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Correzione di rotta sulle grandi opere ritenute prioritarie. Addio al piano faraonico da 285 miliardi per oltre 400 interventi: nel capitolo “infrastrutture” del Def in preparazione il governo riduce a 49 il numero di opere da portare a compimento per un valore complessivo di 80 miliardi. Sul Sole 24 Ore in edicola i dettagli del piano del governo che fa già le prime illustri vittime: la Orte-Mestre e l’autostrada tirrenica Orte-Civitavecchia.

Piano di ricerca, il bilancio europeo

L’Italia dal 2007 ha regalato almeno 300 milioni all’anno agli altri Paesi europei per fare ricerca al posto nostro. Offrendo così ai nostri vicini occasioni di crescita e più competitività. E dall’anno scorso questa cifra rischia di raddoppiare. La colpa è delle nostre performance nella conquista dei fondi che l’Europa mette in palio ogni anno per la ricerca: troppi progetti bocciati rispetto ai tanti presentati e così sui 41,5 miliardi che sono stati messi sul piatto da Bruxelles dal settimo programma quadro della ricerca in 7 anni e finanziati anche con le nostre casse il nostro Paese ha conquistato 3,457 miliardi, l’8,3% di tutta la torta. Poco se consideriamo che l’Italia contribuisce al bilancio Ue con una quota più sostanziosa, che supera il 13 per cento dei fondi complessivi (siamo i terzi finanziatori assoluti). All’appello mancano dunque almeno 2 di miliardi. Sul Sole 24 Ore verrà analizzato il bilancio del piano di ricerca europeo.

Piano di ricerca, il bilancio europeo

L’Italia dal 2007 ha regalato almeno 300 milioni all’anno agli altri Paesi europei per fare ricerca al posto nostro. Offrendo così ai nostri vicini occasioni di crescita e più competitività. E dall’anno scorso questa cifra rischia di raddoppiare. La colpa è delle nostre performance nella conquista dei fondi che l’Europa mette in palio ogni anno per la ricerca: troppi progetti bocciati rispetto ai tanti presentati e così sui 41,5 miliardi che sono stati messi sul piatto da Bruxelles dal settimo programma quadro della ricerca in 7 anni e finanziati anche con le nostre casse il nostro Paese ha conquistato 3,457 miliardi, l’8,3% di tutta la torta. Poco se consideriamo che l’Italia contribuisce al bilancio Ue con una quota più sostanziosa, che supera il 13 per cento dei fondi complessivi (siamo i terzi finanziatori assoluti). All’appello mancano dunque almeno 2 di miliardi. Sul Sole 24 Ore verrà analizzato il bilancio del piano di ricerca europeo.

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Il Passante ha l’uscita “Martellago Scorzè” con enormi costi di terreno e denaro. Le critiche dei sindaci

I COMITATI – “Scelta la soluzione più costosa. Chi ci guadagna?”

MARTELLAGO – Hanno fatto sentire la loro voce da lontano, gridando «Vergogna, vergogna» al momento del taglio del nastro. «Opzione zero», «No grandi Navi», «No Orte-Mestre» e comitato «Pro complanare» hanno protestato già prima di mezzogiorno davanti alla grande opera che molti qui hanno contestato.

«Grandi opere. Zaia come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo», «Romea commerciale, no Orte-Mestre, Anas killer», «Doppio casello uguale doppio spreco di denaro, di suolo agricolo, di progettazione. Chi ci guadagna?» e «100 ettari di suolo agricolo deturpati dalla nuova strada. Valeva la pena?» erano solo alcuni degli striscioni srotolati dai manifestanti, giunti anche da fuori comune.

«Avevamo proposto soluzioni meno impattanti», spiega dati alla mano Mattia Donadel, di Opzione Zero, «mentre qui si cerca sempre quella più costosa. Risultato: abbiamo altri 70 milioni di euro e tanta terra che se ne vanno».

Dello stesso avviso anche Tommaso Cacciari di «No grandi navi». «Siamo davanti a una scelta di sistema da cambiare», spiega, «perché queste grandi opere non portano lavoro e ricchezza. Poi vediamo com’è andata finire con il Mose».

(a.rag.)

MARTELLAGO – Nel suo piccolo rimarrà nella storia: Maria Francesca Giraldo, 33enne di Dolo, è stata la prima automobilista a transitare per il neonato casello Martellago-Scorzè del Passante. Lo ha fatto alle 12.53 di ieri, sei minuti dopo che il parroco di Scorzè, don Massimo Gallina, lo aveva benedetto.

Un taglio del nastro vissuto tra le assenze “strategiche” del presidente della Regione Luca Zaia e del condirettore generale di Anas Stefano Granati e le presenze dei comitati della zona come «Opzione zero», «No Orte-Mestre», «No grandi navi» e «Pro complanare».

Slogan e striscioni lungo il fiume Dese ma nessun problema, con polizia e carabinieri a garantire la sicurezza.

A che prezzo il progresso? Il sindaco di Scorzè Giovanni Battista Mestriner ha spiegato cosa significasse per il territorio quel punto. «I campi distrutti, il silenzio rotto, e l’ambiente compromesso», ricorda, «e abbiamo di nuovo messo in gioco una delle cose più importante che abbiamo: la nostra terra. Per noi di cultura contadina, non è solo luogo di lavoro o di residenza, è identità: noi siamo la nostra terra e la nostra terra fa parte di noi. Ciononostante, ancora una volta, come abbiamo continuato a fare negli ultimi 70 anni, in nome della difesa del progresso e delle opportunità economiche e relazionali, siamo stati disponibili come società a metterla a disposizione. Non dimenticatevene mai, perché i minori costi di trasporto, le opportunità date alle realtà produttive non sono solo il giusto riconoscimento per i vostri meriti ma è anche frutto del sacrificio di molti. Mi auguro che quest’opera possa davvero contribuire al progresso economico e culturale della nostra terra».

Barbiero punta sulle aree verdi. «Quest’anno», spiega, «il tradizionale “Un albero per ogni nato” è stato fatto proprio a fianco dell’autostrada. In estate vorremmo fare dei percorsi musicali e teatrali per sfruttare e far conoscere questo aspetto del nostro territorio».

Casello. Per il presidente di Cav Tiziano Bembo, la spesa è stata di oltre 51 milioni di euro per cercare di ridurre l’impatto ambientale. «Attorno abbiamo piste ciclabili e aree verdi» osserva «e a chi protesta dico che è legittimato a farlo, il Passante ha lasciato aperta una ferita ma, come da statuto, i nostri utili di bilancio andranno per le nuove opere del territorio da decidere con la Regione».

Alessandro Ragazzo

 

No global, Opzione Zero e No Orte-Mestre mercoledì hanno cercato di bloccare la cerimonia di Scorzè. In sciopero intanto i dipendenti Cav

 

Le grandi opere continuano a finire nel mirino dei comitati del territorio. C’era da aspettarselo, visto che le avvisaglie erano lampanti: il primo aprile è prevista infatti l’inaugurazione del nuovo casello di Martellago-Scorzé che servirà il Passante di Mestre. A mezzogiorno annunciati gli interventi del presidente della Regione Veneto Luca Zaia (poi risultato assente), dei sindaci dei rispettivi Comuni, Monica Barbiero e Giovanni Battista Mestriner, e del condirettore generale di Anas spa, Stefano Granati. Predenti anche il presidente di Cav, Tiziano Bembo, il capo compartimento Anas della Viabilità per il Veneto, Fabio Arcoleo, e il vicepresidente di Veneto Strade e presidente dell’Upi, Leonardo Muraro. Prima, però, si sono fatte sentire le proteste di no global e dei comitati “Opzione Zero” e “No Orte-Mestre” (altro progetto faraonico per ora fermo ai box a causa delle inchieste sull’assegnazione degli appalti al ministero delle Infrastrutture condotta dalla Procura di Firenze).

Al grido di “Zaia come le tre scimmie, non vedo non sento e non parlo”, alcune decine di manifestanti si sono presentati a Cappella di Scorzé, arrivando “dai campi”, posizionandosi sulla strada poderale che permette di raggiungere il luogo in cui avrà luogo la cerimonia. Sul posto per garantire l’ordine pubblico carabinieri e polizia. L’intenzione degli attivisti, dichiara su twitter, è di bloccare l’accesso: “Zaia dovrà aspettare”, sottolineano. Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla serie di scandali che in Italia, ma soprattutto a Venezia, hanno contraddistinto le cronache giudiziarie degli ultimi mesi.

 

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Tra tangenti, appalti poco trasparenti e arresti recenti. Non ultimo l’ex assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, uomo forte della Giunta Zaia fino al momento in cui non sono scattate le manette. L’obiettivo della manifestazione è chiaro: puntare il dito contro il titolare di Palazzo Balbi a due mesi dalle elezioni regionali, dichiarando che “lui sulla Orte-Mestre e sul Mose non poteva non sapere”.

Ma le proteste non si esauriscono qui: a manifestare tutto il proprio malcontento anche i lavoratori della Cav spa, la società che ha in gestione il tratto autostradale. E’ stato infatti organizzato uno sciopero per “problemi contrattuali e carenze organizzative” da parte della sigla Ugl: i rappresentanti dei lavoratori puntano il dito contro la direzione: “Gli utenti potranno viaggiare gratis nelle piste manuali dove non sarà garantita la presenza del personale e nelle piste automatiche, premendo il pulsante rosso di aiuto – fa sapere il sindacato -. Lo sciopero sarà nelle ultime 4 ore di ogni turno cioè dalle 2 alle 6, dalle 10 alle 14 e infine dalle 18 alle 22 per un totale di 12 ore”. Lo sciopero interessa l’intera tratta gestita da Cav.

Il nuovo svincolo costituisce, insieme ai caselli di Spinea e Preganziol (Treviso), il sistema di accesso del Passante autostradale di Mestre alle strade “ordinarie”, presentando una viabilità di collegamento al casello, lunga 5,38 chilometri, che si innesta sulla strada regionale 245, a monte e a valle dell’abitato di Martellago, scavalcando il Passante in corrispondenza del ponte sul fiume Dese. “La viabilità di collegamento al casello – dichiara l’Anas – completa la realizzazione della variante alla strada regionale 245 “Castellana”, consentendo di deviare la viabilità di attraversamento dal centro abitato del comune di Martellago con beneficio della sicurezza e della fluidità della circolazione stradale ma, soprattutto, della qualità della vita dei residenti grazie alla riduzione dei fattori di inquinamento atmosferico e acustico. L’investimento ammonta complessivamente a circa 45 milioni di euro. L’impegno economico ha trovato copertura nel piano finanziario della società partecipata Cav spa”.

 

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Nuova Venezia – Passante, il casello apre tra le proteste

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1

apr

2015

Alla cerimonia di Martellago e Scorzè la contestazione dei comitati che si battono contro le grandi opere e in particolare la Orte-Mestre

MARTELLAGO. Casello di Martellago-Scorzè, inaugurazione con protesta questa mattina da parte dei comitati di “Opzione Zero” e “No Orte-Mestre” che si battono da tempo contro le grandi opere, dal Passante di Mestre all’ipotesi di costruzione della Nuova Romea commerciale. Alcune decine di manifestanti sono arrivati con bandiere e striscioni, contestando l’opera, coniando lo slogan  “Zaia come le tre scimmie, non vedo non sento e non parlo”. Manifestazione vivace ma senza scontri, con carabinieri e polizia a garantire la sicurezza.

 

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L’inaugurazione ha coinciso anche con lo sciopero dei casellanti della Cav, la società autostradale che gestisce il Passante. L’Unione generale del lavoro (Ugl) del settore viabilità e logistica ha indetto uno sciopero per chiedere a Cav convocare in fretta una riunione e rimpinguare l’organico. Di fatto l’organizzazione sindacale pretende che nelle stazioni lungo l’autostrada ci sia l’uomo mancante. Da più di un anno è scaduto il contratto integrativo ma a oggi, fa presente l’Ugl, non ci sono novità all’orizzonte. E da più di venti giorni Cav e sindacati non si vedono.

Il cantiere del casello era partito a gennaio 2013 e si era concluso il 30 novembre scorso. Da allora, sono state sistemate le banchine, i cartelli stradali di accesso e di uscita, fatti gli allacciamenti Enel e le altre rifiniture. Sopra l’autostrada passa un viadotto lungo 575 metri per collegare l’entrata e l’uscita, oltre a quattro rotatorie per favorire l’innesto della circolazione in autostrada.

Per arrivare al casello ci sono la bretella da via Boschi, tra Martellago e Scorzè, e la tangenziale a nord di Martellago, lunga cinque chilometri e mezzo, che parte dalla Kelemata sulla Castellana. In quest’ultima ci sono quattro rotatorie: agli incroci con via Canove e in via Morosini a Martellago, via Ponte Nuovo e via San Paolo a Scorzè. A queste vanno aggiunte altre due che Martellago ha richiesto e si realizzeranno in un secondo momento: una tra via Canove e la Castellana a fianco del municipio, l’altra sempre su via Canove ma all’incrocio con via Volta.

La rotonda di via Ponte Nuovo è spostata più a est per tutelare Villa Astori. Manca pure la complanarina di circa un chilometro, che dalla Moglianese, zona via Astori, arriverà al casello; i due Comuni hanno già dato il via libera alla convenzione e sarà finanziata da Cav per quasi 5,8 milioni di euro, mentre il progetto sarà in carico di Veneto Strade: non se ne parlerà prima di due anni

 

Nuova Venezia – “Mestre – Orte a pericolo mafia”

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29

mar

2015

Donadel (Opzione Zero) chiede che sia bloccato l’iter della Romea commerciale

DOLO « Fermate la Mestre – Orte. Un funzionario della commissione di Valutazione ambientale (Via) che ha dato il via libera all’opera è in odor di mafia».

A fare questa accusa chiedendo ai sindaci e alle istituzioni una mobilitazione contro quello che viene definito un mostro che distruggerà il territorio è Mattia Donadel presidente del Comitato Opzione Zero.

«Sull’Autostrada Orte-Mestre, la cosiddetta Romea commerciale», spiega Donadel, «c’è l’ombra del malaffare e della malavita: ci sono anche forti sospetti di infiltrazione criminale e massonica nella commissione Via nazionale che ha dato semaforo verde al progetto nel 2010».

Donadel va nel dettaglio. Il caso emerge da un’interrogazione depositata dalla parlamentare grillina Federica Daga.

«Da quanto emerge dall’interrogazione», dice Donadel, «il nome di Vincenzo Ruggero, commercialista e membro della Commissione Via nazionale, compare nella relazione della Prefettura di Reggio Calabria con la quale chiedeva lo scioglimento del Comune di Gioia Tauro nel 2008 per infiltrazioni mafiose: di lui si parla come di un individuo fortemente sospettato di essere asservito alla cosca Piromalli. Ruggero non fu condannato, ma un’informativa legava il suo nome anche ai clan Pesce e Bellocco di Rosarno. Ebbene, Ruggero è tra i firmatari del Parere n. 558 del 2010 con il quale la commissione Via nazionale dà parere favorevole alla Orte-Mestre».

Ma non è tutto. «Dall’interrogazione», continua Donadel, «emerge come attualmente siede nella stessa commissione anche un ingegnere ottantacinquenne ex affiliato alla P2 con tessera 956. Ciò si aggiunge all’arresto di Ercole Incalza, il super dirigente che ha seguito e agevolato in tutti i modi l’iter della Orte-Mestre. A fronte di questo quadro gravissimo chiediamo a Parlamento, governo e Regioni di sospendere l’iter di approvazione della nuova autostrada».

(a.ab.)

 

di Giorgio Meletti, Il fatto quotidiano, 21 marzo.

L’ arma retorica è sempre la stessa, il “partito del no” come male assoluto. Meno di un mese fa Raffaella Paita, candidata Pd alla Regione Liguria, l’ha sfoderata per difendere il Terzo Valico, una ferrovia inutile che da 35 anni fa sognare il partito del cemento. “Quando una forza di sinistra dice no al Terzo Valico fa una cosa di destra”. Errore blu. Nessuno a destra dice no al Terzo valico. A meno che non si sostenga che la Procura di Firenze abbia fatto una cosa di destra arrestando il capo del “partito del sì”, Ercole Incalza.

In attesa del vaglio giudiziario sulla sua presunta corruzione, sotto processo insieme alle persone fisiche ci sono proprio le grandi opere. Non perché in esse si può essere annidato il ma- laffare, ma proprio perché è il malaffare – stando ai primi risultati dell’inchiesta fiorentina – a farle decidere e progettare. E soprattutto a farle piacere ai politici, di destra, centro e sinistra: quando c’è da far colare cemento dissanguando le casse dello Stato vanno sempre d’accordo. I pm di Firenze indicano gli scempi con nomi e cifre. Dei progetti indagati ce ne sono quattro fondamentali.

I LAVORI PER L’EXPO di Milano, un paio di miliardi già spesi, rappresentano plasticamente il primo cancro dei lavori pubblici all’italiana: i tempi infiniti. Ormai è tardi per dare lo stop, ma è tardi anche per l’Expo: inizia a maggio e i padiglioni dell’esposizione non saranno pronti. La disperata accelerazione finale dei cantieri fa impennare i costi, ed è il secondo cancro. Terminare i lavori per l’Expo dopo l’Expo sarà l’apoteosi dell’inutilità, il terzo cancro.

IL TERZO VALICO è affetto da tutti e tre i cancri. Tempi biblici: l’opera fu annunciata come necessaria e urgente nel 1982 dai presidenti di Lombardia e Liguria, Giuseppe Guzzetti e Alberto Teardo. Il primo è oggi padre-padrone delle Fondazioni bancarie. Il secondo, antesignano del craxismo disinvolto, fu arrestato poco dopo il fatidico annuncio.

Infatti il Terzo Valico porta male. Dopo Teardo sono finiti in galera quasi tutti i principali tifosi della grande opera inutile, da Luigi Grillo (democristiano, poi berlusconiano, infine alfaniano, per anni presidente della commissione Lavori pubblici del Senato) a Claudio Scajola. L’opera piace anche a sinistra: prima di Paita l’ha sostenuta per vent’anni il governatore uscente della Liguria, Claudio Burlando. La grande opera non cammina senza accordi trasversali: tutti si danno ragione e rispondono con le supercazzole a chi osi chiedere perché si butti tanto denaro per niente. Adesso tocca a Matteo Renzi metterci la faccia e dire se ha senso spendere 6,2 miliardi per una ferrovia di una sessantina di chilometri che collegherà il porto di Genova con la ridente Tortona. Dicono che servirà a far defluire meglio i container dal porto di Genova, ma non spiegano perché spendono 60 milioni a chilometro per una ferrovia ad alta velocità: vogliono mandare i container a 300 all’ora? Ecco il quarto cancro: progetti vaghi, approssimativi.

IL TUNNEL SOTTO FIRENZE dell’alta velocità ferroviaria ha un costo previsto di 1,5 miliardi ed è simbolo della progettazione alla speraindio. Tanto che l’inchiesta da cui scaturisce l’arresto di Incalza parte dalla Italferr, società di progettazione di Fs. Nel settembre 2013 hanno arrestato la presidente Maria Rita Lorenzetti, politica ammanigliatissima che si vanta nelle intercettazioni di poter mettere tutto a posto grazie ai rapporti con Incalza. E da mettere a posto c’era un progetto che fa acqua da tutte le parti per un’opera voluta a tutti i costi dopo decenni di dubbi sulla sua fattibilità. L’hanno fermata i magistrati un anno e mezzo fa.

LA ORTE-MESTRE è affetta da tutti i quattro cancri già detti più un quinto, il peggiore: il project financing, la finzione del finanziamento privato che serve solo a rinviare alle prossime generazioni la presentazione del conto. Come dimostra il caso Brebemi, se si consente ai privati di farsi prestare i soldi da banche che pretendono e ottengono la garanzia dello Stato, è chiaro che il rischio dell’operazione pesa sul contribuente. Se, come nel caso della Brebemi, l’affare va male, lo Stato viene chiamato a pagare tutto. La Orte-Mestre – figlia del centro-destra veneto e della sinistra emiliana guidata da Pier Luigi Bersani – costerà 10 miliardi, due dei quali pubblici. Sugli otto miliardi privati c’è garanzia dello stato? Il promotore Vito Bonsignore (uomo Ncd con amicizie trasversali) giura di no. Ma i documenti che potrebbero rassicurare i contribuenti sono segretati, perché così vogliono le sacre regole del project financing. Scritte dal loro profeta, Incalza.

 

18 marzo 2015

L’europarlamentare dell’UDC, oggi uomo forte di NCD, è indagato per induzione: una carriera da centauro, mezzo politico democristiano e mezzo affarista

Vito Bonsignore ha sette vite, come i gatti. È passato dalla Prima Repubblica, dove faceva il politico, alla Seconda, dove è diventato anche banchiere (Carige) e imprenditore (autostrade). L’inchiesta di Firenze sul “Sistema” di Ercole Incalza e soci lo fotografa coinvolto in una vicenda che ha a che fare con i lavori dell’autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, “grande opera”, scrive il giudice, “di cui Incalza ha la responsabilità procedimentale quale capo della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”.

SONO 380 CHILOMETRI di asfalto che attraversano cinque regioni (Lazio, Umbria, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto) e che vale quasi 10 miliardi di euro, quattro in più di quelli preventivati per il Ponte sullo Stretto. Una grande opera nata più di dieci anni fa con la Legge Obiettivo del governo Berlusconi e finita sotto le amorose cure della trinità Ercole Incalza-Maurizio Lupi-Vito Bonsignore.

Proprio per la Orte-Mestre oggi Bonsignore è indagato per induzione (la vecchia concussione), ma l’avviso di garanzia non deve avergli fatto troppa impressione, vista la sua lunga storia . È restato un centauro, mezzo politico e mezzo imprenditore, e nella sua vita ne ha viste tante. Quando era solo un uomo di partito, aveva sposato la Dc ed era diventato, lui siciliano, il proconsole di Giulio Andreotti a Torino.

Per i suoi rapporti mai interrotti con la “famiglia politica più inquinata” dell’isola (la definizione è del generale Carlo Alberto dalla Chiesa) subì quelle che in Sicilia vengono chiamate “mascariate”, chiacchiere velenose, schizzi di fango, ma non si scompose. Incassò senza batter ciglio anche una condanna definitiva a 2 anni per concorso in tentata corruzione, abuso e turbativa d’asta: in relazione a un appalto per l’ospedale di Asti, uno dei capitoli piemontesi di Tangentopoli.

Poi rischiò di essere incastrato da un vecchio compagno di scorribande, Alberto Mario Zamorani, amministratore delegato di Metropolis, la società creata nei primi anni Novanta dall’amministratore straordinario delle Ferrovie dello Stato, Lorenzo Necci, per lo sfruttamento e la valorizzazione del ricchissimo patrimonio immobiliare delle Fs (8 milioni di metri quadri di terreni da liberare da rotaie e traversine e da edificare, con investimenti previsti per 20 mila miliardi di lire).

Quando venne arrestato da Antonio Di Pietro e dal pool di Mani pulite, nel 1992, Zamorani raccontò – tra le mille storie di Tangentopoli di cui era a conoscenza – di una sontuosa scatola di cioccolatini portata all’onorevole Vito Bonsignore in piazza Montecitorio, davanti alla Camera. Non c’erano cioccolatini, in quella grande scatola, eppure Bonsignore non restò deluso, poiché erano stati rimpiazzati con banconote per un centinaio di milioni di lire. La storia restò appesa alle sole parole di Zamorani e non ebbe conseguenze giudiziarie.

Il tempo di archiviare la Prima Repubblica e passare alla Seconda, ed ecco riemergere un Vito Bonsignore nuovo di zecca. Vita nuova, nuovo partito (l’Udc), nuova elezione (al Parlamento europeo) e soprattutto nuove attività. La politica si fa direttamente affari: si butta a capofitto nella banca Carige, s’impegna nelle autostrade, nell’immobiliare, nelle costruzioni.

NEL 2005 ENTRA da par suo nella partita dei “furbetti del quartierino”. Compra 2,7 milioni di azioni Antonveneta, mentre la banca è sotto scalata da parte di Gianpiero Fiorani, il banchiere della Popolare di Lodi che vuole strappare la banca di Padova agli olandesi di Abn-Amro. Nell’altra scalata, quella di Bnl, mette insieme un bel pacchetto del 2 per cento e si associa con il “contropatto” che si oppone alla conquista da parte dei baschi del Banco di Bilbao.

La compagnia con cui si mette è quella dei “furbetti” schierati con Fiorani e con l’allora governatore di Bankitalia, il pio Antonio Fazio: ci sono i bresciani Emilio Gnutti ed Ettore e Tiberio Lonati, ci sono i ras della “razza mattona” Stefano Ricucci, Danilo Coppola e Giuseppe Statuto, c’è il padre padrone di Unipol Gianni Consorte. Una compagnia bipartisan, destra-sinistra, pronta a celebrare una silenziosa bicamerale degli affari. Antonveneta, a destra, doveva andare a Fiorani, Bnl, a sinistra, a Consorte.

Ricucci, Coppola e Statuto, insieme al più solido Gaetano Caltagirone, vendono le loro quote di Bnl al “furbetto rosso”. Per convincere anche Bonsignore, scende in campo un banchiere d’affari molto particolare: Massimo D’Alema. Che poi, il 14 luglio 2005, telefona a Consorte: “È venuto a trovarmi Vito Bonsignore… Voleva sapere se io gli chiedevo di fare quello che tu gli hai chiesto di fare, oppure no (ridacchia)… Che voleva altre cose, diciamo… a latere su un tavolo politico… Ti volevo informare che io ho… ho regolato da parte mia”.

È fatta. Bonsignore vende per poi riscuotere “a latere, su un tavolo politico” ciò che D’Alema deve “regolare”. Il “contropatto” si scioglie e passa a Consorte il suo 26 per cento a 2,7 euro ad azione. Incassa oltre 2 miliardi di euro, portando a casa plusvalenze da favola: 1,2 miliardi. La quota di Bonsignore è 180 milioni. Tre anni dopo, lo beccano con un conto corrente da 5,5 milioni di euro in Liechtenstein. Il suo nome appare nella lista degli italiani con conti correnti nel paradiso fiscale. Ma i suoi sono “beni all’estero regolarmente posseduti”. Ora la sua grande avventura era la Orte-Mestre. Ma la trinità Incalza-Lupi-Bonsignore è finita sotto la lente dei magistrati di Firenze.

Gianni Barbacetto

 

ROMA – Un’autostrada che dovrebbe collegare Orte, snodo chiave del centro Italia, con Mestre. Un’autostrada annunciata nel 2001 e i cui lavori, tra indagini, preventivi sballati, pareri contrari della Corte dei Conti, nel 2015 non sono pure iniziati. E un’autostrada su cui gravano tre pesanti sospetti. Uno che sia un’autostrada inutile. Due che sia un’autostrada persino dannosa. Tre, che sia un’autostrada il cui progetto viene ostinatamente portato avanti a forza di tangenti.

La Orte Mestre è una “grande opera”. Addirittura c’è chi l’ha definita la “nuova Autosole”. Ma la sua storia, scrive sulla Stampa Giuseppe Salvaggiulo, è perfetta per raccontare  “un sistema che il presidente dell’Autorità anti corruzione Cantone definisce «criminogeno»”.

Di Orte Mestre si inizia a parlare nel 2001. E’ l’epoca delle lavagne di Silvio Berlusconi. L’allora premier va da Bruno Vespa e traccia una mappa di 196 grandi opere da fare per rilanciare il paese. Uno dei fiori all’occhiello è la Orte-Mestre. C’è un dettaglio. Berlusconi aveva promesso il 40% delle opere realizzate entro 5 anni. Ne sono passati 14 e le opere completate sono l’8%.

Perché la Orte Mestre è inutile. Il motivo è semplice. Il traffico dichiarato da chi vuole costruirle in quella zona non esiste. E’ gonfiato. Scrive La Stampa:

Come racconta Roberto Cuda in «Strade senza uscita» (Castelvecchi), a economisti e ambientalisti parve subito una follia: previsioni di aumento di traffico infondate (secondo la Kpmg, sono in media sovrastimate del 30%) e non avvalorate da esperti indipendenti; esistenza di soluzioni alternative low cost, adeguando le strade esistenti

Perché la Orte Mestre è dannosa. Per l’ambiente. E stavolta non è questione di “no a priori” o di movimenti “not in my backyard”. Il progetto Orte-Mestre ha un  alto impatto ambientale:  attraversa 6 aree protette, consuma 380 milioni di metri quadrati di suolo, di cui l’86% agricolo.

Perché c’è il sospetto di autostrada “tangentosa”. Il motivo è uno e semplice. La battaglia per realizzarla nonostante assenza di copertura finanziaria e stroncatura della Corte dei Conti.

Uno dei principali sostenitori della Orte Mestre è Piero Ciucci, il presidente dell’Anas, l’uomo che ha licenziato se stesso senza preavviso 

Per lui è “il progetto infrastrutturale più importante d’Italia”. Ma non è solo, come spiega Salvaggiulo:

“A sognare sono in tanti: banche, cooperative, finanzieri, costruttori. Dieci anni fa la cordata delle coop rosse guidata da Lino Brentan del Pd (poi arrestato per corruzione) e sostenuta da un’associazione presieduta da Bersani, fu battuta da quella di Vito Bonsignore: ex Dc, Udc, Pdl. Tra il 2009 e il 2010, tutte le carte della Orte-Mestre sembrano a posto, compresa la controversa valutazione ambientale, approvata sulla base di uno studio commissionato da Bonsignore a una società amministrata da suo fratello. Il «project financing» prevede che il privato finanzi l’opera e riscuota i pedaggi della concessione. Ma quello all’italiana (vedi BreBeMi) è diverso: se si va in perdita, ci pensa lo Stato.

Nonostante tutto i lavori non partono neppure nel 2010. Non ci sono i soldi. Si arriva al 2013. Governa Monti e l’autostrada è sempre un progetto. Fino all’arrivo di Maurizio Lupi. L’ex ministro dell’Istruzione alla Orte Mestre ci crede. Per lui è una “opera strategica perché si aggancerà al corridoio europeo baltico-adriatico”. La Commissione Ue non la pensa allo stesso modo. Ma governi italiani non ci sentono. Perché l’8 novembre 2014 (allora premier è Enrico Letta) il Cipe dà il via libera (un altro) all’opera con un contributo pubblico che nel frattempo è salito a 1,8 miliardi (20% del costo totale). Una settimana dopo l’ok, osserva non senza sarcasmo La Stampa, Lupi e Bonsignore fondano Nuovo Centrodestra. Ma non è finita. Ancora Salvaggiulo:

Nel frattempo la Orte-Mestre è diventata bipartisan, anzi tripartisan: centrodestra, Lega, Pd. Tanto che Bonsignore consegna la guida del suo consorzio al dalemiano Antonio Bargone. Tutti d’accordo, meno la Corte dei Conti che nel luglio 2014 boccia la delibera del Cipe: lo sgravio fiscale è abnorme e illegittimo. Poche settimane dopo sarà il governo Renzi, con un comma ad hoc nel decreto Sblocca-Italia, a sanare l’illegittimità (ora si attende il sì della Corte dei conti).
Tutto risolto? Non secondo pm fiorentini e carabinieri del Ros, che proprio sul più bello arrestano Incalza e indagano Bonsignore e Bargone per aver promesso al superburocrate l’assegnazione della lucrosa direzione lavori al suo sodale ……..  in cambio di «un favorevole iter delle procedure amministrative relative al finanziamento dell’opera». Al di là dei reati, le intercettazioni documentano la solerzia con cui il trio si adoperava per l’approvazione di norme su misura, tali da rendere l’opera fattibile e profittevole per i privati. E forse lo sarebbe, ma a spese dei contribuenti.

 

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COMUNICATO STAMPA OPZIONE ZERO

Autostrada Orte-Mestre, ancora l’ombra del malaffare e della malavita sulla nuova autostrada: dopo l’inchiesta che ha travolto Lupi e Incalza, ora ci sono anche forti sospetti di infiltrazione criminale e massonica nella Commissione VIA nazionale che ha dato semaforo verde al progetto nel 2010.

Ora si fermi immediatamente il progetto prima che sia troppo tardi.

 

Il caso emerge da un’interrogazione depositata in questi giorni da un parlamentare del M5S (On. Federica Daga) che ha sollevato pesantissimi dubbi su alcuni membri della Commissione. Un’altra interrogazione è stata presentata sullo stesso tema all’europarlamento dal gruppo del GUE (Europarlamentare Forenza).

Da quanto riportato ieri dal Fatto Quotidiano e da una nota dell’agenzia  Askanews, il nome di Vincenzo Ruggero, commercialista e membro della Commissione VIA nazionale, compare nella relazione della Prefettura di Reggio Calabria con la quale chiedeva lo scioglimento del Comune di Gioia Tauro nel 2008 per infiltrazioni mafiose: di lui si parla come di un individuo fortemente sospettato di essere asservito alla cosca Piramolli. Ruggero non fu condannato, ma un’informativa legava il suo nome anche ai clan Pesce e Bellocco di Rosarno.

Ebbene, lo stesso Ruggero è tra i firmatari del Parere n. 558 del 21-10-2010 con il quale la Commissione VIA nazionale dà parere favorevole alla Orte-Mestre.

Ma non è tutto, perché nella stessa commissione siede anche un ingegnere ottantacinquenne ex affiliato alla P2 con tessera 956. Ed è curioso notare come l’ombra della loggia massonica P2 ritorni più volte in relazione alla Orte-Mestre, visto che l’amministratore delegato della ILIA spa, società afferente alla Holding GEFIP di Vito Bonsignore, è  tale Gioacchino Albanese anche lui ottuagenario e potente ex piduista, la stessa persona con la quale, proprio a proposito dell’affare Orte-Mestre, (dalle intercettazioni dell’inchiesta MOSE) trattava per la cricca veneta Piergiorgio Baita, ex AD della Mantovani spa.

Inoltre, sempre dalla stessa interrogazione parlamentare, figurano diversi membri che sarebbero in conflitto di interesse sulle decisioni della Commissione e accusati di corruzione.

Tutto questo si aggiunge all’arresto di Ercole Incalza, il super dirigente che ha seguito e agevolato in tutti i modi l’iter della Orte-Mestre e di molte altre “grandi opere” come la TAV, e alla notizia che nella stessa inchiesta della Procura di Firenze compare ancora una volta il vero proponente dell’opera, il pregiudicato Vito Bonsignore, e che a finanziare la nuova autostrada dovrebbe essere la CARIGE, la banca popolare di Genova, nella bufera dal 2013 con l’arresto per truffa del suo presidente Giovanni Berneschi.

Pure dovendo aspettare di conoscere il contenuto integrale delle interrogazioni, le risposte degli organi competenti nelle sedi opportune e l’esito penale delle varie inchieste, è però chiaro che i sospetti su malavita, malaffare e massoneria come veri motori della Orte-Mestre appaiono più che fondati.

Ed è proprio a fronte di questo quadro gravissimo e preoccupante che Opzione Zero, insieme alla Rete di organizzazioni e movimenti Stop Orte-Mestre chiedono ufficialmente al Parlamento, al Governo, alle Regioni competenti di sospendere e rivedere completamente l’iter di approvazione della nuova arteria autostradale, visto e considerato che proprio a seguito del Decreto Sblocca Italia, confezionato ad hoc dal premier Matteo Renzi insieme all’ex ministro Lupi, nei prossimi mesi ANAS potrebbe indire il bando per la progettazione definitiva e la concessione dell’opera.

Nella stessa direzione si stanno muovendo molti altri comitati in tutto il Paese, perché ormai è chiaro come il problema non sia più il marciume di qualche mela, ma quello dell’intero albero che genera i frutti avvelenati delle grandi opere inutili e devastanti.

 

MIRA. «Al posto di spendere miliardi per realizzare la Mestre-Orte e alimentare il malaffare sarebbe opportuno mettere in sicurezza la Romea attuale».

A spiegarlo sono Rebecca Rovoletto e Lisa Causin portavoci del comitato “Opzione Zero” .

«Nonostante il parere negativo della Corte dei Conti e i gravi sospetti di malaffare che emergono dalle intercettazioni dell’inchiesta Mose», spiegano, «la Orte-Mestre è stata rimessa in pista da Renzi con apposito “codicillo” introdotto dallo “Sblocca Italia” Speriamo che tutto ciò venga bloccato dal buonsenso».

(a.ab.)

 

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