviene direttamente, con disposizioni d’imperio, per creare un accordo spartitorio».
I tre stralci dei lavori furono aggiudicati con un ribasso di circa l’11 per cento e, secondo la Procura, in questo modo per la pubblica amministrazione vi sarebbe stato un grave danno economico: se il ribasso fosse stato del 17 per cento l’Autorità Portuale avrebbe risparmiato quasi 800mila euro, scrive il magistrato; risparmio lievitato a quasi 5 milioni se il ribasso fosse stato del 46 per cento, come in molte altre gare simili.
Nell’informativa conclusiva dell’inchiesta la Guardia di Finanza traccia un profilo dell’ex presidente del Consorzio ben più pesante rispetto al solo episodio del presunto appalto “pilotato”. Le Fiamme Gialle contestano «una gestione quasi “familiare” dell’impresa ad opera dei Mazzacurati» e scrivono che in laguna era attiva una vera e propria associazione per delinquere, di cui avrebbero fatto parte Mazzacurati (che i suoi collaboratori definivano “Re”, “Monarca Assoluto”, “Imperatore”, “Doge”), numerosi membri del Consiglio direttivo e dirigenti apicali del Consorzio, nonché amministratori di società consorziate e altri soggetti collegati: un’organizzazione che sarebbe stata dedita all’emissione e all’utilizzo di false fatture attraverso le quali realizzare “provviste” da utilizzare per «corrispondere tangenti ai pubblici ufficiali referenti del Consorzio Venezia Nuova, nonché per elargire finanziamenti illeciti ad esponenti politici locali». Su questo filone sono ancora in corso accertamenti e non è stata ancora formalizzata alcuna contestazione. E, nel corso dell’interrogatorio, di queste circostanze non si è parlato, hanno precisato i legali di Mazzacurati.
Da registrare la precisazione resa ieri dal senatore del PdL, l’ex ministro Altero Matteoli, che il Consorzio Venezia Nuova aveva indicato in un comunicato come destinatario di un contributo elettorale di 20mila euro: «Il contributo regolarmente elargito nel 2006 dal Consorzio Venezia Nuova a sostegno della mia campagna elettorale, quale candidato alle elezioni per il Senato della Repubblica, è stato interamente restituito non appena ricevuto a cura del mio mandatario – dichiara Matteoli – Quanto affermo è facilmente verificabile ed è stato riportato nelle dichiarazioni che i candidati devono depositare, a norma di legge, presso le Corti di Appello competenti (nella fattispecie quella di Firenze) e il Parlamento». Il Consorzio Venezia Nuova si è rammaricato dell’accaduto «e se ne scusa vivamente con il senatore Matteoli».
Per un errore nell’edizione del 25 luglio, a proposito dell’indagine della Guardia di Finanza sui lavori del Consorzio Venezia Nuova, è stato pubblicato tra gli indagati in un richiamo il nome di Ferruccio Falconi, noto esponente culturale dell’isola, che non c’entra nulla con la vicenda, anzichè Nicola Falconi, presidente dell’Ente gondola.
Ce ne scusiamo con gli interessati.
CORRUZIONE – Indagato Falconi (Ente gondola)
Il presidente dell’Ente gondola, Nicola Falconi, risulta indagato per corruzione in relazione a un episodio legato alla sua attività imprenditoriale nel campo dei lavori subaquei. Il nome di Falconi (che con l’appalto “pilotato” del Porto non c’entra) è emerso nel corso di alcune intercettazioni telefoniche effettuate tra il 2010 e il 2011 dalla Guardia di Finanza che, in quel periodo, stava ascoltando i colloqui del consigliere del Consorzio Pio Savioli. Gran parte del capitolo in cui si parla di Falconi è coperto da omissis, segno che gli inquirenti stanno ancora lavorando: di conseguenza non è possibile sapere in relazione a quale appalto Falconi sia finito sotto inchiesta. La sua iscrizione sul registro degli indagati risale a più di due anni fa e da allora non ha avuto alcuna notizia sullo stato delle indagini.
Falconi ha dichiarato di avere rispetto per il lavoro della Finanza e ha spiegato di non ricordare il colloquio intercettato, ipotizzando che si trattasse di una generica lamentela.
VENEZIA – Aperti due fascicoli per verificare eventuali sprechi nella realizzazione del Mose e di altre opere
Scende in campo la Corte dei conti
VENEZIA – (gla) Anche la Procura regionale della Corte dei conti sta indagando sui lavori della Salvaguardia della laguna di Venezia.
I fascicoli aperti attualmente sono due: il procuratore Carmine Scarano li ha assegnati ai viceprocuratori Giancarlo Di Maio e Alberto Mingarelli i quali stanno raccogliendo materiale per verificare la sussistenza di un eventuale danno erariale e, in caso affermativo, per individuare i responsabili a cui chiedere di risarcire lo Stato di tasca propria.
Le due inchieste sono nelle fasi preliminari e, con molte probabilità, sono destinate a procedere di pari passo con le indagini penali in quanto in quella sede la magistratura ha maggiori strumenti a disposizione, in particolare per quanto riguarda la raccolta di testimonianze o deposizioni.
Uno dei due fascicoli riguarda alcuni interventi del Mose, il secondo specifici appalti per opere alla bocca di porto di Chioggia. Dalla Procura della Corte dei conti nessun commento o dichiarazione in relazione ai due delicati fascicoli.
Nei procedimenti per responsabilità erariale, la Corte dei conti prende in esame i comportamenti di pubblici dipendenti o di privati che utilizzano fondi pubblici. Sono perseguibili, ad esempio, comportamenti penalmente rilevanti come appropriazioni indebite, truffe o atti di corruzione: i pubblici ufficiali possono essere chiamati a restituire le somme distratte, ma anche a risarcire il danno provocato all’immagine della pubblica amministrazione. E possono essere contestati anche comportamenti dovuti a colpa grave, ovvero danni erariali provocati da mancati controlli o errori macroscopici commessi da pubblici dipendenti.
Preliminarmente la Procura ha il compito di accertare la sussistenza di un danno erariale: spese eccessive rispetto ai prezzi di mercato o costi supplementari sopportati dall’ente pubblico a causa di lavori mal fatti, ad esempio. Oppure “tangenti” che possono aver fatto lievitare i costi di un’opera.
Mose, mazzetta da 50mila euro al tesoriere del Pd
Il consigliere Savioli intercettato e fotografato dalla Finanza mentre consegna il denaro a Marchese, esponente dei democratici. Mazzacurati ammette: pratiche poco ortodosse per aiutare piccole imprese
L’EPISODIO – Pagamento in occasione della campagna elettorale del 2012
«Savioli ha dato 50 mila euro al “tesoriere” del Pd»
I RISCONTRI – Foto, intercettazioni e documenti contro il membro del Consorzio
Una “mazzetta” da 50mila euro. A consegnarla in contanti in occasione della campagna elettorale del 2010, il “solito” Pio Savioli, sorta di uomo-bancomat dei fondi neri. Ci sono le prove: documenti e intercettazioni. Tutto nel maxi-fascicolo, disseminato da parecchi omissis, dell’inchiesta lagunare, che ha travolto il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per la realizzazione del Mose. È uno degli episodi che chiamano in causa Giampietro Marchese, esponente di spicco del Pd veneto, consigliere regionale ripescato di recente a Palazzo Ferro Fini primo fra i non eletti, presidente di Ames, la società che raggruppa le farmacie comunali di Venezia, ed ex segretario organizzativo del partito, nonché responsabile della Fondazione Rinascita, proprietaria di tutte le sedi del vecchio Pci-Pds-Ds-Pd per un patrimonio calcolato in quasi tre milioni di euro.
E non sarebbero gli unici soldi che Marchese avrebbe incassato nell’ambito dei finanziamenti illeciti di cui è costellata la dettagliata informativa firmata dal colonnello Renzo Nisi, comandante del Nucleo di Polizia tributaria delle Fiamme gialle di Venezia.
I quattrini da dispensare, a destra e a manca, arrivano dalle consorziate del Cvn, anche quelli per Marchese. E una delle più attive sul fronte risulta essere la Cooperativa San Martino di Chioggia, vera e propria banca parallela per Savioli e compagni al quale vengono consegnati almeno 600mila euro nel solo biennio 2005-2006: e guarda caso è dalla verifica fiscale alla San Martino che scoppia lo scandalo Cvn. Il nome di Marchese spunta anche nella trascrizione di quanto registrato dalla microspia installata dai finanzieri nell’ufficio di presidenza del Coveco uno dei soci pesanti di Cvn. È l’8 giugno del 2011 e il dialogo riportato è fra Franco Morbiolo, capo del Coveco, e Marchese. Il tema affrontato è l’appalto “pilotato”, quello che di fatto ha portato all’arresto con l’accusa di turbativa d’asta, fra gli altri del “monarca assoluto” del Cvn, Giovanni Mazzacurati, e anche di Savioli, componente del cda di Cvn e collaboratore di Coveco. Una gara indetta in tre stralci dall’Autorità portuale di Venezia per lo scavo di canali di navigazione con importo totale 12 milioni e mezzo di euro. Una gara che, su disposizione di Mazzacurati, deve essere vinta dalle piccole imprese con un ribasso molto al di sotto del 50-54% mediamente applicato, e da cui le grandi imprese impegnate nel Mose devono astenersi, compresa la Mantovani di Piergiorgio Baita, finito in carcere lo scorso 28 febbraio per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.
Ma Morbiolo ha disubbidito agli ordini, partecipando al secondo stralcio e scatenando le ire di Mazzacurati che è “arrabbiatissimo” e minaccia ritorsioni. Di questo parlano i due, l’imprenditore e e il politico. Con Marchese, quindi a conoscenza della combine, che concorda sul fatto che “Mazzacurati pensa di essere onnipotente e pensa di fare tutto”. Mazzacurati che ieri per due ore è stato a colloquio con il sostituto procuratore Paola Tonini, titolare dell’inchiesta, e che a quanto pare avrebbe deciso di collaborare, lui che viene definito dalla stessa pm “il grande burattinaio”. E non solo del Cvn che gestisce un’opera faraonica dal costo finale stimato in sei miliardi e mezzo di euro, bensì dello scenario politico ed economico della regione.
Fra i suoi fedelissimi Savioli, impegnato a ritirare e recapitare i soldi per creare il consenso generalizzato necessario a non disturbare il manovratore: nella foto della Finanza del maggio 2011 che pubblichiamo in prima pagina, sta scendendo dall’Audi A5 di Stefano Tomarelli (altro consigliere Cvn) e tiene stretta la borsa nera da cui non si separa mai.
Monica Andolfatto
INCHIESTA CVN . GLI SVILUPPI
Tra gli indagati spunta il nome di Ferruccio Falconi, imprenditore lidense e presidente dell’Ente gondola. L’accusa è di corruzione: molti gli omissis nelle intercettazioni con Savioli, in attesa di approfondimenti. Ombre su Thetis che avrebbe trattenuto il 5 %.
Inchiesta Cvn, indagato Falconi
L’imprenditore è anche presidente dell’Ente gondola. Nuove ombre su Thetis
Il presidente dell’Ente gondola accusato di corruzione nell’ambito della sua attività di imprenditore «Il colloquio con Savioli? Forse una lamentela, per le piccole aziende è difficile sbarcare il lunario»
Quelle strane telefonate . Indagato anche Falconi
Il presidente dell’Ente gondola, Nicola Falconi, risulta indagato per corruzione in relazione ad un episodio legato alla sua attività imprenditoriale nel campo dei lavori subaquei. La notizia emerge dagli atti dell’inchiesta sul presunto appalto pilotato per lavori al Porto di Venezia che, un paio di settimane fa, hanno portato all’emissione di 14 misure cautelari, di cui 7 agli arresti domiciliari per turbativa d’asta, tra cui spicca quella emessa a carico dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova.
Il nome di Falconi (che con l’appalto “pilotato” del Porto non c’entra) è emerso nel corso di alcune intercettazioni telefoniche effettuate tra il 2010 e il 2011 dalla Guardia di Finanza che, in quel periodo, stava ascoltando i colloqui del consigliere del Consorzio Pio Savioli. Nell’informativa conclusiva, gran parte del capitolo in cui si parla di Falconi è coperto da omissis, segno che le Fiamme Gialle stanno ancora lavorando su questo filone. Di conseguenza non è possibile sapere in relazione a quale appalto Falconi sia finito sotto inchiesta per corruzione, né a quali somme di denaro illecite si riferiscano le ipotesi della Finanza. La sua iscrizione sul registro degli indagati risale a più di due anni fa e da allora non ha avuto alcuna notizia sullo stato dell’inchiesta.
Di sicuro le Fiamme gialle si sono insospettite di fronte ad alcuni passaggi dei colloqui telefonici nei quali Falconi «evidenzia come i lavori effettuati da alcune consorziate al Consorzio Venezia Nuova, siano risultati notevolmente superiori agli importi di riferimento in possesso al Magistrato alle acque».
Falconi, dirigente della Sitmar Sub, discute a lungo con Savioli nel dicembre del 2010, prima dell’apertura delle buste per una gara che sarebbe stata poi vinta dalla sua società. «Ci siamo.. giustamente fatto volentieri umiliati come se fossimo una ditta calabrese che veniva a cercare lavoro… – spiega Falconi – Sono dovuto andare lì me li sono dovuti subire e chiedere e questo.. voglio questo… voglio quell’altro cioè nel senso sono uscito pulito come sai un pollo spennato…»
A cosa fa riferimento l’imprenditore? Più chiaro l’accenno ai prezzi: «Io lavoro a 0,31… sai a quanto lavorano loro?… le imprese extra Consorzio eh? A un euro e cinquanta il metro quadro!»
Savioli non pare sorpreso: «Capito, ma che novità. Lo so io… sennò non sarebbero scheletri, Nicola… Nelle pieghe del Consorzio si imparano sempre cose nuove… Tu hai fatto il liceo classico o sbaglio? ecco allora dovresti ricordarti la fine dell’impero Romano… le solite robe tutte le pieghe la gente di infila…»
La Guardia di Finanza conclude: «qualora i fatti fossero effettivamente accertati ne conseguirebbero responsabilità penalmente rilevanti attesa la natura “pubblica” dei fondi utilizzati per effettuare tali lavori».
«Quello che so, l’ho letto sui giornali – risponde Falconi, dichiarando di voler leggere direttamente il fascicolo che lo riguarda prima di commentare – Ho il massimo rispetto per l’inchiesta della Finanza, che tra questa miriade di persone dovrà ricostruire il peso e le responsabilità di ciascuno. Ma faccio fatica a ricostruire quel colloquio, a distanza di tre anni. Di telefonate se ne fanno tante per ottenere un lavoro, tanti sono gli incontri, le cene, soprattutto per le aziende piccole che devono sbarcare il lunario ogni giorno».
Secondo Falconi quella conversazione con Savioli si potrebbe inquadrare in una generica lamentela. «Del resto noi con il Consorzio avevamo dei rapporti abbastanza limitati, trasmettevamo via fax le nostre richieste. Ovvio che in un sistema di intercettazioni a così ampio raggio oltre alle conversazioni private sono state registrate tutte quelle telefonate che facevano “rizzare le antenne” per l’argomento di cui si trattava. Ma va tutto contestualizzato».
«Tutto regolare finché ci sono stato io»
Antonio Paruzzolo difende gli anni della sua gestione in Thetis: «Assunzioni solo in base alle competenze»
«Sono indignato e incazzato come una bestia per come si stia buttando al macero una storia di successi lunga 20 anni».
L’ex assessore alle Attività produttive del Comune, Antonio Paruzzolo, è un fiume in piena. Non sopporta il fatto che la Thetis che lui ha gestito da amministratore delegato fino al marzo 2010 possa essere stata considerata un “baraccone” o un luogo dove assumere amici e parenti degli amici. O, peggio, come si legge nella pagina accanto, un luogo dove venivano chieste “percentuali” per poter lavorare.
«Lo ripeterò all’infinito – spiega – fino a quando ci sono stato io neanche una lira è stata chiesta a chicchessia. Anzi, al solo pensiero che qualche personaggio avesse potuto usare il nome di Thetis per chiedere qualcosa avrei fatto la rivoluzione. Io sono fatto così, in azienda controllavo perfino la qualità del caffè che veniva servito nelle riunioni. Perciò posso dire che per tutto il periodo in cui ci sono stato io non è mai successo nulla di ciò che si legge. Se solo mi fosse stata presentata lontanamente un’idea del genere, mi sarei dimesso nel giro di due minuti. Sul dopo, non sono in grado di dire nulla».
Ciò che è stato pubblicato su Thetis deriva dalle intercettazioni, in particolare quelle di Pio Savioli.
«Io mi ricordo un Savioli prodigo di complimenti per l’azienda e per il sottoscritto. Era in cda ma non ho mai capito cosa ci stesse a fare. In 13 anni non ha avuto mai nulla da ridire».
Fino a quando è rimasto a Thetis?
«Nominato assessore nel marzo 2010 smisi di occuparmi di tutti i progetti relativi alla salvaguardia, tenendomi solo quelli extra consorzio e comunque lontani da Venezia. Poi, ho preso atto che le cose erano cambiate in maniera molto rapida nella società e ho mollato tutto nel gennaio 2011».
Thetis è “accusata” di essere stata il collocamento per molti “amici”.
«Le assunzioni, fino a quando ci sono stato io, sono state fatte solo dopo sulla base dei curricula e delle competenze e dopo un rigoroso colloquio che mostrasse come quella persona fosse la più adatta a ricoprire quel posto. E basta».
Intanto, in relazione all’articolo apparso ieri sul Gazzettino contenente la frase attribuita a Pio Savioli «Thetis è un baraccone spaventoso», le Segreterie Territoriali Filctem e Femca e le Rsu di Thetis, hanno emesso una nota nella quale «pur non entrando nel merito delle indagini in corso, ritengono inaccettabile e offensiva tale affermazione nei riguardi di tutti i dipendenti che ogni giorno si dedicano con professionalità al proprio lavoro. Auspichiamo che al più presto la magistratura faccia chiarezza, considerando la già pesante situazione di crisi economica del territorio e più in generale del Paese».
LA RELAZIONE GDF- Il suo nome è emerso da alcune intercettazioni svolte tra 2010 e 2011
SOSPETTI – Alcuni lavori effettuati da ditte del Cvn sono molto superiori agli importi di riferimento
Tra i concussi anche il veneziano Tramontin, titolare della Geosigma
A Savioli una busta con una tangente consegnata da Castelli di Te.ma
LA FRASE «Io lavoro a 0,31 euro al mq, loro a 1,5 euro!». Ma gran parte dei colloqui sono coperti da omissis
LE INTERCETTAZIONI – Nuove ombre su Thetis
«Mi chiedevano il 5%»
Seguendo le mosse di Pio Savioli, immortalato in almeno tre occasioni mentre incassa mazzette, la Gdf “ascolta” le proteste di un imprenditore
(gla) «È il grande protagonista dell’attività investigativa». Così i finanzieri del Nucleo di polizia Tributaria di Venezia descrivono Pio Savioli, il 69enne di Villorba, in provincia di Treviso, consigliere del Consorzio Venezia Nuova (nonché amministratore di Clodia e consulente del consorzio Coveco), finito agli arresti domiciliari in relazione ad un presunto appalto “pilotato” per lavori portuali a Venezia. La turbativa d’asta che gli viene contestata dal gip Alberto Scaramuzza appare ben poca cosa rispetto alle pesanti accuse che vengono formulate nei suoi confronti dai finanzieri, secondo i quali Savioli «risulta beneficiario di ingenti somme corrisposte a titolo di “tangenti” a partire dall’anno del 2005».
Il nome di Savioli è emerso per la prima volta nel corso di una verifica fiscale che portò alla scoperta della contabilità in “nero” della cooperativa San Martino di Chioggia, impegnata in alcune opere di salvaguardia della laguna. Dalla documentazione acquisita dalle Fiamme gialle risultò che Savioli avrebbe ricevuto ingenti somme di denaro, quantificate in 600mila euro tra il 2005 e il 2006. Ma non solo: tra il 2010 e il 2011 le Fiamme Gialle hanno documentato con appostamenti, fotografie e video «alcuni incontri finalizzati allo scambio di denaro (rappresentante il “compenso”) tra le imprese esecutrici di alcuni lavori, San Martino sc e Clea Sc e gli amministratori del Consorzio Venezia Nuova».
Savioli, infine, viene indicato come il «promotore ed esecutore dell’illecito finanziamento ad esponenti politici effettuati dal CVN mediante un “giro” di fatture per operazioni inesistenti».
Al nome del manager trevigiano Savioli viene affiancato quello di Stefano Tomarelli, amministratore del CVN, della società romana Condotte e del consorzio Clodia: anche quest’ultimo, secondo la Finanza, sarebbe stato beneficiario di somme di denaro contante di provenienza illecita.
COOP SAN MARTINO – I 600mila euro incassati da Savioli sarebbero delle vere e proprie “tangenti” finalizzate ad agevolare la cooperativa di Chioggia nelle assegnazioni dei lavori di Salvaguardia della laguna. In particolare i lavori da effettuarsi alla bocca di porto di Chioggia, assegnati dal CVN alla società consortile Clodia, (composta da Condotte spa, San Martino e Coveco). Concussi sarebbero Mario e Stefano Boscolo Bacheto e Antonio Boscolo Cucco. La Finanza scrive che non è certo se Savioli sia l’effettivo beneficiario delle somme o se le abbia poi consegnate ad altri.
SOCIETÀ TE.MA – Vittima della seconda presunta concussione è Gian Franco Castelli della Te.ma snc. Fotografie scattate dai finanzieri documentano, nel dicembre del 2010, la consegna a Savioli di una busta, avvenuta all’interno di un’auto, nel piazzale del motel che si trova alla rotatoria di Marghera.
Dalle intercettazioni emerge che, in precedenza, a Castelli sarebbero state chieste somme indebite anche da Thetis: una percentuale in relazione ai lavori svolti. «Ce ne sono 140 che ci han trattenuto… rispetto a quello che prendevamo prima, il 5 per cento la Thetis», spiega Castelli al telefono. E sempre riferendosi alla Thetis: «ci hanno massacrato ultimamente…». Savioli conferma: «Lo so, massacra tutti Thetis, non è una novità…» Per la Finanza è la conferma che Thetis, sui lavori assegnati dal CVN alle imprese, trattiene una percentuale del 5 per cento».
GEOSIGMA – Vittima della terza presunta concussione è Diego Tramontin, veneziano, titolare della Geosigma di Pordenone, il quale sarebbe stato costretto a versare 1500 euro giustificati da una fattura emessa dal Coveco per operazioni che la Finanza definisce inesistenti. Il versamento sarebbe avvenuto sempre nel dicembre del 2010, vicino al casello autostradale di Conegliano. I due si incontrarono in un bar di San Vendemiano, come documentano intercettazioni e fotografie. All’uscita, a fianco della vettura di savioli, Tramontin «ha aperto la borsa che aveva con sè, si è accostato in maniera circospetta al Savioli e facendo scudo con il corpo ha prelevato qualcosa all’interno della borsa e lo ha consegnato rapidamente al Savioli». Su questi episodi non è stata disposta alcuna misura cautelare: le indagini sono ancora in corso e potrebbero condurre a breve a ulteriori novità.
Gianluca Amadori e Raffaella Vittadello
Gazzettino – Venezia. Inchiesta Mose. Consorzio, un’impresa di famiglia
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
25
lug
2013
INCHIESTA MOSE. LA NUOVA BUFERA
INCHIESTA MOSE – Assunti a Thetis anche le figlie di ex dirigenti di punta del Magistrato alle acque
Nelle società collegate al Cvn molti congiunti di Mazzacurati, ma anche parenti di manager e di chi doveva controllare
Emergono nuovi intrecci tra gli ex vertici del Magistrato alle Acque e il Consorzio Venezia Nuova, passando attraverso Thetis, partecipata del Consorzio, definita in un’intercettazione “un baraccone spaventoso”. E dal rapporto della Gdf spunta un elenco di persone beneficiate dal Consorzio o assunte in aziende legate al Cvn e legate da vincoli di parentela all’ex presidente Mazzacurati, a manager e professionisti del Consorzio stesso. Del resto la Gdf parla, a proposito del Cvn, “di gestione quasi di famiglia dell’impresa da parte di Mazzacurati”
IL COMUNE «Reverenti? Noi ci siamo sempre opposti»
Ieri prima riunione della Commissione comunale d’indagine su Mantovani e del Consorzio Venezia Nuova. Le reazioni all’accusa di reverenza
Le rivelazioni della segretaria della S.Martino
Da una normale verifica fiscale alla Cooperativa San Martino di Chioggia nel 2010 la chiave di volta dell’inchiesta della Finanza
LA FRASE – E Savioli disse: «Thetis è un baraccone spaventoso»
A LIBRO PAGA – Anche la figlia dell’ex capo dell’ufficio tecnico del Magistrato
Una parentopoli targata Consorzio Venezia Nuova
La relazione della Guardia di Finanza evidenzia una incredibile rete di legami familiari
La figlia dell’allora Magistrato alle acque assunta a Thetis, società controllata da Cvn
L’ANOMALIA – Chi doveva controllare il Mose finiva per essere debitore di molti favori a Mazzacurati
La Guardia di Finanza ha rilevato un’opacità di rapporti tra Magistrato alle Acque – che aveva una funzione di controllo – e il Consorzio Venezia Nuova concessionario unico per la realizzazione del Mose. Con un atteggiamento di sottomissione da parte dell’organo decentrato del Ministero dei Lavori pubblici rispetto alla cordata di imprenditori privati. Nel rapporto delle Fiamme Gialle si dice che «grazie alle ingenti somme a disposizione riconosciute dallo Stato a titolo di “oneri accessori” il Consorzio Venezia Nuova elargiva ingenti compensi in denaro o in altra natura a propri dirigenti e collaboratori nonchè a parenti e affini di questi ultimi, secondo una gestione quasi “familiare” dell’impresa ad opera di Mazzacurati». Dubbi anche sull’utilità di alcune consulenze. E qui viene citata la frase proferita da Pio Savioli in una conversazione con l’allora amministratore delegato di Thetis Antonio Paruzzolo: «una consulenza non si nega a nessuno». In effetti per il 2008 si evidenziano i saldi delle “consulenze tecniche” per circa un milione e mezzo di euro, oltre ad “altre consulenze e prestazioni professionali” che superano i 6 milioni e 600 mila euro.
L’attenzione delle Fiamme Gialle si accentra anche su Thetis, definita da Savioli in un’intercettazione “un baraccone spaventoso”. Thetis è società di ingegneria con oltre un centinaio di dipendenti presieduta da Giovanni Mazzacurati fino al 28 giugno scorso, sviluppatrice di progetti e applicazioni tecnologiche per l’ambiente e il territorio, nata a capitale pubblico come partecipata del Comune e della Regione. Nel tempo è diventata per la maggioranza delle azioni controllata dal Consorzio Venezia Nuova.
«Senza entrare nel merito delle attività eseguite – scrive la GdF – suscitano non poche perplessità i vincoli familiari che legano soggetti tutti collegati direttamente o indirettamente al Consorzio Venezia Nuova». E segue un elenco di persone, tra cui Daniele Rinaldo, marito dell’attuale amministratore delegato di Thetis Maria Teresa Brotto, ingegnere idraulico al cui studio si appoggia il Consorzio Venezia Nuova.
Viene citata anche Flavia Cuccioletta, laureata in ingegneria e assunta prima al Consorzio Venezia Nuova e poi a Thetis, dove è assistente alla direzione. È la figlia di Patrizio Cuccioletta, presidente del Magistrato alle Acque nel 2011, data a cui si riferisce l’informativa della Finanza.
Ci sono poi altri nomi che figurano nella lista, tutti legati da parentele più o meno strette tra dipendenti a diversi livelli all’interno del Consorzio Venezia Nuova e alle ditte collegate. E altri che non compaiono. Ma la trasmissione Report “I mercanti di Venezia” aveva fatto l’esempio di Eleonora Mayerle, figlia dell’ex capo dell’Ufficio tecnico del Magistrato alle Acque, assunta a Spazio Thetis dove fa l’assistente per la realizzazione di eventi culturali e mostre legate all’arte contemporanea.
Raffaella Vittadello
L’INTERROGATORIO DELLA DONNA CHIAVE
Da Chioggia all’Austria gli “ordini” sulle false fatture
Nicla Boscolo Bacheto: «Più volte feci presente le mie perplessità, mi fu detto di non impicciarmi». Un “buco” di 750mila euro interrompe il rapporto
«Le mie perplessità sono state più volte esposte ai responsabili Mario e Stefano Boscolo, i quali mi intimavano di procedere in quanto, a loro dire, era tutto regolare. Anzi in diverse occasioni mi hanno intimato di non impicciarmi in loro affari».
Dalle 14.30 alle 20.45 del 20 maggio del 2010. Tanto è durato l’interrogatorio di Nicla Boscolo “Bacheto”, segretaria della cooperativa amministrata da Mario e Stefano Boscolo “Bacheto”, consorziata Cvn, e finiti entrambi ai domiciliari Con lei nella caserma delle Fiamme Gialle in Corso del Popolo a Mestre c’è l’avvocato di fiducia, Giorgio Zecchin del foro di Padova. Suo malgrado è la chiave di volta dell’inchiesta con cui la Procura lagunare ha “affondato” Cvn e Mose nata da una normale verifica fiscale alla Cooperativa San Martino di Chioggia. E proprio la “chiavetta usb” che le hanno affidato i suoi datori di lavoro a mettere i finanzieri sulla strada dei fondi neri targati Cvn e creati nell’azienda clodiense attraverso due società cartiera, la Istra Impex di Villach e la Corina di Mestre: un giro vorticoso di fatture false con cui si è fatto lievitare anche del 200% il prezzo dei “sassi” per la realizzazione della bocca di porto di Chioggia, costata alla collettività qualcosa come 104 milioni di euro. Domande precise e circostanziate quelle a cui Nicla risponde, scritte in undici pagine di verbale. Sotto la lente di ingrandimento 22 milioni di euro, ovvero l’ammontare dei costi relativi ai rapporti intercorsi fra Istra e San Martino per la forniture di palancole, sassi da annegamento e noleggio della motonave battente bandiera del Belize Sunrise III. Forniture che prima erano in carico alla società croata Kamen Pazin e che dal 2004, anno della sua costituzione, passano alle ditta austriaca.
L’ipotesi di reato formulata nei suoi confronti dell’impiegata in qualità di amministratrice di fatto della Istra è di aver emesso dal 2004 al 2006 fatture relative ad operazioni inesistenti nei confronti della San Martino e di non aver presentato la dichiarazione dei redditi rispetto allo stesso periodo. Il “denaro fantasma” calcolato dalla Finanza toccherebbe gli oltre sei milioni: fra i destinatari finali Pio Savioli e Stefano Tomarelli, entrambi consiglieri di Cvn.
A insospettire gli investigatori il ritrovamento negli uffici della San Martino di moduli in bianco di fatture intestate alla Istra: e Nicla ammette che era lei a redigere le fatture della Istra su precise direttive dei due Boscolo, che fissavano anche il totale da riportare. E conferma che erano sempre loro ad aver fondato la Istra supportati da un altro dipendente della San Martino, Giancarlo Cadamuro. Il che significa che Istra nella realtà delle cose era gestita a Chioggia e la sua figura era di mero «passacarte»: erano i due Boscolo a fare da registi arrivando persino a stipulare un contratto di intermediazione (con Istra) otto mesi dopo la redazione del contratto di fornitura (con Kamen). Ma è solo una delle tante anomalie riscontrate. Come i conti esteri e la strana contabilità della Istra con bonifici San Martino-Istra con l’annotazione “per noi”: 150mila euro il 4/8/2004 e 200mila euro il 16/9/2004. «Le annotazioni ritengo si riferiscano a disponibilità finanziarie che i Boscolo portavano in Italia dall’Austria. Presumo che fossero contanti. I contanti venivano portati a casa di Mario e di Stefano, che avevano idonee cassaforti». È un “buco” di 750mila euro, a quanto si evince, a interrompere la collaborazione fra San Martino e Istra. Ammanco che viene imputato da un tale Massimiliano Mompiani, referente di Istra a Villach, a una impiegata della ditta austriaca. Versione che forse non convince i Boscolo.
GIRO VORTICOSO – Così il prezzo dei “sassi” veniva fatto lievitare anche del 200%
CONSIGLIO COMUNALE – Boraso (lista Impegno): «Il sindaco spieghi tutto oppure si dimetta»
«Riverenza? No, siamo l’unico oppositore»
Respinte le accuse di sudditanza del Comune al Cvn: «Da noi schiena dritta e scontri durissimi»
«Ma quale riverenza! Se c’è un ente che a livello istituzionale ha contrastato lo strapotere del Consorzio Venezia Nuova e il meccanismo della concessione unica, quello è stato il Comune di Venezia, nel silenzio assordante degli altri enti».
Beppe Caccia, consigliere comunale di “In Comune” e rappresentante storico degli oppositori del Consorzio, non ci sta a vedere Ca’ Farsetti passata come “riverente”, sia pure in un’informativa della Guardia di Finanza. Proprio ieri, intanto, si è svolta la prima riunione della Commissione consiliare d’indagine per far luce sul ruolo della Mantovani e del Consorzio Venezia Nuova sulla vita sociale ed economica della città. La prima audizione, da programmare entro l’inizio della pausa estiva dei lavori, vedrà ovviamente il sindaco come primo ospite. «La storia del Comune di Venezia – aggiunge Caccia – è la storia dell’unico livello istituzionale che non solo ha contrastato il progetto del Mose ma anche l’idea di esso come unica idea di salvaguardia di Venezia e della sua laguna. Due episodi su tutti: nel 2006 la decisione di andare avanti come se niente fosse fu presa dal Comitatone con l’unico voto contrario dell’allora sindaco Cacciari – puntualizza -. Il sindaco Orsoni, archiviata la vicenda Mose, è quello che negli ultimi anni ha prodotto il più duro scontro con il Consorzio e il Magistrato alle acque mai fatto in città legato alla proprietà dell’arsenale».
Proprio Cacciari ieri ha ricordato: «La concessione unica è l’humus da cui può nascere qualsiasi comportamento non corretto e la responsabilità è tutta politica. Io lo denuncio dal 1990».
Lo stesso sostiene il capogruppo del Pd, Claudio Borghello: «Che il Consorzio fosse un interlocutore obbligato in città è assodato, ma il Comune ha sempre avuto la schiena dritta e la vicenda Arsenale la dice lunga. È vero invece che abbiamo intrattenuto dei rapporti, tanto che c’è una commissione d’inchiesta, che dubito porterà alla scoperta di qualcosa di illecito».
In Consiglio Comunale, sulla scorta delle affermazioni della Finanza su presunti contributi elettorali al sindaco Orsoni, il consigliere Renato Boraso (lista Impegno) ha chiesto spiegazioni al più presto oppure dimissioni: «Poche righe di comunicato non ci bastano».
Michele Fullin
I FONDI AGLI ENTI RELIGIOSI – Il giallo di 300mila euro alle Clarisse «Non abbiamo mai visto quei soldi»
L’informativa delle Fiamme Gialle parla anche di contributi ad enti e opere religiose “pur nella consapevolezza – annotano gli stessi finanzieri della polizia giudiziaria – del fine benefico delle elargizioni”. In particolare spiccano tra queste elargizioni gli 850mila euro erogati alla Fondazione Marcianum – soprattutto in riferimento agli anni in cui è stato Patriarca Angelo Scola – e i 300mila euro al convento delle Clarisse.
Queste ultime, però, appresa questa notizia dai giornali, hanno puntualizzato di non aver mai visto direttamente quei soldi. Cosa peraltro possibile, dal momento che nell’informativa delle Fiamme Gialle l’informazione è molto stringata e potrebbe essere stata riportata da qualche taccuino o registro senza che questi indicassero tutti i passaggi necessari. Appare improbabile, infatti, che un contributo così importante potesse essere elargito materialmente e direttamente ad un convento dedito esclusivamente alla preghiera e senza strutture amministrative.
LAGUNA E AFFARI – Dibattito al parco San Giuliano con Casson, Bettin e Cacciari
Gli intrighi giudiziari del Consorzio Venezia Nuova finiscono anche al Venice Sherwood Festival. Questa sera alle 20.30 in uno degli spazi occupati dalla kermesse di musica e spettacolo in corso al parco San Giuliano verrà ospitato un dibattito con ospiti illustri e il tema di discussione sarà proprio quello legato a tutto ciò che sta accadendo al concessionario unico per la realizzazione dei lavori del Mose.
«Liberare la laguna di Venezia dalla palude degli affari», questo il titolo scelto per il dibattito che avrà come ospiti illustri l’ex sindaco Massimo Cacciari che non sarà presente fisicamente ma del quale verrà trasmessa una video intervista esclusiva. Poi l’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin, il senatore del Pd Felice Casson e il deputato di Sel Giulio Marcon. A moderare il dibattito il consigliere comunale di «In Comune» Beppe Caccia. Attesa la partecipazione di molti esponenti dei vari comitati ambientalisti veneziani. «Come riformare la Legislazione speciale per Venezia con l’obbiettivo di superare il regime delle «concessioni uniche» e restituire dignità e democrazia, sovranità e risorse alla comunità locale?» Questa una delle domande a cui cercheranno di dare risposta gli ospiti del dibattito. (r.ros.)
Gazzettino – Venezia. “Mose, nessun controllo sul Consorzio”
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24
lug
2013
IL RITRATTO – Nelle 740 pagine di relazione, Giovanni Mazzacurati viene descritto da amici e imprenditori come «monarca assoluto» della laguna. Il pm lo definisce il «grande burattinaio».
LA REPLICA – Il sindaco Giorgio Orsoni risponde che «non esiste alcun illecito finanziamento», e che si tratta di «notizie denigratorie e prive di qualunque supporto».
IL DOSSIER – Il rapporto della Guardia di Finanza parla di «scarsi controlli sul Consorzio Venezia Nuova»: del tutto assenti le verifiche interne, perchè non era previsto il collegio dei sindaci.
I RAPPORTI – La Gdf definisce «opachi» i rapporti tra Cvn e Magistrato alle Acque. Quanto al Comune di Venezia sarebbe «riverente» verso il Cvn per le elargizioni ricevute.
La relazione della Finanza parla di rapporti poco chiari con Ministero, Magistrato alle Acque e Comune
GLI APPALTI a Venezia
LE INTERCETTAZIONI – Alcuni imprenditori: «Il ” vecchio” pensa d’essere onnipotente»
ATTO D’ACCUSA – Il Pm indica il ruolo di Grande Burattinaio dell’ingegnere del Cvn
Un imprenditore: «Per le prossime cinque generazioni Savioli è sistemato»
Le “strane” richieste del dirigente del Ministero. Tra i collaudatori anche Balducci e Fortunato
«Spartizione per garantire un monopolio di imprese»
L’INCHIESTA – Mazzacurati definito “monarca assoluto”. La replica di Orsoni: mai finanziamenti illeciti, altri si preoccupino
Re, Monarca assoluto, Imperatore, Doge. Così viene definito da collaboratori, amici, imprenditori Giovanni Mazzacurati, il presidente del Consorzio Venezia Nuova, dimessosi dall’incarico, per motivi di salute, all’età di 82 anni pochi giorni prima dell’esecuzione della misura cautelare con la quale il gip Alberto Scaramuzza gli ha imposto gli arresti domiciliari in relazione ad un presunto appalto “pilotato” per lavori portuali. Al telefono, intercettati tra il 2010 e il 2011 dalle microspie della Finanza, tutti riconoscono il suo ruolo di Comandante Supremo. Chi con deferenza, come il consigliere del Consorzio, il trevigiano Pio Savioli: «Tu comandi, sai che io obbedisco». Chi polemico: «Il vecchio pensa di essere onnipotente… il peggio è che gli altri sotto di lui credono di essere coperti da lui per cui possono fare tutto… è come se uno è Gesù Cristo tanto c’è Dio sopra di me che mi protegge…», sbotta Franco Morbiolo, il responsabile del Coveco che decise di sfidare Mazzacurati violando gli accordi e presentando un’offerta per l’appalto “riservato” ad alcune piccole imprese.
BURATTINAIO – Per il pm Paola Tonini, l’ex presidente del Venezia Nuova, è più semplicemente il «grande burattinaio». Così lo definisce nella richiesta con la quale, lo scorso 17 giugno, ha sollecitato la misura cautelare per turbativa d’asta e per le false fatture milionarie emesse ed utilizzate dalla cooperativa San Martino di Chioggia. La Procura voleva il carcere per i principali indagati: per Savioli e per l’altro trevigiano, Federico Sutto, uomo di fiducia di Mazzacurati; per gli imprenditori chioggiotti Roberto Boscolo Anzoletti, Mario e Stefano Boscolo Bacheto (tutti ai domiciliari) nonché per l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, per il quale il gip ha rigettato la richiesta facendo riferimento alla collaborazione avviata dall’ingegnere nell’inchiesta parallela del pm Stefano Ancilotto. Per Mazzacurati lo stesso pm Tonini ha sollecitato i domiciliari, ma solo in considerazione dell’età avanzata.
POTERE UNIVERSALE – Sul suo ruolo e responsabilità il rappresentante dell’accusa ha pochi dubbi: l’allora presidente del Consorzio avrebbe “pilotato” l’appalto per accontentare alcune piccole imprese escluse dai lavori e Savioli avrebbe «ottemperato agli ordini senza sindacarne la natura lecita o illecita», nell’ambito di una consolidato rapporto di sinergia che Morbiolo così riassume discutendo con un altro imprenditore: «È nato da quando c’è Tangentopoli perché Savioli si è coperto il c… così si spiega tutto…»
«Gravissima è la condotta posta in essere da Mazzacurati», scrive il pm Tonini evidenziando come oltre a «gestire un potere “universale” all’interno di uno “Stato” (il Consorzio Venezia Nuova, ndr) organizzato in gruppi clientelari secondo la “norma” del “profitto personale” e della sopraffazione dei gruppi economici minori… si ritiene legittimato, probabilmente anche a seguito di contaminazioni corruttive all’interno dell’organo amministrativo, a predeterminare la spartizione anche delle gare bandite dall’autorità portuale allo scopo di garantire il monopolio di alcune imprese sul territorio veneto, di “tacitare” i gruppi economici minori con il “danaro pubblico” proveniente da altre pubbliche amministrazioni e quindi di conservare a favore della Imprese “maggiori” il fiume di danaro pubblico destinato al Consorzio Venezia Nuova».
RITORSIONE – Il potere esercitato da Mazzacurati sarebbe confermato anche da un’eloquente intercettazione: a seguito delle critiche mosse sulla stampa al Consorzio da parte dell’assessore provinciale Massimo Malaspina (il quale denunciò l’esistenza di un monopolio a scapito delle piccole imprese, in particolare di alcune aziende di Chioggia, estromesse dai lavori), Mazzacurati, parlando con l’addetta stampa Flavia Faccioli dispone: «Bisogna fare in modo che quelli che si sono associati con lui non pigliono neanche un lavoro neanche morti… che non sembri che noi…proprio una ritorsione… una mancanza di considerazione…»
ASSETATO DI DENARO – Il pm Tonini è particolarmente dura anche nei confronti di Savioli: «È assetato di denaro e per circostanze e modalità in corso di accertamento, ne chiede a numerosi imprenditori…». Sete di denaro che sarebbe risaputa nell’ambiente, come emerge da una frase pronunciata da un altro imprenditore che sul consigliere del Consorzio dice al suo interlocutore: «le prossime 5 generazioni, ha la famiglia sistemata…».
Per finire Sutto, di cui oggi è previsto l’interrogatorio davanti al pm Tonini: «Esegue incondizionatamente gli ordini di Mazzacurati, senza discuterli…» scrive il magistrato.
IL RAPPORTO DELLA FINANZA «Scarsi controlli sul Consorzio». E a Venezia «Comune riverente»
Assenti le verifiche interne. «Opaco» il rapporto con il Magistrato alle Acque. E Ca’ Farsetti “condizionata” dalle «diverse elargizioni concesse dal Cvn»
VENEZIA – (gla) Le indagini hanno evidenziato una «forte carenza di controlli» sull’operato del Consorzio Venezia Nuova. Lo scrivono i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Venezia nelle 740 pagine di cui è composta la relazione conclusiva dell’inchiesta scaturita, due settimane fa, con l’arresto di Giovanni Mazzacurati e altre persone per turbativa d’asta.
CONTROLLO INTERNO – La Finanza rileva che è la stessa forma giuridica del CVN che non prevede «il controllo interno assunto dalla generalità delle società di capitali, qual è il collegio dei sindaci». Ma non solo: il Consiglio direttivo del Consorzio, secondo le Fiamme Gialle, è poco propenso a controllare determinati aspetti, affidati alla discrezionalità del presidente. «È proprio la figura del Mazzacurati che predomina incontrastata sul CVN», si legge nella relazione che fa riferimento alla circostanza che l’allora presidente si sarebbe fatto «rimborsare dall’Ente rimborsi spese non spettanti (alcuni addirittura per personali contributi previdenziali ed assistenziali) nonché bonus per diversi milioni di euro».
MAGISTRATO ALLE ACQUE – Il rapporto «appare più opaco ancora», scrivono i finanzieri. «L’Ente ministeriale appare da un lato approfittare della potenza economica del Consorzio che dovrebbe controllare, dall’altro appare ad esso succube».
Eloquente di questi rapporti di sottomissione è una lettera, citata dalle Fiamme Gialle, che fu inviata a Mazzacurati nel 2005 da un dirigente del Ministero dei trasporti, Amedeo Liverani, nominato collaudatore di alcuni stralci del Mose (i collaudatori sono scelti dal Magistrato alle acque, ma pagati dal Consorzio). Nella missiva il collaudatore, che dovrebbe controllare la buona esecuzione e il funzionamento dell’opera, ringrazia il presidente del Venezia Nuova «per il Suo autorevole interessamento e per la discrezione con cui ha accompagnato ogni suo passo istituzionale» e lo assicura che lo «terrà informato di ogni novità significativa che dovesse emergere», augurandosi che «i nostri sforzi congiunti siano premiati e che, alla fine di un percorso tanto accidentato, si possano raccogliere i migliori frutti. La lettera del dirigente pubblico, dal tono quasi sottomesso, si conclude con una richiesta di interessamento di Mazzacurati alla sua personale posizione: «Mi consenta, infine, di ricordarLe, con l’occasione, la mia necessità di un buon collaudo (in neretto nella missiva, ndr) con Enti pubblici (Anas, Regione, Ferrovie, Società Concessionarie ecc.) dal momento che questo filone tende ad inaridirsi».
Tra i collaudatori del Mose figurano personaggi di rilevanza nazionale: Lorenzo Quinzi e Vincenzo Fortunato, oggi rispettivamente capo ed ex di gabinetto del Ministero dell’Economia, nonché l’ex presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Angelo Balducci, coinvolto in altre inchieste.
IL COMUNE – Un breve passaggio la relazione della Finanza lo dedica anche a Ca’ Farsetti, definito «Ente riverente con il CNV in quanto beneficiario di diverse elargizioni concesse dal CNV, prima fra tutte il finanziamento al suo attuale amministratore, Orsoni Giorgio». Nel capitolo sulla carenza di controlli viene citata, infine, «la Regione Veneto, nonché il portavoce dell’ex Governatore, Miracco Franco» che, secondo gli investigatori, avrebbe ricevuto contributi dal Consorzio (di cui è stato capo ufficio stampa fino al 2001).
Non risulta che, in relazione alle circostanze evidenziate nel filone dei mancati controlli, siano state formulate imputazioni.
Cvn: contributi elettorali? In tutto 58mila euro. Ecco chi li ha presi
(m.f.) Nessun contributo elettorale nel 2010 è stato elargito dal Consorzio Venezia Nuova. È proprio il concessionario unico dei lavori per la salvaguardia della laguna a puntualizzare la questione, fornendo anche l’elenco dei finanziamenti regolarmente effettuati tra il 2000 e il 2013. In realtà, però, l’elenco si ferma al 2008, ultima data in cui il Consorzio in quanto tale ha deliberato un’uscita da fondi nel proprio bilancio per sostenere una campagna elettorale.
«Da verifiche interne – fanno sapere dalla direzione del Consorzio – sono stati versati secondo la normativa vigente in materia contributi per complessivi 58mila 98euro e 74 centesimi».
Ecco i beneficiari: 14 novembre 2000, Comitato elettorale Democratici di sinistra (3mila 98 euro, 74), 10 dicembre 2004, Comitato elettorale Forza Italia (10mila euro); 16 marzo 2006, Comitato elettorale Altero Matteoli (20mila euro), 29 marzo 2006, Comitato elettorale Vincenzo Minici (20mila euro), 8 febbraio 2008, Comitato elettorale Radicali Italiani (5mila).
LE REAZIONI – Il sindaco di Venezia: tutto documentato, altri devono preoccuparsi. Zaia: «Il Consorzio dica chi ha ricevuto i soldi e chi no»
Orsoni: «Nessun finanziamento illecito»
VENEZIA – «Non esiste alcun illecito finanziamento, su questa vicenda c’è qualcuno che vuole seminare fumo». Non poteva che essere secca la replica del sindaco Giorgio Orsoni in merito agli sviluppi dell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova. Ieri il Gazzettino aveva riportato una frase contenuta nel rapporto della Gdf consegnato ai magistrati in cui si leggeva che Mazzacurati era stato «il promotore dell’illecito finanziamento al politico Orsoni a lui legato da vecchia amicizia».
«Sono notizie denigratorie e prive di qualunque supporto – attacca Orsoni – c’è una campagna denigratoria casualmente concomitante con la mia esposizione su questioni di rilievo per la città. E’ evidente che io non posso essere ritenuto responsabile della eventuale illecita provenienza delle somme a sostegno della campagna elettorale che è costata 287 mila euro. La somma è stata regolarmente contabilizzata dal mio mandatario che ha rendicontato quanto donato attraverso un conto corrente appositamente acceso sul quale sono transitate tutte le donazioni ed i pagamenti fatti a sostegno della campagna elettorale per dar prova della trasparenza delle operazioni. Non ho ricevuto altre somme diverse da quelle transitate in conto. Sicchè, non esistono finanziamenti illeciti, né illecite utilizzazioni delle somme donate».
Ieri era intervenuto anche il presidente della Regione, Luca Zaia. «Piuttosto che vedere uscire un nome al giorno è meglio che il Consorzio faccia una lista di chi ha avuto soldi attraverso la delibera del Cda. Invito il presidente Fabris a guardare tutte le scartoffie. Non sarebbe male fare anche una lista di chi non ha ricevuto un euro. In questo elenco figurerei anch’io visto che la mia campagna elettorale è stata autofinanziata: voglio poter girare a testa alta».
Gianpaolo Bonzio
LA NUOVA BUFERA
L’INCHIESTA – La relazione della Gdf: Ca’ Farsetti «riverente col Consorzio perchè beneficiaria di diverse elargizioni»
LA DIFESA – Non vuole sentir parlare di irregolarità sulla sua campagna elettorale per la corsa a Ca’Farsetti. E così ieri il sindaco Giorgio Orsoni ha ribattuto alle accuse che emergono dall’inchiesta della Guardia di finanza sul Consorzio Venezia Nuova. «È tutto documentato, non c’è nessun finanziamento illecito» ha attaccato Giorgio Orsoni.
L’INDAGINE – Nella relazione delle Fiamme Gialle c’è però un altro passaggio dedicato proprio al Comune di Venezia definito «un ente riverente con il Consorzio Venezia Nuova in quanto beneficiario di diverse elargizioni concesse dallo stesso Consorzio, prima fra tutte il finanziamento al suo attuale amministratore, Giorgio Orsoni».
L’IRA DEL SINDACO «Finanziamenti tutti documentati, nulla di illecito. Mi hanno messo nel mirino, ma altri si devono preoccupare»
Mose, ombre sul Comune
J’ACCUSE «Mi sono esposto su questioni di rilievo, questo è il risultato»
E spunta Miracco: anche a lui contributi
C’è anche la Regione Veneto e il nome di Franco Miracco, portavoce dell’allora Governatore, Giancarlo Galan, nel capitolo che la Guardia di Finanza dedica alla carenza di controlli sull’attività del Consorzio Venezia Nuova. Un passaggio sintetico, senza alcuna contestazione specifica.
A Miracco, attualmente assessore della Cultura a Trieste, le Fiamme Gialle dedicano poi un’altra citazione: nella parte in cui vengono elencate le ingenti somme di denaro elargite dal Consorzio Venezia Nuova a dirigenti e collaboratori, si fa riferimento a non meglio precisati compensi a lui riconosciuti.
Miracco in passato ha ricoperto l’incarico di responsabile dell’Ufficio stampa del Venezia Nuova fino al 2001, anno in cui passò in Regione. L’indagine della Finanza si concentra sull’attività del Consorzio dal 2005-2006 in poi: sarà interessante capire a quale titolo venivano erogati quei presunti contributi a Miracco.
Orsoni: «Fondi illeciti? Falso»
La Gdf: «Comune riverente»
Il sindaco contrattacca: «Tutto documentato, altri si devono preoccupare». Ma la Finanza parla di Ca’ Farsetti come ente “succube” al Cvn in quanto «destinatario di diverse elargizioni»
La Gdf: Mazzacurati avrebbe promosso finanziamenti irregolari per il primo cittadino
PER LA CAMPAGNA – Avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti
Non vuole assolutamente sentir parlare di irregolarità sulla sua campagna elettorale per la corsa a Ca’Farsetti. E così ieri, ancora una volta, il sindaco Giorgio Orsoni ha ribattuto alle accuse che emergono dall’inchiesta della Guardia di finanza sul Consorzio Venezia Nuova.
Il rapporto stilato dalla Finanza, è bene precisarlo, non fa mai riferimento a mazzette ma a sospetti finanziamenti illeciti erogati per la campagna elettorale del sindaco. Gli uomini della Gdf, come ha scritto ieri il Gazzettino, riferendosi al Consorzio, avevano parlato di una sorta di associazione per delinquere in laguna che avrebbe avuto come fulcro proprio l’ex presidente Giovanni Mazzacurati oltre ad altri amministratori di società. E Mazzacurati in un passaggio della relazione della GdF viene definito «promotore dell’illecito finanziamento a Giorgio Orsoni, a lui legato da amicizia di vecchia data».
Il sindaco di Venezia, come è nel suo stile, ha risposto punto su punto alle accuse. In mattinata, incalzato dai cronisti, si è detto quasi sereno, ed è decisamente passato al contrattacco. «Non sono io a dovermi preoccupare – ha spiegato – ma altri: quelli che vogliono mantenere nascoste le cose. Perchè mi sembra che, in questa vicenda, ci sia qualcuno che vuole seminare del fumo». Nel pomeriggio poi il sindaco, probabilmente per evitare altre polemiche ed eventuali malintesi, è stato ancora più netto, elencando con precisione somme e modalità tecniche della sua campagna elettorale. «È tutto documentato, non c’è nessun finanziamento illecito, alcune argomentazioni diffuse in questi giorni sono prive di qualunque supporto – ha attaccato Orsoni – Le notizie diffuse sulla stampa sono sostanzialmente tendenziose e prive di qualunque supporto». Poi uno spunto polemico. «Esiste evidentemente – prosegue il sindaco – una campagna denigratoria casualmente concomitante con la mia esposizione su questioni di rilievo per la città. Si parla di “illeciti finanziamenti”. E’ evidente che io non posso essere ritenuto responsabile della eventuale illecita provenienza delle somme a sostegno della campagna elettorale. La campagna è costata 287 mila euro, come è stato reso pubblico e già ho avuto modo di dichiarare. Tale somma è stata regolarmente contabilizzata dal mio mandatario. Egli ha rendicontato quanto donato attraverso un conto corrente appositamente acceso sul quale sono transitate tutte le donazioni ed i pagamenti fatti a sostegno della campagna elettorale per dar prova della trasparenza delle operazioni. Non ho ricevuto altre somme diverse da quelle transitate in conto – conclude Giorgio Orsoni – sicchè non esistono finanziamenti illeciti, né illecite utilizzazioni delle somme donate». Va ricordato che il procuratore Luigi Delpino ha specificato che il sindaco non risulta indagato.
Ma dalla carte emerge intanto un’altra significativa novità. Nella relazione delle Fiamme Gialle c’è anche un passaggio dedicato proprio al Comune di Venezia definito «un ente riverente con il Consorzio Venezia Nuova in quanto beneficiario di diverse elargizioni concesse dallo stesso Consorzio, prima fa tutte il finanziamento al suo attuale amministratore, Giorgio Orsoni». Un elemento, questo, che non mancherà di suscitare nuove polemiche.
VERIFICHE – I lavori alle ditte legate al Cvn sempre pagati profumatamente
Marchese sapeva dell’appalto pilotato
Morbiolo, intercettato, spiega l’operazione al consigliere regionale ed ex segretario organizzativo del Pd
Sapeva tutto sull’appalto “pilotato” e avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti erogati al mandatario elettorale. La Guardia di Finanza ne è certa. A inchiodare Giampietro Marchese alle proprie responsabilità, sicuramente morali, sono le intercettazioni ambientali trascritte dai militari delle Fiamme Gialle, integranti l’informativa redatta sullo “scandalo Cvn”.
È la tarda mattinata dell’otto giugno del 2011 quando Marchese, presidente di Ames, ex segretario organizzativo del Pd e consigliere regionale (era stato bocciato nel 2010 alle elezioni ma è rientrato recentemente al Ferro Fini come primo dei non eletti) entra nell’ufficio di Franco Morbiolo, presidente di Coveco, situato a Marghera: non immaginano né possono immaginarlo che ad ascoltare e trascrivere quello che si dicono c’è un finanziere autorizzato dal pm Paola Tonini. Èil giorno dell’apertura delle buste della gara articolata in tre stralci concernente il primo lotto di lavori del bando indetto dall’Autorità portuale dell’importo complessivo di circa 12 milioni e mezzo di milioni di euro. Quello che Giovanni Mazzacurati, all’epoca presidente del Consorzio Venezia Nuova, ha deciso di far vincere alle ditte minori che si erano lamentate perché a loro toccava solo le briciole del faraonico business rappresentato dal Mose. Un ordine di scuderia, come si è visto, al quale Morbiato disubbidisce decidendo di presentare quattro minuti prima della scadenza dei termini un’offerta per il secondo stralcio, scatenando le ire del “capo supremo” ovvero Mazzacurati. Quasi a giustificarsi Morbiolo spiega a Marchese che “queste gare in media andavano via con il 50% di ribasso e partecipavano tutti”, mentre stavolta “Mazzacurati ha fatto fare un’unica cordata formata da tutti i piccoli imprenditori per accontentarli e non rompersi i coglioni e ha tenuto fuori gli altri compreso Baita”. E continua sottolineando “che ha ritenuto la cosa pericolosa e ha partecipato a una delle tre gare, considerando che a lui mai nessuno ha detto di non partecipare e che quelli del Cvn hanno parlato solo con Pio (ndr Savioli) che non rappresenta il Coveco”. Marchese ascolta. E concorda sul fatto che “Mazzacurati pensa di essere onnipotente e pensa di fare tutto”.
Monica Andolfatto
L’INCHIESTA – Un faro della Finanza anche sui lavori effettuati all’Arsenale.
In un’intercettazione Nicola Falconi, della Sitmar Sub, dice a Savioli «Ci siamo umiliati…Sono uscito pulito come un pollo spennato»
Anche i lavori effettuati all’Arsenale di Venezia sono finiti sotto inchiesta, oggetto degli accertamenti della Guardia di Finanza. Nella relazione conclusiva relativa alle indagini sul presunto appalto “pilotato” al Porto, le Fiamme Gialle dedicano un capitolo ai prezzi eccessivamente onerosi che sarebbero stati praticati dalle imprese che effettuano lavori per conto del Consorzio Venezia Nuova per «importo decisamente superiore a quello ritenuto congruo dal Magistrato alle acque di Venezia».
A portare gli investigatori su questa pista è stato un colloquio intercettato tra il titolare della Sitmar Sub, Nicola Falconi (attuale presidente dell’Ente gondola) e il consigliere del Venezia Nuova, Pio Savioli, avvenuto nel dicembre del 2010, prima dell’apertura delle buste per una gara poi vinta dalla Sitmar. «Ci siamo.. giustamente fatto volentieri umiliati come se fossimo una ditta calabrese che veniva a cercare lavoro… – spiega Falconi – Sono dovuto andare lì me li sono dovuti subire e chiedere e questo.. voglio questo… voglio quell’altro cioè nel senso sono uscito pulito come sai un pollo spennato…»
A cosa fa riferimento l’imprenditore? L’intercettazione (così come l’intero capitolo) è piena di omissis, in quanto evidentemente le Fiamme Gialle hanno preferito “nascondere” gli elementi da approfondire. Più chiaro il riferimento ai prezzi: «Io lavoro a 0,31 (euro a metro quadro)…. sai a quanto lavorano loro?… le imprese extra Consorzio eh? A un euro e cinquanta il metro quadro!»
Savioli non pare sorpreso: «Capito, ma che novità. Lo so io… sennò non sarebbero scheletri, Nicola… Nelle pieghe del Consorzio si imparano sempre cose nuove… Tu hai fatto il liceo classico o sbaglio? ecco allora dovresti ricordarti la fine dell’impero Romano… le solite robe tutte le pieghe la gente di infila…»
La Guardia di Finanza conclude: «qualora i fatti fossero effettivamente accertati ne conseguirebbero responsabilità penalmente rilevanti attesa la natura “pubblica” dei fondi utilizzati per effettuare tali lavori». E le perquisizioni effettuate contestualmente agli arresti, due settimane fa, sono finalizzate a raccogliere materiale utile alle indagini.
MOVIMENTO CINQUE STELLE
«Non bastano le risposte del sindaco, il Comune diventi una casa di vetro»
(m.f.) Ca’ Farsetti sia una casa di vetro. A chiederlo è il Movimento Cinquestelle, i cui attivisti vedono la trasparenza come l’unico mezzo in grado di fugare i dubbi sorti leggendo in questi giorni le cronache dell’inchiesta sui presunti appalti truccati.
«Pur non essendo prevista da alcuna disposizione legislativa – dicono i “Grillini” – si chiede al sindaco e alla sua maggioranza di pubblicare, come buona prassi anche per il futuro, l’elenco di tutti i finanziatori privati della passata campagna elettorale. Ciò al fine di dissipare qualsivoglia dubbio circa la correttezza dell’operato dell’amministrazione».
La nota del sindaco in cui smentisce ogni illazione non è considerata sufficiente.
«Non può certo ritenersi sufficiente – proseguono – la semplice dichiarazione del sindaco di essersi “posto spesso in maniera conflittuale” con lo stesso concessionario unico del Mose visto che in Giunta fino a qualche mese fa vi era pure Antonio Paruzzolo, assessore tecnico alle Partecipate in quota Orsoni, già amministratore delegato di Thetis Spa nella cui compagine societaria spiccano: il Consorzio medesimo (51,1%), la Ing. Mazzacurati (5%), la Mantovani Spa (8,3%), la Coveco (5%), la Adria Infrastrutture Spa (6%). Potrebbe sorgere così il dubbio che la sua nomina rispondesse anche a criteri di conservazione e difesa del sistema di potere messo a nudo ora dalle indagini della magistratura».
In definitiva, la richiesta è di lasciar decidere ai cittadini se i finanziamenti a sostegno dell’attuale amministrazione, in campagna elettorale, sono da ritenersi o meno opportuni.
«Non va dimenticato – puntualizzano dal M5S – tra le altre cose, che una parte dell’attuale coalizione di centrosinistra (la lista In Comune, ndr) si è spesa in più occasioni, contro il Mose e il concessionario unico. Occorre infine ricordare per quanto riguarda le società private, i contributi devono essere deliberati dall’organo sociale competente ed iscritti regolarmente a bilancio. Attendiamo di conoscere anche questi dati».
MOGNATO «I finanziamenti dei privati sono previsti dalla normativa»
Parola d’ordine: fiducia a Orsoni
ZACCARIOTTO «È necessario attendere la fine dell’inchiesta»
LE REAZIONI – Cautela dalle segreterie
Danesin (Pdl): «Non mi piacciono le dietrologie»
Scibelli (Udc): «Prudenza»
Sono improntati alla massima prudenza i commenti di buona parte dei segretari politici della maggioranza e dell’opposizione in Consiglio comunale. Nei verbali della Guardia di finanza, gli scarni riferimenti ai finanziamenti elettorali da parte di alcune aziende partecipanti al Consorzio Venezia Nuova alla campagna elettorale del sindaco Giorgio Orsoni non offrono l’occasione di una discussione a largo spettro. C’è però quella frase che per tutti va verificata quanto prima dalla magistratura per evitare di fare processi prima del tempo: “promotore (riferito a Giovanni Mazzacurati, ndr) dell’illecito finanziamento al politico Giorgio Orsoni, a lui legato da amicizia di vecchia data”. Che significa illecito? Il sindaco ha detto che è tutto alla luce del sole e i segretari politici ritengono sia giusto attendere.
«Per me conta solo una cosa – commenta il coordinatore del Pdl, Alessandro Danesin – se i contributi sono stati tutti regolari e registrati con pagamenti tracciabili non c’è problema. Al contrario, se si sono fatte cose non regolari è male ed è giusto che la giustizia agisca. Il resto è opinabile e le dietrologie non mi piacciono. Però, mettiamoci in testa una cosa: o c’è il finanziamento pubblico ai partiti o c’è il finanziamento privato. Di qui non si scappa».
Incredulo e nello stesso tempo fiducioso sul lieto fine della vicenda è il segretario provinciale del Pd, Michele Mognato. «Mi auguro – commenta da Roma – che si arrivi al più presto alla chiarezza sull’intera vicenda. I finanziamenti elettorali da privati sono previsti dalla legge e sono registrati. Avviene dappertutto e non c’è nulla di male se questi sono alla luce del sole, come nel caso del sindaco».
Michele Scibelli, segretario dell’Udc, invita alla prudenza. «La Guardia di Finanza – spiega per metafore – fa una fotografia, quello che vede lo riferisce alle autorità, ma non è che quello che vede sia automaticamente un atto d’accusa. Assoluta prudenza, quindi, nel trattare un argomento del genere. Se fossi a conoscenza di irregolarità sarei il primo a denunciare. Piena fiducia nel sindaco – conclude – e anche nelle istituzioni affinché proseguano i controlli e un invito a non strumentalizzare questa vicenda».
Luigi Giordani, segretario provinciale del Psi, è solidale col sindaco: «Sono certo che non ha ricevuto nessun contributo fuori norma. Non ritengo tuttavia che sia in atto una campagna denigratoria nei suoi confronti. Tutto questo fa parte di un accertamento generale da parte della finanza».
Per concludere, non è diverso dagli altri il punto di vista della presidente della Provincia Francesca Zaccariotto.
«È presto per fare qualsiasi commento su questa indagine – dice Zaccariotto, che è un esponente di spicco della Lega sul territorio veneziano – Preferisco attendere che la magistratura finisca il suo lavoro».
GOTTARDELLO «Quanto regole complicate favoriscono un sistema simile?»
REAZIONI CONTRASTANTI DAL MONDO DEL LAVORO
«Tritacarne mediatico» «No, il sistema è marcio»
Bortolussi (Cgia): «C’erano imprese invitate a rinunciare all’appalto e poi sotto elezioni solo alcuni ricevevano i soldi per fare la campagna»
Pochi si sbilanciano nelle reazioni ai nuovi sviluppi dell’inchiesta della Guardia di Finanza sul Consorzio Venezia Nuova. Qualcuno, però, va oltre e arriva a dire che «era ora, ben venga un po’ di pulizia» come sostiene lo storico segretario degli artigiani di Mestre, Cgia, Giuseppe Bortolussi: «Dire abbiamo dato soldi ai politici vuol dire e non vuol dire, anche a me come cittadino piacerebbe sapere chi sono, altrimenti si rischia di fare di tutta l’erba un fascio. Detto questo, però, se invece c’è chi li ha presi questi soldi allora è giusto che paghi il conto, e se è ancora in politica che paghi pure quello politico. C’è qualcuno che ha mandato giù bocconi amari in questi anni perché in campagna elettorale vedeva che altri avevano i soldi per i manifesti e lui no, o penso anche a quelle ditte che speravano in un appalto e alle quali dicevano è meglio che rinunci. E non è solo una questione di invidia ma di civiltà, anche perché alla fine è la collettività che ci rimette dato che i lavori invece di costar 100 costavano 300».
C’è chi cade sarcasticamente dalle nuvole, come il presidente di Ascom-Confcommercio di Mestre, Vittorio “Doriano” Calzavara: «Io sarò stato più ingenuo di tutti ma mi pare impossibile. Ho sempre considerato Mazzacurati una gran brava persona. Non avevo la più pallida idea che potesse funzionare un sistema come quello descritto sui giornali. Devo dire, alla veneziana, che mi sento un po’ mona».
Decisamente più istituzionale il nuovo presidente di Confindustria Venezia, Matteo Zoppas, che parla a nome dell’Associazione: «Abbiamo letto sui giornali della vicenda riguardante l’indagine condotta dalla Guardia di Finanza, ma non ritengo opportuno entrare nel merito per rispetto del lavoro degli inquirenti e certi che la Magistratura farà chiarezza sulla questione».
Sulla stessa linea, anche se un po’ più loquace, il commento del presidente della Camera di Commercio di Venezia, Giuseppe Fedalto: «In merito al presunto “Sistema Venezia” e al fatto che tutti avrebbero ricevuto soldi dal Consorzio Venezia Nuova non ho nessun commento da rilasciare, la questione è di competenza della Magistratura. Una cosa è certa: la Camera di Commercio di Venezia non ha ricevuto nulla da nessuno».
Altri, invece, si spingono in teorie sulle cause del cosiddetto sistema Venezia: «È una riflessione delicata perché non vorrei che sembrasse una giustificazione, ma mi chiedo quanto un sistema di regole molto complicato, che rende la vita impossibile per ogni autorizzazione e che può paralizzare qualsiasi onesta iniziativa, possa favorire fenomeni come quelli sui quali stanno indagando – commenta Lino Gottardello, segretario della Cisl veneziana -. Detto questo mi pare che siamo ancora sull’onda delle interpretazioni: i candidati quando si presentano alle elezioni chiedono soldi, e nel limite del fatto che siano trasparenti e dichiarati, siamo nella normalità. Prima di esprimere giudizi, quindi, vorrei attendere nuovi elementi».
Il più garantista è Ernesto Pancin, segretario e direttore dell’Aepe, l’Associazione esercenti pubblici esercizi: «È difficile commentare notizie di questo genere, anche perché a volte parliamo di voci e fino a prova vera del contrario io credo nell’onestà delle persone. E quindi per me il sindaco Orsoni è e rimane una bava persona. Io penso che indagini di questo genere possano favorire un tritacarne mediatico dal quale tutti dovremmo sottrarci e lasciare che chi deve indagare lo faccia con la massima discrezione e determinazione, e senza buttare il mostro in prima pagina. Per ciò mi astengo da qualsiasi commento personale su chicchessia: già troppe volte sono state sbattute in prima pagina delle persone che erano innocenti, e la smentita è stata di due righe in una delle ultime pagine».
Chi, invece, si dice profondamente colpito dalle notizie uscite sui giornali è Maurizio Franceschi, direttore di Confesercenti: «Premetto che chiunque è innocente finché non viene provato senza dubbio che è colpevole, quindi anche riguardo al sindaco Orsoni bisogna attendere le verifiche prima di dire qualsiasi cosa. Detto questo, ho letto di queste vicende con molta preoccupazione, e con molta tristezza e rammarico perché se risulta vera anche solo una parte di quel che è scritto, significa che pure in questa città c’è un sistema corrotto, ed è molto più grave oggi quando ci sarebbe invece molto bisogno di comportamenti positivi ed etici. Da quanto si legge sembra ci sia un sistema molto radicato da molti anni che gestiva una parte cospicua della città, e credo che difficilmente una cosa del genere possa avvenire senza che la classe politica ne fosse a conoscenza».
Elisio Trevisan
RENATO BRUNETTA «Tutti registrati i miei contributi. Ne ho ricevuti da decine di aziende»
Anche Renato Brunetta, attuale portavoce del Pdl alla Camera ha ricevuto finanziamenti privati nel corso della sua campagna elettorale per diventare sindaco di Venezia. In particolare anche da alcune aziende facenti parte del Consorzio come per il suo avversario, poi diventato primo cittadino, Giorgio Orsoni. Lui non ne fa mistero.
«Ho ricevuto contributi da decine di aziende – ha commentato ieri il parlamentare – per la campagna elettorale. Non mi ricordo esattamente da quali aziende, ma sicuramente erano contributi regolarmente iscritti, dichiarati dal mio comitato elettorale e deliberati dagli organi direttivi delle società».
Quanto al fatto che il suo nome non compaia nel dossier delle Fiamme Gialle mentre quello di Orsoni sì, Brunetta non si interroga più di tanto.
«Non ho letto nulla di questa vicenda – ha aggiunto – non ho visto gli atti, ma non sono sindaco e devo dire che la cosa non mi eccita».
Infine, un monito a chi pensa che le aziende non abbiano mai finanziato le campagne elettorali.
«Diffidare – conclude – di quelli che dicono che hanno fatto campagna senza soldi. Mentono sapendo di mentire».
La Vita del Popolo – Veneto city: nemmeno “green” convince
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23
lug
2013
Il progetto della cittadella tra Padova e Venezia cerca di rendersi più ecocompatibile, ma le perplessità rimangono
Chi si è cimentato almeno una volta in vita sua nell’impresa di ritinteggiare le pareti di casa lo sa bene: per un lavoro fatto come si deve servono almeno due mani di pittura. Vale per camera e salotto. Vale, pare di capire, anche per i grandi progetti architettonici. In queste settimane è arrivata infatti la seconda mano di verde per Veneto City. O meglio, pardon, per Veneto Green City, come già da qualche anno è stato ribattezzato il futuristico progetto della nuova cittadella del terziario nel cuore della Patreve, territorialmente a cavallo tra i comuni di Dolo e Pianiga.
Il progetto
Se già con il cambio di denominazione si era voltato pagina rispetto al polo fieristico inizialmente ipotizzato, con una netta virata in senso ambientale, ora arriva il masterplan elaborato da Mario Cucinella e Andreas Kipar, guru dell’architettura verde, e Adileno Boeche, massimo esperto di efficienza energetica. Un progetto obiettivamente affascinante: 715 mila metri quadrati con filari di piante e corsi d’acqua che puntano a ricreare il paesaggio tipico della pianura padana, all’interno del quale sorgono gli edifici, mimetizzati da grandi archi di legno o lignite che danno l’idea di un succedersi sinuoso di colline. Spariti dunque gli edifici in vetro e cemento delle prime ipotesi, spazio agli alberi (che saranno piantati prima dell’inizio dei lavori, in modo che siano cresciuti al punto giusto una volta completata l’opera) e a laghi e canali, parte superiore delle vasche di laminazione per il contenimento delle acque piovane. Non bastassero le immagini del masterplan, ci pensa il testo di presentazione a dare spazio all’anima verde della “nuova” Veneto City. “Si parte dal riuso di un territorio altrimenti votato all’edilizia industriale-produttiva per costruire un format urbanistico-architettonico “green”. La realizzazione di questa “smart city green” è stata concepita prevedendo un sistema di progettazione e costruzione che tiene conto di elevati standard qualitativi e ambientali”. E ancora “rigenerazione, geotermia e fotovoltaico sono le parole chiave attorno alle quali Veneto City raccoglie la sfida energetica per garantire un approvvigionamento conveniente e a basso impatto”.
Voci contrarie
Tutto bello, tutto luccicante. Non abbastanza però, per convincere chi da sempre si oppone alla realizzazione del progetto, contro cui pendono ben sette ricorsi al Tar. Il masterplan, infatti, incassa l’apprezzamento solo dei sindaci di Dolo e Pianiga, che a giugno 2011 hanno sottoscritto un criticatissimo accordo di programma con la Veneto City spa. Tutti gli altri giudizi sono negativi, come a dire che, gratta gratta, sotto al verde rimangono irrisolti tutti i nodi principali. È contraria l’Amministrazione comunale di Mirano, titolare di uno dei ricorsi al Tar, il cui territorio confina con l’area di Veneto City e subirà le inevitabili conseguenze in termini di traffico: circa 70 mila veicoli giornalieri sulla fragile rete del Graticolato romano, nonostante lo spostamento all’interno della nuova cittadella della stazione ferroviaria di Dolo, attualmente collocata nella frazione miranese di Ballò. A questo proposito qualcuno ha fatto notare la contraddizione tra un progetto orgogliosamente “green” anche sul piano della mobilità e i ben 280 mila metri quadri destinati nel progetto a parcheggio.
Sul fronte del no restano ancorate anche le associazioni di categoria dei commercianti, preoccupate per l’inevitabile ricaduta di una nuova area commerciale sui piccoli e medi esercizi che, con grande fatica, stanno resistendo all’interno dei centri storici. E contrari, ovviamente, sono anche i comitati locali, impegnati in una lotta senza quartiere contro quello che definiscono senza mezzi termini “un sogno nella mente perversa dei signori del cemento”. Uno dei comitati più attivi su questo fronte, Opzione Zero, cerca di smorzare le preoccupazioni.
“L’unica cosa che esiste ad oggi è l’accordo di programma, ossia un documento di una trentina di pagine nel quale si è sottoscritto un impegno reciproco tra proponenti ed enti locali, una specie di cambiale. Questo accordo ha funzionato come una variante urbanistica che ha reso edificabili suoli prima in massima parte agricoli. Punto. Non esiste un progetto. Quei suggestivi e ridicoli disegni che circolano sono una simulazione grafica immaginifica di che cosa “potrebbe essere” Veneto City, l’equivalente di un cartone animato partorito dalle cosiddette archistar. Ma che cosa sarà veramente la nuova città, come sarà nella realtà e cosa conterrà lo diranno i progetti veri e propri che ancora non sono stati prodotti”.
Destinazione e costi
In effetti uno dei grandi misteri che da sempre accompagna Veneto City è cosa ci finirà dentro. I progettisti parlano genericamente di “spazi direzionali, una promenade commerciale, una grande vetrina per le aziende del territorio, formazione, svago e tempo libero”. Ma di concreto ancora nulla, a conferma dell’ipotesi di un progetto calato dall’alto senza alcun tipo di indirizzo da parte dell’attore pubblico.
Percorso a ostacoli
“Da oltre 10 anni – sottolinea Opzione Zero – nell’area produttiva che dovrebbe ospitare Veneto City non si è più costruito un solo capannone, nonostante i Prg li prevedessero e il territorio veneto è cementificato oltre l’11% e cosparso di edifici sfitti, in vendita o abbandonati: non vi è alcuna necessità né alcuna domanda di nuovo edificato”.
L’altro grande punto interrogativo riguarda i finanziatori. In passato si era stimata una spesa sui due miliardi di euro, ma sul nuovo progetto non circolano cifre ufficiali. Non a caso il masterplan è già stato presentato in varie sedi a livello internazionale, per cercare di vendere, per ora su carta, l’intero progetto.
Intanto l’iter prevede, proprio in questi giorni, la presentazione del Piano urbanistico attuativo, in pratica il piano di lottizzazione riguardante i primi stralci dell’opera. Per approvare il Pua, i Comuni di Dolo e Pianiga dovranno ottenere il via libera di una ridda di enti, dalle Soprintendenze per i beni artistici fino a Veritas passando per Arpav, autostrade, ferrovie, Provincia, Regione, consorzi di bonifica, genio civile. Senza contare i ricorsi pendenti al Tar e una spada di Damocle non da poco: uno degli azionsti di punta di Veneto City spa è la Mantovani di Piergiorgio Baita, società epicentro del terremoto giudiziario che fa tremare i polsi a mezzo Veneto. Insomma, un percorso ancora ad ostacoli.
Giovanni Costantini
Nuova Venezia – Mose: dalle imprese fondi per la corsa di Brunetta a sindaco
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22
lug
2013
L’ex ministro: «È tutto in regola e il Consorzio non c’entra. Conosco Mazzacurati ma con Baita mai avuto a che fare»
VENEZIA – Soldi dalle imprese del Mose per la campagna elettorale di Renato Brunetta. Il nome dell’ex ministro del Pdl, oggi capogruppo del partito di Berlusconi alla Camera, compare nell’inchiesta della Finanza sul Consorzio Venezia Nuova. Avrebbe ricevuto somme di denaro per la campagna elettorale a sindaco di tre anni fa. Una campagna piuttosto ruvida, quando Brunetta ricopriva l’incarico di ministro del governo Berlusconi. E nelle ultime settimane aveva avviato un’offensiva mediatica intensa. Venendo a Venezia e portandosi dietro i ministri del suo governo, promettendo grandi opere e finanziamenti miliardari. Qualche giorno prima del voto Brunetta era sbarcato in città con il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. Incontri con Save e Porto, con i vertici del Consorzio.
Campagna elettorale all’insegna delle grandi opere. Adesso spuntano i finanziamenti. Versati in parte anche all’avversario di Brunetta, l’avvocato poi diventato nel 2010 sindaco della città, Giorgio Orsoni. Anche in passato il Consorzio, la più grande realtà economica veneziana, aveva garantito finanziamenti a candidati. Nella lista delle attuali sponsorizzazioni ci sono anche enti culturali come la Fenice, Fondazioni religiose come il Marcianum fondato dal cardinale Scola, la fondazione VeDrò, di Enrico Letta, di cui fanno parte anche ministri dell’attuale governo che si occupano di Salvaguardia. Come il titolare delle Infrastrutture Maurizio Lupi e quello dell’Ambiente Andrea Orlando.
«Contributi elettorali? È tutto certificato regolarmente», risponde Brunetta. Dunque lei ha ricevuto finanziamenti dal Consorzio? «Non mi sono mai occupato direttamente di conti, c’era un comitato elettorale che faceva tutto e teneva la lista di quelli che davano i contributi. In ogni caso non dal Consorzio, da qualche impresa sicuramente». Anche da imprese che lavorano per il Consorzio. «Non lo so. È probabile. Quando ho lanciato il mio progetto a Venezia molte imprese hanno aderito e hanno dato il loro contributo. Erano tante, e non mi ricordo quali lavorassero per il Mose. Non ci ho mai avuto a che fare». Qualcuna è anche abbastanza famosa. «I nomi davvero non li so. Posso dire che il mio comitato elettorale ha certificato i versamenti, che è tutto in regola. Credo del resto che anche le società che hanno versato avranno avuto una delibera approvata dai loro Consigli di amministrazione». Con Mazzacurati non ha mai avuto rapporti? «Certo, da vent’anni parliamo di come realizzare il Mose. Non è un segreto». Con Baita, l’ex presidente della Mantovani? «No, con lui no, non mi sono mai interessato delle imprese dei lavori. Non mi occupo di imprese». La preoccupa questa situazione, le inchieste, l’incertezza sui lavori del Mose per cui si è tanto battuto? «Spero che il progetto vada avanti, l’ho sempre sostenuto. Quanto alle vicende giudiziarie, male non fare paura non avere. Ripeto, le spese della mia campagna elettorale sono assolutamente trasparenti e certificate».
Alberto Vitucci
Intercettato anche l’ex assessore leghista di Chioggia
«Io soldi dal Consorzio? Ma siamo matti? Io li ho sempre attaccati, per questo poi mi hanno fatto fuori». Massimo Malaspina (nella foto), ex assessore leghista di Chioggia, da due anni non fa più politica. È stato cacciato dalla Lega e ha abbandonato la politica. Era stato tra gli accusatori nella vicenda della morìa di vongole in laguna, che era stata attribuita agli scavi del Mose. Adesso il suo nome compare nelle intercettazioni dell’inchiesta sulla Finanza. «Certo che posso aver parlato con le imprese chioggiotte, era il mio dovere di assessore», racconta, «mi telefonavano e mi dicevano che lavoravano sempre gli stessi e loro non cela facevano più. Era un problema sociale. Per la mia campagna elettorale ho speso in tutto 30 mila euro. Mi hanno aiutato alla luce del sole alcune imprese chioggiotte. Ma non il Consorzio».(a.v.)
Nuova Venezia – Inchiesta Mose. “Noi cacciati perche’ osavamo criticare”
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21
lug
2013
Fellin dovette lasciare il Comitato tecnico: «Consulenti pagati dai progettisti, tutto molto strano»
VENEZIA – Esperti licenziati perché «poco obbedienti». Lorenzo Fellin, ingegnere padovano docente di impiantistica e Armando Memmio, suo collega trevigiano strutturista, erano stati nominati come consulenti nel Comitato tecnico di Magistratura qualche anno fa dall’allora presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva. Per le critiche al Mose e ai progetti del Consorzio Venezia Nuova ci hanno rimesso il posto. E ce l’ha rimesso anche l’ingegner Piva, trasferita a Bologna dal ministro Matteoli. Una storia che riemerge nei giorni in cui la magistratura indaga sulla salvaguardia. Cos’era successo? Nel consesso di esperti del Ctm (Comitato tecnico di magistratura) si approvano tutti i progetti del concessionario unico per la Salvaguardia. I dubbi dei due ingegneri sulla modalità di costruzione delle cerniere del Mose non erano stati graditi. «Io mi sono dimesso dopo aver verificato che in quell’organismo la critica non era ammessa», racconta Fellin, «e per avere espresso le mie posizioni mi sono preso anche degli insulti». Di cosa si parlava? «In quel caso delle cerniere del Mose, il cuore delicato del sistema di dighe mobili. Io ero l’unico esperto di impianti, chiamato a far parte del Comitato dalla presidente Piva. Dopo lunghi studi ero arrivato alla conclusione che non fosse opportuno costruire le cerniere saldando i due pezzi. La letteratura scientifica internazionale lo dice». Invece? «Avevano già scelto di farle saldate, affidandole alla Fip di Padova, azienda acquistata dalla Mantovani specializzata in quel tipo di lavorazione. Mentre il progetto originario prevedeva di costruirle fuse, con una tecnologia consolidata e più sicura, usata anche per le turbine che sono molto più grandi». Nessuno del Comitato le aveva dato man forte? «Lo chiamavamo anche il circolo della Terza Età, vista la presenza di molti pensionati. In tutte le riunioni a cui ho partecipato non ci sono mai stati interventi critici, qualcuno che alzasse la mano per dire no così non va. In fondo era quello il nostro compito, controllare. Molti avevano anche progetti che andavano in discussione. O erano consulenti delle imprese del Mose o di imprese ad esse collegate». Come finì? «La presidente Piva decise di chiamare un esperto da Londra, il profesor Paolucci. La accusarono di aver ritardato i lavori e venne trasferita a Bologna, in laguna tornò Patrizio Cuccioletta. La relazione iniziale di Paolucci venne modificata, Cuccioletta telefonava a noi due dicendo che quella relazione così non andava. E lei si è dimesso «Uscii sbattendo la porta dopo una tesissima riunione del Precomitato. Anche questa una stranezza. Perché in quella sede il dibattito non viene registrato, a differenza del Comitato. E le eventuali differenze si possono appianare. Così mi sono dimesso. Prima di me avevano cacciato l’ingegner Mammino, esperto strutturista che si prendeva la briga di fare i conti e di criticare le proposte presentate. Venne sostituito dall’ingegner Vitaliani, quello delle fondazioni del Ponte di Calatrava. Nessuno aveva raccolto il suo allarme. «No. Ma tutto il sistema era abbastanza strano. Pensi che a pagare i consulenti che dovevano giudicare sui progetti erano i progettisti stessi, il Consorzio. Una situazione che mi creava un po’ di disagio. E poteva in qualche modo mettere qualcuno in soggezione psicologica». Resta una curiosità: le cerniere saldate funzioneranno bene come le fuse? «Non credo. Devono vivere sott’acqua. Il rischio di rottura aumenta. E comunque occorre una manutenzione maggiore»
Alberto Vitucci
Sotto inchiesta ma in lizza per un’altra grande opera
Mantovani e Consorzio anche per il porto off shore
VENEZIA – Mantovani e Consorzio Venezia Nuova sotto inchiesta. Ma intanto si progetta di affidare a loro anche un’altra grande opera, la piattaforma off shore da tre miliardi di euro al largo dell’Adriatico voluta dal Porto per le petroliere e le grandi navi portacontainer. «Sarebbe meglio bloccare nuove spese affidate a questi soggetti finché tutto non sarà chiarito», attacca Giovanni Anci, leghista e rappresentante della Provincia di Venezia in Comitato portuale. Il progetto di off shore proposto dal Porto e sostenuto da regione e Magistrato alle Acque andrà il 30 luglio all’esame della commissione Via regionale. «La progettazione è di Tethis, società della Mantovani», scrive Anci, «la progettazione infrastrutturale della Mantovani, il coordinamento del Consorzio Venezia Nuova. È un’opera rischiosa, come dimostrano gli studi, perché in caso di incidente il petrolio entrerebbe in laguna. Adesso sono curioso di vedere chi voterà a favore di quel progetto. È inutile piangere sempre dopo sul latte versato»(a.v.)
La Finanza: Consorzio sponsor di Orsoni alle ultime elezioni
Da un rapporto spuntano contributi anche a Marchese (Pd)
Il sindaco: tutto regolare, ho registrato quei finanziamenti
VENEZIA – I 600 mila euro che la Cooperativa San Martino di Chioggia ha prelevato dai suoi fondi neri (costituiti con la frode fiscale) e consegnato a Pio Savioli, rappresentante delle coop nel Consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova, non sono che una piccola parte dell’enorme flusso di denaro che veniva versato dalle imprese consorziate nelle casse del Consorzio. Gli investigatori della Guardia di finanza, in un lungo rapporto ora finito negli atti che tutti gli avvocati difensori degli indagati hanno acquisito, spiegano che tutte le imprese dovevano versare lo 0,5 per cento dell’importo dei lavorii ottenuti per il Mose. Sono un sacco di soldi che poi venivano utilizzati sulla base delle direttive di quello che gli associati nelle intercettazioni chiamano il «Re», l’«Imperatore» o il «Doge», cioè Giovanni Mazzacurati. E in quel lungo rapporto, consegnato agli avvocati con numerose pagine coperte dagli omissis, probabilmente con le identità dei politici e dei funzionari pubblici corrotti, sono rimasti in chiaro i nomi di tre politici. Le «fiamme gialle» scrivono che le imprese del Consorzio Venezia Nuova avrebbero contribuito economicamente alle campagne elettorali del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e del consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, storico esponente del partito di Epifani e ora anche amministratore delegato di Ames (società comunale che gestisce in laguna farmacie e mense). Raggiunto telefonicamente il primo cittadino lagunare sembra quasi che si aspettasse questa notizia: «Non mi sono occupato dell’aspetto economico della mia unica campagna elettorale», spiega, «avevo un mandatario, il quale naturalmente alla fine mi ha fornito l’elenco dei sostenitori e tra questi c’erano anche alcune imprese del Consorzio Venezia Nuova». Fondi registrati e denunciati quindi, riferisce Orsoni. Il terzo nome spunta da alcune intercettazioni telefoniche, è quello dell’ex segretario della Lega Nord di Chioggia, poi assessore comunale e anche provinciale, Massimiliano Malaspina. L’allora assessore telefona ai vertici del Consorzio Venezia Nuova per perorare la causa di un’impresa di un chioggiotto, quella di Salvatore Tiozzo Brasiola. Chiede che lo facciano lavorare negli interventi alle bocche di porto per il Mose. Nessuno dei tre politici risulta indagato. Indagati, invece, anche per corruzione lo sono Giovanni Mazzacurati, Pio Savioli e altri dirigenti del Consorzio, che per ora sono stati arrestati «solo» per turbativa d’asta. Secondo i finanzieri, l’anziano ingegnere grazie alla sua posizione di potere nel Consorzio, avrebbe convogliato benefici attraverso una sua società, la «Ingegner Mazzacurati Giovanni sas» a favore delle tre figlie femmine. Gli investigatori non si sono dimenticati del Magistrato alle acque, l’organo locale del ministero delle Infrastrutture, che avrebbe dovuto controllare passo a passo il procedere dei lavori del Mose e anche i costi dell’opera. Nel loro rapporto scrivono che il rapporto tra Consorzio Venezia Nuova e Magistrato alle acque è opaco e che quest’ultimo è succube del primo. Osservazione che probabilmente, nelle pagine coperte da omissis, hanno un seguito e che con i prossimi accertamenti porteranno a nuove incriminazioni. I finanzieri, ad esempio, hanno scoperto che la Cooperativa San Martino, per quanto riguarda i sassi acquistati in Croazia, si sarebbe fatta pagare più del doppio del loro costo reale ed è così che ha costituito i fondi neri in Austria coperti con le fatture per operazioni inesistenti. Chi doveva controllare non si è accorto di nulla. Il Tribunale del riesame di Venezia, nel frattempo, ha fissato per venerdì 26 l’udienza in cui discuterà dei ricorsi, che probabilmente quasi tutti gli indagati presenteranno.
Giorgio Cecchetti
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