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ACCORDO TRA I COMUNI

Piattaforma condivisa e una sola tessera per usare le due ruote a Mestre, Padova e Treviso

La nascita dell’area metropolitana di Treviso, Padova e Venezia passa anche dalle due ruote: al via nei prossimi mesi la “Patreve” delle biciclette. Il servizio di bike sharing presente nei tre capoluoghi sarà potenziato e uniformato. A breve, con un’unica tessera, si potrà infatti accedere alla flotta di biciclette messe a disposizione da Bicincittà, azienda del Gruppo Comunicare, presente con la propria piattaforma di bike sharing nei tre capoluoghi veneti. Notevoli i vantaggi per il cittadino.

Ad esempio uno studente, un lavoratore oppure un turista, tesserati a Treviso, potranno noleggiare con la stessa card anche una bici nel capoluogo patavino oppure a Mestre. Successivamente anche le tariffe per l’utenza e gli abbonamenti saranno uniformati in tutto il territorio metropolitano per l’interscambio delle bici.

La rivoluzione green della Patreve è dunque cominciata. Se Padova ha appena esordito con 25 postazioni ed è stato subito successo, con un migliaio di iscritti in poche settimane, Treviso adesso fa un ulteriore passo in avanti e porta da 16 a 22 le proprie postazioni. Nel Comune di Venezia, il sistema del Bike sharing è una realtà da tempo con 18 postazioni per il noleggio ma negli ultimi mesi gli atti vandalici e i furti hanno messo in serissima discussione la funzionalità del servizio. Postazioni con biciclette assenti, perché rubate o rotte, altre con mezzi senza ruote o danneggiati. Un problema che perdura da tempo nonostante Avm intervenga con continue campagne di manutenzione e l’impressione è che la situazione difficile finisca con l’allontanare gli utenti da un servizio su cui il Comune di Venezia, aveva, invece, puntato molto per promuovere la ciclabilità in terraferma. Postazioni di bici in affitto sono presenti anche in alcuni dei parcheggi scambiatori.

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Nuova Venezia – La A4 torna a distribuire gli utili

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21

mar

2014

Assemblea dei soci della autostrada brescia-padova

Ai soci andranno 12 milioni di euro, resta lo scoglio Valdastico Nord

VERONA – L’autostrada Brescia-Padova torna a distribuire utili ai soci. L’assemblea della A4 Holding ha approvato ieri il bilancio consolidato 2013, e come noto per la prima volta dopo sette anni è stato dato il via libera a una distribuzione di utili per oltre 12 milioni, di cui 9 milioni risultanti da utili accantonati nel 2007.

«Il risultato netto consolidato 2013 registra un importante incremento rispetto all’esercizio precedente» spiega Giulio Burchi, ad di A4 Holding, «grazie a una migliore marginalità operativa e a minori oneri da attività finanziarie».

Il fatturato complessivo registra un calo del 6,5%, passando da 592,9 milioni del 2012 a 554,5 milioni nel 2013. Cresce invece l’indebitamento finanziario per un totale di 698,4 milioni.

«La situazione patrimoniale della Holding è positiva con 712,78 milioni di attivo, 51 milioni di passivo e un patrimonio netto di 661 milioni di euro », ha fatto sapere Burchi. «La proposta di destinare 3 milioni ai dividendi è stata approvata dai soci. A questa cifra vanno aggiunti 9,75 milioni di dividendi del 2007, bloccati finora per garantire l’equilibrio finanziario ».

Tra le controllate che finora hanno dato qualche grattacapo, vale la pena citare Infracom: la società di telecomunicazioni ha chiuso il 2013 con una perdita netta di 5,06 milioni di euro, rispetto ai 17,15 milioni del 2012.

Tra i temi affrontati in assemblea, non poteva mancare la realizzazione della Valdastico Nord, a cui è subordinato il rinnovo della concessione della Brescia-Padova. «Il progetto definitivo è già pronto e il ministero ci ha confermato la volontà di portarlo al Cipe: qualora si verificassero problemi, non perderemmo comunque la concessione, ma si dovrà rivedere il piano finanziario», ha affermato Schneck, sostenuto da Bruno Chiari, direttore generale di A4 Holding.

 

trasporto su rotaia

BELLUNO – Bocciata la proposta del consigliere regionale Pd Sergio Reolon di mettere a gara il sistema ferroviario bellunese. Ieri la lunga maratona per l’approvazione delle legge finanziaria 2014 ha visto anche il dibattito sui trasporti in montagna che si è conclusa con una bocciatura con 21 voti a favore, 20 contrari e 4 astenuti. La proposta prevedeva di aprire la gara a livello nazionale e non solo regionale per aprire il ventaglio delle possibili alternative a Trenitalia e migliorare il servizio, aumentando anche le corse dirette tra Calalzo e Padova e tra Calalzo e Venezia.

«L’assessore Chisso, Forza Italia e la Lega hanno bocciato questo emendamento perché a loro non importa nulla dell’intollerabile situazione in cui hanno costretto i pendolari bellunesi» commenta Reolon, «con quest’ultimo atto dichiarano apertamente di non volersi occupare della questione e la situazione non può che peggiorare. Così si mette una pietra tombale sul futuro dei trasporti su rotaia nella provincia dolomitica».

«L’emendamento da me presentato rappresentava una concreta possibilità, senza ulteriori costi per la Regione, di ridare al bellunese un servizio ferroviario degno di questo nome. La sua bocciatura è la continuazione della politica di Chisso e di Zaia di distruzione del servizio ferroviario » conclude Reolon.

Ad appoggiare la proposta di Reolon anche il consigliere regionale di Forza Italia per il Veneto Dario Bond. «Ho sostenuto l’emendamento sui treni di Reolon andando contro la mia stessa maggioranza » spiega Bond, «la situazione ferroviaria bellunese ha bisogno di risposte specifiche, ma la partita è solo all’inizio. Quella di Reolon è una proposta sensata, ma non è l’unica che possiamo perseguire con pragmatismo».

Il dibattito sul trasporto pubblico è acceso anche sul territorio ed in particolare a Ponte nelle Alpi, dove i timori dei cittadini si concentrano sulla tratta che porta a Calalzo. Tanto che partirà proprio da Ponte nelle Alpi la seconda giornata di mobilitazione legata al futuro del trasporto pubblico “Mobilità sostenibile di montagna”. L’appuntamento è domani alle 14.30 alla stazione ferroviaria di Ponte nelle Alpi, ad un mese dall’iniziativa in stazione a Belluno.

 

IL CASO

di Roberto Trevisan – Assemblea permanente contro il rischio chimico di Marghera

Chi pensa che l’opera è in Legge obiettivo e quindi vanno solo limitati i danni, non dimentichi che è un grande spreco di denaro pubblico, devastante per il territorio

In queste settimane assistiamo a un dibattito fuorviante e pieno di opacità legato al futuro dell’autostrada Mestre-Orte. Alla coerente richiesta delle comunità locali che, dal Lazio al Veneto, chiedono al governo il ritiro in toto del progetto di questa grande opera viaria, base per una coraggiosa apertura di un tavolo conflittuale con la regione Veneto e governo, si affiancano sbagliate e mistificanti posizioni di forze politiche che sulla arrendevole logica del “tutto deciso, l’opera è in legge obiettivo e perciò si farà perciò pensiamo solo a limitare i danni” aprono la strada a una trappola mortale fatta di rassegnazione e resa con il rischio di facilitare il caos politico e sociale.

La logica del meno peggio non può essere il metro di misura per avvalorare una variante e ancora meno per legittimare una grande opera da dieci miliardi. Questo è un gioco al massacro dove poco cambia la dislocazione dell’innesto perché la soluzione finale sarà comunque trasformare i nostri territori in terra di conquista per il partito del cemento-asfalto.

Per la stessa Marghera la bocciatura della proposta della Lega Nord di prolungare il tracciato da Oriago a Spinea per innestarsi sul Passante non mette al sicuro un territorio che rimane funzionale agli interessi di una strategia bipartisan che vuole uno sviluppo affidato alle infrastrutture d’ogni genere, al cemento, all’asfalto e agli affari immobiliari e perciò affidato all’autorità portuale, alla Regione Veneto, alle società come la Grs spa, Mantovani, Alba srl e, naturalmente, al proponente Gefip di Vito Bonsignore.

La Romea commerciale è funzionale agli interessi del porto che sta investendo sul polo logistico di Fusina e della Regione che nel proprio Ptrc prevede nella gronda lagunare di Giare-Dogaletto un mega complesso logistico.

Entrambi i progetti hanno bisogno di un grande asse viario per supportare la movimentazione merci. Nell’area industriale di Porto Marghera dalle ceneri dell’Alumix è ormai arrivato a completamento u ngrande impianto produttivo di smistamento merci su cui confluiranno fino a mille traghetti su due darsene e quattro banchine in grado di ospitare contemporaneamente quattro navi  e una piattaforma logistica.

A Dogaletto, invece, un progetto prevede un polo logistico per container di 460 ettari (pari a 600 campi di calcio, sei volte Veneto City), capace di movimentare 10 milioni di container verso e da i mercati del vecchio continente, polo che ha bisogno di una connessione con la Romea commerciale e con la camionabile visto che verrebbe collegato all’Interporto di Padova tramite la camionabile a pedaggio Venezia-Padova, realizzata dalla società Gra nel cui consiglio di amministrazione siedono uomini della Lega Nord.

Da Marghera alla Riviera una fila ininterrotta di camion su quattro corsie feriranno a morte un territorio già ampiamente segnato da decenni di chimica inquinante, tangenziali, passanti ecc.

Una cementificazione coatta che ridurrà le aree verdi con il rischio di vanificare gli sforzi dei Comuni sul fronte delle opere idrauliche a salvaguardia dagli allagamenti e un accumulo di polveri sottili derivanti dal traffico commerciale navale e veicolare che farà schizzare alle stelle i valori di Pm 10 che già a Marghera sono tra i più alti del comune.

E poi il progetto di Dogaletto che minaccia i terreni affacciati alla laguna situati in una zona tutelata dal Palav (piano di area della laguna di Venezia) come area d’interesse paesaggistico e ambientale. Progetto che non solo consumerebbe centinaia di ettari di suolo libero ma farebbe guadagnare alla società Alba srl del romagnolo Franco Gandolfi, proprietaria dei terreni agricoli su cui dovrebbero essere stoccati i container, almeno 165 milioni di euro con il solo cambio destinazione d’uso.

Si continua con la solita politica di svendita e distruzione del territorio a favore della speculazione fondiaria e immobiliare a discapito della salute e della qualità della vita dell’ambiente.

Ma i danni ambientali e sanitari del nodo Marghera-Riviera si riprodurranno in ugual misura lungo tutti i restanti 370 km della Mestre- Orte con consumo di suolo, inquinamento, rischio idraulico, perdita della biodiversità, danni al settore agricolo ecc., senza incidere minimamente sui flussi di traffico attuali e futuri della SS 309-E 45 che non giustificano la costruzione di un’autostrada copione della A13-14.

Cos’è allora la Mestre-Orte? È un’enorme spreco di denaro pubblico (dieci miliardi di euro, solo la metà sarebbe sufficiente a sanare il dissesto idrogeologico del paese) che si basa sulla truffa della finanza di progetto che favorisce il business delle concessioni stradali e le cricche di appaltopoli con in testa la Gefip, holding dell’europarlamentare del Nuovo centrodestra Vito Bonsignore, che punta con questa operazione a produrre il terzo polo autostradale d’Italia.

Inoltre i soldi anticipati dai privati saranno ripagati due volte dai cittadini prima con il pedaggio e poi con l’aumento delle tasse e taglio dei servizi a causa del debito pubblico che si genera con il project financing e le defiscalizzazioni.

Le alternative ci sono e passano per la messa in sicurezza SS 309 Romea-E 45, la deviazione del traffico pesante sulla A13, il potenziamento del trasporto marittimo e ferroviario unica vera alternativa ai problemi della mobilità in Italia.

Opporsi senza se e senza ma alla Mestre-Orte è possibile e necessario. Altre opere in legge obiettivo e varate dal Cipe sono state ritirate (vedasi la tangenziale sud di Milano). Lo hanno capito da tempo i tanti cittadini, esclusi dalla partecipazione democratica su scelte terribilmente impattanti, che si sono organizzati in comitati rivendicando di poter decidere in prima persona senza delegare a nessuno il futuro del loro territorio.

I sindaci con Reolon  

In Regione sarà discusso l’emendamento del consigliere

DeCarlo: «Bond e Toscani hanno il dovere di sostenerlo»

BELLUNO «È necessario mettere a gara il servizio di trasporto pubblico integrato solo per la provincia di Belluno. Orari, biglietti e gestione di treni e autobus devono essere pienamente integrati ».

Va in questa direzione l’emendamento alla finanziaria regionale 2014 che presenterà oggi il consigliere bellunese Sergio Reolon. L’iniziativa assicurerebbe almeno quattro corse dirette al giorno da Calalzo a Padova e verso Venezia.

I continui disagi che si abbattono sulle linee ferroviarie bellunesi hanno portato il consigliere del Pd a presentare una soluzione che verrà valutata in consiglio tra oggi e domani.

«L’obiettivo è dare vita a una gara d’appalto per cercare di migliorare un servizio scadente e che obbliga gli utenti a sobbarcarsi due cambi per raggiungere una destinazione come Venezia, lontana poco più di 100 chilometri. L’entrata in vigore a metà dicembre dell’orario cadenzato ha creato innumerevoli disagi e ha sottolineato la scarsa organizzazione e la poca versatilità di Trenitalia», afferma Reolon.

«Tutto questo ha spinto il presidente della Regione Luca Zaia a dichiarare di voler promuovere la gara per i servizi del Veneto, ma in realtà alle parole non è seguito alcun atto concreto. La particolarità del territorio di Belluno, per bacino di utenza e per la tipologia delle linee, consiglia di fare una gara apposita per le due tratte bellunesi che partono entrambe da Calalzo, in direzione Padova e Venezia. Così si potrà dare il via a un sistema integrato tra gomma a rotaia e usufruire di un biglietto unico per entrambi i mezzi di trasporto ».

Reolon assicura che non aumenteranno i costi per la Regione: «Venezia non è in grado di fare una gara, per cui delegherebbe Trenitalia. Sarebbe un modo per mettere mano al servizio pubblico».

A lanciare un appello anche agli altri consiglieri bellunesi Dario Bond e Matteo Toscani e ai loro gruppi politici affinché appoggino questa idea, è il sindaco di Calalzo, Luca De Carlo.

«È una delle poche volte che mi trovo d’accordo col consigliere Reolon», esordisce De Carlo. «Lo scorporo dalla gara regionale della provincia di Belluno non può che portare dei benefici al nostro territorio. Anche perché gara unica significa unire le reti elettrificate a quelle come la nostra che non lo sono. Dividerle avrebbe un suo senso logico e potrebbe trasformare la nostra linea a in una simile a quella della Valsugana. Per questo faccio appello a Bond e Toscani perché votino l’emendamento di Reolon. Sganciarsi da Trenitalia non comporterebbe problemi per l’esecuzione dei lavori già messi in cantiere da Rfi, perché un conto è gestire il servizio, un altro è gestire l’infrastruttura ».

Si dicono pronti a fare fronte comune perché si possa avere un bando diverso per la montagna anche i sindaci Massaro e Perenzin.

«Lo scorporo è l’unico strumento che ci consentirebbe di ragionare su scenari più complessi e avveniristici », dice Massaro. Gli fa eco il collega feltrino Paolo Perenzin: «Se questo sistema dovesse portare dei miglioramenti per la nostra rete, allora ben venga, anche se l’operazione dovrà essere valutata passo dopo passo. Chi sostituirà Trenitalia, dovrebbe portare anche i treni. E non è da poco ».

Paola Dall’Anese

 

Appello al presidente Zaia: costerebbe la metà di quanto indicato

CHIOGGIA  «Chioggia snobbata dalla Regione, è giunta l’ora che i nostri i consiglieri regionali pretendano dal presidente della regione Luca Zaia il rispetto dovuto alla sesta città del Veneto».

Punta i piedi il comitato promotore per la legge speciale regionale a favore di Chioggia, in seguito al rifiuto della Regione di partecipare all’incontro pubblico per presentare lo studio di fattibilità della nuova ferrovia, programmato per il 21 marzo.

Dopo che l’assessore regionale alla mobilità, Renato Chisso, si era espresso contro il progetto della nuova ferrovia, adducendone a giustificazione la sua esosità, il comitato non ci sta e dà battaglia.

«La Regione, per annullare l’incontro», spiega l’avvocato, «ha addotto il pretesto che la presentazione dello studio potrà essere tenuta in considerazione solo avendo come unico interlocutore un ente pubblico. A nulla è valsa la considerazione che l’iniziativa è sempre stata condotta in stretta collaborazione con il Comune. La decisione della Regione fa in realtà seguito alla diffusione della nostra lettera aperta a Chisso in cui contestavamo i suoi dati».

Chisso sostiene infatti che la ferrovia fino a Padova e Venezia costa un miliardo, con rientro dei biglietti del 10% del costo, ma- secondo il comitato – i dati dei progettisti dello studio di fattibilità indicano un possibile costo di meno della metà, con rientro dei biglietti quasi del 50%.

«Dobbiamo ritenere», conclude Boscolo, «che l’assessore abbia timore del confronto pubblico sui dati provenienti dai suoi uffici».

Andrea Varagnolo

 

I pendolari promuovono solo le corse “brevi”, il resto è un disastro

MONTEBELLUNA – La puntualità? Solo per le corse che hanno tempi di percorrenza inferiori ai 30 minuti. Insomma finchè si tratta della linea Montebelluna-Treviso le cose funzionano, nei collegamenti per Padova invece è una via crucis costellata di ritardi e soppressioni. Sono i rilevamenti dei mesi di gennaio e febbraio eseguiti da Binari quotidiani, presentati venerdì sera al centro civico di San Gaetano. Presenti un sindacalista e un rappresentante dell’associazione dei pendolari, era un incontro per fare il punto sulla situazione e raccogliere ulteriori testimonianze sull’andamento del trasporto ferroviario delle linee che collegano Montebelluna. È emerso, dall’esperienza degli studenti, che l’orario cadenzato va bene per i collegamenti con Venezia perché c’è un maggiore intervallo di tempo per prendere la coincidenza a Treviso, mentre i collegamenti con Padova in andata e ritorno danno un quadro opposto: ritardi su ritardi, corse con vagoni stracarichi, convogli che si fermano lungo il tragitto perché non funziona una porta, si guasta il locomotore e via di questo passo. E quasi a esemplificare tale situazione venerdì sera, mentre era in corso la riunione, a qualche centinaio di metri l’ultimo treno per Padova, quello delle 21.11, transitava quando mancavano pochi minuti alle 22, insomma con oltre 40 minuti di ritardo. Da Binari quotidiani è arrivato un invito agli studenti universitari che fanno i pendolari: monitorate i ritardi delle corse in modo da aiutare l’associazione ad avere un quadro completo di quel che succede giorno per giorno lungo la linea Montebelluna-Padova. Quanto alle prospettive, è stato affermato che, non mettendo niente la Regione, ma solo quello che riceve dallo Stato per il trasporto regionale, nel Veneto il servizio è peggiore che altrove.

«Sono 15 anni che faccio il pendolare», ha spiegato il rappresentante di Binariquotidiani, «allora le soppressioni erano una all’anno, adesso sono frequenti. Perché il materiale rotabile è vecchio e non viene fatta alcuna manutenzione preventiva».

Enzo Favero

 

Nuova Venezia – Metro’, la Regione accelera

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15

mar

2014

«Possibile il via a giugno»

Pendolari e sindacati cautamente soddisfatti: «Di Sfmr si parla dal lontano 1988»

L’assessore Chisso: «Per noi il sistema è partito con l’orario cadenzato»

VENEZIA – È stato lo stesso assessore regionale ai trasporti, Renato Chisso, a confermare ieri che il primo metrò partirà il prossimo 8 settembre. Anzi ha anche detto che, sempre se sarà possibile dal punto di vista tecnico e finanziario, i nuovi venti treni Sfmr sul tratto Padova-Mestre potrebbero addirittura partire già a giugno. E, naturalmente, com’è nello stile di Chisso, l’assessore ha anche lanciato qualche frecciata ai suoi detrattori. «Per noi della Regione il sistema metropolitano è partito già il 15 dicembre 2013, quando è entrato in vigore l’orario cadenzato anche per i treni regionali di tutto il Veneto, che, in fondo, è l’ossatura di tutte le linee metropolitane della regione. Comunque, quando partirà il primo metrò, tra Padova e Mestre circoleranno ben 82 treni locali al giorno. Sono tanti perché in questo tratto, nel 2008, è stata realizzata l’Alta Capacità con quattro binari». Sempre ieri i tecnici di Chisso hanno anticipato anche che il nuovo servizio dei venti treni giornalieri, supplementari rispetto a quelli attuali, sulla linea storica di 25 chilometri tra Mestre e Padova, sarà svolto dai nuovi convogli a sei casse dell’azienda svizzera Stadler, denominati Flirt, che ne ha già consegnati alla Regione 16. Ne mancano ancora 4. Sono treni già molti usati nelle aree metropolitane di mezza Europa, in grado di trasportare 400 persone. In pratica sono gli stessi convogli che, dal 15 dicembre, fanno servizio tra Mestre e Portogruaro e tra Monselice e Legnago-Mantova.

La notizia è stata accolta con moderata soddisfazione anche dalle associazioni dei pendolari e dai ferroviari dell’Orsa. «Finalmente si parte», sottolinea Davide Grisafi, presidente regionale di AssoUtenti. «Venti treni in più sulla tratta Padova Mestre, con fermate a Ponte di Brenta, Vigonza/ Pianiga, Dolo e Mira-Mirano, rappresentano pur sempre un bel traguardo. Specialmente oggi dopo che l’orario cadenzato si è assestato bene ed in base ai dati raccolti, a livello ufficiale, da ViaggiaTreno, i ritardi giornalieri si contano sulle dita di una mano».

Un po’ diversa la posizione dell’Orsa. «Ok per la partenza del primo metrò regionale», osserva Sandro Trevisan, segretario nazionale Orsa e ferroviere mestrino. «Voglio ricordare, però, alla Regione ed anche a TrenItalia che il primo progetto di massima per il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale risale al 1988. Quindi non servirà una bottiglia di champagne, per festeggiare basterà un buon Pinot. Per il resto il progetto Smfr non deve finire assolutamente con la partenza dei primi treni metropolitani da Padova a Mestre. Il programma Smfr deve essere realizzato anche sulle linee Mestre-Treviso-Conegliano, Mestre- Castelfranco-Bassano del Grappa, Mestre- Quarto d’Altino- San Donà di Piave-Portogruaro ed anche sulla Padova-Vicenza. Facendo attenzione, naturalmente, alla ristrutturazioni delle stazioni e delle fermate, all’eliminazione di altri passaggi a livello ed all’arrivo di nuovi treni, più capienti di quelli attuali, senza i quali non si va da nessuna parte ».

Sempre Trevisan aggiunge che per far partire nel più breve tempo possibile il sistema metropolitano intorno al quadrilatero geografico intorno a Padova e Mestre, occorre realizzare il secondo binario nel tratto fra Maerne di Martellago e Castelfranco, via Piombino Dese e Trebaseleghe.

FelicePaduano

 

L’ira dei pendolari: «50 euro al mese per viaggiare in piedi»

Cresce la protesta di chi utilizza la linea

Ma nelle altre tratte non va molto meglio

FERROVIA DA TERZO MONDO – A tanto ammonta un trimestrale del treno per la tratta Padova-Bassano. Lo sfogo di uno studente

«150 euro di abbonamento per un posto in piedi, stipati come sardine»

BASSANO – (J.L.) Nel 2014 paghi 150 euro per un abbonamento trimestrale del treno per la tratta Padova-Bassano e quali sono i servizi offerti? La risposta arriva dall’ennesimo pendolare imbufalito, studente bassanese al secondo anno di ingegneria costretto quotidianamente a raggiungere l’ateneo patavino a bordo dei convogli Trenitalia: «Il 90% delle volte la situazione è pessima. Partendo alle 14.16 da Padova saliamo su treni in cui i corridoi tra i sedili sono già pieni di persone in piedi, situazione questa che dal punto di vista della sicurezza sia gravissima. Le persone che non riescono ad arrivare con almeno trenta minuti di anticipo in stazione rimangono allora stipate come sardine in scatola nei passaggi di discesa, bloccando le porte e causando ritardi ad ogni stazione. E di ritardo in ritardo a Bassano arriviamo sempre venti minuti dopo rispetto all’orario previsto. La cosa che mi sorprende – prosegue ancora l’universitario bassanese – è che Trenitalia non ha mai preso nessun tipo di provvedimento a riguardo nonostante questa situazione sia tale dallo scorso mese di dicembre, da quando cioè sono cambiati gli orari. Non è una situazione isolata, noi pendolari la viviamo tutti i giorni e anche al mattino, partendo da Bassano a orari diversi. Più di qualche volta ci siamo ritrovati in piedi già a Rosà, subito dopo la partenza del convoglio verso Padova quindi».

Una situazione grave che non sembra sarà risolta in tempi brevi e che si fa ancor più critica per tutti quei pendolari che sul treno salgono nelle stazioni successive, partendo da Rossano Veneto e andando poi a Cittadella e Camposampiero.

«Stanchi, siamo davvero stanchi – conclude il pendolare bassanese – e mi auguro che qualcuno intervenga perchè non è affatto giusto pagare 150 euro un abbonamento trimestrale che non ci garantisce nemmeno di stare seduti, o quantomeno di viaggiare in maniera decorosa sui treni».

Che sia Venezia, Padova o Trento la destinazione di chi da Bassano deve salire sui convogli di Trenitalia per il viaggio le problematiche, annose oramai, sono sempre le stesse. Ciò che continuano a cambiare, e ad aumentare, sono invece i costi dei biglietti e degli abbonamenti, ma i servizi rimangono uguali o, addirittura, in alcuni casi peggiorano.

 

Nuova Venezia – Cav: il traffico cala, solo 1650 abbonati.

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13

mar

2014

NONOSTANTE GLI SCONTI AI PENDOLARI

VENEZIA – Ad oggi sono 1650 i pendolari dell’autostrada che hanno sottoscritto via telepass l’abbonamento scontato sul tratto Padova est-Mestre, introdotto dalla concessionaria Cav il 25 febbraio (con effetto retroattivo dal primo del mese) dopo il rincaro delle tariffe e le polemiche conseguenti.

La riduzione del pedaggio fino al 20% (riservato a chi percorra lo stesso tragitto da venti a quaranta volte al mese, con gli sconti proporzionali alle distanze) rivela un appeal modesto a fronte dei grandi numeri in ballo: 100 mila passaggi medi giornalieri sul segmento Padova est-Dolo, 40 mila per Dolo- Mestre e 60 mila sul Passante.

Né l’adesione lievita tra i residenti dei cinque Comuni toccati da Cav (Dolo, Pianiga, Mira, Mirano e Spinea): pur godendo di agevolazioni del 40%, l’entità degli abbonamenti galleggia intorno alle duecento unità.

Sul fronte del traffico, da gennaio ad oggi, Cav segnala una tendenza contrastante: -2,5% nei flussi autostradali a pagamento, +6% sul Passante a circolazione libera.

A ciò si abbina l’impennata di presenze nel trasporto ferroviario, così da giustificare una chiave di lettura che individua nella recessione perdurante e nel calo del reddito – scanditi da licenziamenti, crisi aziendali e fallimenti, soprattutto nelle microimprese – le cause della flessione dei viaggi pendolari su mezzo privato (a esclusivo vantaggio del trasporto su rotaia, pur bersaglio di pesanti critiche), accreditando invece al lusinghiero andamento dell’export veneto la ripresa del traffico commerciale.

La partita autostradale, però, si gioca su più tavoli. Le cinque concessionarie regionali (Cav, A4 Brescia-Padova, Autovie venete, Autobrennero, Autostrade per l’Italia) aderiscono ad Aiscat e la potente associazione – presieduta da Fabrizio Palenzona – ha accolto l’invito del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ad introdurre facilitazioni tariffarie per i viaggiatori pendolari, condizionando però l’assenso – che ha sensibile un costo finanziario – a precise condizioni.

Anzitutto, un’omogeneità di trattamento sull’intera rete nazionale che eviti “scorciatoie” sleali da un casello all’altro. Quindi, il prolungamento della durata delle concessioni, così da “spalmare” nel tempo i minori introiti derivanti dagli sconti e far fronte agli oneri finanziari e agli investimenti: un obiettivo, questo, che sta particolarmente a cuore a Tiziano Bembo, presidente della Cav, società pubblica oggettivamente penalizzata dai tempi ridotti concessi dallo Stato (22 anni appena a fronte di una media italiana di 30), chiamata a rimborsare l’Anas il miliardo ricevuto per realizzare il Passante e gravata dai costi di manutenzione di due percorsi (Raccordo del Marco Polo e Tangenziale ovest di Mestre) che non garantiscono alcuna entrata. Lupi ha preso atto delle richieste, promettendo risposte concrete. I tavoli ministeriali sono al lavoro ma, al momento, non si segnalano passi avanti.

Filippo Tosatto

 

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