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Gazzettino – Mantovani. Nuovi fondi neri e altri indagati

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15

mar

2013

IN TRIBUNALE – Ricorsi degli arrestati davanti al Riesame

IL RETROSCENA «La mia incolumità era in pericolo»

L’avvocato Pergola dichiara: «Siamo credibili e pronti a rispondere ancora alle domande degli inquirenti chiarendo tutto»

CASO MANTOVANI – L’inchiesta si allarga dopo l’interrogatorio del “ragioniere dei misteri” rientrato in Italia

Mirco Voltazza conferma l’esistenza delle false fatturazioni e amplia il giro delle “cartiere”

Dall’inchiesta sulle presunte false fatturazioni milionarie che avrebbero avuto l’epicentro nella società di costruzioni Mantovani emergono nuovi scenari, nuovi possibili fondi neri e nuovi possibili soggetti da indagare. L’interrogatorio di Mirco Voltazza, il consulente del gruppo rimasto latitante all’estero per quattro mesi, è stato molto proficuo per gli uomini del Nucleo di polizia tributaria del Veneto e per il sostituto procuratore di Venezia, Stefano Ancilotto.

Sostanzialmente, il “ragioniere dei segreti” avrebbe confermato buona parte dell’impianto accusatorio che il 28 febbraio ha aperto le porte del carcere per il presidente della Mantovani Piergiorgio Baita, il direttore amministrativo del gruppo Nicolò Buson, l’amministratrice di Adria Infrastrutture Claudia Minutillo e il presidente della Bmc Broker, società di consulenza sammarinese, William Alfonso Colombelli. L’incontro di Voltazza con gli inquirenti è durato oltre sei ore ed è stato interrotto alle 22 di mercoledì solo per l’ora tarda, ma il suo legale, l’avvocato Michele Pergola del foro di Padova, ha ribadito la disponibilità di proseguire quanto prima.

«La posizione di Voltazza – commenta il legale – è delicata sia sotto il profilo d’indagine che quello procedurale. Siamo pronti a sostenerlo in tutti gli aspetti, anche morali della vicenda. Lui ha senz’altro dimostrato al Pm di essere credibile e continuerà a farlo rispondendo alle domande e fornendo conferme che serviranno a chiarire la sua posizione». La maggior parte del verbale di interrogatorio è stata secretata per non rischiare di compromettere ulteriori sviluppi di un’indagine che potrebbe essere una delle più importanti e delicate tra quelle condotte nell’ultimo decennio.

Fonti investigative confermano che Voltazza (attualmente in carcere per scontare una condanna passata in giudicato) ha parlato a lungo della strategia di fatturazioni fittizie, confermando almeno parte del quadro accusatorio. In base alle sue ammissioni, sarebbero emersi nuovi nomi di persone riferibili a società che si sarebbero prestate a diventare “cartiere”, cioè a rilasciare fatture senza che a fronte ci fossero servizi effettivamente resi in momenti anche successivi a quelli della Bmc. Lo scenario dell’inchiesta si è dunque ampliato e gli inquirenti ritengono che si potrebbe risalire a fondi neri ulteriori, per un milione di euro o forse anche di più. E, ovviamente, a nuove persone che – in caso di conferma della pista – risulterebbero presto indagate.

Dal canto suo, Voltazza è titolare di una società che possiede diversi brevetti in campo ambientale e per un certo periodo di tempo ha lavorato per il gruppo Mantovani. Poi, parlando con gli inquirenti, avrebbe rivelato di aver finito per accettare anche lavori fittizi perché le commesse reali erano finite e l’azienda doveva andare avanti. Rispondendo sul suo “soggiorno” all’estero, Voltazza ha confermato che ad un certo punto ha temuto per la sua incolumità e per quella della sua famiglia. Ipotesi, questa, tutta da verificare. Inoltre ha anche detto che qualcuno lo aveva “consigliato” di espatriare per qualche tempo. La decisione di rientrare in Italia sarebbe maturata dopo le prime rivelazioni apparse sulla stampa, che avrebbero fornito un quadro a suo dire non veritiero e lesivo della sua posizione e per avere protezione. Questa mattina, intanto, al Tribunale del riesame di Venezia si discuterà della doppia istanza presentata dall’avvocato Pietro Longo per l’attenuazione della misura cautelare nei confronti di Piergiorgio Baita, attualmente detenuto nel carcere di Belluno, e della richiesta di trasferimento del fascicolo a Padova per competenza territoriale. A Padova, infatti si trovano gli uffici amministrativi della Mantovani. Il Gip Alberto Scaramuzza aveva però rigettato la richiesta. Si discuterà anche dell’attenuazione della misura per Colombelli, presentata dall’avvocato veneziano Renzo Fogliata.

 

La Commissione europea sospende l’archiviazione degli esposti dei comitati «Le critiche alle paratoie mai esaminate dal Magistrato». Interrogazioni in arrivo

«Il Mose potrebbe anche non funzionare. Ci sono rilievi tecnici avanzati da Studi di ingegneria che non sono stati mai presi in considerazione. Occorre fare chiarezza». I comitati tornano all’attacco. E in piena bufera giudiziaria che ha fatto finire in carcere Piergiorgio Baita, presidente dell’azienda che sta costruendo il Mose, riaprono il «dossier dighe». L’occasione viene dalla mancata archiviazione decisa dalla commissione Europea per le Petizioni. Solo un vizio di forma – la mancata comunicazione – ma è bastata per ottenere in base alle procedure europee la riapertura dei termini. Così ieri i comitati «Ambiente Venezia e Laguna bene comune», hanno inviato a Bruxelles un nutrito dossier contenente documenti e studi alternativi sulla grande opera, ormai in fase avanzata di realizzazione, insieme alle 12.500 firme raccolte nel 2008. «Per anni nessuno ci ha risposto», denuncia Luciano Mazzolin, «e ormai forse avevano deciso di archiviare senza aver discusso i nostri documenti. Adesso li abbiamo reinviati, insieme a nuovi studi». Il più importante, ha spiegato Armando Danella, per due decenni dirigente della Legge Speciale in Comune, «è quello della società Principia, che su richiesta del Comune a guida Cacciari, aveva fornito al Comune uno studio preoccupante sulla tenuta delle paratoie in caso di eventi marini eccezionali». Critiche che il Magistrato alle Acque non aveva mai nemmeno preso in considerazione», ha ricordato Danella, «mentre il Consorzio ha denunciato per danni gli ingegneri autori di progetti alternativi». Ma in questo caso il Tribunale ha dato torto al pool di imprese, e nella sentenza vi sono riportati i dubbi sulla «tenuta» del Mose. Dunque, istruttoria da riaprire. Anche perché molti sono i punti neri. Ad esempio, sostengono i comitati, sui costi dell’opera e sulle opere di mitigazione, mai realizzate. «Sul sito ci sono i controlli sulle opere ma non il piano delle opere», dice la docente Iuav Andreina Zitelli. Che ha ricordato come il Mose, sotto il governo di Romano Prodi, venne approvato con il parere favorevole dei cinque esperti, ma con una valutazione di Impatto ambientale negativa. Proprio tra gli studi degli esperti c’era il problema della risonanza. Cioè del movimento indipendente delle paratoie innescato dal mare mosso. «Non hanno mai risposto su questo», dice Mazzolin. Tra gli allegati inviati a Bruxelles anche l’ordinanza fornita dal magistrato della Corte dei Conti Antonio Mezzera. Nel febbraio 2008 aveva duramente criticato la gestione degli ultimi anni della salvaguardia, e la mancata presa in considerazione di progetti alternativi. Ieri in municipio numerosi i consiglieri comunali presenti. Renzo Scarpa e Nicola Funari (Gruppo Misto), Beppe Caccia (In Comune), Pierluigi Placella (Cinquestelle), sebastiano Bonzio (Rifondazione), Giacomo Guzzo (IdV). Presenteremo un’interrogazione», dice Caccia, «e chiederemo che il Comune sia coinvolto in fase di discussione dei progetti che lo riguardano».

Alberto Vitucci

 

Il ragioniere confessa al Pm che la Mantovani aveva rotto con la Bmc: troppo esposta; per questo gli fu chiesto il nero

Il ragioniere ha raccontato di sentirsi minacciato. Sarebbero stati proprio i suoi committenti a consigliarlo di cambiare aria quando la Finanza cominciò a indagare

VENEZIA – Al pubblico ministero Stefano Ancillotto, Mirco Voltazza ha raccontato di aver procurato fatture false a Piergiorgio Baita e che era stato lo stesso ex amministratore delegato di Mantovani a chiedergliele. Ha anche detto di essere stato «vivamente consigliato» – ma non ha voluto dire da chi – di darsi alla latitanza, dopo una condanna definitiva a un anno e mezzo per peculato, ricettazione e calunnia, nascondendosi così per 4 mesi nell’ex Jugoslavia. Una volta arrestato Baita per frode fiscale – per la Procura veneziana l’imprenditore è a capo di un’associazione per delinquere finalizzata a frodare il fisco con fatture false per milioni di euro – Voltazza si è deciso a tornare. Così, per migliorare la propria posizione processuale, ha voluto consegnarsi alla Guardia di Finanza di Mestre e al pm Stefano Ancillotto, al quale per sei ore mercoledì ha raccontato la sua verità. L’imprenditore padovano di Polverara ha ricordato – in sostanza – di aver lavorato con la propria società per alcune opere collaterali al Mose, ma di essersi trovato ad un certo punto in difficoltà per mancanza di lavoro. Avrebbe così chiesto direttamente a Baita un aiuto e quest’ultimo – secondo dichiarazioni ora al vaglio degli investigatori – gli avrebbe «fatto capire» che a Mantovani interessavano fatture false per creare fondi neri. Da poco, infatti, Baita aveva dovuto abbandonare la Bmc Broker del sanmarinese William Ambrogio Colombelli che – ha confermato quest’ultimo davanti al pm Ancillotto – avrebbe procurato negli anni false fatturazioni per almeno 10 milioni di euro intestate alla Mantovani e a altre società. Troppo esagerati. Così Bmc era finita nel mirino della Finanza, diventando pericolosa e Baita – secondo l’accusa – era alla ricerca di nuove cartiere. E così Voltazza si sarebbe attivato, procurando piccole società disposte ad emettere false ricevute di spesa: un’ “attività” iniziata da poco, tanto che si stanno facendo controlli su fatture fasulle per un paio di milioni. «Il mio assistito ha risposto a tutte le domande che il pm gli ha fatto relative alla sua latitanza. Ha spiegato completamente tutto e smentito le leggende metropolitane circolate sul suo conto e su come ha trascorso i 4 mesi e 12 giorni di latitanza», spiega l’avvocato Michele Pergola, «il ragionier Voltazza ha inoltre parlato di tutte le fatture relative all’inchiesta Mantovani. Ha risposto a tutte le domande sulle fatture che riguardano l’inchiesta». Nell’interrogatorio davanti al pm Ancillotto e dagli investigatori del Gico della Guardia di Finanza, Voltazza ha parlato anche del fatto che sarebbe stato minacciato e che per questo teme per la sua incolumità fisica, spiegando che a metà dello scorso anno, quando è stato evidente che lui doveva finire in carcere per una sentenza passata in giudicato, la “cricca” gli ha offerto dei soldi perché se ne andasse: troppo pericoloso che rimanesse in Italia, con il rischio di parlare delle nuove cartiere. «Al mio cliente i timori restano», conclude il legale, «e non sono campati in aria vista la situazione. Comunque ora si trova in carcere, in isolamento, a Venezia». Il ragionier Voltazza sarà nuovamente sentito dal pm nelle prossime settimane.

Roberta De Rossi e Carlo Mion

 

I LEGALI: L’INCHIESTA PASSI DA VENEZIA A PADOVA

Il Riesame decide sull’incompetenza

VENEZIA – Giornata importante nell’inchiesta per frode fiscale che ha fatto finire in carcere l’ex amministratore delegato di Mantovani Piergiorgio Baita, il direttore amministrativo della società Nicolò Buson, l’ex segretaria di Giancarlo Galan e titolare di Adria Investimenti Claudia Minutillo (ora agli arresti domiciliari, dopo aver collaborato) e William Ambrogio Colombelli, titolare della Bmc Broker di San Marino, accusati di aver partecipato ad un’associazione per delinquere finalizzata alla creazione di una rete di false fatture per almeno 10 milioni di euro, per creare un fondo nero esentasse. Oggi, il Tribunale del Riesame – presieduto da Angelo Risi – valuterà la richiesta di incompetenza territoriale (e annullamento della custodia cautelare) presentata dagli avvocati Pietro Longo e Paola Rubini per conto di Baita, da due settimane in carcere, silente. Per la difesa il reato contestato sarebbe semmai maturato a Padova, dove Baita ha l’ufficio, mentre per la Procura di Venezia e il gip Scaramuzza (che ha firmate le ordinanze di custodia) fa fede la sede legale della Mantovani. In discussione anche il ricorso presentato dall’avvocato Fogliata per conto di Colombelli, che dopo giorni di carcere ha confermato di aver prodotto fatture per conto di Baita: probabilmente, la Procura darà parere favorevole agli arresti domiciliari. Ieri, ha presentato ricorso al Tribunale della libertà anche Buson – udienza il 22 – mentre i giudici valuteranno le richieste di dissequestro di appartamenti e conti correnti, il 19 marzo. Oggi, intanto, si riunisce il cda della Mantovani – la grande società edile impegnata in appalti miliardari, come il Mose e project financing come il tram di Venezia o il nuovo tunnel di Verona – chiamato a nominare i suoi nuovi vertici dopo le dimissioni di Baita (che ha lasciato tutti i suoi 42 incarichi) e Buson. (r.d.r.)

 

Gazzettino – Baita, parla anche il ragioniere dei segreti

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14

mar

2013

INCHIESTA – Per gli inquirenti il consulente della Mantovani potrebbe sapere molte cose del sistema delle fatture false

Mirco Voltazza, che era fuggito all’estero, si è costituito. E’ stato interrogato per sei ore dal pm Ancillotto

Si è costituito ieri alla Guardia di Finanza Mirco Voltazza, il consulente della Mantovani spa per l’Expo 2015 ricercato perché deve scontare una condanna passata in giudicato per ricettazione e altri reati. Secondo gli inquirenti il ragioniere padovano potrebbe essere depositario di molti segreti utili alla prosecuzione dell’inchiesta sulle false fatturazioni milionarie per le quali sono finiti in carcere il presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, il direttore amministrativo Nicolò Buson, l’amministratrice di Adria Infrastrutture, Claudia Minutillo e il presidente della società di San Marino, Bmc Broker, William Alfonso Colombelli.
Ed è per questo motivo che il sostituto procuratore Stefano Ancilotto si è recato subito ad ascoltarlo: il suo interrogatorio è proseguito per circa sei ore, fino alle 22, negli uffici delle Fiamme Gialle di via Costa a Mestre.
L’ufficio e l’abitazione di Voltazza erano stati perquisiti una decina di giorni fa, contestualmente all’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare alla ricerca di documentazione utile all’inchiesta. Analoga perquisizione era stata operata anche nei confronti di un suo amico, l’imprenditore Luigi Dal Borgo, residente in provincia di Belluno, amministratore di una società di Marghera, in via Fratelli Bandiera 45 (nella stessa sede in cui lavorava anche Voltazza), e di un’altra che ha sede a Quarto d’Altino.
Nei giorni successivi alla notizia delle perquisizioni, il ragioniere inviò un messaggio via posta elettronica alle redazioni di quotidiani e Tv nel quale spiegò di essere stato «consigliato vivamente di andare fuori onde evitare altre problematiche», aggiungendo di aver deciso, però, di far rientro in Italia, «disattendendo i “consigli” e questo anche a costo della mia personale incolumità (spero che non si arrabbieranno in molti) per fare luce su questa vicenda». In quel messaggio non precisava chi gli avrebbe consigliato di andarsene, né quali sarebbero le altre problematiche da evitare, ma è molto probabile che abbia raccontato tutto al pm Ancilotto, facendo nomi e cognomi, e elencando episodi e circostanze di cui è a conoscenza. Di sicuro ha ricostruito dettagliatamente il periodo della sua latitanza. Gli investigatori sospettano che abbia avuto un ruolo nei tentativi di inquinamento delle prove che sarebbero stati messi in atto lo scorso anno per cercare di fermare l’inchiesta della Finanza.

 

Nuova Venezia – Mantovani, Vuota il sacco anche Colombelli

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13

mar

2013

Ha chiesto di essere sentito e ha parlato per cinque ore ai pm Ancillotto e Buccini

VENEZIA – Abituato a una vita tra barche sulla costa ligure, auto di lusso, ville, dopo 11 giorni di carcere William Ambrogio Colombelli ha chiesto di parlare con il pm Stefano Ancillotto, che lo accusa di essere stato – con la sua Bmc Broker, sede a San Marino – la fabbrica di fatture false di Piergiorgio Baita (ex ad di Mantovani, in carcere) per 20 milioni di “nero”. Ieri, assistito dall’avvocato Fogliata, per cinque lunghe ore Colombelli – apparso piuttosto provato – ha risposto a tutte le domande dei pm Ancillotto e Stefano Buccini, che avevano cercato di mantenere riservato l’interrogatorio, annunciando di essere impegnati in udienza. Dopo la collaborazione alle indagini di Claudia Minutillo – ex segretaria di Giancarlo Galan, poi ad dell’Adria Infrastrutture, ex compagna di Colombelli, che ha ottenuto gli arresti domiciliari – davanti 6 faldoni e 8 Dvd di intercettazioni, fatture, riscontri bancari, s’incrina il fronte del silenzio. Se i riscontri alle dichiarazioni di Colombelli saranno positivi, c’è da credere che la Procura non si opporrà alla richiesta di arresti domiciliari che la difesa avanzerà venerdì davanti al Tribunale del Riesame. Mentre potrebbe essere sentito dai pm anche il direttore amministrativo della Mantovani, Nicolò Buson – per il quale l’avvocata Fois ha fatto istanza di Riesame – chi mantiene la linea del silenzio è Piergiorgio Baita, accusato di essere il capo dell’associazione a delinquere. «Noi andiamo avanti per la nostra strada, nel chiedere al Riesame l’incompetenza territoriale della Procura di Venezia e, comunque, gli arresti domiciliari», commenta l’avvocata Rubini. Al Riesame è annunciata anche la presenza dell’avvocato Piero Longo, difensore di Berlusconi. In attesa del seguito di un’inchiesta che non pare certo ultimata, proseguono gli sviluppi politici. Ìeri il presidente della Regione Luca Zaia ha ricevuto dall’ad di Veneto Strade, Vernizzi, la relazione sui rapporti con le imprese del gruppo Mantovani. Il faldone, già trasmesso al responsabile del nucleo ispettivo interno, raccoglie anche la documentazione delle fiere svolte da Veneto Strade sino al 2010 e le relative sei fatture Bmc, tra il 2005 e il 2010. «Atti che non riguardano la mia amministrazione», sottolinea Zaia, «perché da quando siamo arrivati noi è cambiato il mondo e in bilancio abbiamo asciugato circa 700 milioni di euro». Tra le fatture presenti anche quattro relative ad acquisti di Veneto Strade presso tre aziende tedesche ed una austriaca specializzate in prodotti per la cantieristica. Nell’ordinanza di custodia cautelare si fa riferimento a fatture intestate a Veneto strade per 2,1 milioni di euro. In Comune a Venezia, invece, un gruppo di consiglieri ha formalizzato la delibera per la costituzione di una commissione straordinaria d’inchiesta sui rapporti con la Mantovani. Roberta De Rossi

 

IL MALAFFARE IN VENETO » GLI INTRECCI SOCIETARI

Quattro indagini e un solo indirizzo

Via Pepe 12 a Mestre è il crocevia di interessi milionari tra Bellamio, Minutillo e Baita. E tra Di Bisceglie e Barone

PADOVA – Quattro indagini di procure diverse: Venezia, Milano, Napoli, Catanzaro. Decine di persone coinvolte: manager, politici, commercialisti, faccendieri in odore di ’ndrangheta, imprenditori. Una miriade di società: partecipate, cancellate, chiuse e riaperte in altre città, o ridisegnate nel loro assetto. A legare fra loro pezzi di indagini, alcune persone e diverse aziende c’è un indirizzo. Indirizzo che compare e scompare, inabissandosi in visure camerali e talvolta riemergendo come luogo fisico per sedi legali di anonime srl. Eccolo: via Guglielmo Pepe 12, Venezia-Mestre. Terraferma. È da lì, da via Pepe, che si dipanano, o transitano, le quattro indagini che finora hanno portato, negli ultimi tre anni, a scoperchiare il malaffare in Veneto. Perché da via Pepe? Perché, per esempio, in via Pepe c’era lo studio di commercialisti Bpv al cui interno (fino all’epoca delle indagini) operavano Paolo Bellamio ed Enrico Prandin, professionisti molto noti in Veneto e ora a giudizio perché coinvolti nella bancarotta Enerambiente insieme all’imprenditore trevigiano Stefano Gavioli, gli avvocati e Giovanni Faggiano di Brindisi, Giorgio Zabeo di Stra, l’ex direttore generale della banca del Veneziano Alessandro Arzenton di Padova, il dirigente e la funzionaria dello stesso istituto di credito Mario Zavagno e Francesca Furlan, il braccio destro operativo di Gavioli nella gestione dei rifiuti Loris Zerbin di Campolongo Maggiore e un’altra dipendente dell’imprenditore di Mogliano, Stefania Vio di Venezia. Il “metodo Gavioli” per la procura di Napoli era semplice: acquisire appalti, quindi scaricare sulla vecchia società costi e debiti e aprirne una nuova trasferendo a quest’ultima le attività. Anche la procura di Catanzaro nel dicembre scorso ha chiesto il rinvio a giudizio di Gavioli, Faggiano, Prandin, Bellamio e altri per le attività di raccolta dei rifiuti urbani e di gestione di una discarica di Enerambiente svolta in Calabria: in questo caso i reati contestati sono associazione a delinquere, abuso di ufficio, corruzione, evasione fiscale. Ma in via Pepe, sempre al civico 12, troviamo la sede di alcune attività riconducibili anche a Claudia Minutillo, l’ex segretaria di Galan arrestata (ora ai domiciliari), a sua volta in affari con Piergiorgio Baita, accusati entrambi di aver creato un sistema di “cartiere” che coinvolge aziende di Marghera (collegate all’imprenditore bellunese Luigi Dal Borgo) e finanziarie di San Marino in grado di creare milioni di euro di “nero”, con il coinvolgimento del braccio destro di Baita, Mirko Voltazza di Polverara. E non è finita: via Pepe 12 è l’indirizzo di due società (una chiusa) riconducibili a Roberto Di Bisceglie, faccendiere foggiano, sposato con una padovana e finito nel mirino della procura di Milano per una maxi indagine che riguarda la ’ndrangheta e la famiglia Strangio. Di Bisceglie, nell’inchiesta denimonata “Infinito” e condotta dal pm Ilda Bocassini, è attore insieme ad altre persone, tra cui Giovanni Barone (il cui nome qualche anno fa è comparso nella vicenda che riguarda il post concordato Edilbasso), della scalata di due società la Perego Strade di Milano e la trentina Cosbau, con le quali partecipare all’acquisizione di appalti pubblici. Scriveva il Fatto Quotidiano nel novembre scorso a proposito dell’indagine della Boccassini riferita a Roberto Di Bisceglie: «Da un lato la ‘ndrangheta lombarda, dall’altro la politica nazionale. In mezzo 10 milioni di euro per scalare una società dal goloso portafoglio pubblico, nel senso degli appalti, naturalmente. Commesse per la ricostruzione dell’Aquila terremotata. Metti allora Andrea Pavone, broker al soldo dei clan di San Luca che in riva al Naviglio hanno manovrato una holding dell’edilizia come la Perego. E metti anche un faccendiere, di professione avvocato, pugliese di Foggia con residenza padovana e cariche politiche di rilievo. Sì perché Roberto Di Bisceglie, oltre a ricoprire il ruolo di coordinatore per il Veneto del Partito democratico cristiano, si presenta “come il segretario dell’ex onorevole Gianni Prandini”, Dc della prima ora, bresciano, sottosegretario di Stato nel primo governo Craxi e ministro per quattro volte. L’ultima nel settimo governo Andreotti, ai lavori pubblici. Anno 1991, data dello scandalo: tangenti Anas per le opere autostradali. Prandini incassa una condanna in primo grado a sei anni e quattro mesi, per poi uscirne pulito in Appello». E ancora: «Nel frattempo, però, per la sua mediazione “il segretario dell’ex ministro democristiano” intasca oltre 300 mila euro. Nel 2010, il gip di Milano disporrà il sequestro di quel denaro e Di Bisceglie finirà indagato per concorso nella bancarotta della Perego strade. I giochi si chiudono, lasciando sul piatto l’inquietante vicenda di rapporti tra la ‘ndrangheta di stampo lombardo e i poteri politici deviati». Ma torniamo all’inizio: Gavioli, i commercialisti Bellamio e Prandin, dunque. E poi Baita, Minutillo e le loro società. E ancora Di Bisceglie, Barone e l’inchiesta sulla ‘ndrangheta. Come detto: quattro inchieste distinte che non hanno nulla in comune se non un indirizzo, via Pepe, dove c’è anche uno studio usato come sede legale per le società da molti dei protagonisti. Un altro minimo comun denominatore che può far nascere nuove e interessanti suggestioni, però, c’è. Ovvero, un filo, quasi invisibile che lega fra loro queste storie. In un linguaggio 2.0 si potrebbe tranquillamente affermare che le “keywords”, le parole chiave con cui catalogare le quattro vicende sono le stesse. Conferma implicita che sebbene si tratti di inchieste distinte c’è qualcosa che le avvicina. Sfogliando visure, comparando fra loro indirizzi, attività dichiarate e cercando di comprendere gli incastri di quote azionarie e cariche societarie, si può notare come la volontà di opacizzare le operazioni finanziarie da parte di soggetti sia pubblici che privati (nulla di illecito) sia però diventato in questi ultimi 15 anni un vero e proprio sistema, dove, all’interno, agiscono imprenditori spericolati, manager pubblici senza scrupoli e finanche professionisti insospettabili in grado di “linkare” l’economia di una regione ricca come il Veneto alla finanza illecita riconducibile alla criminalità organizzata. Un sistema in grado di spolpare e “uccidere” dal punto di vista economico-finanziario l’economia regionale. Ma andiamo nel dettaglio. I professionisti Bellamio e Prandin. Paolo Bellamio e Enrico Prandin sono due commercialisti molto noti nel Veneziano. Il primo è stato, in questi ultimi trent’anni, amministratore o presidente del collegio sindacale di numerose società, nonché è stato più volte nominato curatore fallimentare del tribunale civile di Venezia. Nel 2000 il suo nome era finito sui giornali per essersi occupato del fallimento del Calcio Mestre e più tardi era stato chiamato per salvare il Calcio Napoli di cui è stato amministratore unico nel 2004. Ma il suo nome riporta anche ai fasti dell’economia pre-tangentopoli, quando in Veneto gli affari del cemento erano suddivisi tra lo studio di architettura Icomsa Partecipazioni spa di Padova, di cui è stato presidente), e Iniziativa Spa. Bellamio compare grazie alle visure in decine di società, fra cui Italponteggi di Venezia, Elefer di via Masini a Padova, Mogliano Ambiente (sindaco), e Sirma spa (presidente del collegio sindacale). Attività quest’ultime gestite da studi che portavano il suo nome: il Bellamio Pettenello Valentini e associati-commercialisti (società poi cancellata). E il Bpv&Labora srl (studio di consulenze amministrativo-gestionale) di cui è stato consigliere dal 2007 come risulta dalle visure. Anche il curriculum di Enrico Prandin è notevole: liquidatore della Dogal Frutta, società che aveva la sede legale in via Pepe 12, è stato anche sindaco supplente della Ormenese Costruzioni srl (in liquidazione) di Mira, della General Holding (in liquidazione) di Mira. Ma Prandin è stato anche sindaco di Enerambiente srl, di Mogliano Ambiente, della Sirma di Venezia, della Bpv&Labora srla di via Pepe (di cui è stato consigliere), e della Bellamio Pettenello Valentini & Associati-Commercialisti di via Pepe (di cui è stato amministratore), della Essefin Immobiliare (via Pepe 12, sindaco supplente) della Gavioli spa (presidente del collegio sindacale) e della Enertech di Venezia (amministratore). Minutillo: da segretaria di Galan a Dogaressa del Veneto. Tanto si è scritto di Claudia Minutillo in questi giorni. E tanto si scriverà ancora. Per capire l’intreccio degli interessi dell’ex segretaria del Governatore del Veneto Giancarlo Galan bisogna partire dalle sue partecipazioni. Minutillo, 49 anni, veneziana è, o era, registrata come consigliere socio o amministratore di alcune delle più importanti società di infrastrutture del Veneto. Società in cui compare (in alcune) anche Piergiogio Baita. Lasciando da parte la società editoriale dei giornali free-press di Epolis, Minutillo, risulta essere stata membro del consiglio direttivo del Consorzio SiTre Ingegneria di Rovigo, consigliere del consorzio Fagos di Venezia, consigliere nonché presidente del consiglio di amministrazione della Alles (Azienda lavori lagunari escavo smaltimenti spa) di Venezia, consigliere delegato della Adria infrastrutture di Venezia (fino all’approvazione del bilancio 2012), dentro la quale figurano anche Giovanni Mazzacurati del Consorzio Venezia Nuova, Vittorio Caporale, Rosa Bovino, Luigi Dal Borgo (titolare delle aziende di Marghera sospettate di essere “cartiere” a favore della Mantovani). Minutillo compare anche come presidente del consiglio di amministrazione della Veneto Pass società consortile di Venezia, presidente del consiglio di amministrazione della Veneto Tlc di Venezia, della Intecno società consortile, della Nuova Fusina Ingegneria società consortile (vice presidente), della Strada del Mare srl (consigliere) della Autostrada Nogara Mare Adriatico società consortile di Verona (consigliere), della Pedemontana Veneta società per azioni (in liquidazione, consigliere) e della Investimenti srl (in liquidazione, di cui è stata amministratore unico). Anche quest’ultima società aveva la sede legale in via Pepe 12. Liquidatore della Investimenti srl è stato nominato Alessandro Marani Tassinari (nel 2011), un recente passato come aspirante politico (inserito nella lista Brunetta a Venezia), domicilio fiscale in via Pepe 12 e amministratore della Fashion Gate di Padova (commercio all’ingrosso), della Clp di Casal sul Sile, della Bb-Fit srl di via Pepe 12, della Small Pay di via Pepe, della Sintesi Invest di Abano Terme, della San Martino Property, della Fast Trade srl di via Pepe (commercio all’ingrosso di eletrtodomestici), della San Crispino Property spa (zona Padova Uno) di Padova, nonché consigliere delegato della Bpv&Labora srl di via Pepe 12. Di Bisceglie: l’avvocato portaborse di Prandini. Di Bisceglie compare in via Pepe 12 con due società. La Inside Partecipazioni srl (compravendita immobiliare, costruzioni, compravendita di beni mobili comprese opere d’arte, capitale sociale sottoscritto10 mila euro) di cui un socio è Enrico Branco, trevigiano, 43 anni, domiciliato a Venezia, e la cui sede è stata trasferita ad Abano l’anno scorso, in via Configliachi 5/b. Di Bisceglie è anche amministratore unico della Inside srl società con sede in via Masini 6 a Padova (chiusa nel 2011). Il suo nome compare anche come amministratore unico della Euro Consulting (via Pepe 12 a Mestre) società cancellata a fine del 2009, ma prima trasferita a Padova sempre in via Masini, al cui interno ci sono Enrico Branco e Massimo Ieluzzi, 56 anni, foggiano, amministratore unico della De.Pa. Immobiliare srl, società con sede a Wilmington negli Stati Uniti che aveva come oggetto sociale l’attività immobiliare. Tornando a Roberto Di Bisceglie il suo nome, insieme a quello di Giovanni Barone, compare nell’inchiesta della Boccassini contro le infiltrazioni mafiose negli appalti di Milano. Giovanni Barone, come scriveva nell’ottobre del 2012 Cristina Genesin sul Mattino di Padova «risulta indagato nell’inchiesta del procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia. Soprannominato o’ sbirro per il passato di carabiniere ausiliario durante il servizio militare, acquistò per alcuni mesi (nel corso delle molte variazioni dell’assetto societario) il 65% delle quote di Faber – vale a dire la maggioranza assoluta – che, a sua volta, ha rilevato un ramo d’azienda della padovana EdilBasso, continuandone l’attività dopo il concordato preventivo del 6 giugno 2011. In particolare, Faber era subentrata a un appalto Edilbasso nel cantiere dell’ospedale Sant’Antonio. E non a caso Faber ha sede a Loreggia (patria di EdilBasso ) in via dell’Artigianato 9. Insomma contiguità sospette? Antipatiche? Contiguità da evitare? Le definizioni possono essere tante. Sta di fatto che Barone aveva rapporti economici con realtà imprenditoriali locali nonostante i precedenti di polizia per reati contro la pubblica amministrazione, oltraggio, resistenza e violenza, falso, falsa attestazione a pubblico ufficiale, omessa custodia d’armi». Per gli investigatori meneghini, ma anche padovani e veneziani che hanno indagato sull’affare Edilbasso il fatto che Di Bisceglie e Barone dalla Lombardia si siano trasferiti in Veneto è una singolare coincidenza. Tanto più che uno dei due si era appoggiato a uno studio veneziano da dove si dipana la matassa che unisce molti degli interessi dell’imprenditoria, della finanza e della politica veneta che viaggia sull’asse, ormai cementificato, Padova-Venezia.

Paolo Baron

 

Il senatore felice casson (Pd) quand’era magistrato arrestò baita

«La corruzione non è mai sparita con le fatture false e società fantasma»

ROMA «La corruzione non è mai sparita dal Veneto e l’inchiesta Baita lo dimostra. Rispetto agli anni Novanta il sistema di corruzione è soltanto cambiato nei metodi. Riaffiora sotto altre forme, ma non è mai scomparso». È questa l’accusa lanciata dall’ex magistrato Felice Casson, ora senatore del Pd. Presidente uscente della commissione Giustizia ed ex componente della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, Casson conosce bene il malaffare legato agli appalti della Prima e della Seconda Repubblica. Veneziano, sia come procuratore che come giudice delle indagini preliminari si è occupato di inchieste scottanti. Dallo smascheramento dell’operazione Gladio alla strage di Peteano, dalle deviazioni dei servizi segreti fino alla Tangentopoli veneta che decapitò una classe politica e che in Veneto segnò il tramonto di due principali esponenti dei partiti di governo, Dc e Psi, il democristiano Carlo Bernini e il socialista Gianni De Michelis. Fu lui nel 1992 a firmare la prima ordinanza di custodia cautelare che portò in carcere l’allora manager quarantenne Piergiorgio Baita (uscito assolto da quella vicenda). Adesso, come allora, il suo nome è legato alla impresa Mantovani spa di cui, appena uscito dal carcere, diventò amministratore delegato. Ossia il colosso dell’edilizia concessionario di appalti pubblici miliardari. Non solo in Veneto. Baita nel 1992 collaborò con i magistrati, descrivendo i meccanismi di spartizioni delle tangenti tra i partiti, ma tacendo sui nomi. Oggi la storia si ripete. Al centro c’è sempre Piergiorgio Baita con i suoi incarichi in 43 società da cui si sta dimettendo. La colpa di chi è? Dei magistrati che vent’anni fa non si sono spinti fino in fondo, oppure di quella parte del sistema imprenditoriale che continua a vivere di frode fiscale e fondi neri? «Nonostante sembri che l’orologio si sia fermato, in realtà il mondo è molto diverso da quello di vent’anni fa. L’altra volta si parlava di mazzette, di tangenti pagate ai partiti per ottenere appalti. Oggi, almeno per il momento, non ci sono al centro dell’inchiesta tangenti ma reati fiscali. Segno che personaggi come Baita, di cui ricordo la deposizione lucida e consapevole, si sono adeguati al cambiamento. I partiti hanno perso la forza che avevano allora, ma una parte degli imprenditori è riuscita sempre a spartirsi appalti. Abbattono i ricavi, pagando meno tasse, mettendo in piedi società fantasma e giri di fatture false connesse ai fondi neri, false consulenze». Possibile che tutto questo non sia «figlio» di errori fatti nella prima ondata di Tangentopoli? «Lasciare che sia la magistratura a fare pulizia non è sufficiente. Anche se una classe politica è sparita, interi partiti sono scomparsi, la burocrazia è rimasta immutata prestandosi facilmente alla corruzione. Mi riferisco alle figure vicine ai luoghi di potere, come i grandi manager dei ministeri, i funzionari regionali e provinciali. Il sistema della corruzione, secondo le ultime inchieste in corso nelle procure italiane, passa quasi sempre attraverso i personaggi che ricoprono questi incarichi. C’è poi il secondo livello, quello politico, ma non sempre emerge». Il sistema giudiziario non basta a reprimere la corruzione, dobbiamo rassegnarci? «C’è bisogno di riforme urgenti non solo nella politica ma nella pubblica amministrazione. Ci sono troppe zone d’ombra nel nostro sistema burocratico ed è lì che prospera la corruzione. Lì che gli imprenditori disonesti riescono a fare affari e allacciare legami. È necessario semplificare norme e procedure, eliminare conflitti di interesse a tutti i livelli, prevedere una rotazione delle figure al vertice degli enti pubblici». La corruzione può essere favorita dalla scelta delle amministrazioni di far ricorso a società per azioni per la gestione di servizi pubblici? «Non c’è dubbio che andrà rivisto il capitolo della società partecipate con cui regioni, province e comuni gestiscono capitale pubblico in regime di diritto privato sfuggendo, di fatto, al controllo della Corte dei Conti». L’onda di «ribellismo» spaventa, ma la corruzione in Italia ha bruciato 60 miliardi. «Non solo. Gli appalti truccati, le tangenti hanno bruciato anche l’etica della concorrenza e del libero mercato. Chi vive di corruzione vede la trasparenza della pubblica amministrazione come fumo negli occhi».

Fiammetta Cupellaro

 

Alla fine però tutte bocche cucite. La scelta di farsi sentire prima del riesame (venerdì) punterebbe ad ottenere gli arresti domiciliari

Non si esclude che l’imprenditore abbia deciso di collaborare

Dopo le parole di Minutillo indagini verso “alti livelli”

Lungo interrogatorio ieri mattina in Procura a Venezia per William Alfonso Colombelli. L’ex console di San Marino, accusato di aver utilizzato la sua società, la Bmc Broker, come “cartiera” per produrre false fatture per conto della Mantovani spa, è stato ascoltato per oltre quattro ore dai sostituti procuratore Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, alla presenza del difensore, l’avvocato Renzo Fogliata. All’uscita della Cittadella della giustizia di piazzale Roma, tutti si sono trincerati dietro un secco “no comment”: nessuna dichiarazione, né da parte del legale dell’indagato, né degli inquirenti. Massimo il riserbo sul contenuto del verbale d’interrogatorio che potrebbe contenere novità interessanti per il prosieguo delle indagini.
La scelta di farsi ascoltare dai magistrati alla vigilia dell’udienza fissata per venerdì, davanti al Tribunale del riesame di Venezia, potrebbe significare che Colombelli ha deciso di iniziare a collaborare con gli investigatori in modo da far venire meno le esigenze cautelari, almeno in parte, e poter quindi ottenere una misura meno afflittiva del carcere. Ma sarà necessario attendere qualche giorno per capire se le cose stanno effettivamente così. Normalmente le dichiarazioni rese da un indagato devono essere prima verificate e riscontrate. Accertamenti che la Guardia di Finanza ha già attivato dopo l’interrogatorio di sei ore sostenuto la scorsa settimana dall’amministratore delegato di Adria Infrastrutture, Claudia Minutillo, alla quale pochi giorni più tardi sono stati concessi gli arresti domiciliari con il parere favorevole del pm Ancilotto. La confessione della Minutillo, che in passato è stata una delle collaboratrici più strette dell’allora presidente della Regione, Giancarlo Galan, potrebbe aprire nuovi scenari. Per questo motivo non si esclude che l’inchiesta possa portare a clamorose novità fin dai prossimi giorni, allargando lo spettro delle indagini ad altri soggetti, anche ad alto livello.
Mentre Minutillo e Colombelli hanno scelto di parlare con la Procura, ha optato per la linea del silenzio il presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, l’uomo che probabilmente avrebbe più cose da raccontare agli inquirenti, in particolare sulla destinazione dei fondi “neri” per milioni di euro che la società di costruzioni sarebbe riuscita a creare attraverso le presunte false fatturazioni. Dove sono finiti tutti quei soldi? A chi sono stati versati e per quale motivo? I difensori di Baita, gli avvocati Piero Longo e Paola Rubini, hanno presentato ricorso al Riesame eccependo innanzitutto la competenza territoriale di Venezia a proseguire l’indagine, sostenendo che, se reati sono stati commessi, il compito di perseguirli spetta ai magistrati di Padova, dove si trovano gli uffici finanziari della mantovani. Il Gip Scaramuzza ha già rigettato una prima istanza presentata su questo punto, ribadendo che la competenza ad indagare è della Procura di Venezia. Ma la battaglia è soltanto all’inizio.

 

VENETO STRADE – L’amministratore delegato porta in Regione un dossier sull’azienda, compresi i contratti con Bmc

Vernizzi consegna a Zaia 5 anni di fatture

Vernizzi ha dato alla Regione i servizi fatturati negli anni 2005-2010

Ha voluto anticipare i tempi, senza attendere la chiamata del Nucleo Ispettivo Interno costituito dal governatore del Veneto, Luca Zaia. Ieri, prima della seduta della Giunta regionale del Veneto, Silvano Vernizzi, amministratore delegato di Veneto Strade, ha consegnato al presidente regionale un dossier con tutte le fatture pagate per servizi concordati con società con sede all’estero, dal 2005 al 2010.
Una corposa cartella azzurra, con tanto di indice con riferimenti alle pagine del dossier per permettere una più facile consultazione. Tra le carte, spiccano ovviamente, le documentazioni riferite alla Bmc di San Marino, la società finita nella rete della magistratura per falsa fatturazione e sospetto di tangenti. «Sono cinque-sei fatture riguardanti la Bmc – dice Zaia, ma in realtà sono di più – Ci sono anche altri certificati di pagamento per forniture con società in Austria e in altri Paesi europei ma riguardanti l’acquisto di materiale utilizzato per la costruzione di autostrade e gallerie». Dunque, in questo ultimo caso, niente di sospetto. Per la Bmc («San Marino è nella black list» ricorda il governatore), è presumibile, come risulta dai verbali in possesso dalla magistratura, che la fatturazione riguardi l’organizzazione da parte della società sanmarinese di appuntamenti come l’inaugurazione del Passante di Mestre, della posa della prima pietra della Valdastico sud e del Mose di Venezia.
Il faldone, protocollato dalla segreteria della Giunta, è ora allo studio del responsabile del Nucleo Ispettivo Interno, Tiziano Baggio come segretario generale della programmazione. Il quale, insieme al segretario della Giunta, Mario Caramel, Maurizio Gasparin, dirigente della Direzione Enti Locali, Persone Giuridiche e Controllo Atti; Daniela Palumbo, dirigente del primo servizio della Direzione Affari Legislativi; Maurizio Santone, dirigente della Direzione Ragioneria; Egidio Di Rienzo, dirigente della Direzione regionale attività ispettiva e vigilanza settore socio-sanitario veneto, sta operando per allargare la ricognizione oltre che a Veneto Strade anche a Veneto Acque (anch’essa oggetto dell’indagine della magistratura) e a tutte le società partecipate e controllate della Regione.
In una decina di giorni, il Nucleo dovrebbe avere un quadro quasi completo sulle attività delle società. E quindi, consegnare alla magistratura l’esito dell’indagine e anche al Consiglio regionale come integrazione a quanto comproverà la commissione d’inchiesta approvata dall’assemblea veneta.

Giorgio Gasco

 

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO

Anche Buson ha presentato ricorso al riesame

Anche il padovano Nicolò Buson ha presentato ricorso al Tribunale del riesame: l’udienza per la sua posizione, però, non è stata ancora fissata. Il responsabile amministrativo della Mantovani finora è rimasto in silenzio, ma gli investigatori ritengono che sia depositario di molti segreti della società di costruzioni, di cui è stato procuratore speciale fin dal 2006. Il Gip Scaramuzza scrive che il suo è un ruolo «fondamentale» nella presunta organizzazione accusata di aver realizzato false fatture per svariati milioni di euro avvalendosi di varie “cartiere”, prima fra tutte la Bmc Broker di San Marino: quale persona di fiducia di Baita faceva partire i bonifici di pagamento delle consulenze fittizie. E gli inquirenti pensano che possa anche sapere quale fosse la destinazione di almeno una parte dei fondi “neri”.

 

Secondo il Gip deve procedere la prima sede di Procura

Venerdì il Riesame deciderà sulla carcerazione di Baita

Venezia L’inchiesta sulla Mantovani resta a Venezia. Almeno per ora. Almeno fino a quando non si esprimerà in proposito anche il Tribunale del riesame che venerdì dovrà decidere le sorti di tre degli indagati che si trovano ancora in carcere: Piergiorgio Baita, fino a pochi giorni fa legale rappresentante della società veneziana, William Colombelli, presidente della Bmc Broker e Nicolò Buson, responsabile amministrativo della Mantovani. L’istanza, che era stata presentata nei giorni scorsi anche negli uffici di Piazzale Roma, è stata infatti rigettata ieri mattina dal giudice per le indagini preliminari Gabriele Scaramuzza. Secondo il gip vale la regola che è competente la sede nella quale il primo magistrato iscrive il primo nome nel registro degli indagati. Dunque Venezia e l’ufficio del sostituto procuratore Stefano Ancillotto che, da qualche giorno, è stato affiancato dal collega Stefano Buccini. La medesima istanza, però, è stata presentata anche ai giudici del riesame che, presieduti di Angelo Risi, oltre all’eventuale scarcerazione dei tre, venerdì dovranno anche valutare la richiesta avanzata dai legali di Baita – gli avvocati Longo e Rubini – di spostare il procedimento a Padova sostenendo che la sede veneziana non è competente territorialmente in quanto la società di Baita ha sede a Padova. Per l’inchiesta sulla Mantovani e sul giro di fatture ritenute false emesse da una società domiciliata a San Marino si apre dunque una settimana di fuoco. Mentre in procura a Piazzale Roma continuano a sfilare i testimoni informati a vario titolo sulla gestione contabile dell’impresa di costruzioni, venerdì negli uffici di Rialto sarà una giornata cruciale. Da decidere, infatti, ci sono i destini dei tre indagati che si trovano ancora in carcere mentre, com’è noto, la quarta persona che era finita dietro le sbarre, l’ex segretaria di Giancarlo Galan Claudia Minutillo, da venerdì scorso è agli arresti domiciliari grazie alla sua collaborazione con gli inquirenti. Nei giorni scorsi la donna ha fornito una lunghissima deposizione, durata oltre sei ore, davanti al magistrati che si stanno occupando della delicata inchiesta. Una deposizione che rischia di dare un altro passo all’inchiesta. Già in settimana, infatti, alcune persone saranno ascoltate proprio dopo il racconto della Minutillo, che avrebbe spiegato alcuni dettagli non secondari rispetto alla gestione amministrativa e ai rapporti tra la Bmc e la Mantovani. Non solo: Claudia Minutillo avrebbe fornito ai magistrati alcuni elementi utili all’inchiesta, che naturalmente sono al vaglio degli inquirenti e che Ancilotto e Buccini stanno cercando di verificare. Nei prossimi giorni, dunque, l’inchiesta potrebbe riservare ulteriori sorprese, oltre a quella dell’entità del giro “reale” di fondi neri che, come sta emergendo dall’inchiesta, si aggirerebbe secondo le ultime stime a ben venti milioni di euro. E sempre nella giornata di venerdì il patron della Mantovani Costruzioni Spa Romeo Chiarotto ha annunciato il rinnovo del consiglio di amministrazione dopo le dimissioni dalla presidenza di Piergiorgio Baita. Manuela Pivato

 

Voltazza continua la latitanza all’estero: «Rientrerò presto»

Continua la latitanza all’estero di Mirco Voltazza, l’imprenditore padovano, di Polverara, ricercato perché sul suo capo pende un ordine di carcerazione: deve scontare un anno e mezzo di reclusione per una condanna per peculato, ricettazione e calunnia. Non risulta indagato nell’inchiesta Mantovani, anche se la sua società con sede a Marghera è stata perquisita dalla finanza. Il suo socio, Luigi DalBorgo, è stato un assiduo frequentatore di Piergiorgio Baita. È il motivo per cui le loro società sono finite sotto la lente delle fiamme gialle che stanno cercando di capire se anche in questo caso siano state emesse false fatture in favore della Mantovani. Nei giorni scorsi Voltazza ha iniziato una lettera ai giornali in cui si dice pronto a rientrare in Italia: «Rientrerò anche a costo della mia personale incolumità per fare piena luce su questa vicenda».

 

l’intervista-denuncia/ diego BOTTACIN

Consociativismo anticoncorrenza

VENEZIA – Trasparenza, trasparenza, gridano tutti dopo l’arresto di Piergiorgio Baita. E pretendono una commissione d’inchiesta sul possibile coinvolgimento di strutture regionali, salvo scoprire un attimo dopo che ci vuole una legge per istituirla. Troppo tempo. Meglio un nucleo ispettivo fatto da dirigenti di provata fiducia, che in 10 giorni potrebbero acquisire le carte necessarie a fare chiarezza. Ma il nucleo prende ordini dal manovratore, la giunta Zaia, mentre il controllo spetta al Consiglio: siamo matti a lasciarlo fuori? Ne consegue che anche il Consiglio indagherà con una propria struttura amministrativa e con l’accordo di Luca Zaia. Purtroppo resta fuori il quadro generale: nelle grandi opere pubbliche non ci sono solo reati, è la mancanza di concorrenza a costituire il problema politico vero, anche se nessuno va in galera. Chi se ne occupa? Tutti d’accordo, il monitoraggio verrà affidato alla prima commissione permanente del Consiglio regionale. Proviamo a dirlo in altre parole: chi ha dormito fino adesso si occuperà del problema più grave che ha oggi la politica nel Veneto. Diego Bottacin, consigliere di Verso Nord: condivide questa conclusione? «Volevo rispondere meglio tardi che mai, ma è vero che non possiamo andare in soccorso alla magistratura che ci ha dato la sveglia. Nella migliore delle ipotesi l’intervento non serve a nulla, nella peggiore faremo solo confusione. Del resto tutto è già evidente». Che cosa è evidente? «Da 15 anni almeno gli aggiudicatari delle grandi opere pubbliche del Veneto stanno in una mano: parlo di strade, autostrade, ospedali, Mose, forniture di servizi nella sanità di ristorazione, pulizia, assicurazione. Nella graduatoria 2013 dell’Economist l’Italia per trasparenza sta all’87° posto». Lei che risposta si dà? «Che il governo regionale più liberista mai avuto dal Veneto ha costruito una realtà regionale priva di libertà economica. Abbiamo creato mercanti senza mercato. E’ un sistema bloccato. Un sistema corporativo e consociativo». Significa centrodestra e centrosinistra ugualmente responsabili? «Il sistema consociativo poggia su entrambe le gambe, sulla Mantovani come sulle cooperative». Lei è uscito dal centrosinistra, non parla per sentito dire, giusto? «Io ho combattuto questo metodo di spartizione. L’antidoto al consociativismo è fare gare vere. Oggi la gran parte delle opere pubbliche è assegnata senza gara: il Consorzio Venezia Nuova ha tutto in concessione. Tutti i project financing partono per iniziativa di pochi privati che il 31 gennaio di ogni anno li acquisiscono, la Regione li affina e poi li mette in gara dicendo: qualcuno vuol fare il lavoro a meno? Una presa in giro, con la posizione dominante ormai creata». Insomma la commissione d’inchiesta è superflua? «Nel senso di conoscere sì, ma non nel senso di determinare i meccanismi per introdurre concorrenza nel sistema. Nel 2014 scade il contratto con Trenitalia, vedremo se verrà fatta una gara. I project financing devono essere rinegoziati: non è possibile che il consorzio che vince si aggiudichi un servizio per 25 anni, questa è la desertificazione del mercato. In ogni caso il project ha senso per costruire strade, negli ospedali non se ne deve più parlare».

Renzo Mazzaro

 

Gazzettino – Resta a Venezia inchiesta su Baita

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12

mar

2013

LA DIFESA DI BAITA – Il giudice respinge la richiesta di trasferire l’inchiesta a Padova

Oggi si decidono gli interrogatori dei primi tre politici indagati

Resta a Venezia l’inchiesta sulle presunte false fatture milionarie contestate al presidente della mantovani spa, Piergiorgio Baita. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza rigettando l’istanza presentata dalla difesa che aveva chiesto di trasferire il fascicolo per competenza territoriale a Padova, dove si trovano gli uffici amministrativi della società di costruzioni. In un provvedimento di alcune pagine il Gip spiega che è stata la Procura di Venezia la prima ad avviare le indagini e molti degli episodi contestati dal sostituto procuratore Stefano Ancilotto sarebbero stati commessi in provincia di Venezia. La competenza, dunque, resta ai magistrati lagunari. Almeno per ora.
La stessa eccezione potrebbe essere ripresentata venerdì davanti al Tribunale del riesame dai difensori di Baita e di William Alfonso Colombelli, presidente di Bmc Broker, la società con sede a San Marino che, secondo la Guardia di Finanza, avrebbe “costruito” le false fatture, mascherate da consulenze, studi e progettazioni inesistenti, incassando ingenti somme di denaro, successivamente restituite in gran parte, in contanti, a Baita e all’amministratrice di Adria Infrastrutture, Claudia Minutillo. L’unica che finora ha parlato con il pm ed è finita ai domiciliari.

 

LAVORI PUBBLICI – Il sindaco risponderà in commissione sui rapporti finanziari con il gruppo padovano

«Mantovani, chiarezza sui soldi al Comune»

Boraso: «Verifichi se è possibile restituire i 12 milioni avuti in dicembre per sanare il bilancio»

I rapporti intrattenuti negli ultimi anni tra amministrazione comunale e gruppo Mantovani sono tanti e complessi, pertanto il sindaco Giorgio Orsoni relazionerà in commissione Bilancio tra una decina di giorni circa. Un’ora e mezza prima dell’inizio del consiglio comunale in aula consiliare c’erano solamente tre persone: il consigliere del M5S Gianluigi Placella, promotore di un’interrogazione e di un’interpellanza scritte nell’immediatezza degli arresti per presidente del gruppo Piergiorgio Baita. C’erano poi il consigliere di Impegno per Venezia e Mestre, Renato Boraso e il sindaco.
I documenti di Placella partono dal fatto che il gruppo Mantovani ha “salvato” il patto di stabilità del 2012 con 12 milioni (10 di anticipo per l’operazione mercato ortofrutticolo e due per la vendita del pacchetto azionario delle autostrade) e proseguono chiedendo nel dettaglio i rapporti tra il Comune e il gruppo Mantovani e, in generale, l’esistenza di vantaggi di qualsiasi natura concessi a società del gruppo.
«Non sono in condizioni in questo momento di rispondere compiutamente – ha detto – potrò dare risposte più precise in commissione».
Boraso ha colto al volo l’occasione: «Venga allora in commissione Bilancio, così spiegherà anche se sarà possibile in qualche modo restituire al gruppo Mantovani i 12 milioni ricevuti dal Comune a fine anno. Per motivi etici, il Comune dovrebbe rinunciare a questo “favore” dopo quello che è successo».
Boraso ha poi chiesto anche se è possibile verificare l’esistenza di fatture sospette nell’appalto da 100 milioni per i lavori del tram.
«Ho mandato tutti gli atti in Procura – ha risposto Orsoni – saranno loro a verificarlo».

 

TREVISO-MARE

Appello a Zaia: «Fermare tutto e fare chiarezza»

Lo scandalo dell’inchiesta della Procura sul Gruppo Mantovani getta lunghe ombre anche sulla futura autostrada del mare. I responsabili di due delle tre società che hanno presentato il project financing per la progettazione, la costruzione e la gestione della superstrada a pedaggio che dovrà collegare il nuovo casello autostradale di Meolo con Jesolo sono proprio Piergiorgio Baita del Consorzio «Vie del Mare» e Claudia Minutillo di «Adria Infrastrutture», che sono stati arrestati per presunta frode fiscale finalizzata alla costituzione di fondi neri.
Il comitato di cittadini «Sì Treviso-mare», che già nel 2010 si era opposto alla realizzazione dell’autostrada a pagamento ed aveva raccolto oltre 2300 firme, risolleva tutti i dubbi sul progetto. E il segretario del Pd Giampiero Piovesan, in una lettera aperta, chiede al governatore Zaia di inserire anche l’autostrada del mare tra i progetti che verranno esaminati dalla commissione d’inchiesta regionale, per verificarne la correttezza, la legalità e anche l’effettiva necessità.
Ad aprile 2012 il Cipe ha approvato il progetto preliminare ed ora la Regione sta predisponendo l’avviso per l’appalto dei lavori, che l’assessore Chisso ha assicurato verrà pubblicato entro quest’anno. «Le chiedo un atto di coraggio e di responsabilità – scrive il segretario del Pd meolese al governatore Zaia – Blocchi questo progetto fino a quando non sarà fatta piena luce sulla vicenda».

 

Nuova Venezia – L’inchiesta su Baita e le fatture false

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11

mar

2013

Venerdì il tribunale del Riesame a Venezia

Settimana decisiva per l’inchiesta sulla Mantovani, la più importante impresa di costruzioni del Veneto nell’occhio del ciclone per un giro di fatture ritenute false emesse da una società domiciliata a San Marino. Il tribunale del riesame deciderà venerdì la sorte di tre degli indagati che si trovano ancora in carcere: Piergiorgio Baita, fino a pochi giorni fa legale rappresentante della società veneziana, William Colombelli, presidente della Bmc Broker e Nicolò Buson, responsabile amministrativo della Mantovani. La quarta persona arrestata, l’ex segretaria di Giancarlo Galan, è da venerdì agli arresti domiciliari dopo una lunga deposizione, durata sei ore, davanti al magistrati che si stanno occupando della delicata inchiesta. Negli ultimi giorni il pubblico ministero Stefano Ancillotto, da poco affiancato dal collega Stefano Buccini, hanno intensificato il ritmo dei testimoni: ne sarebbero già stati ascoltati una decina, tutti a vario titolo informati della gestione contabile della Mantovani. Nei prossimi giorni alcune persone saranno ascoltate dopo la deposizione di Claudia Minutillo, che avrebbe spiegato alcuni dettagli non secondari rispetto alla gestione amministrativa e ai rapporti tra la Bmc e la Mantovani. Non solo: Claudia Minutillo avrebbe fornito ai magistrati alcuni elementi utili all’inchiesta, che ora Ancilotto e Buccini stanno cercando di verificare. Nei prossimi giorni, dunque, l’inchiesta potrebbe riservare ulteriori sorprese. Il Tribunale del Riesame deve pronunciarsi non solo sulla richiesta di scarcerazione per Baita, Colombelli e Buson ma anche sulla richiesta dei difensori di spostare l’indagine da Venezia a Padova. Il giro di fondi neri che sta emergendo dall’inchiesta si aggirerebbe, secondo le ultime stime, a ben venti milioni di euro.

 

Nuovo tunnel di Verona Grillo contro la Mantovani

Attacco alla Lega sulla concessione in project del traforo delle Torricelle

E in piazza il Movimento 5 Stelle trova l’appoggio del Partito democratico

VERONA – Il titolo è di quelli senza equivoci: «Lega e cemento». Il blog di Beppe Grillo entra a gamba tesa nella politica amministrativa veneta con un attacco diretto al tunnel delle Torricelle a Verona, un traforo di 2,5 chilometri necessario per il completamento della tangenziale nord della città scaligera. Il coinvolgimento della impresa Mantovani tra le aziende che dovrebbero realizzare, per circa un miliardo di euro, il project financing della tangenziale nord è lo spunto dal quale muovono i neo deputati veronesi del M5S Francesca Businarolo, Tancredi Turco e Mattia Fantinati, e del consigliere comunale Gianni Benciolini. La critica riguarda da un lato l’aspetto paesaggistico, perché il tunnel praticamente «buca» la Beverly Hills veronese per tagliare più a nord delle campagne finora quasi incontaminate; dall’altro la preoccupazione è per l’associazione temporanea di imprese coinvolte nella realizzazione dell’opera. Si tratta della Technital, della Girpa (fallita), Simmon fiduciaria spa, Finnat fiduciaria, Verona infrastrutture. Quest’ultima è composta dalla Mazzi costruzioni, Cordioli, Soveco, Gianantonio Parolini. Ma l’ingresso, quale socio finanziario al 69%, della impresa Mantovani ha fatto rizzare le orecchie ai grillini veronesi, soprattutto dopo l’arresto di Piergiorgio Baita per l’ipotesi di reato di frode fiscale. Il Movimento 5 stelle chiede di «interrompere l’iter per la realizzazione dell’opera e fare chiarezza. Riteniamo che questo progetto vada fermato, è uno scellerato consumo del territorio, non rivolve alcun problema di traffico, anzi lo aumenta, costa tropo ed espone le amministrazioni ad infiltrazioni e speculazioni» scrive Alessandro Gennari nel Blog di Beppe Grillo, che ieri ha deciso di accantonare la politica nazionale per dedicare la sua prima pagina al traforo veronese. Il sindaco Flavio Tosi, da sempre assertore del tunnel, ha firmato pochi giorni fa la concessione in project financing dell’opera, non senza prima aver chiesto un parere legale a uno studio romano per verificare l’insussistenza di cause ostative a causa della presenza della Mantovani. Intanto proprio la questione del traforo delle Torricelle riesce nell’impresa che non sta decollando a Roma: sabato pomeriggio si è svolta a Verona una manifestazione contro il traforo alla quale hanno partecipato il Movimento 5 stelle ed anche il Partito Democratico. Prove tecniche di governo?

Daniele Ferrazza

 

 

Gazzettino – Mantovani. Fondi neri, nuovi testimoni

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10

mar

2013

SOTTO TIRO – Piergiorgio Baita, finanzieri al lavoro e la Mantovani a Padova

Si fanno i conti per accertare l’ammontare della frode

Venerdì l’udienza del Tribunale della libertà

VENEZIA Si apre una settimana cruciale per l’inchiesta riguardante le false fatturazioni della Mantovani

Investigatori al lavoro sui documenti sequestrati e sui passaggi di denaro, l’accusa avrebbe altre carte da giocare

Resta alta la tensione attorno all’inchiesta sulla Mantovani. Dopo gli arresti domiciliari concessi a Claudia Minutillo gli avvocati si concentrano sulla prossima udienza del Tribunale del riesame. Se da un lato l’inchiesta della Procura sta proseguendo a pieno ritmo, basti pensare alle verifiche sulle società “cartiere” che hanno interessato decine di realtà, ora l’eventuale svolta soprattutto per Piergiorgio Baita e William Colombelli che puntano ad uscire dal carcere insieme a Nicolò Buson, è rappresentata dall’udienza di venerdì 15. Ma la situazione è in continuo movimento come ha dimostrato la scarcerazione dell’ex segretaria di Giancarlo Galan avvenuta dopo una sua confessione. In queste ore, ad esempio, la Guardia di finanza sta ulteriormente vagliando alcuni passaggi di denaro, già emersi nella prima fase, per accertare definitivamente a quanto possa ammontare l’eventuale patrimonio “in nero” collegato alle false fatture. E il pubblico ministero Stefano Ancilotto, titolare della clamorosa inchiesta che sta facendo tremare diverse persone in Veneto, ha confermato che in queste ore si stanno analizzando altri documenti strategici. Oltre a questo, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbero anche almeno due nuove testimonianze che sarebbero state depositate dalla Procura in vista dell’appuntamento di venerdì.
Conferma di attendere l’udienza del Tribunale del riesame con un interesse anche l’avvocato Renzo Fogliata che in questa vicenda difende William Colombelli, una delle figure chiave dell’indagine della Procura e responsabile della Bmc Broker di San Marino. Qui sarebbero state realizzate le false fatture e il relativo passaggio di denaro.
Intanto sul fronte dell’inchiesta, va ricordato che la Guardia di finanza sta per sequestrate il 5 per cento delle azioni di proprietà di Piergiorgio Baita della Mantovani costruzioni. In passato, contestualmente agli arresti, le Fiamme Gialle avevano già sequestrato alcuni conti correnti e delle abitazioni intestate a Baita, ora invece i militari si starebbero concentrando sul patrimonio azionario dell’ingegnere. Patrimonio che varrebbe circa due milioni di euro, in sensibile flessione rispetto alle quotazioni di qualche tempo fa, quando poteva valere dieci volte tanto. L’ottica è anche quella di garantire risarcimenti danni qualora siano riconosciute responsabilità penali.
Infine, in merito al pranzo di Valdobbiadene del 2 febbraio scorso che sarebbe stato ripreso dalle telecamere della Guardia di finanza, ed organizzato dall’imprenditore Luigi Dal Borgo, va segnalata la presa di posizione di Pier Alessandro Mazzoni (amministratore di Veneto acque spa) che precisa di non aver assolutamente partecipato all’appuntamento: «Anzi, ero al funerale di una persona cara».

Gianpaolo Bonzio

 

GLI ARRESTATI – Tre ancora in carcere, la Minutillo ai domiciliari

Tre detenuti in carcere, uno ai domiciliari. Sono trascorsi dieci giorni dalla retata della Finanza per una supposta frode fiscale da 10 milioni di euro (ma per altri 10 milioni il periodo è prescritto). Sono dietro le sbarre Piergiorgio Baita, presidente della Mantovani spa, Nicolò Buson, direttore finanziario di Mantovani, William Ambrogio Colombelli, titolare della Bmc Broker di San Marino. È uscita due giorni fa per andare ai domiciliari Claudia Minutillo, amministratore delegato di Adria Infrastrutture, già segretaria del governatore del Veneto Giancarlo Galan.

 

INCHIESTA MANTOVANI NON ERO A QUEL PRANZO

In merito alla notizia apparsa venerdì 8 marzo scorso sul Vostro quotidiano e relativa al pranzo tenuto il giorno 2 febbraio 2013 a Valdobbiadene, il sottoscritto smentisce di avervi partecipato nè che ne fosse a conoscenza. Tra l’altro quella mattinata il sottoscritto l’ha trascorsa ad un funerale di un amico e la restante parte della giornata nella propria abitazione. D’altro canto quanto dichiarato può trovare facile conferma visto che, come da Voi riportato, il pranzo è stato ampiamente filmato dalla Guardia di Finanza. Vi sarei grato, a tutela della mia persona, se questa smentita fosse riportata sul Vostro quotidiano.

Pier Alessandro Mazzoni  (Direttore generale Veneto Acque spa)

 

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