Nuova Venezia – Disco rosso del Governo al Piano casa del Veneto
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24
gen
2014
Pigozzo (Pd) anticipa l’opposizione e il possibile ricorso del Consiglio dei ministri
Il vicepresidente Zorzato: «Operazione di partito contro l’economia e le famiglie»
VENEZIA – Scintille sul Piano casa del Veneto, finito nel mirino del Governo Letta. «Il Consiglio dei ministri ha formulato una serie di puntuali osservazioni sul testo legislativo regionale, individuando le maggiori criticità proprio nei nodi che noi del Pd avevamo sollevato in sede di discussione e che ci hanno indotto a votare contro», anticipa Bruno Pigozzo, vicepresidente della commissione Urbanistica a Palazzo Ferro-Fini. In effetti, l’esecutivo di Palazzo Chigi si riunirà oggi ma il democratico ne prevede le mosse: «Il Governo punta l’indice sul fatto che il Piano consente di continuare ad edificare in deroga ai parametri urbanistici comunali, con aumento ulteriore del consumo del suolo. Contemporaneamente, una delle obiezioni centrali che vengono da Roma mette in rilievo lo svuotamento delle competenze dei Comuni in materia urbanistica, cosa che potrebbe essere valutata come violazione dell’articolo 118 della Costituzione. Non da ultimo, si osserva che questo Piano contiene norme che non garantiscono una piena tutela sul versante paesaggistico». Morale della favola: si profila un’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale che azzopperebbe il provvedimento…
«Noi non vogliamo affossarlo, resta uno strumento importante per il sistema economico veneto», commenta Pigozzo «ma l’unica via d’uscita è correggerlo con misure oculate e rispettose degli enti locali e del territorio, non basta una circolare di Zorzato per cambiare la legge, abbiamo presentato precise proposte di modifica, ci auguriamo vengano approvate rapidamente».
Irritata la reazione di Marino Zorzato, “padre” del Piano casa e vicepresidente della Regione: «Noto che il Pd è già informato su ciò che farà il Consiglio dei ministri, perciò si tratta di un’operazione di partito, magari concordata con i soliti sindaci di Venezia e Padova, non di una valutazione tecnica. Se ci sarà il ricorso alla Consulta, la sentenza arriverà tra un anno e mezzo, creando incertezza e disagi a decine di migliaia di famiglie: è questo l’obiettivo della sinistra? Il Piano, lo dicono le categorie, ha salvato 7 mila imprese edilizie e 11 mila posti di lavoro. Chi risponde del danno all’economia e ai cittadini?».
Restano i dubbi costituzionali sulla sottrazione ai sindaci delle facoltà di valutare l’impatto ambientale delle costruzioni e la loro coerenza rispetto alla programmazione comunale… «Non è così, un passaggio del Piano prevede esplicitamente la possibilità dei Comuni di opporsi ad ampliamenti incompatibili per volume, carico urbanistico o assenza di opere di urbanizzazione. L’Anci, infatti, non ha impugnato nulla. Chi danneggia il Veneto a scopi di propaganda ne risponderà ai cittadini».
Filippo Tosatto
Gazzettino – Pedaggi, pronto il ricorso al Tar
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23
gen
2014
DOLO – Opzione Zero scende in campo contro aumenti e mancato arretramento della barriera
Consegnato un dossier alla Procura e alla Corte dei Conti
LA DENUNCIA – I pedaggi sul Passante e sulla Padova-Mestre sono i più cari d’Europa. Sempre meno automobilisti usano l’autostrada
MOBILITAZIONE – In strada il 22 febbraio a Roncoduro
Opzione zero annuncia una manifestazione a Roncoduro , il 22 febbraio, giornata di mobilitazione lanciata dal Movimento No Tav.
MANIFESTAZIONE – Le recenti mobilitazioni contro i rincari dei pedaggi autostradali
Il comitato Opzione Zero sta predisponendo un ricorso al Tar contro lo spropositato aumento dei pedaggi e sul mancato arretramento della barriera di Mestre ed annuncia una manifestazione in zona Roncoduro per il 22 febbraio, giornata di mobilitazione nazionale di tutti i comitati lanciata dal Movimento No Tav.
«Giù le tariffe, i cittadini hanno già pagato il passante con le tasse. Il debito di Cav è illegittimo, si indaghi piuttosto sullo spropositato aumento dei costi per la realizzazione dell’opera».
Il Comitato chiede ad Olaf, organo ispettivo dell’Unione europea, di indagare su possibili episodi di corruzione nella costruzione dell’opera e di verificare i recenti finanziamenti della Bei e di Cassa Depositi e Prestiti a Cav Spa.
Il dossier prodotto è stato spedito alla Procura della Repubblica di Venezia, alla Corte dei Conti italiana e alla Corte dei Conti Europea.
«Il tornello di Vetrego è solo un pretesto – afferma il presidente Mattia Donadel di Opzione Zero – i pedaggi sul Passante e sulla Padova-Mestre sono i più cari d’Europa perché il traffico è in netto calo e la Cav non sa più come restituire i soldi ad Anas, tanto che ora, si è ulteriormente indebitata con Cdp e Bei per 423,5 milioni di euro, e pensa pure di ricorrere ai famigerati Project Bond, una sorta di titoli finanziari legati all’opera».
Rincarano la dose Rebecca Rovoletto e Lisa Causin portavoce del comitato. «L’allargamento del debito produrrà nel breve periodo ulteriori rincari dei pedaggi. Ma quando la situazione diventerà insostenibile allora dovranno risponderne direttamente la Regione Veneto e Anas, i soci di Cav; e a quel punto è facile immaginare cosa potrà produrre: tagli ai servizi pubblici locali come sanità, trasporti e scuole e ancora nuove tasse».
Obiettivo di Opzione Zero è dunque accendere i riflettori a livello europeo su questa situazione esplosiva.
Conclude Rebecca Rovoletto: «È tempo che tutti gli organi di controllo, anche quelli europei, si rendano responsabili di garantire la legalità, e il corretto e trasparente utilizzo del denaro pubblico».
Lino Perini
Nuova Venezia – Autostrade. “L’Antifrode Ue indaghi sui fondi concessi a Cav”
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23
gen
2014
ESPOSTO DEL COMITATO OPZIONE ZERO
MIRANO – Opzione Zero gioca pesante e sul Passante presenta un esposto agli organismi di controllo europeo.
«Giù le tariffe», tuona il comitato che più di tutti ha alzato la voce in questo inizio d’anno contro l’aumento dei pedaggi autostradali, «i cittadini hanno già pagato il Passante con le tasse.
Il debito di Cav è illegittimo, si indaghi sullo spropositato aumento dei costi per la realizzazione dell’opera».
L’esposto coinvolge in particolare la Olaf, l’ufficio europeo per la lotta antifrode, al quale viene chiesto di aprire un fascicolo su possibili episodi di corruzione nella costruzione del Passante e verificare i recenti finanziamenti concessi a Cav, la società concessionaria del tratto Padova-Mestre, dalla Banca europea per gli investimenti e della Cassa depositi e prestiti.
Una battaglia che Opzione Zero non conduce da sola: al suo fianco anche l’associazione Re-Common, il cui obiettivo è sottrarre le risorse naturali alla finanza e la rete europea Counter Balance, impegnata nella campagna per la riforma della banca mondiale.
Le tre associazioni hanno presentato a Bruxelles un dettagliato memorandum, chiedendo all’Olaf di indagare in particolare sul prestito di 350 milioni di euro erogato a Cav dalla Banca europea tramite l’italiana Cassa depositi e prestiti.
Il dossier è stato inviato anche alla Procura della Repubblica di Venezia, alla Corte dei conti italiana e a quella europea.
«Il tornello di Vetrego è solo un pretesto», afferma Mattia Donadel di Opzione Zero, «i pedaggi sul Passante e sulla Padova-Mestre sono i più cari d’Europa perché il traffico è in calo e la Cav non sa più come restituire i soldi ad Anas, tanto da essersi indebitata per 423,5 milioni».
Per Rebecca Rovoletto e Lisa Causin, portavoce del comitato, «Questo produrrà ulteriori rincari dei pedaggi. Quando la situazione diventerà insostenibile, allora dovranno risponderne direttamente Regione e Anas, soci di Cav e a quel punto arriveranno tagli ai servizi pubblici locali come sanità, trasporti, scuole e ancora nuove tasse».
Opzione Zero sta lavorando anche a un ricorso al Tar contro l’aumento dei pedaggi e sul mancato arretramento della barriera di Villabona.
Annunciata poi una manifestazione a Roncoduro per il 22 febbraio, giornata di mobilitazione nazionale di tutti i comitati, lanciata dal movimento No-Tav.
Filippo De Gaspari
Nuova Venezia – La Regione aumenta i biglietti dei treni
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23
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2014
FERROVIE DEL VENETO» RINCARI A GIUGNO
Chisso: abbonamenti esclusi dai rincari, il servizio sta migliorando.
Frecciata di Trenitalia: siete in ritardo nei pagamenti
VENEZIA – Le tariffe dei treni regionali aumenteranno entro l’anno, forse già a partire da giugno: il ritocco non riguarderà gli abbonamenti per studenti e lavoratori ma i singoli biglietti, quelli acquistati dai “viaggiatori occasionali”. L’ha annunciato l’assessore alla mobilità Renato Chisso, a conclusione di una lunga seduta della commissione trasporti dedicata ai ritardi e disservizi che affliggono i pendolari delle Ferrovie. «L’adeguamento del prezzo», ha aggiunto «ci fornirà le risorse necessarie ad affrontare le criticità e i “buchi” emersi in questa fase di sperimentazione dell’orario cadenzato». Il rincaro, ancora indefinito, sarà modulato sul fabbisogno finanziario degli investimenti in agenda che riguardano in particolare l’ammodernamento di rete.
La riunione di Palazzo Ferro-Fini, presieduta da Andrea Bassi, si è aperta con l’intervento dell’ingegnere Maria Giaconìa, responsabile di Trenitalia a Nordest: «La media della puntualità dei treni regionali in Veneto è migliorata», ha affermato esibendo tabelle e istogrammi «nel gennaio 2013 risultava in orario l’88,17% dei convogli contro il 91,37% attuale. Analogamente, nelle ore di punta, l’indice di rispetto è salito dall’87,45 al 90,02%». Ancora: il 98,23% dei treni è rimasto entro la soglia (generosa, in verità) dei 15 minuti di ritardo, migliorando di un punto la performance precedente e nelle cinque settimane d’avvio cadenzato il numero delle cancellazioni è sceso del 40% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso. Anche Chisso, pur deciso a multare Trenitalia per i ritardi di dicembre, sottolinea che il nuovo orario garantisce quasi 200 corse in più (da 600 a 780) al giorno. Ma il sistema su rotaia è a macchie di leopardo: «Il servizio è migliorato in maniera netta sull’asse centrale Venezia-Padova-Vicenza-Verona», sostiene «mentre permangono criticità sulle linee Vicenza-Schio, Portogruaro-Oderzo-Treviso, Portogruaro-Venezia, Bassano-Mestre, Calalzo Padova, Padova-Bassano, Rovigo-Verona e Monselice-Mantova». Entro aprile – la promessa – l’entrata in servizio di 20 nuovi treni consentirà di sciogliere i nodi coincidenze, velocità e capacità dei convogli.
Trenitalia, però, non ci sta a sobbarcarsi l’intero fardello delle responsabilità: «Il contratto di servizio regionale siglato nel 2013 vale 130 milioni di euro, aumentati a 140 con l’introduzione dell’orario cadenzato», scandisce Maria Giaconìa «la Regione però non ha ancora completato il pagamento del servizio 2012, mancano ancora 23 milioni, e ora deve far fronte ai costi del nuovo orario, 10 milioni, e agli investimenti in corso d’opera, altri 3 milioni.
Inoltre, attendiamo fiduciosi il saldo di 15 milioni a cofinanziamento del materiale rotabile: minuetti diesel, treni elettrici e treni ad alta frequentazione. Trenitalia, raccolte le segnalazioni dei passeggeri sta realizzando migliorie e aggiustamenti ma lo fa a spese proprie». E le manutenzioni carenti? «Dal 2008 ad oggi abbiamo investito oltre 10 milioni nelle officine di Verona e di Mestre, ora ci siamo fermati in attesa di comprendere le intenzioni del committente». L’assessore ascolta, sorride e poi chiosa: «Oggi Trenitalia si è tolta un sassolino, anzi un pieròn».
Filippo Tosatto
«Bene l’indagine sui treni ma i problemi restano»
Quarto. Pendolari e sindaco Conte soddisfatti per l’intervento dell’Authority
Lunedì vertice tra i sindaci della tratta Venezia-Portogruaro e l’assessore Chisso
QUARTO D’ALTINO «Era ora, significa che almeno qualche cosa si muove». I rappresentanti dei pendolari accolgono con positività la notizia dell’avvio da parte dell’Authority dei trasporti, di un’indagine conoscitiva sulla circolazione ferroviaria in Veneto per accertare le qualità del servizio offerto dai treni regionali finiti nell’occhio del ciclone per una lunga serie di ritardi e disservizi.
«Stiamo a vedere», spiega Luciano Ferro, dei pendolari altinati, «per adesso a noi rimangono i problemi quotidiani. Un sottopassaggio della stazione che fa acqua da tutte le parti, pensiline inesistenti, oltre ai convogli e le corse soppresse e che ci costringono a prendere l’auto il sabato e la domenica».
Questa sera i pendolari si riuniranno e decideranno in merito alle due prossime iniziative dei primi giorni di febbraio: volantinaggio e presidio alla stazione di Venezia e la nuova manifestazione in Regione.
«Trovo sia un’ azione molto positiva», interviene il sindaco di Quarto, Silvia Conte, «evidentemente queste Authority create per garantire i consumatori e gli utenti alla fine qualche cosa fanno e le nostre segnalazioni erano fondate. La preoccupazione che noi abbiamo da sempre rappresentato è che, di fatto, in Veneto non viene data alternativa alla macchina, e questo per la mancanzadi un trasporto locale efficente. Anche le politiche regionali sono state orientate ad investire nelle strade e non nel trasporto. La Regione ha sempre tagliato i fondi, per il trasporto senza mettere a bilancio nulla più di quanto viene trasferito dallo Stato».
Precisa: «Evidentemente l’indagine è un atto dovuto di fronte ad una situazione di tagli al servizio che sono stati effettuati: in questo scaricabarile è bene ci sia una autorità super partes che faccia chiarezza».
Precisa: «La mancanza di trasparenza fa anche si che non ci sia modo di sapere quante persone portavano i treni soppressi. Mi domando, ad esempio, ma rispetto all’utenza di prima, oggi quali sono i numeri? La frequenza è aumentata come dovrebbe oppure no? L’orario cadenzato ha un nome ed un cognome, la Regione prima o poi, un po’ di soldi per il trasporto li deve mettere».
Nel frattempo lunedì i sindaci della tratta Venezia-Portogruaro saranno di nuovo dall’assessore regionale ai Trasporti, per discutere delle migliorie e delle possibili soluzioni. Si parlerà dei treni della sera, dei festivi, della fascia oraria più scoperta. Chiude: «Speriamo di avere risposte sulle partite più urgenti».
Marta Artico
C.S.Op.Zero 22/01/14 – Passante di Mestre: Opzione Zero, Re-Common e Counter Balance presentano esposto agli organismi di controllo Europeo.
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22
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2014
Cliccare qui per vedere la delibera della Corte dei Conti del 22 marzo 2011
Cliccare qui per vedere la delibera della Giunta della Regione Veneto del 16 aprile 2013
Cliccare qui per vedere il dossier presentato da Re:Common e Opzione Zero
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Comunicato Stampa Opzione zero – Re-Common – Counter Balance 22 gennaio 2014
Passante di Mestre: Opzione Zero, Re-Common e Counter Balance presentano esposto agli organismi di controllo Europeo.
Giù le tariffe, i cittadini hanno già pagato il Passante con le tasse. Il debito di CAV è illegittimo, si indaghi piuttosto sullo spropositato aumento dei costi per la realizzazione dell’opera.
Si chiede a OLAF di indagare su possibili episodi di corruzione nella costruzione dell’opera e di verificare i recenti finanziamenti della BEI e di Cassa Depositi e Prestiti a CAV SpA.
La Giunta Zaia e il CDA di CAV hanno responsabilità pesantissime, non possono nascondersi dietro a una foglia di fico.
Il comitato Opzione Zero, l’associazione Re:Common, la Rete Europea Counter Balance hanno presentato un dettagliato memorandum a OLAF l’organo ispettivo dell’Unione Europea, chiedendo che indaghi sul prestito di 350 milioni di euro erogato dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), tramite l’italiana Cassa depositi e Prestiti, alla compagnia pubblica CAV. Il dossier è stato spedito anche alla Procura della Repubblica di Venezia, alla Corte dei Conti italiana e alla Corte dei Conti Europea.
Partecipata dall’Anas e dalla regione Veneto, la CAV SpA è una società totalmente pubblica creata nel 2008 per la gestione del Passante, della tangenziale di Mestre e del tratto di autostrada Padova-Mestre. La convenzione tra CAV e ANAS (società anche questa pubblica) approvata nel 2011, prevede che CAV restituisca ad ANAS circa 1 miliardo di euro entro il 2032 attraverso il gettito dei pedaggi autostradali. Si tratta della somma anticipata dalla stessa ANAS per la costruzione dell’opera.
“Il tornello di Vetrego è solo un pretesto – afferma Mattia Donadel di Opzione Zero- i pedaggi sul Passante e sulla Padova-Mestre sono i più cari d’Europa perché il traffico è in netto calo e la CAV non sa più come restituire i soldi ad ANAS, tanto che ora, si è ulteriormente indebitata con CDP e BEI per 423,5 milioni di euro, e pensa pure di ricorrere ai famigerati Project Bond, una sorta di titoli finanziari legati all’opera. Ma lo capiscono anche i bambini che di debito in debito il buco si allarga sempre di più. Su questa vicenda sia la Giunta Regionale di Zaia sia il CDA di CAV hanno responsabilità precise e pesanti”.
Rincarano la dose Rebecca Rovoletto e Lisa Causin portavoce del Comitato: “l’allargamento del debito produrrà nel breve periodo ulteriori rincari dei pedaggi per spremere le tasche dei cittadini, che il Passante però lo hanno già pagato con le tasse. Ma quando la situazione diventerà insostenibile allora dovranno risponderne direttamente la Regione Veneto e ANAS, i soci di CAV; e a quel punto è facile immaginare cosa potrà produrre: tagli ai servizi pubblici locali come sanità, trasporti e scuole e ancora nuove tasse”.
Obiettivo di Opzione Zero, Re-Common e Counter Balance è dunque accendere i riflettori a livello europeo su questa situazione esplosiva.
Nel dossier (in allegato l’estratto) si fa riferimento al dettagliato rapporto della Corte dei Conti, che nel marzo del 2011 aveva sollevato forti dubbi su vari aspetti della costruzione e della gestione dell’opera: mancati controlli, uso smodato degli strumenti emergenziali, aumento ingiustificato dei costi, possibilità di infiltrazioni della criminalità organizzata nella concessione dei subappalti. D’altra parte proprio la Mantovani SpA e la FIP Industriale, società gemelle entrambe protagoniste nei lavori di costruzione del Passante, sono al centro di importanti inchieste della Magistratura veneziana e di quella siciliana: nel febbraio 2013 viene arrestato Piergiorgio Baita ex AD della Mantovani per false fatturazioni e corruzione; mentre lo scorso ottobre, l’amministratore delegato di una delle società del consorzio, FIP Industriale, è stato arrestato dalle autorità anti-mafia di Catania con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa legato alla costruzione della tangenziale di Caltagirone in Sicilia. Nonostante ciò, la BEI è andata avanti con l’erogazione del prestito, effettuata nell’aprile del 2013.
Continua Rebecca Rovoletto: “Innumerevoli sono state le occasioni in cui comitati e gruppi di azione civile hanno denunciato pubblicamente e apertamente l’opacità del sistema politico-affaristico instaurato dai potentati che da vent’anni governano la Regione del Veneto. Opacità nelle procedure, negli affidamenti di appalti, nella gestione delle opere pubbliche e delle risorse economiche, nell’utilizzo forzato di strumenti tecnico-legislativi emergenziali. Il “sistema veneto” è strutturalmente corrotto e il caso del Passante di Mestre e della gestione CAV ne sono uno degli emblemi. È tempo che tutti gli organi di controllo, anche quelli europei, si rendano responsabili di garantire la legalità, e il corretto e trasparente utilizzo del denaro pubblico”.
“Sono anni che ci viene detto ‘l’Europa ce lo chiede’” ha dichiarato Antonio Tricarico di Re:Common. “Questa volta siamo noi, cittadini italiani vittime della corruzione del ‘sistema Veneto’, a chiedere all’Europa di investigare le responsabilità dirette di funzionari della Banca europea per gli investimenti che hanno concesso fondi, nonostante i magistrati italiani avessero già scoperchiato la pentola sulla corruzione che riguarderebbe la CAV e il Passante di Mestre”.
“Se l’OLAF è un’istituzione seriamente impegnata nella lotta alla corruzione e al riciclaggio, dimostri che la Bei viene trattata e indagata al pari delle altre istituzioni europee e almeno per una volta faccia pagare anche ai responsabili della Banca a Lussemburgo il fatto di non aver controllato adeguatamente l’uso dei soldi pubblici che gestiscono, andando poi a legittimare l’ormai diffusa corruzione italiana” ha aggiunto Elena Gerebizza sempre di Re:Common.
Intanto Opzione Zero sta lavorando per mettere punto un ricorso al TAR sullo spropositato aumento dei pedaggi e sul mancato arretramento della barriera di Mestre. Annunciata poi una manifestazione in zona Roncoduro per il 22 febbraio, giornata di mobilitazione nazionale di tutti i comitati lanciata dal Movimento No TAV.
CLICCARE QUI PER LEGGERE IL MEMORANDUM
Nuova Venezia – Auto blu ai raggi X: della societa’ Cav il garage piu’ fornito
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22
gen
2014
La mappa delle vetture in uso alle partecipate della Regione
Ma Autovie Venete: «Non siamo obbligati a rispondere»
VENEZIA – La spending review è arrivata anche nelle società a partecipazione regionale e si è appuntata sulla dotazione delle auto di servizio. Il 20 dicembre, accogliendo l’indicazione della prima commissione del Consiglio regionale, la giunta regionale ha stabilito che «le società a partecipazione regionale, entro il 31 marzo di ogni anno, inviano alla giunta regionale, pubblicano e aggiornano nel proprio sito internet aziendale, i dati e le informazioni al 31 dicembre dell’anno precedente, relativi all’utilizzo delle auto aziendali da parte del proprio personale».
E non mancano le sanzioni: «Il mancato invio alla giunta regionale o la mancata pubblicazione via web, nei termini stabiliti, delle informazioni inerenti le auto di servizio o il mancato recepimento dei criteri di utilizzo comporta la sospensione di ogni erogazione a favore dei soggetti inadempienti».
L’intera materia è stata riordinata dalla legge regionale 1 del 7 gennaio 2011 sul “trattamento indennitario dei consiglieri regionali e disposizioni sui costi degli apparati politici ed amministrativi”. In particolare, l’articolo 15 prevede che «gli organi e le strutture di vertice di enti, agenzie, aziende e società regionali, o con quota maggioritaria della Regione, non possono utilizzare in via ordinaria auto di servizio per il trasporto dall’abitazione all’ufficio o luogo di lavoro».
La normativa ha determinato l’avvio di un censimento del parco auto. In occasione della prima ricognizione, compiuta nel 2011, era emerso che per l’Autostrada di Alemagna, Autovie venete, Concessioni Autostradali Venete, College Valmarana Morosini, Finest, Insula, Rocca di Monselice, Sis e Veneto Strade la normativa non era applicabile «in quanto trattasi di organismi partecipati in misura minoritaria della Regione». Poi queste società sono state ricomprese nell’elenco. Terme di Recoaro, Rovigo Expò, Società Veneziana Edilizia Canalgrande, Veneto Innovazione e Veneto Promozione hanno fatto sapere di non detenere auto di servizio, mentre Ferrovie Venete, nel 2011 non risultava «concretamente operativa».
Tra gli enti con il garage meglio fornito figurava, alla fine del 2012, Sistemi Territoriali: cinque auto di servizio, tre autocarri, sei auto a noleggio a lungo termine. E ancora quindici autovetture e tredici autocarri in comodato d’uso, ma di proprietà della Regione . Veneto Acque dichiarava cinque auto di servizio; Veneto Strade sette autovetture. Diversa la situazione di Veneto Sviluppo, che alla fine del 2012, precisava di non essere proprietaria di auto ma di detenere un’auto di servizio ad uso non esclusivo con canone di locazione pluriennale. Nel contempo, a titolo di beneficio accessorio, era stata assegnata al vicedirettore un’autovettura in locazione a lungo termine. Nella primavera 2013 la Regione ha provveduto ad una seconda ricognizione. In particolare, Società Autovie Veneto ha comunicato «di ritenere di non essere obbligata a fornire alcuna risposta».
Concessioni Autostradali Venete ha reso noto di possedere 21 auto di servizio e 15 autocarri.
Finest possiede sei auto, Insula un’auto di servizio, Sis è proprietaria di tre auto di servizio. Ora però la scadenza del 31 marzo è istituzionalizzata: insomma si fa sul serio.
Claudio Baccarin
IL DISCIPLINARE DELLA GIUNTA VENETA «Usate i veicoli con parsimonia»
VENEZIA – L’uso delle autovetture di servizio di tutte le società a partecipazione regionale «dovrà essere tassativamente limitato ai trasferimenti e ai viaggi del personale nell’espletamento delle proprie incombenze di ufficio e ai casi, debitamente dimostrabili, in cui l’uso dei normali mezzi di trasporto sia inconciliabile con gli impegni da assolvere, con la celerità dell’incarico e l’urgenza dello stesso».
Lo prevede il disciplinare che la giunta regionale del Veneto ha allegato (alla luce della normativa sulla riduzione dei costi degli apparati politici ed amministrativi, votata il 7 gennaio 2011) alla delibera sull’utilizzo delle auto di servizio. Il disciplinare precisa che «l’uso del mezzo di servizio può essere consentito per trasferte giornaliere (partenza e rientro nella giornata) o trasferte comprensive di più giornate lavorative a seconda del tipo di missione da svolgere».
L’utilizzo è autorizzato dal presidente/amministratore unico/amministratore delegato/direttore generale/direttore d’area/responsabile di riferimento o loro delegati. Se dunque l’auto di servizio va usata cum grano salis, la giunta regionale sottolinea nel contempo che «l’uso di autovettura propria, con successiva richiesta di rimborso delle spese, non può essere autorizzate».
Tuttavia «possono essere previste apposite forme di deroga al summenzionato divieto, qualora il ricorso alle altre modalità di trasporto (tramite mezzo pubblico, autovetture di servizio, car sharing, noleggio auto) pregiudichino l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa o comportino un incremento dei costi».
L’utilizzatore della vettura è tenuto a «non consentire che l’autovettura aziendale venga condotta da persone non autorizzate, anche qualora le stesse siano altri dipendenti della società». Altra sottolineatura perentoria: «È tassativamente vietato l’uso dell’autovettura aziendale in tutti i casi in cui non vi sia una precisa esigenza di servizio e, in particolare, per il trasporto di familiari e affini; per motivi privati, per il trasporto degli organi e delle strutture di vertice dal luogo di abitazione al luogo di lavoro».
Attenzione: «L’utilizzatore sarà considerato responsabile di tutti i danni che dovessero derivare dalla mancata osservanza di quanto previsto e sarà tenuto a rimborsare integralmente alla società il danno da essa subito». Inoltre, «all’atto dell’utilizzo il richiedente dovrà aver sottoscritto il regolamento impegnandosi a osservarlo». Naturalmente «l’utilizzatore si assume la responsabilità delle eventuali infrazioni al codice della strada, e sarà quindi tenuto al pagamento delle multe per tali infrazioni». Per quanto riguarda i rifornimenti di carburante, dovranno sempre essere eseguiti presso stazioni di servizio convenzionate e l’importo dovrà essere pagato utilizzato la carta carburante.
(c.bac.)
DOMANI UN VERTICE
Autostrade Cav dirà sì agli sconti chiesti da Lupi
VENEZIA – Autostrade: domani l’Aiscat, associazione delle società concessionarie, si riunirà per valutare le richieste del ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, che sollecita sconti del 20% sui pedaggi per i pendolari.
La Cav, che gestisce il tratto Padova-Venezia ed è finita nell’occhio del ciclone per l’anomalo aumento nel segmento Mirano-Mestre (da 0,20 a 2,80 euro) dirà sì alle riduzioni di tariffa. «Siamo favorevoli», anticipa Luca Zaia, governatore della Regione che controlla il 50% della società (l’altra metà è dell’Anas) «purché Lupi, che è persona affidabile, ci fornisca gli strumenti giuridici per agire in questo senso, noi gestiamo soldi pubblici e quindi abbiamo il problema di giustificare le nostre azioni con la Corte dei conti, per evitare il danno erariale. In ogni caso, so che il presidente di Cav, Stefano Bembo, sta lavorando a una scontistica compatibile con il piano finanziario dell’azienda».
Gazzettino – Treni lumaca, indaga l’Authority
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22
gen
2014
SOTTO INCHIESTA – Troppi ritardi per il servizio trasporto passeggeri sulla linea Padova-Feltre
VENETO Partono due inchieste conoscitive sullo stato del servizio del trasporto passeggeri
Feltre-Padova è la linea “cenerentola”: in un anno oltre quattromila minuti di ritardo
VENEZIA – Era ora. Oltre quattromila minuti di ritardo in un solo anno del Feltre-Padova, una delle peggiori tratte del nostro Paese. Treni più lenti che nel dopoguerra. Carrozze da terzo mondo. I pendolari del Nordest alla notizia che l’Autorità di Regolazione dei Trasporti ha avviato un’indagine conoscitiva sui servizi di trasporto passeggeri, «con particolare riferimento a quelli di trasporto pubblico locale e regionale e a quelli diretti ad assicurare la continuità territoriale» non faranno salti di gioia.
Ma almeno entra in campo un altro soggetto che potrà fare chiarezza su una delle piaghe locali. Per capirci il Veneto ha disdetto il contratto con Trenitalia ed è pronto a nuove gare per far ripartire il trasporto su rotaia.
L’avvio dell’indagine, spiega l’Autorità, è una delle tre prime delibere prese dal neonato organismo nella seduta del 16 gennaio insieme al regolamento che disciplina i procedimenti per la formazione delle decisioni dell’Autorità e per la partecipazione ad esse dei soggetti portatori d’interesse e all’avvio di un’indagine conoscitiva sull’accesso alle infrastrutture, con particolare riferimento a quelle ferroviarie e aeroportuali.
Ambedue le indagini conoscitive deliberate dall’Autorità sono volte tra l’altro a identificare le azioni prioritarie da intraprendere; a tale scopo, saranno avviate consultazioni con le parti interessate per acquisire dati, informazioni e documenti utili per le finalità dell’indagine. Il termine di conclusione del procedimento è fissato in dodici mesi dalla pubblicazione della delibera.
L’indagine conoscitiva sui servizi di trasporto passeggeri sarà rivolta anche ad analizzare le condizioni economiche, la qualità dei servizi nonché ai diritti degli utenti, ivi compresa la definizione degli ambiti di servizio pubblico e degli schemi dei bandi di gara per l’affidamento dei servizi di trasporto. L’indagine conoscitiva sull’accesso alle infrastrutture, con particolare riguardo a quelle ferroviarie ed aeroportuali, è pur essa indirizzata a identificare le prime concrete azioni prioritarie da adottare, tenendo conto anche delle problematiche emerse nei singoli mercati. In entrambe le indagini, le procedure per le misure regolatorie potranno essere adottate in qualunque momento, anche prima della conclusione dell’indagine conoscitiva, su temi specifici o profili rilevati durante l’indagine che richiedono un intervento immediato.
«Davvero – ha commentato il presidente del Veneto Luca Zaia – si sentiva il bisogno di un’autorità indipendente che giudichi con imparzialità il livello del servizio ferroviario reso ai pendolari da Trenitalia, ma anche e soprattutto riorienti le regole ‘di sistema’ che rendono difficile, per non dire impossibile, aprire il settore del trasporto locale ferroviario alla concorrenza. Mai decisione di intervenire fu più tempestiva, dopo la decisione del Veneto e della Toscana di disdire il contratto di servizio con Trenitalia. Credo anche che l’Autorità saprà e vorrà intervenire sulla questioni che ancora non hanno trovato soluzione – conclude – fra cui assoluta priorità deve essere la separazione rete infrastrutturale e gestori, elemento cardine di tutti i sistemi che vogliono dirsi davvero liberalizzati».
L’INTERVENTO – Mobilità, il Veneto una regione ferma all’Ottocento
Il disservizio del trasporto ferroviario in Veneto, complice anche una Regione che non pianifica e controlla, ha messo in evidenza il ritardo della Regione in materia di mobilità. Da alcuni anni, infatti, in Europa – e in altre regioni italiane – stiamo assistendo a serie politiche di utilizzo dei mezzi pubblici, car-sharing e mobilità urbana oltre all’avvio dei grandi progetti internazionali, come i corridoi europei, di cui alcuni previsti in Veneto. Non risulta che in Regione si siano mai affrontati questi problemi con una visione organica e programmatica, preferendo soluzioni che prevedono la costruzione di strade e superstrade. Insomma, il cemento, ancora una volta, a scapito della valorizzazione e salvaguardia del territorio, invece di strutture già esistenti – come le ferrovie – più ecologiche ed economiche.
Nuove tecnologie consentono di assicurare spostamenti più sicuri e veloci e meno inquinanti e, complice anche la crisi e stili di vita nuovi, garantiscono collegamenti su lunghi e medi percorsi che facilitano pendolari e turisti. Una seria politica di trasporti ferroviari in Veneto, ad esempio, dovrebbe prevedere – e pretendere – treni da e per le nazioni vicine, come Germania, Austria e Slovenia, a favore di turisti, integrandosi con i vettori tedeschi e austriaci già presenti. Ma soprattutto occorre pensare alla mobilità di chi ogni giorno deve recarsi al lavoro o a studiare, attraverso una politica a lungo termine che preveda soluzioni anche nuove e che, per le città, trovi integrazione con fenomeni in forte crescita, ad esempio quello del car-sharing.
Oltre ai treni occorre pensare a un sistema integrato di trasporto pubblico su gomma – autobus e bus urbani – aprendosi agli operatori stranieri del settore che possono garantire servizi moderni ed efficienti. Indispensabile, poi, pensare al ‘biglietto unico’. Il Veneto oggi soffre di carenze di un sistema moderno e all’altezza della sua collocazione strategica di corridoi nord-sud e est-ovest e di méta turistica anche nell’ottica di un ‘turismo low cost’ e aperto alle famiglie che sempre più spesso privilegiano viaggi in bus e in treno. Anche tutto il sistema di taxi e bus urbani deve ricevere il necessario supporto per uno sviluppo degno di una regione europea che affronta il futuro stando attenta alle necessità della sua popolazione, all’ecologia, alla sicurezza e alle norme antinquinamento.
Non si vedono all’orizzonte esempi come quelli messi in atto all’estero che prevedono prenotazione on-line o via smartphone di taxi e bus suburbani dagli aeroporti con scelta di percorso e analisi dei costi. Si tratta, quindi, di arrivare a una soluzione globale che questa amministrazione regionale non ha ancora elaborato, che consenta ai pendolari e ai viaggiatori di dotarsi di strumenti innovativi per accedere a mezzi di locomozione altrettanto innovativi, facilitando quella mobilità che è sinonimo di crescita sia sociale che economica. In Veneto, invece, sembra di assistere allo sconcerto del primo Ottocento con l’arrivo dei primi “mostri a vapore su rotaia”, quando l’uomo è già stato sulla Luna. I giorni della rabbia, fra autostrade venete rincarate sopra ogni media nazionale e treni nel caos, dovrebbero essere il ricordo di un tempo ormai lontano. In una parola, fenomeni di un’altra epoca.
Rosanna Filippin – Segretaria Pd Veneto
Nuova Venezia – Campolongo. Domani prima riunione del comitato “Brenta Sicuro”.
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22
gen
2014
CAMPOLONGO. L’attività del Comitato Intercomunale Brenta Sicuro continuerà in modo sempre più massiccio anche quest’anno. A spiegarlo è il coordinatore del gruppo Marino Zamboni che nelle scorse settimane ha raccolto oltre 500 firme in una petizione che chiede il completamento dell’idrovia Padova Venezia.
Primo appuntamento domani alle 20,50 nella sede del Gruppo archeologico Mino Meduaco di via Lova a Santa Maria Assunta di Campolongo.
Fra le iniziative in programma c’è una nuova grande manifestazione in prevista a marzo per ottenere che sia realizzato il canale idoviario fermo da circa 50 anni.
«Serve – spiega Zamboni – una nuova manifestazione, la mobilitazione per la raccolta di firme on line, e gli incontri con le diverse amministrazioni locali per riuscire a portare avanti il progetto di messa in sicurezza del Brenta con importanti investimenti regionali».
I comitati chiederanno anche un incontro con il sindaco di Mira Alvise Maniero, l’unico che finora ha detto no all’idrovia.
(a.ab.)
Mattino di Padova – Padova. Ha chiuso il B4, l’hotel del Net Center.
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22
gen
2014
La società di gestione ha restituito il ramo d’azienda alla proprietà Boscolo: «Cessata attività, riassorbiti i dipendenti»
Monica Soranzo – Le difficoltà del settore si trascinano da tempo
Troppe strutture e sbagliata la politica dei prezzi bassi
Il B4, uno dei più prestigiosi alberghi del territorio che fa parte del Gruppo Boscolo, ha chiuso i battenti ieri sera per «cessata attività», secondo la nota inoltrata dalla proprietà. L’albergo a quattro stelle è dotato di 135 camere e si trova in via San Marco, nel rione San Lazzaro, all’interno del complesso edilizio Net Center; è stato costruito 7 anni fa su progetto dell’architetto svizzero, con studio a Lugano, Aurelio Galfetti e dell’ingegnere padovano Luciano Schiavon. I gestori non hanno rilasciato dichiarazioni sui motivi della chiusura, ma hanno già comunicato che gli attuali dipendenti del gruppo saranno riassorbiti in altre strutture della società. La società che gestiva il B4 ha restituito alla proprietà, ossia alla famiglia Boscolo, il ramo d’azienda che le era stato ceduto in base ad un regolare contratto.
Era nell’aria. La notizia della chiusura del notissimo albergo di San Lazzaro era nell’aria già da parecchi mesi. Ne erano a conoscenza quasi tutti gli albergatori ed era diventata una notizia di dominio pubblico da quando lo stesso patròn del gruppo padovano, ma con radici chioggiotte, Angelo Boscolo, aveva comunicato che la sua società, fondata nel 1978 a Sottomarina di Chioggia con l’acquisto dell’albergo Airone, avrebbe continuato a gestire in proprio solo gli hotel a cinque stelle, tra cui ad esempio, l’ex Esedra, a Roma, il Carlo IV, a Praga, il New York Palace, a Budapest, mentre quelli a quattro stelle sarebbero stati ceduti a terzi.
«Tutti noi sapevamo che, un giorno o l’altro, il B4 di Padova avrebbe abbassato le serrande», sottolinea Monica Soranzo, contitolare del Piroga e presidente di Ascom-Albergatori, «La crisi del settore, ormai, si trascina da tempo. In città, poi, è noto a tutti che, negli ultimi anni, si sono costruiti numerosi alberghi, tra cui il Mantegna, il Galileo ed il Crowne Plaza. Decisamente troppi per riempire tutte le camere ogni sera in un periodo di crisi generale dell’economia. Quasi tutti sino ad oggi hanno praticato la politica dei prezzi stracciati pur di ospitare quanti più turisti possibili, ma, a lungo andare, anche questo sistema di gestire l’accoglienza deve fare i conti con i costi complessivi che ognuno di noi deve affrontare, mese dopo mese». Prosegue Soranzo: «Il B4 ha gettato la spugna. Purtroppo non sarà l’ultimo. Altri alberghi si sono già messi in lista d’attesa. Alcuni, naturalmente, non a quattro stelle. La politica dei prezzi bassi non può e non deve continuare all’infinito. Tutti noi facciamo l’impossibile per incamerare nuove entrate, ma la crisi del settore non demorde. La fine del B4, tra l’altro, sancisce anche il tramonto di tutto il complesso edilizio, denominato Net (North East Tower) Center, in cui è inserito l’albergo che, a questo punto, non si sa se e quando riaprirà».
Aspettative deluse. Quando, nel 2006, il nuovo centro polivalente, situato ad est della città, fu progettato dall’archistar Galfetti con i lauti finanziamenti sborsati da un gruppo di imprenditori del Veneto, guidati da Mauro Bertani, nessuno poteva prevedere che il business preventivato non avrebbe mai volato alto. Basta fare un giro ai piedi delle Palazzine Economia e Tendenza e della Torre per osservare da vicino che gli uffici direzionali, che erano stati aperti all’inizio, sono già quasi tutti chiusi e tanti negozi se ne sono andati via già da tempo. Per non parlare della nuova area, residenziale e commerciale, che doveva essere realizzata sul lato nord del Net, sempre con la firma di Galfetti, di cui non si parla più già da tre anni».
Felice Paduano
IL PARERE DEGLI ARCHITETTI
«Fallito il modello parigino per la periferia est della città»
San Lazzaro poteva essere la parte più avveniristica di Padova: «Idea urbanistica corretta ma si è puntato troppo sulla parte economica»
L’Hotel B4 e il quartiere San Lazzaro dovevano essere il simbolo della città tecnologica e avveniristica. Rischiano di diventarne solo il simulacro, malgrado la firma di uno degli architetti più rinomati (Aurelio Galfetti). Lo sottolineano due noti professionisti cittadini: l’architetto Bepi Contin e la collega Luisa Calimani.
«La chiusura dell’albergo è un colpo duro per la città», afferma Contin, «Nella periferia est si voleva creare una Padova sul modello parigino: parte storica da una parte e parte moderna dall’altra, visto che costruire grattaceli in centro storico era una discutibile sovrapposizione d’immagini. Certo, siamo indietro rispetto alla capitale francese che ha già modellato la “ville” su questa struttura, pensando, ad esempio, di dedicare la mobilità di superficie ai pedoni e sviluppando una rete sotterranea per le auto, mentre noi facciamo passare il tram in centro cittadino. Dunque la crisi di San Lazzaro, simboleggiata dalla chiusura dell’hotel, è una forte delusione che induce alcune riflessioni. Intanto se la città ha un senso: il concetto stesso di città è in crisi e non solo Padova.
Una delle ragioni è la crisi del commercio territoriale che viene sempre più sostituito dai centri commerciali e dagli acquisti on line, che scongiurano il calvario a cui le città storiche sottopongono il consumatore (parcheggio, tram, spostamenti). San Lazzaro poteva essere la città moderna, la riconciliazione della città compatibile con spostamenti e mobilità individuale».
Invece il grande salto non è mai arrivato, perché? «Non perché l’idea fosse sbagliata», spiega l’architetto, «Era un pensiero urbanistico giusto in quanto zona vicina agli ingressi autostradali che proteggeva il centro storico. Padova è cresciuta con questo pensiero, ma sbilanciato dalla parte dell’economica».
Chi ha sbagliato? «Manca la cultura di riferimento: non si può intasare un’uscita autostradale soffocata da attività che snaturano la funzione stessa di entrare e uscire. È un segnale di scarsa capacità di pianificazione e controllo. Invece la politica deve essere speranza perché è in grado di dare un limite ai centri commerciali, di dare un senso alle periferie, di restituire dignità al centro storico. Perché Padova si salvi è necessario un dibattito e un progetto per la città che sia un progetto per il territorio».
Tutta politica, invece, l’interpretazione della Calimani: «Che città vogliamo per il futuro e per il presente?», si chiede, «Abbiamo bisogno di un progetto a lungo termine capace di dare immediato benessere ai cittadini. Gestire una città è come comporre un mosaico: se non ho il disegno complessivo il mosaico non posso farlo, i tasselli si mettono dopo».
(e.s.)
Mattino di Padova – Padova. “Piano Casa, sara’ scempio in centro”
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22
gen
2014
la norma contestata
Rossi: la legge regionale è incostituzionale e devastante per la città. Le simulazioni del Comune sul nuovo skyline
Grattacieli in corso Milano, torri di trenta piani al Torresino, Largo Europa incastrato tra palazzoni. Questo è il rischio che corre Padova con il nuovo Piano Casa approvato dalla Regione, secondo quanto denunciato dal sindaco Ivo Rossi con tanto di foto-simulazione (elaborate dagli uffici Urbanistica dell’assessore Marta Dalla Vecchia) di come rischia di diventare Padova. La scadenza. Il piano, che negli ultimi mesi è stato al centro di dibattiti e riunioni tra i sindaci di tutto il Veneto, torna di stretta attualità alla luce della scadenza di domenica prossima, termine entro cui il Consiglio dei Ministri potrà apportare eventuali modifiche.
«Per come è concepito potrebbe causare effetti devastanti», ha dichiarato Rossi, «Il centro storico, in alcune aree di pregio, potrebbe subire modifiche che andrebbero a ledere l’identità della città».
Rossi non ci sta a piegarsi alla volontà della Regione e ribadisce l’incostituzionalità del Piano Casa: «Il governo deve dire se la legge licenziata dalla giunta regionale è costituzionale oppure no», ha ribadito, «Con questo piano casa viene cancellata ogni traccia della cultura di pianificazione, viene messo in discussione il paesaggio stesso, vengono azzerate le specificità del territorio. Si rischia davvero di modificare lo skyline delle nostre città».
La nuova legge. La nuova legge autorizza la costruzione di 150 metri cubi in tutto il Veneto, in deroga ai Prg, e ampliamenti fino all’80 per cento del volume se realizzati in bioedilizia. Inoltre prevede che i palazzi possano essere elevati senza nessun limite, che non ci siano necessariamente i dieci metri di spazio tra un edificio e l’altro e non pone limiti ai cambi di destinazione.
Sarebbero pochissime, sostiene Rossi, le aree salvaguardate nel centro storico, mentre il Portello, via Altinate, Città Giardino, via Orsini, corso Milano sono tutte zone a rischio intervento. Su tutto questo i Comuni non avrebbero nessuna autorità.
I grattacieli. «I cambiamenti se devono essere fatti devono rispettare criteri di qualità», ha proseguito Ivo Rossi, «perché se un giorno veramente in corso Milano avremo un grattacielo (in foto le simulazioni) saremo considerati noi responsabili, quando invece a guidare i processi sono altri».
Dieci giorni fa i sindaci dei comuni veneti si erano incontrati a Venezia, per la seconda volta (primo incontro a Padova a novembre), per parlarne anche alla presenza del ministro allo Sviluppo economico Flavio Zanonato, che si era detto pronto a portare il caso davanti al consiglio dei Ministri, e ricorrere eventualmente alla Corte Costituzionale.
L’appello. «Con gli altri comuni », ha concluso Rossi, «abbiamo ultimato un lavoro che dimostra l’incostituzionalità del Piano e una volta che verrà approvato da tutti i consigli comunali verrà portato in Regione. Cancellando tutti gli strumenti di pianificazione e di governo del territorio si azzerano trent’anni di cultura urbanistica. Ci vuole un grande senso d’equilibrio, capacità di progettare il futuro e rigenerare i quartieri degradati».
Nei giorni scorsi, la giunta comunale di Venezia aveva licenziato un atto di indirizzo che incaricava le direzioni comunali Sviluppo del territorio e Sportello unico per l’edilizia a redigere una proposta di legge regionale, di iniziativa del consiglio comunale, per modificare il Piano Casa. Una proposta che è stata condivisa con le altre amministrazioni dei capoluoghi di provincia, Padova compresa. Quello che chiedono i primi cittadini dei comuni veneti, in primis Rossi, è che il Governo imponga alla Regione di ascoltare i comuni e di farsi indicare le aree bisognose d’intervento.
Luca Preziusi
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