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VENEZIA «Gli sconvolgimenti climatici non sono più un problema di un fantascientifico futuro, ma una impellente preoccupazione del presente»: con queste parole l’ammiraglio di squadra Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina Militare italiana, ha aperto ieri mattina il convegno internazionale sui cambiamenti climatici e sulle implicazioni sula sicurezza e sul dominio marittimo, ospitato dalla scuola navale “Morosini”. Il summit, durato oltre sei ore, ha visto alternarsi al pulpito operatori della protezione civile e delle istituzioni, rappresentanti degli organismi internazionali (Onu, Nato, Unesco e Ue), scienziati e militari di differenti Paesi.

«Non possiamo più nascondere la testa nella sabbia» ha proseguito De Giorgi «se non anticipiamo l’orizzonte delle cose da fare non saremo in grado di reagire per tempo».

A preoccupare sono i fenomeni meteorologici estremi, più intensi e più frequenti, e soprattutto il previsto innalzamento del livello del mare, che si stima in crescita di almeno cinquanta centimetri entro il prossimo secolo.

«Una simile eventualità» ha insistito il capo di stato maggiore «vedrebbe porti come Genova, La Spezia, Ravenna e la stessa Venezia finire sommersi. Le conseguenze di simili disastri sono inimmaginabili, anche a livello socio-politico».

Fondamentale, quindi, muoversi presto e con cognizione di causa, prestando orecchio agli avvisi della comunità scientifica; una condizione ribadita con forza dalla dottoressa Francesca Santoro, della commissione intergovernativa oceanografica dell’Unesco, che ha voluto insistere sull’importanza della comunicazione tra mondo accademico, politico e pubblico: «Spesso scienza e amministrazione vivono su mondi separati, ma per le emergenze bisogna creare un flusso unico di informazioni fino alla popolazione, solo così si possono comprendere appieno i rischi ed essere pronti ad ogni eventualità».

Inevitabile trattare il caso veneziano: il professor Georg Umgiesser del dipartimento di oceanografia del Cnr ha infatti lanciato l’allarme per la sopravvivenza della laguna, senza risparmiare le critiche al Mose.

«Con un innalzamento del livello del mare di 50 centimetri la paratie mobili finirebbero per sollevarsi almeno una volta al giorno» ha spiegato l’esperto «con costi di gestione e manutenzione insostenibili. A questo punto sarebbe più sensato chiudere tutto definitivamente e trasformare Venezia in una laguna d’acqua dolce».

(gi.co.)

 

IL CONVEGNO ALL’ARSENALE

Botta e risposta sulla tutela e la salvaguardia di Venezia

ACQUA ALTA – Dibattito acceso all’Arsenale sui cambiamenti climatici

IL RISCHIO «Sarà una laguna di acqua dolce»

Riuscire a trasformare Venezia in una «laguna d’acqua dolce» (quindi un lago) perchè il Mose, alla lunga, non la potrà salvare. È la proposta del ricercatore Georg Umgiesser che ieri mattina ha parlato per conto di Ismar-Cnr (Istituto di Scienze marine e Consiglio Nazionale delle ricerche) al convegno «Maritime implications af climate change» organizzato dalla Marina Militare alla scuola «Francesco Morosini» a Sant’Elena.

«Il Mose – spiega Umgiesser – è stato creato per far fronte a situazioni di emergenza, ma con la velocità con cui si sta innalzando il mare, tra 100 anni la marea crescerà di 50 o 70 centimetri, quindi dovrebbe esser attivo ogni giorno con spese notevoli e un utilizzo frequente che renderebbe difficoltosa anche la sua manutenzione».

L’opera architettonica che salverà Venezia dall’acqua alta è «garantita» per un secolo e non si fa attendere la risposta dell’ingegner Giovanni Cecconi, responsabile del sistema informativo del Consorzio Venezia Nuova. «Il Mose non è una bacchetta magica – ribatte l’ingegnere – ma un’opera che ci permette di difendere Venezia per molti anni e di prendere tempo per studiare nuove soluzioni al notevole innalzamento delle maree. Venezia tra 70 anni sarà l’unica città ad esser difesa, a differenza di altre che invece saranno abbandonate».

Umgiesser solleva però anche un problema recente, sempre relativo all’infrastruttura architettonica: «Se il Mose entra in funzione ad un metro e dieci – afferma lo scienziato – Piazza San Marco che va “sotto” a 90 centimetri nei prossimi anni sarà perennemente allagata e i turisti rinunceranno a visitarla”. Quindi, a rimetterne, sarà l’economia turistica cittadina.

«La quota di salvaguardia – risponde Cecconi – può essere cambiata e abbassata se si vuol garantire la percorribilità di San Marco, basterebbe chiudere solo la bocca di porto del Lido. Certo oltre al Mose occorre completare le “difese locali”, cioè quell’innalzamento che era stato previsto per alcune zone basse di Venezia”.

Sullo scenario preoccupante che si profila all’orizzonte, entrambi gli interlocutori sono d’accordo, dato che l’inquinamento e i fattori climatici stanno velocizzando quanto si era ipotizzato qualche anno fa. «Con l’innalzamento del mare – riprende il ricercatore – la biodiversità e l’idrodiversità della laguna sono a rischio, una soluzione a lungo termine è quella del disinquinamento e di un sistema di canalizzazione con i fiumi che trasformi Venezia in una laguna d’acqua dolce.

Ieri, il modello veneziano inteso anche come stile di vita dei cittadini (ormai preparati alle alte maree), è stato tirato in ballo più volte durante il convegno internazionale che ha discusso emergenze di grossa portata, come gli Tsunami.

«Abbiamo ricevuto i finanziamenti europei per completare e far arrivare un progetto di «alfabetizzazione» sul mare a scuole e politici – spiega Francesca Santoro dello Ioc (Intergovernmental Oceanographic Commission) dell’Unesco – lo abbiamo realizzato in collaborazione con le istituzioni europee, con il Canada e gli Stati Uniti per «educare» al mare, alla comprensione scientifica del fenomeno e alla preparazione di rischi ed emergenze”.

Giorgia Pradolin

 

METEOROLOGIA

Bombe d’acqua, alluvioni, un autunno anomalo, più caldo del previsto, non sono i soli fenomeni che mettono a rischio il nostro territorio, ma soprattutto in previsione ci potranno essere più fenomeni di acqua alta. Anche l’innalzamento del livello del mare, in particolare l’Adriatico, è una minaccia in particolare per Venezia che proprio nei giorni scorsi ha visto la marea alzarsi sopra i 115 centimetri.

«Prevenire questi fenomeni con interventi a livello locale o nazionale «non credo sia possibile» dice il ricercatore che avverte: «Qui o ci si muove a livello globale, o si sta dalla parte dei perdenti. Il cambiamento climatico si combatte solo al livello mondiale. A livello locale si potrà costruire il Mose a Venezia o innalzare le dighe, ma nulla che veramente combatterà la vera causa»

«Abbiamo visto nell’Adriatico che specialmente per la pressione atmosferica la marea meteorologica è cresciuta di molto. Questo significa più che altro per Venezia un aumento di frequenza del fenomeno di acqua alta, esattamente quello che abbiamo sperimentato» spiega il ricercatore dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr, Georg Umgiesser. Gli effetti meteorologici, aggiunge il docente specialista tra l’altro, in studi lagunari e costieri con tecniche di modellistica numerica «influenzano fortemente le acque alte che si verificano nei mari italiani. L’altezza di questi fenomeni dipende da vari fattori, ma più che altro dalla intensità del vento e la pressione atmosferica».

Sull’innalzamento delle maree, Umgiesser osserva che «ci sono sempre state delle fluttuazioni nel passato» ma che «non è chiaro come questo fenomeno continuerà. Sicuro è che sta aumentando il livello medio del mare che porta a un aumento di frequenza dell’acqua alta. E sicuramente l’aumento del livello medio è colpa dei cambiamenti climatici. Per la marea astronomica è più difficile dare spiegazioni, ma quello che viene osservato è che i singoli eventi diventano sempre più forti, come ad esempio le piogge».

 

Gazzettino – Mose. Consorzio avanti con due commissari

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20

nov

2014

MOSE – Si attende la decisione dell’Anac e del prefetto di Roma. Potrebbero essere due tecnici

L’ipotesi è ancora allo studio. Ma sul tavolo del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro pare che ormai il progetto stia piano piano prendendo piede. Con ogni probabilità, non ci sarà un solo commissario, ma due. Pare questa l’ipotesi più accreditata per il “trasferimento di poteri” dall’attuale governance del Consorzio Venezia Nuova a quella nuova sorta dopo il diktat di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. La scelta di due commissari anzichè uno solo, ma neanche fino ad un massimo di tre, come prevede il decreto 90, sarebbe dovuta alla volontà di Cantone e Pecoraro di distinguere le attività del Consorzio Venezia Nuova che, proprio per la loro ampiezza e diversità di argomenti, rischierebbe di ingolfare l’attività di un solo commissario. Quindi, proprio nell’ambito delle numerose competenze, ma anche dell’ampiezza delle opere e delle sfaccettature (amministrative, burocratiche, operative ed ingegneristiche) con le relative competenze necessarie, si sarebbe giunti alla decisione di scegliere una sorta di “coppia al comando”, dove ognuno dei rappresentanti possa avere competenze specifiche e adeguate.

L’identikit potrebbe essere più o meno questo: da una parte, un tecnico di area per le questioni idrauliche (un esperto di settore, ma anche un professore universitario con competenze specifiche); e dall’altra, un funzionario statale che in qualche modo possa (e debba) destreggiarsi nei meandri della pubblica amministrazione ma anche nei rapporti con le numerose imprese della galassia del Consorzio Venezia Nuova e dell’indotto. Insomma, una sorta di “prefetto” in grado di gestire la parte pubblica e/o politica, un po’ sulla falsariga di quello che sta accadendo a Ca’ Farsetti con il commissario prefettizio.

Intanto, proprio la complessità dell’operazione – sostanzialmente la prima nel suo genere – trova la completa disponibilità dell’attuale staff del Cvn che, già nelle scorse settimane, aveva fatto capire che, puntando sul fattore discontinuità rispetto alla gestione Mazzacurati, aveva dimostrato fin da subito la massima collaborazione.

 

SCANDALO MOSE, IL “COMUNE SENTIRE”

Non sono un avvocato e quindi la domanda che pongo può essere ingenua. Ho letto le motivazioni della sentenza a carico di Giancarlo Galan (“Galan, corruzione provata e pena giusta”, così il Gazzettino di martedì 18) e apprendo che la congruità della pena deriva dall’”incensuratezza dell’imputato e l’aver atteso in Italia l’autorizzazione della Camera dei Deputati anziché riparare all’estero”.

Quindi, se ho capito bene, se una persona compie un reato di questa portata ma è la prima volta che lo compie e non scappa, può contare su almeno due opportunità: prima volta che delinque e mancata fuga, senza contare, come terza opportunità, la possibile prescrizione grazie all’elasticità della nostra giustizia.

Mi domando: ma il reato lo ha commesso o no? E se l’ha commesso perché non viene perseguito anche se non scappa?

Evidentemente non è così perché, secondo la dottoressa Galasso “l’adeguatezza della pena va stimata non certo in base a quello che potrebbe essere il comune sentire”.

Sarà anche giusto così, ma soprattutto per reati di questa portata non riesco a liberarmi dal “comune sentire”.

Renato Pestriniero – Venezia

 

L’AUTORITÀ VENEZIANA

Il porto offshore bisogna farlo «perché risponde alla non più procrastinabile esigenza del Porto di Venezia di sopravvivere alla messa in opera del sistema MoSE». L’Autorità portuale di Venezia (Apv) risponde così al capitano Giovanni Anci della Lega che giudica, invece, il terminal d’altura un fallimento e quindi uno spreco di soldi.

L’Apv conferma che la conca di Malamocco è troppo piccola ma spiega che è dovuto al fatto che «quando è stata progettata non prevedeva l’evoluzione verso il gigantismo delle navi commerciali».

L’opera, insomma, è necessaria per far vivere il porto commerciale veneziano, e i soldi che saranno investiti sono 2 miliardi e 100 milioni compresa anche la parte logistica di terraferma, e non oltre 3 miliardi come sostiene invece Anci. I 2 miliardi e 100 milioni sono il risultato della revisione del progetto effettuata dall’olandese Haskoning DHV che ha permesso di abbassare il prezzo del 25% (750 milioni di euro) rispetto al progetto originario di fattibilità realizzato dalla londinese Halcrow Ldt assieme alla Idroesse di Padova.

Il Consorzio Venezia Nuova, con Thetis e Mantovani, per conto del Magistrato alle Acque, insomma, è intervenuto solo nella progettazione della parte petrolifera, spiega ancora l’Autorità portuale, «mentre per la sezione container e, in seguito, per l’intero progetto, ci ha pensato il Porto. E spetterà ad Apv bandire le gare internazionali per la costruzione e gestione dei terminal e del “nastro trasportatore” che li connette». Il famoso nastro che, ribadisce l’Autorità, è la vera novità del progetto revisionato, in quanto «capace di eliminare i tempi morti nelle fasi di carico e scarico dei container, e nel loro trasferimento a terra».

E i petroli? Anci sostiene che, ormai, non ha più senso costruire un terminal in mare perché la Raffineria di Marghera è diventata bio e quella di Mantova, servita da Marghera, ha chiuso. «Un terminal petrolifero offshore (non fa differenza se dedicato al crudo da raffinare o al raffinato da miscelare) risponde a quanto previsto dalla legge 29 novembre 1984 n.798 che obbliga ad estromettere il traffico petrolifero dalla laguna».

(e.t.)

 

Dal 3 giugno il deputato forzista non presiede la commissione Cultura

Se metterà insieme 2,6 milioni, potrà salvare anche villa Rodella a Cinto

VENEZIA – Era martedì 3 giugno 2014 quando l’onorevole Giancarlo Galan, esponente di Forza Italia, presiedeva per l’ultima volta la seduta della settima commissione di Montecitorio (Cultura, scienza e istruzione). All’ordine del giorno l’audizione di tre esperti chiamati a relazionare sulle strategie per contrastare la dispersione scolastica. L’indomani si sarebbe scatenato il ciclone Mose e da allora il presidente della commissione Cultura avrebbe dovuto disertare le austere aule dei Palazzi della Politica. «Nel dichiararmi totalmente estraneo alle accuse che mi sono mosse», disse a caldo l’esponente forzista, «accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili, mi riprometto di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune, con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita».

Come poi sia andata, è noto. Il 16 ottobre la presidente della sezione Gup di Venezia ha accolto la richiesta di patteggiamento dell’ex ministro delle Politiche agricole e dei Beni culturali, applicando due anni e dieci mesi di reclusione.

«L’adeguatezza della pena», ha scritto il giudice Giuliana Galasso, «va stimata non certo in base a quello che potrebbe essere il comune sentire, ma in relazione alle scelte legislative che, nel determinare il minomo e il massimo della pena edittale per ogni fattispecie criminosa, ha delimitato il campo in cui il giudice deve esercitare la propria discrezionalità».

Il ricorso per Cassazione annunciato dagli avvocati di Galan, Antonio Franchini e Niccolò Ghedini, consentirà però di dilazionare il passaggio in giudicato della sentenza e, di conseguenza la sua esecuzione. Pertanto l’ex governatore veneto potrà conservare il suo posto di parlamentare (e la presidenza della commissione Cultura, giacché, come ha spiegato la presidente della Camera, Laura Boldrini, non è previsto il voto di sfiducia) e la lauta indennità di deputato.

Non potrà essere confiscata neppure villa Rodella a Cinto Euganeo, dove Galan è autorizzato a soggiornare insieme con i suoi familiari. L’esponente forzista potrà conservare la villa di Cinto se, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di patteggiamento, riuscirà a versare al Fondo Unico di Giustizia l’importo di 2,6 milioni di euro.

Infine va ricordato che nella dichiarazione dei redditi 2013 l’onorevole Galan ha attestato un reddito imponibile pari a 111. 223 euro: cifra sulla quale ha pagato un’imposta lorda di 41.042 euro.

Claudio Baccarin

 

Gazzettino – Galan, Una Repubblica di banane.

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19

nov

2014

UNA REPUBBLICA DELLE BANANE

Leggendo la notizia sul Gazzettino ho fatto un sobbalzo sulla sedia. A Giancarlo Galan non verrà espropriata la villa e conserverà il posto in Parlamento! Egli dovrà, in base al patteggiamento, recuperare la somma di 2.6 milioni di euro entro 90 giorni e poi tutto verrà messo a tacere? Dove recupererà tale cifra? Ammesso che ci riesca, che soldi sono: il frutto del malaffare? Ma in quale Paese viviamo, dove un corruttore, reo confesso, patteggia la misera condanna a 2 anni e 10 mesi ai domiciliari o al massimo ai servizi sociali?

Il secondo argomento, non peggiore del primo, riguarda la sua permanenza in Parlamento. È mai possibile che per cacciare un ladro dal Parlamento si debba ricorrere al parere dei deputati o dei senatori? Un ladro viene sbattuto fuori a calci, poi se verrà riconosciuta la sua innocenza verrà reintegrato con tutte le scuse. Solo così potremo insegnare a figli e nipoti come ci si comporta quando si assumono cariche pubbliche, altrimenti saremo una repubblica delle banane, un Paese corrotto e deriso da tutto il mondo.

Alessandro Dittadi – Mogliano Veneto (Tv)

 

NON CAPISCO LA SENTENZA

Alla fine sembrerebbe quasi “virtuoso” l’ex governatore Giancarlo Galan, naufragato nelle acque torbide del Mose veneto. Nonostante la mia buona volontà, alle volte non li capisco certi giudici. Spesso le “sofferte” motivazioni delle sentenze deludono e lasciano passare dei messaggi poco “esemplari” per la coscienza collettiva. O il crimine é crimine e le pene adeguate oppure non é tale e quindi la misura di qualsiasi pena diventa “adeguata” sebbene molto spesso al ribasso. Corrotto ma non fuggitivo. Questo sembra essere il riconoscimento “del merito” nei confronti dell’ex governatore. Non é fuggito… e come poteva con una gamba rotta? Deve ritornare dei soldi… ma quanti altri se ne trattiene? Che amarezza!

Natalino Daniele – Rubano (Pd)

 

 

Il comitato Ambiente Venezia scrive al commissario Cantone

«Il Mose è un’opera sbagliata, resa possibile perché ha potuto evolversi nella filiera delle decisioni operative avvalendosi di un sistema corruttivo diffuso e ramificato. Dunque la invitiamo a controllare l’iter procedurale del Mose e a verificarne il funzionamento dal punto di vista tecnico».

Il comitato «Ambiente Venezia» ha scritto ieri una lunga lettera a Raffaele Cantone (nella foto), presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione che ha avviato l’iter per il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova. Allegando i documenti già inviati nel 2007 alla commissione Petizioni del Parlamento europeo e alla magistratura. «La chiara volontà di rottura rispetto a un passato disonesto», si legge nella lettera, «non deve essere tanto di evitare che le indagini della magistratura possano impedire la conclusione dell’opera, come è stato dichiarato. Ma quella di avviare una indagine approfondita su quel progetto. Considerando anche le alternative e le modifiche ancora possibili».

(a.v.)

 

TURISMO A VENEZIA

Zaia rilancia «Ingresso con pedaggio»

Zaia a ruota libera. Il Mose: «È un’opera nazionale, la Regione non scucirà un euro» Il sindaco: «Serve uno sceriffo»

Prenotare. Questa la parola d’ordine di Luca Zaia, presidente della Regione. Se Venezia corre verso i 27 milioni di turisti, non ci sono dubbi sulla necessità di programmare gli ingressi. Quindi di prenotare le visite. Il governatore non parla di numero chiuso, ma lo fa intendere. E rispolvera, a questo riguardo, anche l’opportunità che venga chiesto il “pedaggio” di un euro. Certo, l’offerta dei servizi dovrà essere più appropriata e, di conseguenza, sarà compatibile la richiesta di qualche sacrificio supplementare. Attenzione, però: Venezia non può essere consegnata ad un turismo di élite. Il presidente lo dice chiaro e tondo. «Mai e poi mai», avverte, «accetteremo l’ipotesi, di cui sto sentendo parlare, di evitare l’ingresso in laguna del turismo cosiddetto popolare. Mi opporrò con tutte le forze a eventuali misure che impediscono a genitori della cosiddetta classe meno abbiente di far conoscere Venezia e la storia della Serenissima ai propri figli». In una trasmissione di “Rete Veneta” Zaia ha, di conseguenza, fatto conoscere il modello di sindaco che lui ha in mente. Chi può essere? Giancarlo Gentilini, ovviamente. «Sì, Venezia ha bisogno di un sindaco sceriffo, rigoroso, che faccia pulizia e chiarezza, rispetto al passato. Non importa di quale schieramento». Un sindaco severo, che raccolga soprattutto la sfida della legalità. Non solo per quanto riguarda i grandi cantieri, tipo il Mose, ma soprattutto la vita quotidiana. È intollerabile, ad avviso di Zaia, l’assalto degli immigrati abusivi. «È intollerabile e anche incomprensibile», aggiunge, «perché la città ha soltanto due ingressi e non si riesce a capire perché da questi filtri scappi così tanta gente. Allora significa che c’è una precisa volontà di farla entrare».

Zaia parla anche del Mose e ricorda di aver detto chiaramente al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, alla recente riunione del Cipe, che essendo questa un’opera di carattere nazionale, in cui la Regione non ci ha messo mai le mani, «finché ci sarò io non scuciremo neppure un euro per la gestione o per la manutenzione» delle dighe mobili.

Zaia coltiva la preoccupazione, al riguardo, che rendere funzionante il Mose negli anni costerà un sacco di quattrini, in particolare per la continua pulizia a cui sottoporre le paratie ed i relativi meccanismi. «Per la verità non sono neanche sicuro», ammette, che il sistema garantisca tutta l’efficacia attesa». Perplessità, queste, che fanno dire al presidente che, avendo la possibilità di ripercorrere la storia a ritroso, lui si sarebbe opposto al cantiere. Cantiere che, però, adesso c’è e va portato a conclusione con il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova. Questo, sicuramente, «è un atto dovuto», non si poteva fare diversamente, considerata l’indagine della Procura di Venezia. E ancora una volta Zaia riconosce pubblicamente che i magistrati hanno concluso «un ottimo lavoro».

Francesco Dal Mas

 

Nuova Venezia – Mose, in mare il pontone per le paratoie

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14

nov

2014

Il Jack-Up è stato provato, servirà per sostituirle in occasione della loro manutenzione

LIDO – Mentre la prima schiera di paratoie del Mose veniva sollevata alla bocca di Lido, contemporaneamente il Jack-Up è stato portato in mare e ha superato positivamente le prove di navigazione previste dal Registro Italiano Navale “RINa”. Lo speciale pontone, che servirà alla sostituzione proprio delle paratoie in occasione delle periodiche manutenzioni, è salpato dall’Arsenale il giorno di San Martino, 11 novembre, verso le 9.30, passato per la bocca di porto di Lido e tornato al suo pontile intorno alle 16:00. Il Jack-Up è un vero e proprio mezzo navale, equipaggiato con un sistema di posizionamento collegato al sistema di propulsione: è quindi in grado di navigare e posizionarsi in modo autonomo. Ormeggiato al suo pontile all’Arsenale di Venezia, da lì il Jack-Up è uscito in mare attraverso la bocca di porto di Lido, ha percorso tratti via mare compresi tra la bocca di Lido e la bocca di Malamocco. Il Jack-Up è rimasto in mare per oltre 5 ore per verificare la manovrabilità del mezzo: sono stati effettuati test di evoluzione, di fermata e di marcia indietro e l’arresto di emergenza. Il Jack-Up è uno speciale pontone formato da due semiscafi connessi fra loro: grazie all’innesto di un modulo intermedio, potrà allungarsi o accorciarsi a seconda delle paratoie che dovrà trasportare e agganciare, le quali hanno misure diverse, proporzionali alle profondità dei canali dove vengono installate. Quando il Jack-Up arriva in posizione sopra il cassone, quattro speciali “gambe” alte 26 metri vengono calate fino a raggiungere il fondale. Una volta appoggiato sulle gambe, lo scafo viene sollevato, per garantire la massima stabilità ed evitare oscillazioni dovute al moto ondoso. Al termine dell’installazione lo scafo del Jack-Up viene riabbassato, si sollevano le gambe di appoggio e il mezzo riprende l’assetto di navigazione per il rientro alla base operativa all’Arsenale.

 

Le paratoie si alzano principio di Archimede

Che Fabris e Redi si sorprendano ed esultino per il fatto che le paratoie del Mose si alzino lascia sospettare che non conoscano il principio di Archimede o che se ne vogliano impossessare come fosse una invenzione del Consorzio Venezia Nuova! È tutto quel che consegue che rendere intrinsecamente critico e instabile il sistema, come si può leggere nel Rapporto degli esperti internazionali.

Lettera firmata

 

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