Gazzettino – “Idrovia, ritirate il bando”
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
26
lug
2014
LA PROTESTA S- indaci divisi: Fossò appoggia la richiesta, Fiesso invita a sostenere il progetto
Gli agricoltori di Cia: «Termini insufficienti per tutelare dal rischio idraulico»
Il bando regionale per la progettazione dell’idrovia Padova-Venezia non piace alla Confederazione Italiana degli Agricoltori di Venezia che chiederà alla Regione del Veneto il ritiro e la riformulazione di un nuovo bando. Contro le modalità del progetto appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e su quella della Repubblica Italiana si erano già espressi l’associazione “Salvaguardia Idraulica del Veneziano e Padovano”, i comitati della Riviera del Brenta, Legambiente e alcuni esperti di idraulica e di navigazione interna. Contro le formule del bando era anche stato prospettato un esposto alla magistratura.
Se per chiudere la pratica dell’idrovia non è bastato mezzo secolo, ora i tempi sembrano dilatarsi ancora, nonostante le assicurazioni di fattibilità e di compatibilità fornite dall’assessore regionale alla Difesa del Suolo, Maurizio Conte, La richiesta della Cia arriva dopo un incontro avvenuto ieri mattina a Sambruson di Dolo. Alla riunione erano presenti sindaci e amministratori dei Comuni di Fossò, Stra e Fiesso d’Artico, rappresentanti dei comitati “Brenta Sicuro”, “Opzione Zero” e rappresentanti dei Consorzi di Bonifica del territorio.
«Forte del supporto raccolto oggi a Sambruson – ha detto Luca Lazzaro della Cia di Venezia – ribadiamo che i termini del bando sono insufficienti per tutelare il rischio idraulico del territorio padovano e veneziano. La portata del canale scolmatore va ampliata dai previsti 350 a 450 metri cubi d’acqua al secondo. Solo così si riuscirebbe ad alleggerire le piene del sistema Brenta-Bacchiglione». Grosse critiche sono piovute anche sulla scelta del tipo di imbarcazioni per il trasporto merci.
Diversità di vedute invece da parte degli amministratori pubblici intervenuti. Mentre il sindaco di Fossò, Federica Boscaro, ha approvato l’impostazione della Cia, il primo cittadino di Fiesso d’Artico, Andrea Martellato, ha invitato a non «dividersi sulle scelte fatte dalla Regione e di sostenere comunque il progetto, con migliorie condivise, piuttosto che mandare tutto all’aria».
A conclusione dell’incontro,il presidente di Cia Venezia, Paolo Quaggio, ha spiegato che oltre all’imprescindibile importanza dell’opera, «l’idrovia potrebbe anche stimolare una nuova cultura del territorio, attrezzandola di una pista ciclabile in un’ottica di turismo lento e integrabile con altre attività a basso impatto ambientale».
Vittorino Compagno
Gazzettino – Mira si mobilita a difesa dell’ospedale di Dolo
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
23
lug
2014
Anche a Mira la mobilitazione in difesa dell’ospedale di Dolo. L’iniziativa di protesta con i falsi cartelloni pubblicitari che annunciavano provocatoriamente gli «Affarissimi – La Regione svende l’Ospedale di Dolo» partita qualche giorno fa dal comune direttamente interessato ha trovato sostegno anche a Mira. Otre a SEL, hanno aderito all’iniziativa anche le associazioni Mira2030 e Opzione Zero e la lista civica in consiglio comunale Mira Fuori del Comune. «Abbiamo avviato la raccolta firme a sostegno della petizione popolare in difesa dell’Ospedale di Dolo – spiega Paolo Della Rocca coordinatore di Sel a Mira. – L’operazione lenta ed etichettata dalla Regione come »razionalizzazione” e «riorganizzazione» di fatto maschera un progetto, lo dicono gli atti ed i fatti, di smantellamento”. Dalla Rocca ricorda come l’Asl 13 sia una delle più virtuose di tutta la Regione: spenda poco, ha un numero limitato di posti letto, e, nonostante i mancati finanziamenti promessi dalla Regione, sia riuscita a garantire un buon servizio in un territorio vasto e complesso, abitato da oltre 240.000 persone. «Chiediamo ai cittadini di stare all’erta sulla gestione della loro salute – spiega il coordinatore di Sel – che non può essere »misurata” solo con i bilanci economici e li invitiamo ai banchetti che allestiremo durante l’estate e nelle occasioni pubbliche popolari (si può anche firmare sul sito www.opzionezero.org)”.
(l.gia.)
Nuova Venezia – Anche da Mirano e Pianiga “no” alla Romea Commerciale.
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
22
lug
2014
PIANIGA – Il fronte del no categorico all’autostrada Orte-Venezia si allarga. Dopo i consigli comunale di Fiesso, Dolo e Mira anche Pianiga e Mirano hanno detto no nei giorni scorsi alla Romea commerciale. Il Comitato Opzione Zero però punta all’en plein. Un no in tutti i consigli comunali di Riviera e Miranese. «Altri due Comuni», spiegano Rebecca Ruvoletto e Lisa Causin, «chiedono il ritiro del progetto. Ora sono cinque i Comuni contrari, tutti quelli collocati alla testa della famigerata Romea commerciale. I voti dei consigli comunali di Pianiga e Mirano contro la Orte-Mestre segnano ancora una volta un’inequivocabile inversione di tendenza. Di fronte all’evidenza dei fatti, gli argomenti e le ragioni di chi continua a sostenerla non reggono più». Preciso l’appello finale: «La Romea commerciale pensata alla fine degli anni ’90 ora con il traffico ridotto dalla crisi non serve a nulla», dice Opzione Zero, «è invece necessario affrontare il tema della messa in sicurezza immediata della SS 309 e del trasporto pubblico locale». Il comitato si aspetta nei prossimi mesi che tutti i 17 Comuni del comprensorio si esprimano contro la Commerciale.
(a.ab.)
Gazzettino – Mestre-Orte, anche Mirano e Pianiga dicono no
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
21
lug
2014
VIABILITA’ – Lo annuncia il comitato Opzione Zero: «La vera urgenza è la messa in sicurezza della Romea»
DOLO – Il Comitato Opzione Zero commenta positivamente gli ultimi sviluppi in merito all’autostrada Romea commerciale. «Altri due Comuni del Miranese-Riviera come Mirano e Pianiga , in tutto sono cinque i comuni contrari, hanno chiesto che venga ritirato il progetto della famigerata Romea Commerciale – osservano le portavoce Rebecca Rovoletto e Lisa Causin – La pressione dei comitati, l’insostenibilità dell’opera ed il marciume legato alle grandi opere stanno ribaltando nel territorio la retorica del “fare comunque” tanto cara ai politici». Le portavoci del comitato aggiungono «La priorità deve diventare la messa in sicurezza della Romea come testimoniano le prese di posizione del comune di Mira, di Dolo e di Fiesso perché l’autostrada Orte-Mestre è un progetto che dev’essere stracciato nella sua interezza, come votato dai consigli Comunali di Pianiga e Mirano che segnano una inequivocabile e netta inversione di tendenza». Il presidente di Opzione Zero, Mattia Donadel, aggiunge: «Bisogna crederci fino in fondo, perché l’approvazione del progetto preliminare della Orte-Mestre non è per nulla irreversibile, si tratta di una decisione politica e come tale può essere messa in discussione in ogni momento. È fondamentale che Comuni e le forze politiche trovino il coraggio di cambiare posizione a capiscano che è invece necessario affrontare in modo prioritario il tema della messa in sicurezza immediata della statale 309 e del trasporto pubblico locale, vere urgenze per i cittadini della Riviera».
(L.Per.)
C.S.Op.Zero 18/07/14 – Autostrada Orte-Mestre: Cinquina, anche Mirano e Pianiga dicono no all’autostrada.
Posted by Opzione Zero in Comunicati Stampa, Rassegna stampa | 0 Comments
18
lug
2014
Comunicato Stampa Opzione Zero
Altri due Comuni del Miranese-Riviera del Brenta chiedono il ritiro del progetto; in tutto sono cinque i Comuni contrari, tutti quelli collocati alla “testata” della famigerata romea commerciale.
La pressione dei Comitati, l’insostenibilità dell’opera, e il marciume legato alle grandi opere stanno ribaltando nei territori la retorica “del fare comunque” tanto cara a Renzi e Zaia.
Dall’inchiesta MOSE emerge in modo chiaro come proprio la nuova autostrada fosse pensata e voluta a solo uso e consumo delle cricche del cemento legate alla Mantovani, a Bonsignore e alle Coop emiliane.
Il mostro di asfalto si può e si deve sconfiggere, la priorità deve diventare è la messa in sicurezza della Romea.
Dopo la presa di posizione del Comune di Mira, Dolo, Fiesso ora si aggiungono anche i Comuni di Pianiga e Mirano: l’Autostrada Orte-Mestre è un progetto che deve essere stracciato nella sua interezza.
Infatti i voti dei consigli Comunali di Pianiga e Mirano contro la Orte-Mestre segnano ancora una volta una inequivocabile e netta inversione di tendenza: di fronte all’evidenza dei fatti, gli argomenti e le ragioni di chi continua a sostenerla non reggono più, diventando pura retorica, tanto più se chi la sostiene ora si trovano in carcere o agli arresti domiciliari proprio a causa di una gestione mafiosa della grandi opere.
Da dieci anni, i comitati analizzano dati ufficiali e incontrovertibili ponendoli all’attenzione delle istituzioni locali che, finalmente, si sono decise a prenderne atto: l’opera, oltre che anacronistica, risulta del tutto insostenibile e distruttiva da qualsiasi punto di vista. E del resto proprio dalle indagini sul MOSE, (dichiarazioni di Claudia Minutillo), emerge come proprio la nuova autostrada Orte-Mestre, del costo di almeno 10 miliardi di euro, fosse in cima agli interessi della cricca veneta del cemento così come di quella genovese legata a Bonsignore e di quella legata alle Coop Emiliane: dopo il MOSE, la nuova autostrada sarebbe diventata un altro grosso “osso” da spolpare attraverso la truffa del Project Financing.
Non è un caso che, a livello istituzionale, siano proprio i Comuni ad alzare per primi la voce. Sono infatti le amministrazioni e le popolazioni locali i soli a pagare gli effetti devastanti delle cosiddette “grandi opere” come la Orte-Mestre, sia in termini ambientali sia in termini economici. Anche per i Sindaci più possibilisti ormai è chiaro che le solite promesse di Governo e Regione sulle opere di compensazione sono solo specchietti per le allodole: la storia del Passante sta lì a dimostrarlo.
Rebecca Rovoletto e Lisa Causin, portavoce del Comitato, esprimono grande soddisfazione per questo importante risultato che continua a rafforzare e dà speranza a chi è da sempre impegnato in questa difficile battaglia; e che dimostra che i Comuni nel cui territorio dove dovrebbe trovare spazio la “testa” dell’autostrada si oppongono a tale progetto.
Inoltre la portata di questa presa di posizione supera finalmente la discussione artificiosa e fuorviante, tipicamente NIMBY, in quanto tale progetto viene rigettato per intero.
Secondo Mattia Donadel, presidente di Opzione Zero, “bisogna crederci fino in fondo”: l’approvazione del progetto preliminare della Orte-Mestre non è per nulla irreversibile, si tratta di una decisione politica e come tale può essere messa in discussione in ogni momento.
Per Opzione Zero e per tutto il variegato arcipelago di organizzazioni che costituisce la Rete Nazionale Stop Orte-Mestre, è fondamentale che Comuni e le forze politiche trovino il coraggio di cambiare posizione a capiscano che è invece necessario affrontare in modo prioritario il tema della messa in sicurezza immediata della SS 309 e del trasporto pubblico locale, vere urgenze per i cittadini della Riviera.
Nuova Venezia – Riviera. Gazebo in dieci piazze in difesa dell’ospedale
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
14
lug
2014
Sabato prossimo in riviera
DOLO «Puntiamo a raggiungere quota 10 mila firme in tutta la Riviera del Brenta per bloccare lo smantellamento dell’ospedale di Dolo voluto dall’attuale direzione dell’Asl 13» . A spiegarlo per i comitati Opzione Zero è Mattia Donadel. Il comitato in Riviera ha affiancato la lotta del comitato “Bruno Marcato” per la difesa delle strutture ospedaliere di Dolo. Le firme sono state raccolte in piazza anche sabato scorso con un gazebo a Marano. «Le firme raccolte finora» spiega Donadel «sono quasi 1200. Noi vogliamo contrastare con tutte le forze la strategia del direttore generale dell’Asl 13 che vuole portare via da Dolo il polo chirurgico e concentrare quello medico. Una strategia che nel lungo periodo punta a destrutturare questa Asl a favore di quelle di Padova e Venezia». Una manifestazione unitaria con gazebi in tutte le piazze della Riviera è prevista per sabato 19 luglio. «Saremo contemporaneamente in tutte le piazze dei dieci comuni del comprensorio per raccogliere 10 mila firme entro la fine del mese». Un altro passaggio decisivo sarà la valutazione sull’operato del direttore generale da parte della Conferenza dei sindaci dell’Asl 13. «Il direttore generale » spiega il presidente della Conferenza dei sindaci della Riviera del Brenta Gianpietro Menin «dovrà chiarire per filo e per segno cosa ha fatto finora e come intende procedere nella gestione dell’azienda ospedaliera. Non è scontato che dopo i malumori sollevati con le operazioni di accorpamento in programma ottenga la fiducia senza problemi ». Certo, l’ultima parola spetterebbe alla Regione che potrebbe comunque mantenerlo in carica. «Ma se succedesse sarebbe un grosso smacco per questo territorio» conclude Menin.
(a.ab.)
C.S.Op.Zero congiunto 25/06/14 – L’operazione Project Bond per il Passante di Mestre è a forte rischio corruzione. Intervenga subito Cantone per bloccare l’emissione dei titoli “tossici”.
Posted by Opzione Zero in Comunicati Stampa, Rassegna stampa | 0 Comments
25
giu
2014
Comunicato Stampa congiunto Opzione Zero, Re-Common, Counter Balance
25 giugno 2014
L’operazione Project Bond per il Passante di Mestre è a forte rischio corruzione. Intervenga subito Cantone per bloccare l’emissione dei titoli “tossici”
Opzione Zero, Re:Common e la Rete Europea Counter Balance oggi hanno scritto al presidente dell’Autorità Nazionale Anti-Corruzione Raffaele Cantone per manifestare tutti i loro dubbi e le loro preoccupazioni in merito all’operazione di rifinanziamento del debito del Passante di Mestre attraverso l’emissione sui mercati finanziari dei famigerati Project Bond per 700 milioni di euro. Val la pena ricordare che solo un anno fa la Spa pubblica CAV, gestore del Passante, aveva già ricevuto due finanziamenti: uno dalla BEI per 350 milioni di euro, e uno di 73,5 milioni di euro direttamente da Cassa Depositi e Prestiti.
Per l’acquisto dei titoli finanziari legati all’opera, in quella che viene annunciata come la prima operazione italiana di project bond europei, sono in pole position cinque banche private, tra cui Banca Intesa e Unicredit, Il beneficiario del nuovo finanziamento è appunto la Concessioni Autostradali Venete (CAV) Spa, partecipata al 50% da Regione Veneto e ANAS SpA, costituita nel 2008 con lo scopo di rimborsare a ANAS circa 1 miliardo di euro anticipato per la costruzione del Passante di Mestre e delle opere complementari. Il rimborso avrebbe dovuto avvenire attraverso il gettito dei pedaggi, ma fin da subito si è visto che gli introiti annuali erano insufficienti a ripagare i costi sostenuti.
Costi, è bene ricordare, che dai 750 milioni di euro preventivati inizialmente, sono schizzati nel giro di pochi anni a oltre 1,4 miliardi di euro. Proprio la Corte dei Conti nel 2011 in una relazione ufficiale metteva in evidenza l’aumento spropositato dei costi, nonché l’assenza di controllo pubblico e il rischio di infiltrazione mafiosa. Nel 2013 scoppia in Veneto il caso Mantovani e poi lo scandalo MOSE; e guarda caso il principale esecutore dei lavori di costruzione del Passante di Mestre è la società Mantovani Spa, così come tra i principali soci della società Passante di Mestre scpa, il general contractor che si è aggiudicato la gara per la costruzione del by-pass di Mestre, ci sono le stesse società consorziate con Il Consorzio Venezia Nuova ora al centro della vicenda MOSE. Non sfugge poi l’arresto dell’assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso, e la richiesta di arresto dell’ex-governatore Giancarlo Galan, i due dei principali artefici del Passante.
Nonostante il quadro fosse ormai chiaro da tempo, le spericolate operazioni finanziarie di CAV SpA sono state avallate dall’attuale Giunta Regionale in carica con le delibere n. 1992/2012 e 493/2013 e dai suoi rappresentanti politici nel Consiglio di Amministrazione della società (tra questi fino a poco tempo fa anche l’arrestato Giampietro Marchese, in quota PD). E di questo dovrà risponderne in pieno proprio il Presidente Luca Zaia, che ancora oggi si dichiara ignaro di tutto il malaffare e la corruttela che ha coinvolto la sua Giunta.
“Il vaso di Pandora ormai è stato scoperchiato” ha dichiarato Mattia Donadel, presidente di Opzione Zero. “Quello che emerge in modo chiaro e inequivocabile dalle inchieste in Lombardia e in Veneto è che il “sistema” delle Grandi Opere e del Project Financing sono pensati e strutturati unicamente per alimentare lobby politiche e affaristiche delinquenziali. Tuttavia gli arresti e i procedimenti penali in corso non fermano gli iter dei vari progetti “in cantiere”, e nemmeno le ricadute perverse delle opere già realizzate, prima tra tutte il Passante di Mestre” ha aggiunto Donadel.
“L’emissione dei Project Bond aprirà un altro buco dopo quello provocato solo qualche mese fa dalla stessa CAV con Cassa Depositi e Prestiti e con Banca Europea degli Investimenti per altri 423,5 milioni di euro”, ha affermato Elena Gerebizza di Re:Common.
Per queste ragioni nella lettera al presidente Cantone si chiede conto delle attività di monitoraggio svolte sulle azioni della Regione Veneto e sull’intenzione o meno di inglobare nelle indagini dell’Autorità Anti-Corruzione le operazioni relative all’emissione di project bond, nonché, visto il coinvolgimento della Bei, sulla possibilità di promuovere un’azione di cooperazione nell’ambito del network European Partner Agaist Corruption (Epac), al fine di chiedere maggiori trasparenza alla Banca europea per gli investimenti.
Nuova Venezia – Mira “Serve uno studio prima di scavare la grande Idrovia”
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
22
giu
2014
MIRA «Prima di fare l’Idrovia va fatto uno studio di impatto ambientale che spieghi quali sono i rischi dell’arrivo di questo nuovo fiume che porterà sedimi da tutto il Veneto». A chiederlo sono il comitato Opzione zero e il Pd di Mira insieme all’Associazione cavanisti e al Comune. «La Regione», dice Mattia Donadel di Opzione Zero, «vuole investire un milione e 200mila euro per il progetto preliminare del completamento dell’Idrovia Padova Venezia. Il canale diventerà sia uno scolmatore per le acque del padovano e del vicentino che un canale navigabile che collegherà il futuro Porto Off shore di Venezia con l’interporto di Padova. È importante che sia scartata l’ipotesi di una camionabile ai lati della via d’acqua e che venga realizzata un nuovo canale idroviario di classe 5». Sull’opera ha espresso il suo parere contrario il sindaco di Mira Alvise Maniero che ha ribadito che rappresenta un rischio per l’ambiente. Sulla stessa linea il Pd di Mira “La Regione per accontentare padovani e vicentini, che hanno cementificato il loro territorio », dice il consigliere del Pd Maurizio Barberini, «ora vuole scaricare le piene dei loro fiumi in laguna. Serve uno studio».
(a.ab.)
Gazzettino – Dolo. Raccolta di firme per l’ospedale.
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
21
giu
2014
Scatta domani da via Mazzini e proseguirà per tutta l’estate con presidi anche nelle altre località del Mandamento rivierasco, la raccolta di firme a difesa dell’ospedale di Dolo. “L’ospedale va difeso prima che lo chiudano. La salute va curata quando c’è” è lo slogan con il quale il comitato Bruno Marcato assieme all’Anpi di Dolo, al Comitato Opzione Zero, a Mira 2030, Mira Fuori del Comune, Ponte del Dolo, Prc di Dolo, Fiesso e Mira, Sinistra per Camponogara, Sel di Dolo e Mira, Stra rialzati e Strada comune Stra, si sono uniti contro il nuovo piano socio sanitario regionale che prevede di migliorare la sanità diminuendo gli ospedali a cominciare dall’Asl 13 e in primis l’ospedale di Dolo. I comitati e partiti contestano queste scelte. «Con la riorganizzazione degli ospedali di Dolo, Mirano e Noale sono stati spostati reparti, soppressi altri e non si sono risolti gli annosi problemi come il Pronto Soccorso di Dolo ed il Distretto sanitario di Mira. – Osservano – Nella sostanza con queste decisioni tutti i reparti più importanti e la chirurgia verranno progressivamente concentrati su Mirano mentre a Dolo rimarranno solo Medicina e reparti di area medica, lungodegenza ed un Pronto Soccorso depotenziato. È chiaro che di questo passo si vuole arrivare al declino definitivo dell’Ospedale di Dolo per poi svendere al migliore offerente i padiglioni svuotati (villa Massari compresa) per farci palazzine». E concludono. «Una cosa è certa, tutti i cittadini della Riviera del Brenta, soprattutto per quelli più distanti da Mirano, tutto questo significherebbe un peggioramento della qualità del servizio, disagi e aumento dei costi». I comitati ed i partiti si rivolgo agli oltre 230.000 abitanti rivieraschi e contano di arrivare a toccare almeno 10.000 firme che saranno poi fatte recapitare all’assessore regionale Luca Coletto ed al Governatore Luca Zaia.
(l.per.)
Nuova Venezia – Stessa “cricca” per il Passante. Dossier della corte dei conti.
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
20
giu
2014
Corte dei Conti
Lo stesso sistema per il Passante. Schema Mose anche per le autostrade
Stessa “cricca” per il Passante. Dossier della corte dei conti.
Un errore il ricorso alla procedura di emergenza
PADOVA – Il «dream team» dei grandi appalti in Veneto ha replicato lo schema Mose anche al Passante A4, che ha salvato Mestre dal caos e dall’ingorgo eterno lungo le tangenziali. Realizzato in due anni, per l’ex governatore Galan è il vero modello di efficienza della sua gestione tanto che il 20 settembre 2008 arrivò l’allora premier Silvio Berlusconi a tagliare il nastro. Per la Corte dei Conti, invece, l’opera è costata troppo: 1,4 miliardi di euro, 600 milioni in più del previsto. E soprattutto ha inaugurato la stagione delle opere con procedura d’emergenza, fonte di tanti guai: dalla ricostruzione de l’Aquila all’Expo di Milano. A raccontare come funziona il sistema è Claudia Minutillo, ex ad di Adria Infrastruttre: «So che per il Passante di Mestre è stata agevolata la cordata Impregilo- Mantovani» ha spiegato ai pm di Venezia mentre Piergiorgio Baita, ex ad della Mantovani, ha detto di aver acquistato una società in perdita dell’architetto Bortolo Mainardi, ex commissario delle Grandi opere e poi commissario della Tav in Veneto e Friuli. Baita sostiene di essersi mosso su richiesta dell’assessore Chisso: alla società Territorio di Mainardi fu assegnato un incarico professionale per la preparazione di un project per il prolungamento della A27, poi la società fu rilevata, racconta Baita. E fin qui nulla di penalmente rilevante, tant’è che nonc’è nessuna indagine. Il «dream team» del Passante, figlio delle larghe intese Pdl- Pd veneziano, colossi privati- cooperative, è invece nell’occhio del ciclone per i dossier dei comitati «Re.Common » e «Opzione Zero» che hanno presentato un esposto agli organismi di controllo Ue sui costi dei realizzazione delle opere finanziate dalla Cav, nata nel 2008 per gestire il Passante. La convenzione prevede che la Cav, controllata dalla Regione Veneto e dall’Anas, restituisca all’Anas un miliardo di euro: insomma, quanto anticipato torna a Roma, mentre la Cav aumenta i pedaggi per ripianare il buco, come si è visto a gennaio 2014. La Corte dei Conti ha chiesto chiarimenti sull’aumento dei costi, passati da 864 milioni a 1,388 miliardi di euro, e le risposte non potranno che arrivare dal Contraente generale, cioè il Consorzio Passante di Mestre. Ne fanno parte Impregilo, Grandi Lavori Fincosit (per i lavori del Mose è stato arrestato il presidente [……………..]), Fip industriale(diMauro Scaramuzza), Coveco (con gli arrestati Pio Savioli e Franco Morbiolo), la Ccc e la Cmc due colossi emiliani. La Mantovani di Baita ha ottenuto subappalti. Un sistema collaudato, che ha visto trionfare le «larghe intese» sperimentate con le quote del Consorzio Venezia Nuova che ha la concessione unica per il Mose e le opere di salvaguardia della laguna. Sull’onda della protesta, ora i comitati No Grandi Opere chiedono lo stop sia della Pedemontana che della nuova Valsugana. E annunciano battaglia sul prolungamento della A31 Valdastico. (al.sal.)
Mose, via il finanziere onesto
Claudia Minutillo: «Lui fu trasferito. Baita evitò l’arresto»
RETROSCENA – Galan pontificava «Trasparenza totale»
Minutillo: «Trasferito finanziere che non si faceva corrompere»
In un interrogatorio della testimone chiave il riferimento a un militare che rifiutò mazzette e favori
«Già una volta Baita evitò l’arresto». «Mi disse di una provvista per Tremonti attraverso Milanese»
A una cena Ghedini chiese a Galan di usare la sovrafatturazione per le campagne elettorali
Ero ai domiciliari, arrivò la Polizia: “Non ha paura visto che vive sola?
VENEZIA Quel giorno Berlusconi cercava affannosamente Galan senza trovarlo. Il presidente del Veneto era a pesca, almeno a venti miglia dalla costa, impossibile raggiungerlo. A tenere a bada Berlusconi al telefono c’era Claudia Minutillo, che s’inventava le scuse più verosimili: «Galan è dal dentista», «è sotto anestesia, l’intervento è lungo e difficile». Ma bisognava pure uscire dal dentista, così le viene in soccorso Vittorio Altieri buonanima, titolare all’epoca dell’omonimo studio di progettazione, presente in tutti i grandi lavori del Veneto: «Ci penso io, Claudia». E spedisce unmotoscafo a tutta manetta in alto mare, a raggiungere la barca di Galan per farlo rientrare sottocosta, a portata di telefonino. Quante ne ha viste la Claudia Minutillo, prima come segretaria- ombra di Galan per cinque anni e poi dentro ad Adria Infrastrutture, braccio armato della Mantovani di Piergiorgio Baita, che stava dentro anche al Consorzio Venezia Nuova. Le due polarità, quella politica e quella tecnica, dello scandalo del Mose. Ha passato gli ultimi due anni con l’angoscia che prima o poi doveva capitare. Ma anche con il retropensiero che poteva non capitare niente, perché tutti erano pagati. Tutti incassavano soldi: magistrati, finanzieri, politici, tecnici. Era il sistema e lei stava dentro alle due onnipotenze che lo gestivano. Così funzionava da anni: perché il meccanismo avrebbe dovuto fermarsi? Finché la mattina dell’arresto il mondo le è caduto addosso: non poteva credere che fosse successo e insieme è stata una liberazione. «Finalmente era finita», dice oggi, che non è ancora uscita dalle indagini. Ha riempito quattro verbali di cose che sono state raccontate. Altre sono ancora secretate, perché restano obiettivo dell’inchiesta. Ha patteggiato un anno e quattro mesi per fatture false ma è ancora indagata per concorso in corruzione. Claudia Minutillo ha paura. Siamo nello studio del suo avvocato, si consulta per valutare cosa dire e cosa non dire. Ha paura di sembrare quella che si vendica. Ma ha anche ha paura fisica. L’hanno minacciata. «Una mattina ero agli arresti domiciliari ed è arrivata una pattuglia della polizia. Mi hanno chiesto i documenti, poi altre cose con un tono allusivo: i vetri delle finestre non sono blindati? Non ha paura visto che vive sola? Mi parlavano controllando le telecamere, l’ho detto subito alla procura». I due agenti non erano titolati al controllo, sono stati trasferiti. «Per anni mi sono sentita dentro un film», racconta. «Baita era sicuro di farla franca. Contava sulla rete di controspionaggio che aveva messo in piedi, che gli è costata qualche milione di euro. Non per niente gli hanno trovato la copia dell’ordinanza di arresto nella borsa». Non solo. Piergiorgio Baita aveva un precedente di lusso a suo favore: un anno prima il Gip (non l’attuale Gip Alberto Scaramuzza) aveva respinto la richiesta di custodia cautelare avanzata daipm. Notizia mai uscita. Come altre del racconto della Minutillo: «Ero a cena a casa di Ghedini con Colombelli e Galan quando Ghedini disse a Galan che avrebbe potuto sfruttare la ditta di Colombelli anche per finanziare le campagne elettorali in Veneto, con il sistema della sovrafatturazione. Dicevano che fanno tutti così». Con i particolari di contorno: «Galan prendeva soldi, certo, me lo confidava lui e me lo diceva chi glieli dava. Imprenditori amici, ho fatto i nomi ai magistrati. Durante una campagna elettorale, quando ancora lavoravo con lui, gli portai una busta consegnatami da Baita. Era il 2004 mi pare. Baita in alcune occasioni diceva che bisognava preparare la provvista per Mazzacurati. Era prassi abituale quando Mazzacurati andava a Roma, dove dicono che incontrava Gianni Letta. Una volta mi disse che la provvista era per il ministro Tremonti, attraverso Marco Milanese ». Almeno uno non si faceva pagare. Val la pena sapere chi è. Questa storia salta fuori durante un interrogatorio della Minutillo, quando il pm legge i nomi dei presenti. C’è anche quello di un finanziere, il maggiore Amos Bolis. Lei ha un sobbalzo, parla all’orecchio del suo avvocato Carlo Augenti, il quale chiama fuori il pm Stefano Ancilotto: «La mia cliente non intende parlare perché ha sentito questo nome riferito da Baita». Ancilotto rientra e davanti a tutti spiega: «Il finanziere di cui parlate era il fratello del maggiore Bolis ma è stato trasferito perché nonsi è fatto corrompere». Chi l’ha fatto trasferire? Un riferimento forse si può trovare nell’interrogatorio di Piergiorgio Baita il 28 maggio2013. Baita parla di Roberto Meneguzzo, ad di Palladio Finanziaria, che aveva consegnato a Mazzacurati un telefono con una tecnologia non intercettabile. «Meneguzzo dice a Mazzacurati: ho fatto spostare questo della Finanza», dice Baita. «Adesso ti arriverà la notifica, ti interrogherà qualcuno, devi dire ecc». I pm riusciranno a scoprire il nome interrogando Mirco Voltazza.
Renzo Mazzaro
Cuccioletta chiede di patteggiare
L’ex presidente del Magistrato alle acque vuole uscire dal processo: Procura cauta
VENEZIA – Tra gli indagati, in particolare quelli in carcere e agli arresti domiciliari, più di qualcuno vuole seguire le orme del sindaco di Venezia e dell’ex presidente del Magistrato alle acque: ammettere quello che non si può negare perché gli inquirenti hanno prove schiaccianti e uscire non solo dalla custodia cautelare ma anche dal processo con un patteggiamento. Dopo Giorgio Orsoni anche Patrizio Cuccioletta ha avanzato la richiesta alla Procura in seguito all’interrogatorio di lunedì davanti ai pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini. I pubblici ministeri, pur essendosi battuti affinché prima il consigliere regionale Pd Giampietro Marchese poi i collaboratori di Giovanni Mazzacurati Luciano Neri e Federico Sutto restassero in carcere, è particolarmente soddisfatta di come si sono concluse le prime due udienze davanti al Tribunale del riesame (la prossime saranno lunedì 23 e venerdì 27 giugno). Nessuno degli avvocati che hanno presentato ricorso, almeno fino ad ora, ha messo in discussione l’esistenza dei gravi indizi nei confronti degli indagati, condizione necessaria perché sia emessa un’ordinanza di custodia cautelare. Tutti hanno puntato a mettere in discussione l’esistenza delle esigenze cautelari, cioè il pericolo di inquinamento delle prove e il rischio di reiterazione del reato. E i giudici del Tribunale presieduti dal giudice Angelo Risi, con le loro decisioni di mettere agli arresti domiciliari alcuni degli indagati che erano in carcere, non hanno messo in discussione le fondamenta dell’inchiesta, le indagini della Guardia di finanza, confermandone la bontà. Ha semplicemente ritoccato alcune misure cautelari. Intanto l’ex presidente del Magistrato alle acque di Venezia ha chiesto di patteggiare la pena, ma la Procura si è riservata ogni decisione per calcolarne l’entità. Nel corso dell’interrogatorio reso ai pm, Cuccioletta avrebbe ha ammesso gran parte della proprie responsabilità ma– secondo fonti della Procura – non sarebbe stato preciso nell’indicare le somme che gli sarebbero state recapitate. Il patteggiamento che la Procura potrebbe accettare è legato alla quantificazione non tanto degli aspetti economici (da discutere eventualmente in sede erariale) ma soprattutto del danno legato alla realizzazione delle opere, con carte firmate in bianco, di fatto ponendo il controllore dello Stato (il Mav è ufficio del ministero delle Infrastrutture) al servizio del controllato, ovvero il Cvn di Mazzacurati. Dalla Procura si apprende che la situazione dell’inchiesta è «in una fase di stabilizzazione». Si attende cioè l’esito dei vari ricorsi al Riesame – anche Cuccioletta ha presentato istanza l’attenuazione del provvedimento restrittivo – per poi proseguire lungo gli altri filoni che l’inchiesta ha già fatto fa intravvedere.
Giorgio Cecchetti
Quando Galan pontificava «Massima trasparenza»
Nell’aprile 2003 l’allora governatore parlò alla Commissione nazionale antimafia
«Investimenti il cui importo fa rabbrividire per la responsabilità che comporta»
PADOVA Non un gran che, almeno come custode delle opere pubbliche. In attesa di sapere dalla magistratura se anche lui sia o no coinvolto nei fatti denunciati, c’è già un formale impegno che Giancarlo Galan non ha saputo mantenere: quello di vigilare sulle grandi opere pubbliche, per tenerle al riparo dal virus della corruzione. Che invece, a quanto pare, le ha contagiate alla grande. Una garanzia che il presidente della Regione, all’epoca già da otto anni governatore del Veneto, aveva dato con tutti i crismi a un autorevolissimo interlocutore: la commissione parlamentare antimafia. È il pomeriggio di lunedì 7 aprile 2003, giornata segnata da un singolare maltempo: in mattinata addirittura ha nevicato perfino in laguna. La bicamerale è arrivata a Venezia espressamente per un’audizione con il presidente della Regione sui temi connessi alle possibili infiltrazioni della criminalità; la presiede Roberto Centaro, magistrato di Cassazione, dello stesso partito di Galan (all’epoca Forza Italia). Quest’ultimo affronta di petto il nodo, riferendosi espressamente alle grandi opere pubbliche: spiega che sono stati impostati cantieri destinati a far arrivare in Veneto cifre ingenti, a fronte delle quali manifesta la propria preoccupazione non disgiunta dalla consapevolezza dell’impegno da assumere: «Sono investimenti il cui ammontare mi fa rabbrividire, per la responsabilità che ci assegna nello svolgimento di tutte le operazioni collegate con la massima efficienza e trasparenza». Due termini, questi ultimi, che il presidente ribadisce poco dopo, aggiungendone un terzo: «Ci vorrà il massimo della trasparenza, dell’efficienza e della sorveglianza», perché le somme in gioco sono tali da muovere pericolosi appetiti. Le cita in vecchie lire, Galan, quasi per rinforzare il concetto: 12mila miliardi per il Mose, 2.500 per la Pedemontana, 2.000 per il Passante di Mestre; e poi ancora la futura Romea commerciale e le opere ferroviarie a partire dall’alta velocità. Il governatore si affretta comunque a tranquillizzare i suoi interlocutori: «Il Veneto è un’isola felice», assicura (e in effetti, a quanto pare, quegli investimenti hanno poi fatto la felicità di molti). È quindi la volta delle domande di alcuni commissari; rispondendo, Galan torna tra l’altro sulla questione specifica, spiegando che in vista della realizzazione delle grandi opere la Regione ha già messo in atto alcuni strumenti, tra cui un’intesa con l’Anci (l’associazione dei Comuni) per definire un prezzario relativo proprio agli appalti; e questo nell’esplicito intento di «non trovarci di fronte ad offerte anomale o ad altri accordi che fanno sì che un appalto non sia libero». Anche su questo passaggio molte imprese avrebbero magari oggi qualcosa da dire, alla luce di quanto sta emergendo dalle inchieste. A seguito di un’esplicita domanda su questo, il presidente spiega che peraltro il fenomeno delle offerte anomale non è di casa in Veneto, e assicura che oltre l’80 per cento degli appalti fino a quel momento assegnati è stato vinto da imprese locali, quindi soggetti a ferrei controlli. C’è di più: proprio riferendosi al Mose, fa presente la scelta di affidare il 60 per cento degli appalti in amministrazione diretta dello Stato tramite il concessionario (quindi il Consorzio Venezia Nuova), e di assegnare il rimanente 40 tramite gare europee. Aggiunge peraltro che «si tratta di interventi così rilevanti, sotto l’attenzione di tutto il mondo, che il nome stesso delle aziende concorrenti dovrebbe offrire una garanzia». E qui almeno in parte ci prende: che sul Mose e connessi in queste settimane si sia concentrata l’attenzione planetaria, è cosa assolutamente indiscutibile. Galan assicura alla commissione che così si farà anche per i cantieri futuri, a partire da quelli del Passante di Mestre, che sarebbe poi entrato in funzione nel 2009: i bandi di gara per gli appalti, sottolinea, «saranno eseguiti da un soggetto terzo, per garanzia di competenza e imparzialità, appartenente alla pubblica amministrazione». E da ultimo, fornisce una precisa garanzia ribadendo ancora una volta i concetti iniziali: «È assoluto interesse della nostra Regione dare una dimostrazione non solo di efficienza ma anche di trasparenza ». Trasparenza, efficienza, sorveglianza: quanto siano state assicurate, lo dice con grande chiarezza l’inchiesta della magistratura. Dalle cui pagine ci si può anche fare un’idea di quanto siano state tradotte in pratica le parole conclusive del governatore, in quell’ormai lontano aprile 2003: «Facciamo tutto quanto è nelle nostre possibilità per gestire in modo migliore ciò che comunque ci è stato elargito». Figuriamoci se fosse stato il modo peggiore…
Francesco Jori
IL PROCURATORE NORDIO «Il giudice non ha missioni»
MILANO «Guai a noi se volessimo, come qualcuno, far coincidere la verità processuale con la verità storica, con la verità politica».E«guai al magistrato che si sente investito di una missione etica, palingenetica ». Lo ha detto Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia, concludendo il suo intervento a Milano per i 90 anni dall’ omicidio, per mano fascista, del parlamentare socialista Giacomo Matteotti. Nordio ironizzando sul fatto che l’appuntamento milanese sia caduto subito dopo lo scandalo Mose su cui sta indagando, ha presentato il volume “I processi Matteotti”, pubblicato dalla Fondazione Kuliscioff, di cui ha curato l’introduzione.
L’Espresso: «Socostramo, impresa virtual specializzata nel trading di partecipazioni»
La Socostramo di Erasmo Cinque,costruttore romano «che è stato consigliere del ministro Altero Matteoli», indagato nell’inchiesta sul presunto scandalo del Mose, sarebbe stata una sorta di «impresa virtuale» che avrebbe operato «attraverso un fitto trading di partecipazioni in importanti consorzi per realizzare opere pubbliche in Veneto, Lazio e Lombardia». Lo scrive “l’Espresso” nel numero in edicola oggi. Nell’area di Venezia l’imprenditore Cinque «ha ceduto alla Mantovani di Romeo Chiarotto e Piergiorgio Baita la sua quota nei consorzi La Quado, Fagos e Talea ricavando oltre 15 milioni da attività che risultavano bloccate per il blocco dei finanziamenti statali».Mala partita finanziaria più rilevante, si legge ancora nell’anticipazione, «riguarda l’Arcea Lazio, società mista fra la Regione e un gruppo di privati fra i quali Cinque. Arcea doveva realizzare l’autostrada Roma-Latinama- scrive “l’Espresso” – si è limitata a sperperare decine di milioni di euro in consulenze e progetti». Dopo la liquidazione della società e la perdita della concessione, «Cinque ha fatto causa e ha vinto un lodo arbitrale da 43 milioni di euro contro il quale l’amministrazione pubblica ha proposto appello».
Controlli antimafia nei cantieri lungo l’A4
Terza corsia, acquisiti documenti a Roncade. Castagna (Autovie): «Verifiche di routine per le maxi opere»
UDINE – Fiamme gialle negli uffici del cantiere della terza corsia dell’A4 a Roncade. I finanzieri del comando di Venezia hanno acquisito documenti relativi agli interventi del primo lotto (quello che da Mestre arriva a San Donà, per una lunghezza di circa 24 chilometri) della terza corsia, e segue il sopralluogo compiuto lo scorso 10 giugno. Il primo lotto dell’opera è stato aggiudicato all’associazione temporanea di impresa tra Impregilo, Mantovani, Consorzio veneto cooperativo, So.Co.Stra.Mo e Carron. Ha un valore di circa 420 milioni ed è stato completato al 75%, tanto che si ipotizza la sua inaugurazione entro la fine dell’anno, in anticipo sui tempi di consegna. Getta acqua sul fuoco l’ad di Autovie Venete, Maurizio Castagna. «I controlli che la Guardia di Finanza ha effettuato – spiega in una nota – negli uffici di cantiere di Roncade fanno parte delle verifiche di routine previste per le grandi opere, soprattutto se si tratta di opere commissariate come, appunto la terza corsia ». Castagna precisa anche come la verifica di martedì rappresenti un prosieguo di quella attuata il 10 giugno dal Gruppo Interforze. «La Guardia di Finanza – spiega ancora l’amministratore delegato – che fa parte del Gruppo Interforze costituito per contrastare l’illegalità ha acquisito documenti riguardanti esclusivamente il primo lotto». La documentazione fornita è relativa a contratti e autorizzazioni per i subappalti. «Ricordo – conclude Castagna – che a suo tempo, per la terza corsia, è stato sottoscritto un protocollo di legalità fra il Commissario e i prefetti competenti per territorio, proprio per consentire una sinergia quanto più stretta e collaborativa. L’accordo che ha l’obiettivo di prevenire i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, prevede, per quanto di competenza del Commissario, l’inserimento negli atti di gara e nei contratti con le imprese, clausole e condizioni specifiche per rafforzare la sicurezza degli appalti e la trasparenza delle procedure. Si tratta di normative che riguardano le posizioni Inps e Inail, l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di trasmettere l’elenco nominativo di tutto il personale operante nel cantiere; di denunciare alla magistratura ogni illecita richiesta di denaro formulata prima della gara o durante l’esecuzione dei lavori nonché i tentativi di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale».
Il Consorzio si pente «Tagli per gli oneri e riduzione dei costi»
Il presidente Fabris: «Oneri di concessione dal 12 al10%»
Ma anche lui finisce nel mirino. «Lavorava per Mazzacurati»
Lunedì l’ente che riunisce le imprese del Mose volterà pagina per non essere spazzato via «Collaborazione per le verifiche tecniche sul progetto»
VENEZIA Percentuale del Consorzio ridotta di almeno due punti, dal 12 al 10 per cento. Taglio di dirigenti e di personale. Riduzione dei costi e restituzione dell’Arsenale alla città. E la disponibilità a «collaborare per le verifiche tecniche sul progetto ». È il nuovo corso del Consorzio Venezia Nuova, travolto dall’indagine sulle tangenti e la corruzione. Un sistema che durava da molti anni e che ha consentito all’opera di andare avanti anche in presenza di pareri tecnici contrari. Adesso il nuovo presidente Mauro Fabris prova a girare pagina. E annuncia un «colpo di spugna » per lunedì, quando è stato convocato d’urgenza il Consiglio direttivo del Consorzio di cui fanno parte la Mantovani, Condotte, Fincosit e le cooperative. «Il commissariamento non è possibile, siamo un Consorzio privato», dice Fabris, «ho scritto a Renzi che mi ha rassicurato. Obiettivo comune è quello di portare a termine l’opera. Ma sul resto abbiamo dato la nostra disponibilità. Certo non vogliamo far finta che non sia successo nulla ». Una linea «riformatrice» che però non convince tutti. Il consigliere comunale di Venezia Beppe Caccia (ex Verdi, oggi lista «In Comune») annuncia esposti e interrogazioni. E definisce «indecente» la lettera di Fabris a Matteo Renzi. «Meglio farebbe a spiegare i suoi rapporti intercorsi negli ultimi vent’anni con la cricca che guidava il Consorzio», scrive Caccia, «renda pubblico il suo contratto di consulenza strategica di cui ha parlato l’ingegner Baita nei suoi interrogatori ». «Ho avuto una consulenza con la mia società Collina srl», spiega Fabris, «ma non la definirei strategica. Ho lavorato in Consorzio fino al 1990, poi ho fatto politica fino al 2008». Consulenza affidata mentre era sottosegretario? «No, me ne sono andato dal Parlamento nel 2008 e Mazzacurati mi aveva chiesto di dargli una mano nella politica». Un aspetto che adesso Caccia chiede di chiarire. Anche perché il nome di Fabris compare nell’ordinanza del gip Scaramuzza con cui sono state arrestate 35 persone, tra cui Galan e i presidenti del Magistrato alle Acque Piva e Cuccioletta. In una telefonata del 17 giugno 2013 Fabris parla con Mazzacurati su quale sarà il futuro presidente del Magistrato alle Acque. La fonte delle loro informazioni è Ercole Incalza, il potente dirigente del ministero dei Lavori pubblici. Mazzacurati preferiva l’ingegner Signorini – dirigente del Cipe, che eroga i fondi per il Mose – alla fine arriverà Ciriaco D’Alessio. Ma adesso, chiede il consigliere con la sua lettera inviata anche al governo, «bisogna sottoporre i cantieri del Mose a una verifica rigorosa e indipendente sulla sicurezza dell’opera. L’ex presidente Cuccioletta ha ammesso che grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio non c’è mai stato alcun serio controllo ». Si parla delle cerniere, ma anche dell’effetto risonanza, sollevato dalla società Principia, chiamata dall’ex sindaco Cacciari, firmataria di un rapporto durissimo sul Mose. «I miei tecnici mi dicono che tutto è a posto, ma noi siamo disposti a ogni verifica», dice Fabris, «anche per rispetto di chi ha lavorato». Intanto i lavori del Mose non si fermano: da stasera alle 22 la bocca di porto di Chioggia sarà chiusa per 37 ore per consentire la posa del grande cassone di soglia in calcestruzzo.
Alberto Vitucci
Pipitone (Idv): «Vicenda disgustosa, Renzi sciolga Venezia Nuova»
«Sulla gestione del Mose e dei lavori ad esso correlati le cronache quotidiane ci consegnano, se tutto fosse confermato da indagini e gradi di giudizio, immagini sconcertanti, brandelli di fango criminogeno a intrecciare politica, affari ed Enti pubblici. La prima risposta, superato il disgusto che ci coglie, di chi ha sempre interpretato la politica al servizio della collettività, con correttezza ed onestà come baluardi, è inevitabilmente una. Sciogliere il Consorzio Venezia Nuova». Così il capogruppo regionale di Italia dei Valori Antonino Pipitone, in una nota sulle vicende legate all’inchiesta della Procura di Venezia. «Lo chiediamo – prosegue il politico IdV, responsabile nazionale Enti Locali del partito – direttamente al presidente del Consiglio Renzi. Dia un segnale di discontinuità, senza temere contraccolpi. Anche se ci sono di mezzo commesse faraoniche, ministeri e boiardi di Stato, aziende ricche e potenti. Anzi, lo faccia proprio per questo. Apra le finestre, sgombri ombre e dubbi, restituisca fiducia in un meccanismo che, a leggere ogni riga del materiale probatorio, sembra architettato per aggirare le norme e usare illecitamente i soldi delle nostre tasse». «La Regione – conclude – anche se non ha competenze dirette, intervenga per quanto può, sollecitando il Governo ad agire».
Mose, via alla posa dei cassoni di soglia in bocca di Chioggia
VENEZIA. Inchieste e polemiche non fermano i lavori del Mose. Che proseguono secondo programma. Da stasera alle 22 la bocca di porto di Chioggia sarà chiusa al traffico navale (fino a domenica alle 23) per consentire la posa del primo grande cassone di soglia in calcestruzzo. Una struttura imponente, del peso di migliaia di tonnellate, che sarà posizionata sul fondo della bocca di porto, dove poi saranno agganciate le paratoie in metallo, il «Mose» vero e proprio. Per consentire i lavori, che impegneranno anche subacquei, la Capitaneria ha deciso la chiusura totale del traffico da stasera fino alle 11 di domenica. Da quel momento potranno transitare soltanto le imbarcazioni da diporto e da pesca di lunghezza massima fino a 19 metri. Si tratta della fase di posa dei grandi cassoni, già affondati in bocca di Lido, Dovranno essere perfettamente allineati tra loro (la tolleranza è di qualche millimetro) per far passare cavi e comandi elettrici, ossigeno e meccanismi di controllo. E per impedire movimenti non controllati del sistema. Nei prossimi mesi toccherà anche a Malamocco. Secondo il Consorzio il Mose dovrebbe essere ultimato nel 2017. (a.v.)
Copyrights © 2012-2015 by Opzione Zero
Per leggere la Privacy policy cliccare qui