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Nuova Venezia – Mantovani, Vuota il sacco anche Colombelli

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 1 Comment

13

mar

2013

Ha chiesto di essere sentito e ha parlato per cinque ore ai pm Ancillotto e Buccini

VENEZIA – Abituato a una vita tra barche sulla costa ligure, auto di lusso, ville, dopo 11 giorni di carcere William Ambrogio Colombelli ha chiesto di parlare con il pm Stefano Ancillotto, che lo accusa di essere stato – con la sua Bmc Broker, sede a San Marino – la fabbrica di fatture false di Piergiorgio Baita (ex ad di Mantovani, in carcere) per 20 milioni di “nero”. Ieri, assistito dall’avvocato Fogliata, per cinque lunghe ore Colombelli – apparso piuttosto provato – ha risposto a tutte le domande dei pm Ancillotto e Stefano Buccini, che avevano cercato di mantenere riservato l’interrogatorio, annunciando di essere impegnati in udienza. Dopo la collaborazione alle indagini di Claudia Minutillo – ex segretaria di Giancarlo Galan, poi ad dell’Adria Infrastrutture, ex compagna di Colombelli, che ha ottenuto gli arresti domiciliari – davanti 6 faldoni e 8 Dvd di intercettazioni, fatture, riscontri bancari, s’incrina il fronte del silenzio. Se i riscontri alle dichiarazioni di Colombelli saranno positivi, c’è da credere che la Procura non si opporrà alla richiesta di arresti domiciliari che la difesa avanzerà venerdì davanti al Tribunale del Riesame. Mentre potrebbe essere sentito dai pm anche il direttore amministrativo della Mantovani, Nicolò Buson – per il quale l’avvocata Fois ha fatto istanza di Riesame – chi mantiene la linea del silenzio è Piergiorgio Baita, accusato di essere il capo dell’associazione a delinquere. «Noi andiamo avanti per la nostra strada, nel chiedere al Riesame l’incompetenza territoriale della Procura di Venezia e, comunque, gli arresti domiciliari», commenta l’avvocata Rubini. Al Riesame è annunciata anche la presenza dell’avvocato Piero Longo, difensore di Berlusconi. In attesa del seguito di un’inchiesta che non pare certo ultimata, proseguono gli sviluppi politici. Ìeri il presidente della Regione Luca Zaia ha ricevuto dall’ad di Veneto Strade, Vernizzi, la relazione sui rapporti con le imprese del gruppo Mantovani. Il faldone, già trasmesso al responsabile del nucleo ispettivo interno, raccoglie anche la documentazione delle fiere svolte da Veneto Strade sino al 2010 e le relative sei fatture Bmc, tra il 2005 e il 2010. «Atti che non riguardano la mia amministrazione», sottolinea Zaia, «perché da quando siamo arrivati noi è cambiato il mondo e in bilancio abbiamo asciugato circa 700 milioni di euro». Tra le fatture presenti anche quattro relative ad acquisti di Veneto Strade presso tre aziende tedesche ed una austriaca specializzate in prodotti per la cantieristica. Nell’ordinanza di custodia cautelare si fa riferimento a fatture intestate a Veneto strade per 2,1 milioni di euro. In Comune a Venezia, invece, un gruppo di consiglieri ha formalizzato la delibera per la costituzione di una commissione straordinaria d’inchiesta sui rapporti con la Mantovani. Roberta De Rossi

 

IL MALAFFARE IN VENETO » GLI INTRECCI SOCIETARI

Quattro indagini e un solo indirizzo

Via Pepe 12 a Mestre è il crocevia di interessi milionari tra Bellamio, Minutillo e Baita. E tra Di Bisceglie e Barone

PADOVA – Quattro indagini di procure diverse: Venezia, Milano, Napoli, Catanzaro. Decine di persone coinvolte: manager, politici, commercialisti, faccendieri in odore di ’ndrangheta, imprenditori. Una miriade di società: partecipate, cancellate, chiuse e riaperte in altre città, o ridisegnate nel loro assetto. A legare fra loro pezzi di indagini, alcune persone e diverse aziende c’è un indirizzo. Indirizzo che compare e scompare, inabissandosi in visure camerali e talvolta riemergendo come luogo fisico per sedi legali di anonime srl. Eccolo: via Guglielmo Pepe 12, Venezia-Mestre. Terraferma. È da lì, da via Pepe, che si dipanano, o transitano, le quattro indagini che finora hanno portato, negli ultimi tre anni, a scoperchiare il malaffare in Veneto. Perché da via Pepe? Perché, per esempio, in via Pepe c’era lo studio di commercialisti Bpv al cui interno (fino all’epoca delle indagini) operavano Paolo Bellamio ed Enrico Prandin, professionisti molto noti in Veneto e ora a giudizio perché coinvolti nella bancarotta Enerambiente insieme all’imprenditore trevigiano Stefano Gavioli, gli avvocati e Giovanni Faggiano di Brindisi, Giorgio Zabeo di Stra, l’ex direttore generale della banca del Veneziano Alessandro Arzenton di Padova, il dirigente e la funzionaria dello stesso istituto di credito Mario Zavagno e Francesca Furlan, il braccio destro operativo di Gavioli nella gestione dei rifiuti Loris Zerbin di Campolongo Maggiore e un’altra dipendente dell’imprenditore di Mogliano, Stefania Vio di Venezia. Il “metodo Gavioli” per la procura di Napoli era semplice: acquisire appalti, quindi scaricare sulla vecchia società costi e debiti e aprirne una nuova trasferendo a quest’ultima le attività. Anche la procura di Catanzaro nel dicembre scorso ha chiesto il rinvio a giudizio di Gavioli, Faggiano, Prandin, Bellamio e altri per le attività di raccolta dei rifiuti urbani e di gestione di una discarica di Enerambiente svolta in Calabria: in questo caso i reati contestati sono associazione a delinquere, abuso di ufficio, corruzione, evasione fiscale. Ma in via Pepe, sempre al civico 12, troviamo la sede di alcune attività riconducibili anche a Claudia Minutillo, l’ex segretaria di Galan arrestata (ora ai domiciliari), a sua volta in affari con Piergiorgio Baita, accusati entrambi di aver creato un sistema di “cartiere” che coinvolge aziende di Marghera (collegate all’imprenditore bellunese Luigi Dal Borgo) e finanziarie di San Marino in grado di creare milioni di euro di “nero”, con il coinvolgimento del braccio destro di Baita, Mirko Voltazza di Polverara. E non è finita: via Pepe 12 è l’indirizzo di due società (una chiusa) riconducibili a Roberto Di Bisceglie, faccendiere foggiano, sposato con una padovana e finito nel mirino della procura di Milano per una maxi indagine che riguarda la ’ndrangheta e la famiglia Strangio. Di Bisceglie, nell’inchiesta denimonata “Infinito” e condotta dal pm Ilda Bocassini, è attore insieme ad altre persone, tra cui Giovanni Barone (il cui nome qualche anno fa è comparso nella vicenda che riguarda il post concordato Edilbasso), della scalata di due società la Perego Strade di Milano e la trentina Cosbau, con le quali partecipare all’acquisizione di appalti pubblici. Scriveva il Fatto Quotidiano nel novembre scorso a proposito dell’indagine della Boccassini riferita a Roberto Di Bisceglie: «Da un lato la ‘ndrangheta lombarda, dall’altro la politica nazionale. In mezzo 10 milioni di euro per scalare una società dal goloso portafoglio pubblico, nel senso degli appalti, naturalmente. Commesse per la ricostruzione dell’Aquila terremotata. Metti allora Andrea Pavone, broker al soldo dei clan di San Luca che in riva al Naviglio hanno manovrato una holding dell’edilizia come la Perego. E metti anche un faccendiere, di professione avvocato, pugliese di Foggia con residenza padovana e cariche politiche di rilievo. Sì perché Roberto Di Bisceglie, oltre a ricoprire il ruolo di coordinatore per il Veneto del Partito democratico cristiano, si presenta “come il segretario dell’ex onorevole Gianni Prandini”, Dc della prima ora, bresciano, sottosegretario di Stato nel primo governo Craxi e ministro per quattro volte. L’ultima nel settimo governo Andreotti, ai lavori pubblici. Anno 1991, data dello scandalo: tangenti Anas per le opere autostradali. Prandini incassa una condanna in primo grado a sei anni e quattro mesi, per poi uscirne pulito in Appello». E ancora: «Nel frattempo, però, per la sua mediazione “il segretario dell’ex ministro democristiano” intasca oltre 300 mila euro. Nel 2010, il gip di Milano disporrà il sequestro di quel denaro e Di Bisceglie finirà indagato per concorso nella bancarotta della Perego strade. I giochi si chiudono, lasciando sul piatto l’inquietante vicenda di rapporti tra la ‘ndrangheta di stampo lombardo e i poteri politici deviati». Ma torniamo all’inizio: Gavioli, i commercialisti Bellamio e Prandin, dunque. E poi Baita, Minutillo e le loro società. E ancora Di Bisceglie, Barone e l’inchiesta sulla ‘ndrangheta. Come detto: quattro inchieste distinte che non hanno nulla in comune se non un indirizzo, via Pepe, dove c’è anche uno studio usato come sede legale per le società da molti dei protagonisti. Un altro minimo comun denominatore che può far nascere nuove e interessanti suggestioni, però, c’è. Ovvero, un filo, quasi invisibile che lega fra loro queste storie. In un linguaggio 2.0 si potrebbe tranquillamente affermare che le “keywords”, le parole chiave con cui catalogare le quattro vicende sono le stesse. Conferma implicita che sebbene si tratti di inchieste distinte c’è qualcosa che le avvicina. Sfogliando visure, comparando fra loro indirizzi, attività dichiarate e cercando di comprendere gli incastri di quote azionarie e cariche societarie, si può notare come la volontà di opacizzare le operazioni finanziarie da parte di soggetti sia pubblici che privati (nulla di illecito) sia però diventato in questi ultimi 15 anni un vero e proprio sistema, dove, all’interno, agiscono imprenditori spericolati, manager pubblici senza scrupoli e finanche professionisti insospettabili in grado di “linkare” l’economia di una regione ricca come il Veneto alla finanza illecita riconducibile alla criminalità organizzata. Un sistema in grado di spolpare e “uccidere” dal punto di vista economico-finanziario l’economia regionale. Ma andiamo nel dettaglio. I professionisti Bellamio e Prandin. Paolo Bellamio e Enrico Prandin sono due commercialisti molto noti nel Veneziano. Il primo è stato, in questi ultimi trent’anni, amministratore o presidente del collegio sindacale di numerose società, nonché è stato più volte nominato curatore fallimentare del tribunale civile di Venezia. Nel 2000 il suo nome era finito sui giornali per essersi occupato del fallimento del Calcio Mestre e più tardi era stato chiamato per salvare il Calcio Napoli di cui è stato amministratore unico nel 2004. Ma il suo nome riporta anche ai fasti dell’economia pre-tangentopoli, quando in Veneto gli affari del cemento erano suddivisi tra lo studio di architettura Icomsa Partecipazioni spa di Padova, di cui è stato presidente), e Iniziativa Spa. Bellamio compare grazie alle visure in decine di società, fra cui Italponteggi di Venezia, Elefer di via Masini a Padova, Mogliano Ambiente (sindaco), e Sirma spa (presidente del collegio sindacale). Attività quest’ultime gestite da studi che portavano il suo nome: il Bellamio Pettenello Valentini e associati-commercialisti (società poi cancellata). E il Bpv&Labora srl (studio di consulenze amministrativo-gestionale) di cui è stato consigliere dal 2007 come risulta dalle visure. Anche il curriculum di Enrico Prandin è notevole: liquidatore della Dogal Frutta, società che aveva la sede legale in via Pepe 12, è stato anche sindaco supplente della Ormenese Costruzioni srl (in liquidazione) di Mira, della General Holding (in liquidazione) di Mira. Ma Prandin è stato anche sindaco di Enerambiente srl, di Mogliano Ambiente, della Sirma di Venezia, della Bpv&Labora srla di via Pepe (di cui è stato consigliere), e della Bellamio Pettenello Valentini & Associati-Commercialisti di via Pepe (di cui è stato amministratore), della Essefin Immobiliare (via Pepe 12, sindaco supplente) della Gavioli spa (presidente del collegio sindacale) e della Enertech di Venezia (amministratore). Minutillo: da segretaria di Galan a Dogaressa del Veneto. Tanto si è scritto di Claudia Minutillo in questi giorni. E tanto si scriverà ancora. Per capire l’intreccio degli interessi dell’ex segretaria del Governatore del Veneto Giancarlo Galan bisogna partire dalle sue partecipazioni. Minutillo, 49 anni, veneziana è, o era, registrata come consigliere socio o amministratore di alcune delle più importanti società di infrastrutture del Veneto. Società in cui compare (in alcune) anche Piergiogio Baita. Lasciando da parte la società editoriale dei giornali free-press di Epolis, Minutillo, risulta essere stata membro del consiglio direttivo del Consorzio SiTre Ingegneria di Rovigo, consigliere del consorzio Fagos di Venezia, consigliere nonché presidente del consiglio di amministrazione della Alles (Azienda lavori lagunari escavo smaltimenti spa) di Venezia, consigliere delegato della Adria infrastrutture di Venezia (fino all’approvazione del bilancio 2012), dentro la quale figurano anche Giovanni Mazzacurati del Consorzio Venezia Nuova, Vittorio Caporale, Rosa Bovino, Luigi Dal Borgo (titolare delle aziende di Marghera sospettate di essere “cartiere” a favore della Mantovani). Minutillo compare anche come presidente del consiglio di amministrazione della Veneto Pass società consortile di Venezia, presidente del consiglio di amministrazione della Veneto Tlc di Venezia, della Intecno società consortile, della Nuova Fusina Ingegneria società consortile (vice presidente), della Strada del Mare srl (consigliere) della Autostrada Nogara Mare Adriatico società consortile di Verona (consigliere), della Pedemontana Veneta società per azioni (in liquidazione, consigliere) e della Investimenti srl (in liquidazione, di cui è stata amministratore unico). Anche quest’ultima società aveva la sede legale in via Pepe 12. Liquidatore della Investimenti srl è stato nominato Alessandro Marani Tassinari (nel 2011), un recente passato come aspirante politico (inserito nella lista Brunetta a Venezia), domicilio fiscale in via Pepe 12 e amministratore della Fashion Gate di Padova (commercio all’ingrosso), della Clp di Casal sul Sile, della Bb-Fit srl di via Pepe 12, della Small Pay di via Pepe, della Sintesi Invest di Abano Terme, della San Martino Property, della Fast Trade srl di via Pepe (commercio all’ingrosso di eletrtodomestici), della San Crispino Property spa (zona Padova Uno) di Padova, nonché consigliere delegato della Bpv&Labora srl di via Pepe 12. Di Bisceglie: l’avvocato portaborse di Prandini. Di Bisceglie compare in via Pepe 12 con due società. La Inside Partecipazioni srl (compravendita immobiliare, costruzioni, compravendita di beni mobili comprese opere d’arte, capitale sociale sottoscritto10 mila euro) di cui un socio è Enrico Branco, trevigiano, 43 anni, domiciliato a Venezia, e la cui sede è stata trasferita ad Abano l’anno scorso, in via Configliachi 5/b. Di Bisceglie è anche amministratore unico della Inside srl società con sede in via Masini 6 a Padova (chiusa nel 2011). Il suo nome compare anche come amministratore unico della Euro Consulting (via Pepe 12 a Mestre) società cancellata a fine del 2009, ma prima trasferita a Padova sempre in via Masini, al cui interno ci sono Enrico Branco e Massimo Ieluzzi, 56 anni, foggiano, amministratore unico della De.Pa. Immobiliare srl, società con sede a Wilmington negli Stati Uniti che aveva come oggetto sociale l’attività immobiliare. Tornando a Roberto Di Bisceglie il suo nome, insieme a quello di Giovanni Barone, compare nell’inchiesta della Boccassini contro le infiltrazioni mafiose negli appalti di Milano. Giovanni Barone, come scriveva nell’ottobre del 2012 Cristina Genesin sul Mattino di Padova «risulta indagato nell’inchiesta del procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia. Soprannominato o’ sbirro per il passato di carabiniere ausiliario durante il servizio militare, acquistò per alcuni mesi (nel corso delle molte variazioni dell’assetto societario) il 65% delle quote di Faber – vale a dire la maggioranza assoluta – che, a sua volta, ha rilevato un ramo d’azienda della padovana EdilBasso, continuandone l’attività dopo il concordato preventivo del 6 giugno 2011. In particolare, Faber era subentrata a un appalto Edilbasso nel cantiere dell’ospedale Sant’Antonio. E non a caso Faber ha sede a Loreggia (patria di EdilBasso ) in via dell’Artigianato 9. Insomma contiguità sospette? Antipatiche? Contiguità da evitare? Le definizioni possono essere tante. Sta di fatto che Barone aveva rapporti economici con realtà imprenditoriali locali nonostante i precedenti di polizia per reati contro la pubblica amministrazione, oltraggio, resistenza e violenza, falso, falsa attestazione a pubblico ufficiale, omessa custodia d’armi». Per gli investigatori meneghini, ma anche padovani e veneziani che hanno indagato sull’affare Edilbasso il fatto che Di Bisceglie e Barone dalla Lombardia si siano trasferiti in Veneto è una singolare coincidenza. Tanto più che uno dei due si era appoggiato a uno studio veneziano da dove si dipana la matassa che unisce molti degli interessi dell’imprenditoria, della finanza e della politica veneta che viaggia sull’asse, ormai cementificato, Padova-Venezia.

Paolo Baron

 

Il senatore felice casson (Pd) quand’era magistrato arrestò baita

«La corruzione non è mai sparita con le fatture false e società fantasma»

ROMA «La corruzione non è mai sparita dal Veneto e l’inchiesta Baita lo dimostra. Rispetto agli anni Novanta il sistema di corruzione è soltanto cambiato nei metodi. Riaffiora sotto altre forme, ma non è mai scomparso». È questa l’accusa lanciata dall’ex magistrato Felice Casson, ora senatore del Pd. Presidente uscente della commissione Giustizia ed ex componente della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, Casson conosce bene il malaffare legato agli appalti della Prima e della Seconda Repubblica. Veneziano, sia come procuratore che come giudice delle indagini preliminari si è occupato di inchieste scottanti. Dallo smascheramento dell’operazione Gladio alla strage di Peteano, dalle deviazioni dei servizi segreti fino alla Tangentopoli veneta che decapitò una classe politica e che in Veneto segnò il tramonto di due principali esponenti dei partiti di governo, Dc e Psi, il democristiano Carlo Bernini e il socialista Gianni De Michelis. Fu lui nel 1992 a firmare la prima ordinanza di custodia cautelare che portò in carcere l’allora manager quarantenne Piergiorgio Baita (uscito assolto da quella vicenda). Adesso, come allora, il suo nome è legato alla impresa Mantovani spa di cui, appena uscito dal carcere, diventò amministratore delegato. Ossia il colosso dell’edilizia concessionario di appalti pubblici miliardari. Non solo in Veneto. Baita nel 1992 collaborò con i magistrati, descrivendo i meccanismi di spartizioni delle tangenti tra i partiti, ma tacendo sui nomi. Oggi la storia si ripete. Al centro c’è sempre Piergiorgio Baita con i suoi incarichi in 43 società da cui si sta dimettendo. La colpa di chi è? Dei magistrati che vent’anni fa non si sono spinti fino in fondo, oppure di quella parte del sistema imprenditoriale che continua a vivere di frode fiscale e fondi neri? «Nonostante sembri che l’orologio si sia fermato, in realtà il mondo è molto diverso da quello di vent’anni fa. L’altra volta si parlava di mazzette, di tangenti pagate ai partiti per ottenere appalti. Oggi, almeno per il momento, non ci sono al centro dell’inchiesta tangenti ma reati fiscali. Segno che personaggi come Baita, di cui ricordo la deposizione lucida e consapevole, si sono adeguati al cambiamento. I partiti hanno perso la forza che avevano allora, ma una parte degli imprenditori è riuscita sempre a spartirsi appalti. Abbattono i ricavi, pagando meno tasse, mettendo in piedi società fantasma e giri di fatture false connesse ai fondi neri, false consulenze». Possibile che tutto questo non sia «figlio» di errori fatti nella prima ondata di Tangentopoli? «Lasciare che sia la magistratura a fare pulizia non è sufficiente. Anche se una classe politica è sparita, interi partiti sono scomparsi, la burocrazia è rimasta immutata prestandosi facilmente alla corruzione. Mi riferisco alle figure vicine ai luoghi di potere, come i grandi manager dei ministeri, i funzionari regionali e provinciali. Il sistema della corruzione, secondo le ultime inchieste in corso nelle procure italiane, passa quasi sempre attraverso i personaggi che ricoprono questi incarichi. C’è poi il secondo livello, quello politico, ma non sempre emerge». Il sistema giudiziario non basta a reprimere la corruzione, dobbiamo rassegnarci? «C’è bisogno di riforme urgenti non solo nella politica ma nella pubblica amministrazione. Ci sono troppe zone d’ombra nel nostro sistema burocratico ed è lì che prospera la corruzione. Lì che gli imprenditori disonesti riescono a fare affari e allacciare legami. È necessario semplificare norme e procedure, eliminare conflitti di interesse a tutti i livelli, prevedere una rotazione delle figure al vertice degli enti pubblici». La corruzione può essere favorita dalla scelta delle amministrazioni di far ricorso a società per azioni per la gestione di servizi pubblici? «Non c’è dubbio che andrà rivisto il capitolo della società partecipate con cui regioni, province e comuni gestiscono capitale pubblico in regime di diritto privato sfuggendo, di fatto, al controllo della Corte dei Conti». L’onda di «ribellismo» spaventa, ma la corruzione in Italia ha bruciato 60 miliardi. «Non solo. Gli appalti truccati, le tangenti hanno bruciato anche l’etica della concorrenza e del libero mercato. Chi vive di corruzione vede la trasparenza della pubblica amministrazione come fumo negli occhi».

Fiammetta Cupellaro

 

Alla fine però tutte bocche cucite. La scelta di farsi sentire prima del riesame (venerdì) punterebbe ad ottenere gli arresti domiciliari

Non si esclude che l’imprenditore abbia deciso di collaborare

Dopo le parole di Minutillo indagini verso “alti livelli”

Lungo interrogatorio ieri mattina in Procura a Venezia per William Alfonso Colombelli. L’ex console di San Marino, accusato di aver utilizzato la sua società, la Bmc Broker, come “cartiera” per produrre false fatture per conto della Mantovani spa, è stato ascoltato per oltre quattro ore dai sostituti procuratore Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, alla presenza del difensore, l’avvocato Renzo Fogliata. All’uscita della Cittadella della giustizia di piazzale Roma, tutti si sono trincerati dietro un secco “no comment”: nessuna dichiarazione, né da parte del legale dell’indagato, né degli inquirenti. Massimo il riserbo sul contenuto del verbale d’interrogatorio che potrebbe contenere novità interessanti per il prosieguo delle indagini.
La scelta di farsi ascoltare dai magistrati alla vigilia dell’udienza fissata per venerdì, davanti al Tribunale del riesame di Venezia, potrebbe significare che Colombelli ha deciso di iniziare a collaborare con gli investigatori in modo da far venire meno le esigenze cautelari, almeno in parte, e poter quindi ottenere una misura meno afflittiva del carcere. Ma sarà necessario attendere qualche giorno per capire se le cose stanno effettivamente così. Normalmente le dichiarazioni rese da un indagato devono essere prima verificate e riscontrate. Accertamenti che la Guardia di Finanza ha già attivato dopo l’interrogatorio di sei ore sostenuto la scorsa settimana dall’amministratore delegato di Adria Infrastrutture, Claudia Minutillo, alla quale pochi giorni più tardi sono stati concessi gli arresti domiciliari con il parere favorevole del pm Ancilotto. La confessione della Minutillo, che in passato è stata una delle collaboratrici più strette dell’allora presidente della Regione, Giancarlo Galan, potrebbe aprire nuovi scenari. Per questo motivo non si esclude che l’inchiesta possa portare a clamorose novità fin dai prossimi giorni, allargando lo spettro delle indagini ad altri soggetti, anche ad alto livello.
Mentre Minutillo e Colombelli hanno scelto di parlare con la Procura, ha optato per la linea del silenzio il presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, l’uomo che probabilmente avrebbe più cose da raccontare agli inquirenti, in particolare sulla destinazione dei fondi “neri” per milioni di euro che la società di costruzioni sarebbe riuscita a creare attraverso le presunte false fatturazioni. Dove sono finiti tutti quei soldi? A chi sono stati versati e per quale motivo? I difensori di Baita, gli avvocati Piero Longo e Paola Rubini, hanno presentato ricorso al Riesame eccependo innanzitutto la competenza territoriale di Venezia a proseguire l’indagine, sostenendo che, se reati sono stati commessi, il compito di perseguirli spetta ai magistrati di Padova, dove si trovano gli uffici finanziari della mantovani. Il Gip Scaramuzza ha già rigettato una prima istanza presentata su questo punto, ribadendo che la competenza ad indagare è della Procura di Venezia. Ma la battaglia è soltanto all’inizio.

 

VENETO STRADE – L’amministratore delegato porta in Regione un dossier sull’azienda, compresi i contratti con Bmc

Vernizzi consegna a Zaia 5 anni di fatture

Vernizzi ha dato alla Regione i servizi fatturati negli anni 2005-2010

Ha voluto anticipare i tempi, senza attendere la chiamata del Nucleo Ispettivo Interno costituito dal governatore del Veneto, Luca Zaia. Ieri, prima della seduta della Giunta regionale del Veneto, Silvano Vernizzi, amministratore delegato di Veneto Strade, ha consegnato al presidente regionale un dossier con tutte le fatture pagate per servizi concordati con società con sede all’estero, dal 2005 al 2010.
Una corposa cartella azzurra, con tanto di indice con riferimenti alle pagine del dossier per permettere una più facile consultazione. Tra le carte, spiccano ovviamente, le documentazioni riferite alla Bmc di San Marino, la società finita nella rete della magistratura per falsa fatturazione e sospetto di tangenti. «Sono cinque-sei fatture riguardanti la Bmc – dice Zaia, ma in realtà sono di più – Ci sono anche altri certificati di pagamento per forniture con società in Austria e in altri Paesi europei ma riguardanti l’acquisto di materiale utilizzato per la costruzione di autostrade e gallerie». Dunque, in questo ultimo caso, niente di sospetto. Per la Bmc («San Marino è nella black list» ricorda il governatore), è presumibile, come risulta dai verbali in possesso dalla magistratura, che la fatturazione riguardi l’organizzazione da parte della società sanmarinese di appuntamenti come l’inaugurazione del Passante di Mestre, della posa della prima pietra della Valdastico sud e del Mose di Venezia.
Il faldone, protocollato dalla segreteria della Giunta, è ora allo studio del responsabile del Nucleo Ispettivo Interno, Tiziano Baggio come segretario generale della programmazione. Il quale, insieme al segretario della Giunta, Mario Caramel, Maurizio Gasparin, dirigente della Direzione Enti Locali, Persone Giuridiche e Controllo Atti; Daniela Palumbo, dirigente del primo servizio della Direzione Affari Legislativi; Maurizio Santone, dirigente della Direzione Ragioneria; Egidio Di Rienzo, dirigente della Direzione regionale attività ispettiva e vigilanza settore socio-sanitario veneto, sta operando per allargare la ricognizione oltre che a Veneto Strade anche a Veneto Acque (anch’essa oggetto dell’indagine della magistratura) e a tutte le società partecipate e controllate della Regione.
In una decina di giorni, il Nucleo dovrebbe avere un quadro quasi completo sulle attività delle società. E quindi, consegnare alla magistratura l’esito dell’indagine e anche al Consiglio regionale come integrazione a quanto comproverà la commissione d’inchiesta approvata dall’assemblea veneta.

Giorgio Gasco

 

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO

Anche Buson ha presentato ricorso al riesame

Anche il padovano Nicolò Buson ha presentato ricorso al Tribunale del riesame: l’udienza per la sua posizione, però, non è stata ancora fissata. Il responsabile amministrativo della Mantovani finora è rimasto in silenzio, ma gli investigatori ritengono che sia depositario di molti segreti della società di costruzioni, di cui è stato procuratore speciale fin dal 2006. Il Gip Scaramuzza scrive che il suo è un ruolo «fondamentale» nella presunta organizzazione accusata di aver realizzato false fatture per svariati milioni di euro avvalendosi di varie “cartiere”, prima fra tutte la Bmc Broker di San Marino: quale persona di fiducia di Baita faceva partire i bonifici di pagamento delle consulenze fittizie. E gli inquirenti pensano che possa anche sapere quale fosse la destinazione di almeno una parte dei fondi “neri”.

 

Secondo il Gip deve procedere la prima sede di Procura

Venerdì il Riesame deciderà sulla carcerazione di Baita

Venezia L’inchiesta sulla Mantovani resta a Venezia. Almeno per ora. Almeno fino a quando non si esprimerà in proposito anche il Tribunale del riesame che venerdì dovrà decidere le sorti di tre degli indagati che si trovano ancora in carcere: Piergiorgio Baita, fino a pochi giorni fa legale rappresentante della società veneziana, William Colombelli, presidente della Bmc Broker e Nicolò Buson, responsabile amministrativo della Mantovani. L’istanza, che era stata presentata nei giorni scorsi anche negli uffici di Piazzale Roma, è stata infatti rigettata ieri mattina dal giudice per le indagini preliminari Gabriele Scaramuzza. Secondo il gip vale la regola che è competente la sede nella quale il primo magistrato iscrive il primo nome nel registro degli indagati. Dunque Venezia e l’ufficio del sostituto procuratore Stefano Ancillotto che, da qualche giorno, è stato affiancato dal collega Stefano Buccini. La medesima istanza, però, è stata presentata anche ai giudici del riesame che, presieduti di Angelo Risi, oltre all’eventuale scarcerazione dei tre, venerdì dovranno anche valutare la richiesta avanzata dai legali di Baita – gli avvocati Longo e Rubini – di spostare il procedimento a Padova sostenendo che la sede veneziana non è competente territorialmente in quanto la società di Baita ha sede a Padova. Per l’inchiesta sulla Mantovani e sul giro di fatture ritenute false emesse da una società domiciliata a San Marino si apre dunque una settimana di fuoco. Mentre in procura a Piazzale Roma continuano a sfilare i testimoni informati a vario titolo sulla gestione contabile dell’impresa di costruzioni, venerdì negli uffici di Rialto sarà una giornata cruciale. Da decidere, infatti, ci sono i destini dei tre indagati che si trovano ancora in carcere mentre, com’è noto, la quarta persona che era finita dietro le sbarre, l’ex segretaria di Giancarlo Galan Claudia Minutillo, da venerdì scorso è agli arresti domiciliari grazie alla sua collaborazione con gli inquirenti. Nei giorni scorsi la donna ha fornito una lunghissima deposizione, durata oltre sei ore, davanti al magistrati che si stanno occupando della delicata inchiesta. Una deposizione che rischia di dare un altro passo all’inchiesta. Già in settimana, infatti, alcune persone saranno ascoltate proprio dopo il racconto della Minutillo, che avrebbe spiegato alcuni dettagli non secondari rispetto alla gestione amministrativa e ai rapporti tra la Bmc e la Mantovani. Non solo: Claudia Minutillo avrebbe fornito ai magistrati alcuni elementi utili all’inchiesta, che naturalmente sono al vaglio degli inquirenti e che Ancilotto e Buccini stanno cercando di verificare. Nei prossimi giorni, dunque, l’inchiesta potrebbe riservare ulteriori sorprese, oltre a quella dell’entità del giro “reale” di fondi neri che, come sta emergendo dall’inchiesta, si aggirerebbe secondo le ultime stime a ben venti milioni di euro. E sempre nella giornata di venerdì il patron della Mantovani Costruzioni Spa Romeo Chiarotto ha annunciato il rinnovo del consiglio di amministrazione dopo le dimissioni dalla presidenza di Piergiorgio Baita. Manuela Pivato

 

Voltazza continua la latitanza all’estero: «Rientrerò presto»

Continua la latitanza all’estero di Mirco Voltazza, l’imprenditore padovano, di Polverara, ricercato perché sul suo capo pende un ordine di carcerazione: deve scontare un anno e mezzo di reclusione per una condanna per peculato, ricettazione e calunnia. Non risulta indagato nell’inchiesta Mantovani, anche se la sua società con sede a Marghera è stata perquisita dalla finanza. Il suo socio, Luigi DalBorgo, è stato un assiduo frequentatore di Piergiorgio Baita. È il motivo per cui le loro società sono finite sotto la lente delle fiamme gialle che stanno cercando di capire se anche in questo caso siano state emesse false fatture in favore della Mantovani. Nei giorni scorsi Voltazza ha iniziato una lettera ai giornali in cui si dice pronto a rientrare in Italia: «Rientrerò anche a costo della mia personale incolumità per fare piena luce su questa vicenda».

 

l’intervista-denuncia/ diego BOTTACIN

Consociativismo anticoncorrenza

VENEZIA – Trasparenza, trasparenza, gridano tutti dopo l’arresto di Piergiorgio Baita. E pretendono una commissione d’inchiesta sul possibile coinvolgimento di strutture regionali, salvo scoprire un attimo dopo che ci vuole una legge per istituirla. Troppo tempo. Meglio un nucleo ispettivo fatto da dirigenti di provata fiducia, che in 10 giorni potrebbero acquisire le carte necessarie a fare chiarezza. Ma il nucleo prende ordini dal manovratore, la giunta Zaia, mentre il controllo spetta al Consiglio: siamo matti a lasciarlo fuori? Ne consegue che anche il Consiglio indagherà con una propria struttura amministrativa e con l’accordo di Luca Zaia. Purtroppo resta fuori il quadro generale: nelle grandi opere pubbliche non ci sono solo reati, è la mancanza di concorrenza a costituire il problema politico vero, anche se nessuno va in galera. Chi se ne occupa? Tutti d’accordo, il monitoraggio verrà affidato alla prima commissione permanente del Consiglio regionale. Proviamo a dirlo in altre parole: chi ha dormito fino adesso si occuperà del problema più grave che ha oggi la politica nel Veneto. Diego Bottacin, consigliere di Verso Nord: condivide questa conclusione? «Volevo rispondere meglio tardi che mai, ma è vero che non possiamo andare in soccorso alla magistratura che ci ha dato la sveglia. Nella migliore delle ipotesi l’intervento non serve a nulla, nella peggiore faremo solo confusione. Del resto tutto è già evidente». Che cosa è evidente? «Da 15 anni almeno gli aggiudicatari delle grandi opere pubbliche del Veneto stanno in una mano: parlo di strade, autostrade, ospedali, Mose, forniture di servizi nella sanità di ristorazione, pulizia, assicurazione. Nella graduatoria 2013 dell’Economist l’Italia per trasparenza sta all’87° posto». Lei che risposta si dà? «Che il governo regionale più liberista mai avuto dal Veneto ha costruito una realtà regionale priva di libertà economica. Abbiamo creato mercanti senza mercato. E’ un sistema bloccato. Un sistema corporativo e consociativo». Significa centrodestra e centrosinistra ugualmente responsabili? «Il sistema consociativo poggia su entrambe le gambe, sulla Mantovani come sulle cooperative». Lei è uscito dal centrosinistra, non parla per sentito dire, giusto? «Io ho combattuto questo metodo di spartizione. L’antidoto al consociativismo è fare gare vere. Oggi la gran parte delle opere pubbliche è assegnata senza gara: il Consorzio Venezia Nuova ha tutto in concessione. Tutti i project financing partono per iniziativa di pochi privati che il 31 gennaio di ogni anno li acquisiscono, la Regione li affina e poi li mette in gara dicendo: qualcuno vuol fare il lavoro a meno? Una presa in giro, con la posizione dominante ormai creata». Insomma la commissione d’inchiesta è superflua? «Nel senso di conoscere sì, ma non nel senso di determinare i meccanismi per introdurre concorrenza nel sistema. Nel 2014 scade il contratto con Trenitalia, vedremo se verrà fatta una gara. I project financing devono essere rinegoziati: non è possibile che il consorzio che vince si aggiudichi un servizio per 25 anni, questa è la desertificazione del mercato. In ogni caso il project ha senso per costruire strade, negli ospedali non se ne deve più parlare».

Renzo Mazzaro

 

Gazzettino – Resta a Venezia inchiesta su Baita

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12

mar

2013

LA DIFESA DI BAITA – Il giudice respinge la richiesta di trasferire l’inchiesta a Padova

Oggi si decidono gli interrogatori dei primi tre politici indagati

Resta a Venezia l’inchiesta sulle presunte false fatture milionarie contestate al presidente della mantovani spa, Piergiorgio Baita. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza rigettando l’istanza presentata dalla difesa che aveva chiesto di trasferire il fascicolo per competenza territoriale a Padova, dove si trovano gli uffici amministrativi della società di costruzioni. In un provvedimento di alcune pagine il Gip spiega che è stata la Procura di Venezia la prima ad avviare le indagini e molti degli episodi contestati dal sostituto procuratore Stefano Ancilotto sarebbero stati commessi in provincia di Venezia. La competenza, dunque, resta ai magistrati lagunari. Almeno per ora.
La stessa eccezione potrebbe essere ripresentata venerdì davanti al Tribunale del riesame dai difensori di Baita e di William Alfonso Colombelli, presidente di Bmc Broker, la società con sede a San Marino che, secondo la Guardia di Finanza, avrebbe “costruito” le false fatture, mascherate da consulenze, studi e progettazioni inesistenti, incassando ingenti somme di denaro, successivamente restituite in gran parte, in contanti, a Baita e all’amministratrice di Adria Infrastrutture, Claudia Minutillo. L’unica che finora ha parlato con il pm ed è finita ai domiciliari.

 

LAVORI PUBBLICI – Il sindaco risponderà in commissione sui rapporti finanziari con il gruppo padovano

«Mantovani, chiarezza sui soldi al Comune»

Boraso: «Verifichi se è possibile restituire i 12 milioni avuti in dicembre per sanare il bilancio»

I rapporti intrattenuti negli ultimi anni tra amministrazione comunale e gruppo Mantovani sono tanti e complessi, pertanto il sindaco Giorgio Orsoni relazionerà in commissione Bilancio tra una decina di giorni circa. Un’ora e mezza prima dell’inizio del consiglio comunale in aula consiliare c’erano solamente tre persone: il consigliere del M5S Gianluigi Placella, promotore di un’interrogazione e di un’interpellanza scritte nell’immediatezza degli arresti per presidente del gruppo Piergiorgio Baita. C’erano poi il consigliere di Impegno per Venezia e Mestre, Renato Boraso e il sindaco.
I documenti di Placella partono dal fatto che il gruppo Mantovani ha “salvato” il patto di stabilità del 2012 con 12 milioni (10 di anticipo per l’operazione mercato ortofrutticolo e due per la vendita del pacchetto azionario delle autostrade) e proseguono chiedendo nel dettaglio i rapporti tra il Comune e il gruppo Mantovani e, in generale, l’esistenza di vantaggi di qualsiasi natura concessi a società del gruppo.
«Non sono in condizioni in questo momento di rispondere compiutamente – ha detto – potrò dare risposte più precise in commissione».
Boraso ha colto al volo l’occasione: «Venga allora in commissione Bilancio, così spiegherà anche se sarà possibile in qualche modo restituire al gruppo Mantovani i 12 milioni ricevuti dal Comune a fine anno. Per motivi etici, il Comune dovrebbe rinunciare a questo “favore” dopo quello che è successo».
Boraso ha poi chiesto anche se è possibile verificare l’esistenza di fatture sospette nell’appalto da 100 milioni per i lavori del tram.
«Ho mandato tutti gli atti in Procura – ha risposto Orsoni – saranno loro a verificarlo».

 

TREVISO-MARE

Appello a Zaia: «Fermare tutto e fare chiarezza»

Lo scandalo dell’inchiesta della Procura sul Gruppo Mantovani getta lunghe ombre anche sulla futura autostrada del mare. I responsabili di due delle tre società che hanno presentato il project financing per la progettazione, la costruzione e la gestione della superstrada a pedaggio che dovrà collegare il nuovo casello autostradale di Meolo con Jesolo sono proprio Piergiorgio Baita del Consorzio «Vie del Mare» e Claudia Minutillo di «Adria Infrastrutture», che sono stati arrestati per presunta frode fiscale finalizzata alla costituzione di fondi neri.
Il comitato di cittadini «Sì Treviso-mare», che già nel 2010 si era opposto alla realizzazione dell’autostrada a pagamento ed aveva raccolto oltre 2300 firme, risolleva tutti i dubbi sul progetto. E il segretario del Pd Giampiero Piovesan, in una lettera aperta, chiede al governatore Zaia di inserire anche l’autostrada del mare tra i progetti che verranno esaminati dalla commissione d’inchiesta regionale, per verificarne la correttezza, la legalità e anche l’effettiva necessità.
Ad aprile 2012 il Cipe ha approvato il progetto preliminare ed ora la Regione sta predisponendo l’avviso per l’appalto dei lavori, che l’assessore Chisso ha assicurato verrà pubblicato entro quest’anno. «Le chiedo un atto di coraggio e di responsabilità – scrive il segretario del Pd meolese al governatore Zaia – Blocchi questo progetto fino a quando non sarà fatta piena luce sulla vicenda».

 

Nuova Venezia – L’inchiesta su Baita e le fatture false

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11

mar

2013

Venerdì il tribunale del Riesame a Venezia

Settimana decisiva per l’inchiesta sulla Mantovani, la più importante impresa di costruzioni del Veneto nell’occhio del ciclone per un giro di fatture ritenute false emesse da una società domiciliata a San Marino. Il tribunale del riesame deciderà venerdì la sorte di tre degli indagati che si trovano ancora in carcere: Piergiorgio Baita, fino a pochi giorni fa legale rappresentante della società veneziana, William Colombelli, presidente della Bmc Broker e Nicolò Buson, responsabile amministrativo della Mantovani. La quarta persona arrestata, l’ex segretaria di Giancarlo Galan, è da venerdì agli arresti domiciliari dopo una lunga deposizione, durata sei ore, davanti al magistrati che si stanno occupando della delicata inchiesta. Negli ultimi giorni il pubblico ministero Stefano Ancillotto, da poco affiancato dal collega Stefano Buccini, hanno intensificato il ritmo dei testimoni: ne sarebbero già stati ascoltati una decina, tutti a vario titolo informati della gestione contabile della Mantovani. Nei prossimi giorni alcune persone saranno ascoltate dopo la deposizione di Claudia Minutillo, che avrebbe spiegato alcuni dettagli non secondari rispetto alla gestione amministrativa e ai rapporti tra la Bmc e la Mantovani. Non solo: Claudia Minutillo avrebbe fornito ai magistrati alcuni elementi utili all’inchiesta, che ora Ancilotto e Buccini stanno cercando di verificare. Nei prossimi giorni, dunque, l’inchiesta potrebbe riservare ulteriori sorprese. Il Tribunale del Riesame deve pronunciarsi non solo sulla richiesta di scarcerazione per Baita, Colombelli e Buson ma anche sulla richiesta dei difensori di spostare l’indagine da Venezia a Padova. Il giro di fondi neri che sta emergendo dall’inchiesta si aggirerebbe, secondo le ultime stime, a ben venti milioni di euro.

 

Nuovo tunnel di Verona Grillo contro la Mantovani

Attacco alla Lega sulla concessione in project del traforo delle Torricelle

E in piazza il Movimento 5 Stelle trova l’appoggio del Partito democratico

VERONA – Il titolo è di quelli senza equivoci: «Lega e cemento». Il blog di Beppe Grillo entra a gamba tesa nella politica amministrativa veneta con un attacco diretto al tunnel delle Torricelle a Verona, un traforo di 2,5 chilometri necessario per il completamento della tangenziale nord della città scaligera. Il coinvolgimento della impresa Mantovani tra le aziende che dovrebbero realizzare, per circa un miliardo di euro, il project financing della tangenziale nord è lo spunto dal quale muovono i neo deputati veronesi del M5S Francesca Businarolo, Tancredi Turco e Mattia Fantinati, e del consigliere comunale Gianni Benciolini. La critica riguarda da un lato l’aspetto paesaggistico, perché il tunnel praticamente «buca» la Beverly Hills veronese per tagliare più a nord delle campagne finora quasi incontaminate; dall’altro la preoccupazione è per l’associazione temporanea di imprese coinvolte nella realizzazione dell’opera. Si tratta della Technital, della Girpa (fallita), Simmon fiduciaria spa, Finnat fiduciaria, Verona infrastrutture. Quest’ultima è composta dalla Mazzi costruzioni, Cordioli, Soveco, Gianantonio Parolini. Ma l’ingresso, quale socio finanziario al 69%, della impresa Mantovani ha fatto rizzare le orecchie ai grillini veronesi, soprattutto dopo l’arresto di Piergiorgio Baita per l’ipotesi di reato di frode fiscale. Il Movimento 5 stelle chiede di «interrompere l’iter per la realizzazione dell’opera e fare chiarezza. Riteniamo che questo progetto vada fermato, è uno scellerato consumo del territorio, non rivolve alcun problema di traffico, anzi lo aumenta, costa tropo ed espone le amministrazioni ad infiltrazioni e speculazioni» scrive Alessandro Gennari nel Blog di Beppe Grillo, che ieri ha deciso di accantonare la politica nazionale per dedicare la sua prima pagina al traforo veronese. Il sindaco Flavio Tosi, da sempre assertore del tunnel, ha firmato pochi giorni fa la concessione in project financing dell’opera, non senza prima aver chiesto un parere legale a uno studio romano per verificare l’insussistenza di cause ostative a causa della presenza della Mantovani. Intanto proprio la questione del traforo delle Torricelle riesce nell’impresa che non sta decollando a Roma: sabato pomeriggio si è svolta a Verona una manifestazione contro il traforo alla quale hanno partecipato il Movimento 5 stelle ed anche il Partito Democratico. Prove tecniche di governo?

Daniele Ferrazza

 

 

Gazzettino – Mantovani. Fondi neri, nuovi testimoni

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10

mar

2013

SOTTO TIRO – Piergiorgio Baita, finanzieri al lavoro e la Mantovani a Padova

Si fanno i conti per accertare l’ammontare della frode

Venerdì l’udienza del Tribunale della libertà

VENEZIA Si apre una settimana cruciale per l’inchiesta riguardante le false fatturazioni della Mantovani

Investigatori al lavoro sui documenti sequestrati e sui passaggi di denaro, l’accusa avrebbe altre carte da giocare

Resta alta la tensione attorno all’inchiesta sulla Mantovani. Dopo gli arresti domiciliari concessi a Claudia Minutillo gli avvocati si concentrano sulla prossima udienza del Tribunale del riesame. Se da un lato l’inchiesta della Procura sta proseguendo a pieno ritmo, basti pensare alle verifiche sulle società “cartiere” che hanno interessato decine di realtà, ora l’eventuale svolta soprattutto per Piergiorgio Baita e William Colombelli che puntano ad uscire dal carcere insieme a Nicolò Buson, è rappresentata dall’udienza di venerdì 15. Ma la situazione è in continuo movimento come ha dimostrato la scarcerazione dell’ex segretaria di Giancarlo Galan avvenuta dopo una sua confessione. In queste ore, ad esempio, la Guardia di finanza sta ulteriormente vagliando alcuni passaggi di denaro, già emersi nella prima fase, per accertare definitivamente a quanto possa ammontare l’eventuale patrimonio “in nero” collegato alle false fatture. E il pubblico ministero Stefano Ancilotto, titolare della clamorosa inchiesta che sta facendo tremare diverse persone in Veneto, ha confermato che in queste ore si stanno analizzando altri documenti strategici. Oltre a questo, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbero anche almeno due nuove testimonianze che sarebbero state depositate dalla Procura in vista dell’appuntamento di venerdì.
Conferma di attendere l’udienza del Tribunale del riesame con un interesse anche l’avvocato Renzo Fogliata che in questa vicenda difende William Colombelli, una delle figure chiave dell’indagine della Procura e responsabile della Bmc Broker di San Marino. Qui sarebbero state realizzate le false fatture e il relativo passaggio di denaro.
Intanto sul fronte dell’inchiesta, va ricordato che la Guardia di finanza sta per sequestrate il 5 per cento delle azioni di proprietà di Piergiorgio Baita della Mantovani costruzioni. In passato, contestualmente agli arresti, le Fiamme Gialle avevano già sequestrato alcuni conti correnti e delle abitazioni intestate a Baita, ora invece i militari si starebbero concentrando sul patrimonio azionario dell’ingegnere. Patrimonio che varrebbe circa due milioni di euro, in sensibile flessione rispetto alle quotazioni di qualche tempo fa, quando poteva valere dieci volte tanto. L’ottica è anche quella di garantire risarcimenti danni qualora siano riconosciute responsabilità penali.
Infine, in merito al pranzo di Valdobbiadene del 2 febbraio scorso che sarebbe stato ripreso dalle telecamere della Guardia di finanza, ed organizzato dall’imprenditore Luigi Dal Borgo, va segnalata la presa di posizione di Pier Alessandro Mazzoni (amministratore di Veneto acque spa) che precisa di non aver assolutamente partecipato all’appuntamento: «Anzi, ero al funerale di una persona cara».

Gianpaolo Bonzio

 

GLI ARRESTATI – Tre ancora in carcere, la Minutillo ai domiciliari

Tre detenuti in carcere, uno ai domiciliari. Sono trascorsi dieci giorni dalla retata della Finanza per una supposta frode fiscale da 10 milioni di euro (ma per altri 10 milioni il periodo è prescritto). Sono dietro le sbarre Piergiorgio Baita, presidente della Mantovani spa, Nicolò Buson, direttore finanziario di Mantovani, William Ambrogio Colombelli, titolare della Bmc Broker di San Marino. È uscita due giorni fa per andare ai domiciliari Claudia Minutillo, amministratore delegato di Adria Infrastrutture, già segretaria del governatore del Veneto Giancarlo Galan.

 

INCHIESTA MANTOVANI NON ERO A QUEL PRANZO

In merito alla notizia apparsa venerdì 8 marzo scorso sul Vostro quotidiano e relativa al pranzo tenuto il giorno 2 febbraio 2013 a Valdobbiadene, il sottoscritto smentisce di avervi partecipato nè che ne fosse a conoscenza. Tra l’altro quella mattinata il sottoscritto l’ha trascorsa ad un funerale di un amico e la restante parte della giornata nella propria abitazione. D’altro canto quanto dichiarato può trovare facile conferma visto che, come da Voi riportato, il pranzo è stato ampiamente filmato dalla Guardia di Finanza. Vi sarei grato, a tutela della mia persona, se questa smentita fosse riportata sul Vostro quotidiano.

Pier Alessandro Mazzoni  (Direttore generale Veneto Acque spa)

 

L’ex segretaria di Galan: lettere del faccendiere per ottenere la cessione della “cartiera”

Primo giorno agli arresti domiciliari trascorso consultando gli atti del procedimento

MESTRE – La prima telefonata di Claudia Minutillo, venerdì sera appena uscita dal carcere della Giudecca, è stata per l’avvocato padovano Carlo Augenti, suo legale da quando il suo ex compagno l’aveva minacciata perché lei convincesse Piergiorgio Baita ad acquistare la società “cartiera” usata per creare fondi neri a favore della Mantovani. Il primo abbraccio della donna è stato al suo compagno che l’ha attesa fuori dal carcere. Claudia Minutillo, il primo giorno agli arresti domiciliari. L’ex segretaria di Giancarlo Galan, quando era presidente della Regione e arrestata nell’inchiesta “Chalet” che ha portato in carcere anche il presidente della “Mantovani” Piergiorgio Baita, ha scelto come domicilio un’abitazione del compagno. Questi è l’unica persona che potrà incontrare e con cui potrà parlare. «Al telefono mi ha ringraziato. Non credeva più di uscire ed era molto provata. Del resto non mangiava e non dormiva più da una settimana. Era già calata tre chili e mezzo e per una persona che pesa poco più di cinquanta chili sono tantissimi», racconta l’avvocato Carlo Augenti. Il legale padovano assiste Claudia Minutillo da tre anni, da quando la donna ha interrotto la relazione con il faccendiere Wiliam Colombelli, il titolare della “BMC Broker”, la società cartiera accusata di aver fatto fatture false con le quali la Mantovani e un’altra ventina di società hanno creato fondi neri. Una relazione, quella tra Colombelli e la Minutillo, terminata a dir poco in maniera burrascosa. Infatti l’uomo oltre a sequestrare in casa l’ex compagna e più volte l’ha minacciata, con lettere pesanti, per indurla a convincere Piergiorgio Baita ad acquistare la “cartiera” delle fatture false per 3 milioni di euro. Ieri la prima visita del legale alla donna. «L’ho trovata decisamente meglio rispetto all’interrogatorio di lunedì. L’ho vista più serena e già pensa su come deve organizzarsi la vita mentre rimane agli arresti domiciliari. Le ho spiegato che la durata di questo periodo non sarà breve. Prima di chiedere una misura cautelare, diversa da quanto disposto dal giudice, bisogna attendere le verifiche della Procura». La prossima importante tappa dell’inchiesta sarà l’udienza davanti al Tribunale del Riesame, alla quale si è rivolto il difensore di Baita, Paola Rubini, che ha chiesto di spostare a Padova il procedimento. Udienza in programma per venerdì prossimo. È evidente che l’interrogatorio di Claudia Minutillo è stato ritenuto molto positivo da parte della Procura, se nel giro di pochi giorni è arrivato il parere favorevole del pm Stefano Ancillotto titolare delle indagini, affinché l’imputata venga messa agli arresti domiciliari. Del resto ha parlato per sei ore. E non ha solo ammesso le proprie colpe su quanto già avevano ampiamente dimostrato, con prove, gli investigatori del Gico della Guardia di Finanza di Mestre. Ed è certo che in molti temono cosa possa aver raccontato Claudia Minutillo. E quell’interrogatorio da parte del pm Ancillotto, ha fatto perdere il sonno a qualcuno. «La signora Minutillo ha voluto copia dei dischetti che contengono gli elementi raccolti a suo carico dalla Guardia di finanza. Ha già letto la gran parte dei giornali che hanno parlato della vicenda ed è rimasta molto seccata dai toni della lettera che ha scritto ai quotidiani Mirco Voltazza (altro indagato nella vicenda e latitante in seguito ad una condanna, per altri reati, passata in giudicato), che promette di rientrare in Italia e sistemare lui le cose», conclude l’avvocato Augenti.

Carlo Mion

 

Una confessione chiave di sei ore

Il pm cerca riscontri dopo la deposizione della manager di Adria Infrastrutture

VENEZIA – Mentre la Guardia di finanza di Venezia e Padova prosegue l’analisi della documentazione sequestrata negli uffici e nelle case non solo dei quattro arrestati, ma anche di una decina di imprenditori dei quali ancora nessuno è indagato, il pubblico ministero lagunare Stefano Ancilotto ha avviato i riscontri sulle dichiarazioni rese da Claudia Minutillo, l’ex segretaria dell’allora governatore del Veneto Giancarlo Galan trasformatasi in manager sotto l’ala protettrice di Piergiorgio Baita e della «Mantovani spa». Lunedì scorso, la donna ha risposto per ore alle domande del rappresentante della Procura e ha fornito informazioni che non riguardano solamente la vicenda dei dieci milioni di fatture false della «Bmc Broker» di San Marino. Grazie alla sua collaborazione ha ottenuto gli arresti domiciliari ed è uscita dal carcere femminile della Giudecca giovedì scorso. Gli altri tre, invece, sono ancora in carcere: Baita in quello di Belluno, William Colombelli a Genova e Nicolò Buson a Treviso. I primi due sperano nel Tribunale del riesame presieduto dal giudice Angelo Risi, che venerdì 15 affronterà i ricorsi presentati dai loro difensori, gli avvocati Paola Rubini, Piero Longo e Renzo Fogliata. Puntano almeno ad ottenere gli arresti domiciliari, una scelta che non metterebbe in discussione l’impianto accusatorio, ma che permetterebbe ai due di tornare a casa e lasciare la cella dove sono ormai da dieci giorni. I difensori di Baita puntano anche alla dichiarazione di incompetenza territoriale da parte dell’autorità giudiziaria veneziana: stando a loro, tocca a quella di Padova portare avanti le indagini, visto che la sede amministrativa della «Mantovani spa», dove è avvenuta la verifica fiscale dello scorso anno, si trova nella città del Santo. I quattro devono rispondere di associazione a delinquere, il reato più grave, e di frode fiscale. Baita in qualità di presidente della Mantovani e Minutillo di amministratore delegato di «Adria Infrastrutture» avrebbero utilizzato fatture fasulle per dieci milioni di euro emesse dalla «Bmc Broker» di San Marino di cui è presidente William Colombelli. Mentre Buson rimasto implicato in qualità di responsabile amministrativo della «Mantovani» è accusato di aver predisposto i pagamenti per le fatture fasulle, grazie alle quali l’impresa veneziana avrebbe accumulato «fondi neri» per circa 8 milioni (i due che mancano li avrebbe intascati Colombelli).

 

Era seduto su 43 poltrone tutti gli incarichi di Baita

Il numero 1 della Mantovani nei cda di una galassia di società pubbliche e private

La Guardia di finanza sta passando al setaccio la contabilità di tutte le aziende

PADOVA – L’attività professionale dell’ingegnere Piergiorgio Baita è un ginepraio di incarichi declinati in decine di società diverse. Tutte, inevitabilmente legate agli appalti milionari, spesso in project financing per la realizzazione di opere pubbliche. Secondo i dati della Camera di commercio di Padova, l’ormai ex presidente della Mantovani Costruzioni Spa, compare almeno in 43 società diverse, altri dieci incarichi sono cessati in tempi più o meno recenti. In questi giorni, poi, i legali dell’ingegnere stanno revocando tutte le sue posizioni: scelta attuata, così hanno spiegato i suoi avvocati, per proseguire più liberamente la sua battaglia per dimostrare la sua innocenza rispetto alle accuse di frode fiscale. In provincia di Padova le società in cui Baita compare sono 13: risulta presidente del consiglio di amministrazione di Consortile Venezia Lavori, S.P.V. Società Consortile, Consorzio Lepanto, Consorzio Litorali Venezia, Talea e Talea 2, Fama, Consorzio C.D.P., S.I.N. Est, Consortile per l’Expo 2015. È consigliere e membro del comitato esecutivo di Veneto City, consigliere delegato di Mose-Treporti e presidente del consiglio direttivo di Serenissima Consorzio Stabile. Ben 22 le poltrone di Baita in laguna: le società veneziane in cui presiede il consiglio di amministrazione sono Palomar, Mantovani, Nuova Romea Spa, Mose-Treporti, S.I.F.A Società consortile, Consorzio V.D.M.– Vie del Mare, Alfa Società consortile, Consorzio Nog.Ma, Arsenale Nuovo, Consorzio Veneti Nuova Romea e La Strada del Mare. È vice presidente di Società delle Autostrade Serenissima, Veneta Sanitaria Finanza di Progetto, Gra di Padova, Adria Infrastrutture, di cui è presidente Claudia Minutillo, e di Venice Ro-Port Mos. Baita è poi consigliere del Consorzio Venezia Nuova, (che sta realizzando il Mose) della società Alles presieduta da Claudia Minutillo, consigliere delegato di Costruzioni Mose Arsenale, consigliere di Intecno Società Consortile. Per la Costruzioni Arsenale Nuovo di Venezia è amministratore delegato, per il Consorzio Si.Tre è presidente del consiglio direttivo e consigliere per la Intecno, di cui è presidente Claudia Minutillo. Le altre società nel cui organigramma di management compare il nome di Piergiorgio Baita sono La Giubileo Messidoro Società consortile di Argenta (Fe), I.L.I.A Or-Me di Genova, La Quado di MilanoMazara Società consortile di Mazara (Tp), Summano Sanità a Vicenza. Tre le società veronesi: la Confederazione Autostrade, Consorzio Pedemontana Veneta, Autostrada Nogara Mare Adriatico. Le dieci società cessate da Baita prima che scoppiasse la bufera sulle false fatture e la frode fiscale in combutta con Claudia Minutillo, Nicolò Buson e William Colombelli, sono Laguna Dragaggi Spa di Ravenna e Campagna Lupia (Ve), Nuova Domina e T.S.I di Sesto San Giovanni (Mi), Metroveneta Città e Gra di Padova, Nuova Romea a Venezia. Tutte le società in cui Baita risulta coinvolto sono nel mirino della Guardia di finanza: alcune sono state già perquisite, altre lo saranno. Così come al vaglio degli uomini dei nuclei di polizia tributaria di Padova e Venezia sono le società sospettate di aver prodotto fatture false, oltre alla Bmc Broker di San Marino di William Colombelli. Si tratta di società che hanno pagato fatture risultate false, ma anche loro stesse promotrici di falsi documenti, ingrossando le fila delle società “cartiere” sul modello della Bmc. Le Fiamme gialle sono in azione a Roma, Bologna, Mestre, Padova, Casalecchio sul Reno. Ventitré le sedi perquisite sinora, ma ce ne sarebbero almeno una settantina in elenco. Sono stati raccolti centinaia di faldoni pieni di documenti: perlopiù dimostrerebbero l’esistenza di fatture false, create per pagare lavori in realtà già svolti da altri. Lo stesso meccanismo della Bmc Broker. Secondo gli investigatori Baita & soci creavano così fondi neri. Ora si tratta di capirne la destinazione. Oltre alle banche di San Marino sono state trovate tracce di trasferimenti in paradisi fiscali come Panama.

Elena Livieri

 

I GRILLINI E LA COMMISSIONE D’INCHIESTA REGIONALE

«Zaia deve coinvolgere anche il M5S»

PADOVA – Finanza di progetto nel mirino del Movimento 5 Stelle, ma non solo. Gli eletti nelle liste di Grillo ieri hanno dedicato al tema una conferenza stampa a Padova dove si è parlato anche del caso Baita e dell’inchiesta avviata dalla procura di Venezia. Dopo aver ricordato che a dicembre, cioè «in tempi non sospetti» il movimento di Grillo aveva inviato una lettera al governatore Luca Zaia chiedendo di approfondire le scelte fatte in tema di partnerariato pubblico-privato, il neosenatore Enrico Cappelletti ha commentato l’operato della commissione di inchiesta avviata dalla regione Veneto. «È un fatto positivo che vogliano entrare in commissione per verificare quello che non hanno verificato fino ad ora. Per fortuna è maturato un accordo bipartisan, inizialmente si era pensato a una composizione politica di maggioranza , poi si sono state coinvolte le opposizioni. Noi proponiamo un’ulteriore integrazione con altre personalità. E vogliamo trasparenza, con tutti i documenti sulla finanza di progetto on-line, anche con i piani economici finanziari e le convenzioni già sottoscritte. Se non c’è nulla da nascondere bene, d’altra parte Zaia ha detto che la Regione sarà un palazzo di cristallo. E anche il M5S deve poter verificare cos’ha fatto la Mantovani in Veneto». (v.v.)

 

Venerdì sostituito il presidente arrestato

la famiglia chiarotto in azione

Romeo Chiarotto non ha intenzione di perdere tempo. Il patron della Mantovani Costruzioni Spa, tramite Serennisima Holding, ha annunciato per venerdì prossimo, 15 marzo, il rinnovo del consiglio di amministrazione. Passaggio necessario dopo le dimissioni dalla presidenza di Piergiorgio Baita. Quest’ultimo detiene il 5% della società di costruzioni, (il restante 95% è della famiglia Chiarotto), anche se la Guardia di finanza di Venezia e Padova che conduce le indagini sta per sequestrare le quote detenute dall’ingegnere arrestato. Prima dello scoppio del terremoto giudiziario quel 5% della Mantovani valeva almeno 20 milioni di euro sul mercato, dal momento che, nonostante il capitale dell’azienda sia di 50 milioni, il volume di affari è di almeno 450. La Finanza conta di garantire con quel patrimonio, che va per altro ad aggiungersi ai conti correnti e agli appartamenti già posti sotto sequestro preventivo, gli eventuali danni che Baita sarà chiamato a risarcire nel momento in cui la sua vicenda giudiziaria si concluda con una condanna. Del resto la famiglia Chiarotto ha già dato mandato ai suoi legali per avviare, qualora se ne ravvisassero gli estremi, un’azione di responsabilità. Venerdì, intanto, verrà nominato il nuovo cda della Mantovani: in pole position per la presidenza c’è il figlio di Romeo Chiarotto, Giampaolo, già nel cda insieme a Piergiorgio Baita e Paolo Dalla Via. (e.l.)

 

Nuova Venezia – Sequestro per le azioni Mantovani di Baita

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9

mar

2013

Valevano venti milioni prima dell’inchiesta.

Zaia primo firmatario per l’istituzione della commissione d’inchiesta

PADOVA – La Guardia di finanza sta per sequestrare il 5% di azioni di proprietà di Piergiorgio Baita della Mantovani Costruzioni Spa. Dopo il sequestro dei conti correnti e degli appartamenti intestati all’ormai ex presidente del colosso delle costruzioni, i finanzieri hanno messo gli occhi sul patrimonio azionario dell’ingegnere sessantaquattrenne, in carcere da giovedì scorso a Belluno. Con lui, con l’accusa di frode fiscale, sono stati arrestati il responsabile amministrativo della Mantovani Nicolò Buson, la presidente di Adria Infrastrutture Claudia Minutillo e l’imprenditore di San Marino William Colombelli. Ieri, intanto, la Regione ha dato il via libera alla commissione di inchiesta che dovrà valutare le procedure seguite per i vari project financing. Baita, che ha rimesso nei giorni scorsi i suoi incarichi, detiene il 5% di quote della Mantovani, mentre il 95% è in capo a Serenissima Holding della famiglia Chiarotto. Il capitale sociale della società di costruzioni è di 50 milioni di euro, ma il volume di affari è di almeno 450 milioni. Le quote valgono nominalmente due milioni e mezzo, ma, almeno prima della bufera giudiziaria che si è scatenata, avevano nel mercato un valore dieci volte superiore, arrivando a venti milioni. I nuclei di polizia tributaria della guardia di finanza di Padova e Venezia hanno deciso di congelare questo “tesoretto” di Baita. Lo scopo è di garantire una fonte per l’eventuale risarcimento danni cui l’ingegnere potrebbe essere condannato qualora le accuse a suo carico venissero confermate in giudizio. La Finanza, come registrato nell’ordinanza di custodia in carcere del gip Alberto Scaramuzza, ha disposto nei confronti di Baita il sequestro preventivo di due conti correnti e cinque appartamenti (uno a Mogliano Veneto, uno a Treviso, due a Lignano Sabbiadoro e uno a Venezia). Evidentemente non bastano più. Le indagini sul giro di false fatture, infatti, stanno allargando il raggio di azione del sodalizio di Baita & soci e conseguentemente lievita anche l’entità delle somme illecitamente “distratte” dalle varie società tramite le false fatture. Nei giorni scorsi la stessa famiglia Chiarotto ha dichiarato di aver dato mandato ai propri legali di verificare se vi sono gli estremi per avviare un’azione di responsabilità, finalizzata al risarcimento dei danni. Ieri la Regione ha ufficializzato l’istituzione di una commissione speciale d’inchiesta: primo firmatario della proposta depositata in consiglio regionale dal Pd è il governatore Luca Zaia. Il documento è sottoscritto dai capigruppo Lucio Tiozzo del Pd, Stefano Valdegamberi dell’Udc, Antonino Pipitone dell’IdV, Diego Bottacin, del gruppo misto, Pietrangelo Pettenò di Sinistra veneta, Carlo Alberto Tesserin per il Pdl. La commissione avrà una durata di sei mesi (prorogabili a 12), sarà composta da nove consiglieri nominati dall’Ufficio di Presidenza (cinque di maggioranza e quattro di opposizione) e sarà presieduta da un esponente dell’opposizione. Lo scopo è di «verificare procedure, costi e tempi di affidamento, aggiudicazione e realizzazione dei lavori pubblici di competenza regionale, con particolare riguardo a quelli eseguiti con il project financing».

Elena Livieri

 

La ragnatela, settanta le società sospette  

La Guardia di Finanza ha sequestrato migliaia di faldoni con accessi fiscali senza bisogno di mandato

MESTRE – Oltre all’elenco di tredici aziende già reso pubblico la scorsa settimana, ce ne sono altre otto che sono state perquisite e che sono emerse durante l’analisi dei conti correnti trovati a San Marino e riconducibili alla “BMC Broker” di William Colombelli. Società che hanno versato denaro per delle fatture false, ma anche loro stesse hanno prodotto documenti falsi diventando, a loro volta, delle “società cartiera”. Le altre aziende perquisite sono: “Egg Srl”, di Roma; “Linktobe” di Sestola (Modena); “Italia Service”, di Mestre; “Italia Service” di Rovigo; “Centro Elaborazione Dati di Zuffi”, di Bologna; “Linea 5 Srl”, di Casalecchio sul Reno; “Eracle Scarl”, di Bologna; e “A4 Holding”, di Padova. Durante le perquisizioni sono stati sequestrati migliaia e migliaia di documenti relativi anche ad altre società, alcune decisamente delle “cartiere”. Individuate, fino a ora, una settantina di società sospette. Le perquisizioni hanno riguardato 23 siti. Diversi documenti sono stati trovati in luoghi diversi da quelli indicati nei mandati di perquisizione. A quel punto i finanzieri hanno compiuto degli “accessi fiscali”, che non hanno bisogno dell’autorizzazione del pm per essere svolti. I corridoi della caserma del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Venezia, a Mestre, sono pieni di scatoloni e di faldoni (diverse centinaia), pieni zeppi di documenti. Molti sono relativi a fatture false di operazioni pagate due volte. Sempre questi documenti portano ad altre società create ad arte da amici della “cricca”, capeggiata, secondo gli investigatori coordinati dal pm Stefano Ancillotto, da Piergiorgio Baita, con lo scopo di produrre fatture false. Per ora sono state analizzate le fatture relative ai lavori realizzati per le dighe mobili del Mose. In base ai documenti fin qui sequestrati, quelle riconducibili ad altri lavori, ammontano se non superano i 10 milioni di euro di “nero”, attribuiti alla “cricca” di Baita. Piergiorgio Baita è ancora nel carcere di Belluno e attende venerdì quando il Tribunale del Riesame, deciderà sulla richiesta, del suo difensore Paola Rubini, di portare il procedimento a Padova. Nel frattempo trascorre le giornate leggendo. Legge molti giornali e libri.

Carlo Mion

 

Scarcerata Minutillo, gip e pm: ok ai domiciliari  

Mirco Voltazza annuncia: «Qualcuno mi ha consigliato di espatriare, ma sono pronto a rientrare in Italia»  

VENEZIA – Claudia Minutillo, grazie alla sua collaborazione iniziata con il lungo interrogatorio di lunedì davanti al pubblico ministero di Venezia Stefano Anciotto, ha ottenuto gli arresti domiciliari. Nel primo pomeriggio di ieri è uscita dal carcere femminile della Giudecca ed è potuta rientrare nella sua casa di via Gatta a Mestre, dalla quale però non potrà uscire se non autorizzata, pena l’accusa di evasione. Lo stesso rappresentante dell’accusa ha dato parere favorevole al provvedimento firmato dal giudice Alberto Scaramuzza, lo stesso che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare per lei, Piergiorgio Baita e gli altri due indagati. Evidentemente, nei suoi confronti, sono cadute le esigenze cautelari, visto che non solo avrebbe ammesso le sue responsabilità, ma avrebbe anche completato con alcune rivelazioni il quadro accusatorio in mano agli inquirenti. Esigenze cautelari che, invece, non sono scemate per gli altri, tanto che i difensori di Baita e William Colombelli hanno presentato ricorso al Tribunale del riesame, che ha fissato l’udienza per il 15 marzo. Intanto, dall’estero dove si trova, l’imprenditore padovano Mirco Voltazza, ricercato perché sul suo capo pende un ordine di carcerazione, ha inviato un comunicato dal titolo «Sono pronto a rientrare in Italia». Il geometra di Polverara deve scontare un anno e mezzo di reclusione dopo una condanna per peculato, ricettazione e calunnia. Non è indagato nell’inchiesta sulla Mantovani, così come non lo è il suo socio Luigi Dal Borgo, anche se quest’ultimo è stato un assiduo frequentatore di Baita. I due hanno una serie di società con sede in via Fratelli Bandiera, dove ha la sua società anche una vecchia conoscenza della cronaca giudiziaria, l’ex segretario dell’allora ministro Carlo Bernini, Franco Ferlin, arrestato e poi condannato per corruzione. Società sulle quali la Guardia di finanza sta compiendo controlli accurati per accertare se anche in questo caso siano state emessi fatture per operazioni inesistenti a favore della «Mantovani». Voltazza scrive ai giornali: «Dopo le falsità dichiarate sul mio conto con riferimento al caso Mantovani, una cosa è certa: ho una condanna da scontare passata in giudicato. Alla quale il sottoscritto non ha mai avuto nessuna intenzione di sottrarsi. Ma mi è stato consigliato vivamente di andare fuori, onde evitare altre problematiche». Naturalmente non dice chi gli avrebbe dato il consiglio. Dopo una serie di elucubrazioni sull’indagine e su «finti collaboratori o pentiti dell’ultimo momento, Voltazza conclude sostenendo che vuole rientrare in Italia: «Ho intenzione di disattendere quei consigli», scrive, «e questo anche a costo della mia personale incolumità per fare piena luce su questa vicenda».

Giorgio Cecchetti

 

Minutillo vuota il sacco il giudice le dà i domiciliari

Arresti domiciliari per Claudia Minutillo, coinvolta nell’inchiesta delle false fatturazioni del gruppo Mantovani. La presidente di Adria Infrastrutture avrebbe ricostruito il meccanismo di truffa. Si fa vivo il ragionier Voltazza “latitante” e si dice pronto a tornare e spiegare tutto.

Secretati i verbali e qualcuno adesso trema

Parere favorevole del pm Ancilotto e il gip ha firmato la scarcerazione

RICORSO AL RIESAME – Nuove deposizioni sono state allegate dai pubblici ministeri

L’ex segretaria di Galan ha ricostruito il sistema delle false fatturazioni della Mantovani e dato indicazioni sulla destinazione dei milioni di euro “in nero” rientrati da San Marino

Minutillo vuota il sacco e ottiene i “domiciliari”

ATTESI SVILUPPI – Dopo una settimana prime rilevanti crepenel muro di silenzio

Arresti domiciliari per Claudia Minutillo. La presidente di Adria Infrastrutture è uscita dal carcere femminile della Giudecca ieri pomeriggio, dopo che il Gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, ha accolto l’istanza presentata dal suo difensore, l’avvocato Carlo Augenti. Il sostituto procuratore Stefano Ancilotto ha dato parere favorevole alla concessione della misura cautelare meno afflittiva spiegando che l’ex segretaria dell’allora presidente della Regione, Giancarlo Galan, ha chiarito la sua posizione. Ma, evidentemente, c’è molto di più: nel lungo interrogatorio di lunedì l’indagata deve aver davvero “vuotato il sacco”, come si usa dire, non limitandosi soltanto a fornire conferme in merito alle false fatturazioni emesse della Bmc Broker di San Marino a favore della sua società e della Mantovani spa di Piergiorgio Baita, per le quali gli inquirenti ritengono, peraltro, di avere già suffienti elementi di prova documentali. Il verbale con le sue dichiarazioni è stato secretato e, quindi, è immaginabile che contenga particolari nuovi e forieri di ulteriori sviluppi dell’inchiesta; forse proprio nella direzione auspicata dagli investigatori, che stanno cercando di scoprire a cosa siano servite e a chi siano finite le provviste in “nero” realizzate grazie alle numerose fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti.
Le dichiarazioni della Minutillo sono state trasmesse al Tribunale del Riesame di Venezia che, venerdì prossimo, nell’udienza presieduta da Angelo Risi, dovrà effettuare un primo vaglio in merito alla fondatezza delle accusa formulate dal sostituto procuratore Stefano Ancilotto. I difensori di Baita, gli avvocati Piero Longo e Paola Rubini, hanno anche sollevato un’eccezione di incompetenza dei giudici veneziani, sostenendo che l’indagine spetta alla magistratura di Padova dove si trovano gli uffici amministrativi della Mantovani (che a Venezia ha invece la sede legale). Davanti al Riesame la Procura avrebbe depositato anche i verbali di un paio di altri testimoni che, secondo indiscrezioni, hanno rilasciato dichiarazioni ritenute importanti per riscontrare gli elementi probatori già contestati nell’ordinanza di custodia cautelare.
Altre novità nell’inchiesta potrebbero arrivare dalla copiosa documentazione sequestrata contestualmente ai quattro arresti della scorsa settimana. La Guardia di Finanza ha già messo mano su una serie di documenti, alcuni dei quali rinvenuti in abitazioni private, che proverebbero l’esistenza di altre “cartiere”, ovvero di altre società del tipo della Bmc Broker, il cui principale compito sarebbe stato quello di produrre fatture fittizie.
Il meccanismo contestato alla Bmc Broker di William Alfonso Colombelli è piuttosto semplice e ha funzionato a lungo, probabilmente perché tutti confidavano sul fatto che la Repubblica di San Marino è uno dei “paradisi fiscali” inespugnabili. Invece le rogatorie del pm Ancilotto hanno consentito alle Fiamme Gialle a ottenere le informazioni che cercavano e di scoprire che, sulla base di una serie di contratti per la realizzazione di studi e progetti (che in realtà non sarebbero mai stati prodotti), Mantovani e Adria Infrastrutture hanno versato nel corso degli anni svariati milioni di euro alla società sanmarinese. Colombelli avrebbe trattenuto una percentuale del 15-20 per cento, per poi prelevare il rimanente in contanti e restituirlo a Baita e Minutillo. Nel corso degli anni in questo modo sarebbero state create riserve in “nero” per somme consistenti che potrebbero essere state utilizzate in svariati modi.

Gianluca Amadori

 

IL RETROSCENA   «Mi fu consigliato di andarmene via»

Si cercano altre “cartiere” di documenti taroccati

VENEZIA – Arriva in redazione una mail con le generalità del ragioniere padovano “latitante”

Voltazza: «Pronto a rientrare»

«Sono pronto a rientrare in Italia». Con un messaggio spedito via e-mail ieri, attorno a mezzogiorno, firmato Mirco Voltazza, il ragioniere padovano consulente della mantovani per l’Expo 2015 avrebbe annunciato l’intenzione di tornare «per fare piena luce su questa vicenda». Il condizionale è d’obbligo in quando non è stato possibile contattare Voltazza per avere conferma dell’autenticità del messaggio, inviato da un indirizzo di posta elettronica nel quale figurano il suo nome e cognome.
In questa e-mail, inviata alle redazioni dei principali mezzi d’informazione, il ragioniere conferma di avere una condanna passata in giudicato da scontare e spiega che gli «è stato consigliato vivamente di andare fuori onde evitare altre problematiche». Nel messaggio a firma Voltazza non si precisa chi gli avrebbe consigliato di andarsene, né quali sarebbero le altre problematiche da evitare. In compenso il ragioniere aggiunge che ha deciso «di disattendere i “consigli” e questo anche a costo della mia personale incolumità (spero che non si arrabbieranno in molti) per fare luce su questa vicenda».
Nella mail si parla di «falsità» riferite sul suo conto in relazione al caso Mantovani: «Penso all’ing. Baita e al rag. Buson che sono in carcere e stanno pagando colpe che bisognerà dimostrare, e invece “finti collaboratori o pentiti” dell’ultimo momento che magari sono i reali artefici di certe operazioni poco chiare e poi per salvarsi incolpano gli altri? Non è che dietro ci possono essere altri interessi?» scrive il ragioniere chiedendosi quali saranno gli scenari futuri per la Mantovani e per i suoi concorrenti.

REGIONE VENETO – Luca Zaia il primo firmatario

Commissione d’inchiesta, depositata la proposta

VENEZIA – Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, è il primo firmatario della proposta depositata ieri in Consiglio regionale dal Pd per istituire una commissione speciale d’inchiesta sulle vicende di presunta frode fiscale e fondi neri che sta coinvolgendo la maggiore impresa veneta di costruzioni e ha messo sotto la lente della magistratura la realizzazione delle più importanti opere pubbliche regionali. La proposta, avanzata dal Pd due giorni, è sottoscritta dai capigruppo Lucio Tiozzo (Pd), Stefano Valdegamberi (Udc), Antonino Pipitone (IdV), Diego Bottacin (gruppo misto) e Pietrangelo Pettenò (Sinistra veneta). Per il Pdl la proposta è firmata da Carlo Alberto Tesserin. La commissione avrà una durata di sei mesi (prorogabili a 12), sarà composta da 9 consiglieri nominati dall’Ufficio di Presidenza (5 di maggioranza e 4 di opposizione) e sarà presieduta da un esponente dell’opposizione. Il compito? «Verificare procedure, costi e tempi di affidamento, aggiudicazione e realizzazione dei lavori pubblici di competenza regionale, con particolare riguardo a quelli eseguiti con il project financing». E verificare, dal 2005, i rapporti «tra società partecipate dalla Regione e soggetti aventi sede all’estero».

 

VALDOBBIADENE – La trappola al ristorante Riva de Milan

Finanziere vestito da cameriere al pranzo “con le ossa del maiale”

L’invito dell’imprenditore Dal Borgo aveva indotto le Fiamme Gialle a piazzare telecamere e cimici per ascoltare i discorsi dei commensali

Hanno passato un intero pomeriggio a installare telecamere. A trasformare l’agriturismo ai piedi delle colline del Prosecco in una sorta di Grande Fratello. Un piano e un’organizzazione da far invidia a Csi, con tanto, parrebbe, di finanziere vestito da cameriere a servire ai tavoli. L’obiettivo delle Fiamme Gialle? Filmare il pranzo “attorno alle ossa del maiale”. L’appuntamento, su invito del bellunese Luigi Dal Borgo, coinvolto nell’inchiesta sul gruppo Mantovani, era nella vecchia casa colonica Riva de Milan, azienda vinicola, con ristorante e locanda, gestita dai fratelli Bernardi.
Tutta la struttura domina una collina alle porte di Valdobbiadene: due chilometri prima del centro, sulla sinistra, si imbocca un viale tra i filari di vite, annunciati d’estate dalla fioritura dei roseti. Si abbandona la strada principale e ci si ritrova in un’altra dimensione. Quella appunto della famiglia Bernardi. Da decenni, dopo aver riscattato l’azienda da un’antica mezzadria, sono un punto fisso attorno al quale ruotano le realtà più diverse. Tra le valli e i clinali del Prosecco di Valdobbiadene Riva de Milan è un’istituzione. Punto di ritrovo di politici, amministratori ma anche di cultori del buon bere. Ci arriva gente da ogni parte della regione. E di ogni livello. Loro, i fratelli Bernardi, conoscono tutti e tutto. Eppure del famoso convivio dicono di non saper nulla. «Quale pranzo? Io non so nulla». Così liquida la faccenda uno dei fratelli, intenzionato a non rispondere a qualsivoglia domanda. Ma qualcosa dovrebbe ricordare visto che quel giorno il ristorante e’ stato aperto solo per l’allegra compagnia di Dal Borgo, un habitue’ del luogo alla pari dei suoi soci e amici Franco Ferlin e Mirco Voltazza. L’agriturismo infatti fa servizio solo da marzo a settembre. Pure ieri era chiuso. Praticamente non c’era nessuno: piazzale vuoto, luci spente, nessuno intorno. Nei mesi invernali il ristorante apre le porte solo per occasioni speciali o iniziative particolari. Come quella dello scorso 2 febbraio: il famoso pranzo tutto dedicato al maiale. E alle Fiamme Gialle. «Finanza? Non so nulla», sorride Bernardi mentre torna a ribadire ciò che ripeterà per una decina di volte: «Non so nulla».
Sulla sfondo bucolico di Riva de Milan resta così il mistero di chi abbia informato quel giorno il ragioniere Mirco Voltazza degli “sgraditi”( per lui) ospiti. Arrivato nel piazzale dell’agriturismo, il consulente di Baita oggi rifugiatosi all’estero, ha fatto infatti retromarcia e se n’è andato. Sembra pero’ che a salvarlo non sia stato il suo intuito, quanto un provvidenziale messaggino che lo avvisava della trappola che era stata tesa dalla Gdf. Per lui niente prelibatezze suine e prosecchino, ma un bel viaggetto in Croazia. È qui che i finanzieri hanno perso le sue tracce. Di tutti gli altri commensali (amici di Dal Borgo ma anche amministratori pubblici) le tracce, invece, sono note e pure filmate. Che dire, è proprio vero che del maiale non si butta via niente.
La replica di Bond: «Io a quel pranzo non sono andato»

Dario Bond, capogruppo del Partito delle Libertà nel Consiglio regionale del Veneto ha diffuso ieri una nota in merito alla notizia (apparsa ieri su “Il Gazzettino”) del pranzo filmato dalla Finanza a Valdobbiadene, lo scorso 2 febbraio. Nelle perquisizioni la Finanza avrebbe acquisito documenti da cui risulta l’invio degli inviti al pranzo da parte dell’imprenditore Luigi Dal Borgo, i cui uffici a Marghera sono stati perquisiti.
«Non so quale sia la fonte e non so da dove provenga. Io non ho partecipato a nessun pranzo chiamato “Intorno alle ossa del maiale” all’agriturismo “Riva de Milan”. Il mio amico Michele Noal mi aveva accennato a questo appuntamento enogastronomico, ma non ero presente anche perchè solitamente al sabato faccio attività politica sul territorio». Dario Bond, poi, ricorda: «Quel giorno, per esempio, ero stato in ospedale a Feltre per la festa di San Biagio. Per questo non voglio che il mio nome venga utilizzato in maniera maldestra e strumentale».

LA PROCURA – Si vuole far luce su alcuni documenti

L’INDAGINE – Tra gli accertamenti spunta anche la “Pannorica srl”

GUARDIA DI FINANZA – Si cercano gli intrecci con Franco Ferlin

Mantovani, a S. Marco lo snodo dell’impero delle società “cartiera”

C’è anche una società del centro storico tra quelle finite, indirettamente, nel mirino dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte false fatture della Mantovani spa e delle “cartiere” che sarebbero state utilizzate per realizzarle. Si tratta della società Pannorica srl con sede a San Marco 2065 a pochi passi da San Moisè.
L’indagine in questione è condotta dal pubblico ministero Stefano Ancilotto, titolare dell’inchiesta.
Da quanto è stato accertato dagli inquirenti questa società è spuntata fuori dopo gli accertamenti su Franco Ferlin, a suo tempo segretario dell’ex Ministero ed ex presidente del Veneto, Carlo Bernini. Secondo la Guardia di finanza Franco Ferlin risulta amministratore della Ipros-Agri Bio Energy con sede in via Einaudi 74 a Mestre e con sede operativa in via Fratelli Bandiera 45. Dalle verifiche delle Fiamme Gialle di Padova e Venezia emerge che la maggior parte delle quote di Ipros appartiene a Finard srl e l’oggetto di questa entità è l’attività amministrativa societaria logistica nei confronti delle società partecipate (i soci sono Franco Ferlin e Luigi Dal Borgo).
La maggior parte delle quote appartengono alla Pannorica srl specializzata in amministrazione di beni per conto terzi che ha sede, appunto, a San Moisè. Il presidente del consiglio di amministrazione risulta Renato Murer, commercialista molto conosciuto e stimato a San Donà di Piave sia per la sua attività professionale (ha realizzato diverse pubblicazioni in tema di diritto civile e collabora con Ca’ Foscari) sia per essere stato anche presidente di Atvo. E la Pannorica, tra le varie attività di consulenza, figurava anche nel pacchetto azionario del Vicenza calcio. Ora la Guardia di finanza sta cercando di fare piena luce su questi collegamenti per accertare se, nell’intreccio societario e soprattutto nell’attività di queste imprese, siano state commesse eventuali irregolarità.
Al momento, quindi, si tratta solo di accertamenti sulle documentazioni.

 

Armando Mannino, ingegnere ex consulente del Magistrato alle acque

Ha lanciato pesanti accuse sulla gestione dei lavori del Mose

Il Consorzio: «Mammino dimostri se e come le imprese gonfiavano i costi»

«La congerie di supposizioni, accuse e denunce emerse a ben più di tre anni dai fatti contestati, e forse strumentalmente uscite dal cappello solo in questi giorni, fa di tutt’erba un fascio».
È piccata la replica del Consorzio Venezia Nuova all’indomani delle dichiarazioni rilasciate dall’ingegner Armando Mammino, uno dei consulenti del Magistrato alle Acque che ha raccontato di aver ricevuto la lettera di revoca dell’incarico dopo aver sollevato critiche ad alcuni progetti del Consorzio Venezia Nuova in sede di approvazione, nonostante la disponibilità a trovare dei correttivi di cui il Consorzio non avrebbe approfittato.
«Si mette insieme – ribatte il Consorzio – il supposto rigonfiamento dei costi dell’opera da parte delle imprese, l’invio a Bologna dell’ingegner Piva da parte del Ministero delle Infrastrutture; il mancato reincarico dell’ingegner Armando Mammino da parte del Magistrato alle Acque di Venezia, interpretato come rappresaglia per aver espresso suggerimenti non accolti su progetti del Consorzio Venezia Nuova per altro poi approvati dall’intero Comitato tecnico di Magistratura e le dimissioni dallo stesso consesso del professor Fellin, che comunque afferma che la normativa dava ragione al Consorzio».
«A queste contestazioni di livello e contenuto diversi, risponderà l’Amministrazione nei luoghi deputati e con le modalità e i tempi che riterrà più opportuni – prosegue il Consorzio Venezia nuova – Quanto alla perentoria affermazione che “il Mose con gli Olandesi sarebbe costato un terzo” seguita dalla considerazione che “come in altre opere pubbliche, tutti calcavano la mano”, il Consorzio Venezia Nuova, che è sottoposto in quanto concessionario all’alta sorveglianza sia tecnica che amministrativa del Magistrato alle Acque di Venezia, si riserva autonomamente di difendersi, naturalmente quando il professor Mammino, oltre che contrapporre genericamente gli Olandesi agli Italiani per il costo delle opere, indicherà dove e quando e per che importo si sia verificato questo fenomeno in rapporto alla costruzione del Mose».

 

I PROGETTI DEL LIDO

«La decisione della Giunta di attendere la sentenza del giudice è stata anticipata ben quattro volte dalla decisione del Fondo in tal senso, poi sospesa su richiesta dell´amministrazione comunale. È stato sempre il Comune che, anche l´ultima volta, ha formulato una proposta, a cui il Fondo aveva aderito e ha disatteso ancora una volta». Est Capital, in qualità di gestore del fondo Real Venice 2, replica alle dichiarazioni alle dichiarazioni del consigliere comunale Maurizio Baratello sulla transazione sfumata in merito alla compravendita dell’ex ospedale al mare. Tra Ca’ Farsetti e privati, in attesa della sentenza del giudice Manuela Bano, è ormai muro contro muro. «Se fosse vero che la decisione di non sottoscrivere l´accordo – dice Est Capital – fosse stata presa la sera prima della giunta, ciò renderebbe ancor più fondata la richiesta di danni nei confronti del Comune che ha continuato attraverso i suoi funzionari a dichiarare sostanzialmente valido l´accordo fino alla mattina della delibera di giunta». Arriva anche un chiarimento dei rapporti tra il fondo e la Mantovani. «La società Mantovani – prosegue Est Capital – è proprietaria di circa il 19% di RealVenice 2 ed è solo uno dei sei quotisti, quindi anche se i meccanismi decisionali dei fondi fossero analoghi a quelli di una società per azioni, la Mantovani non avrebbe neanche la maggioranza relativa. Non vi è pertanto alcuna connessione tra l´operatività del Fondo e quella della Mantovani”. Anche il sindaco Giorgio Orsoni è tornato sulla vicenda.

«Non abbiamo rinunciato a nulla – ha ribadito Orsoni – abbiamo detto no a una transazione di cui, se ci andava bene, avremmo comunque visto i risultati forse fra 5 anni. Sulla scelta della Giunta ha pesato l’impossibilità di dare comunque una soluzione a breve termine».

Il sindaco esclude un legame con il caso Baita.

«Posso capire – ha ripreso – che dall’esterno la vicenda possa avere avuto un suo peso psicologico. In realtà, la scelta è il frutto di valutazioni interne serene. Solo interne».

Lorenzo Mayer

 

EX OSPEDALE Maurizio Baratello (Pd) annuncia: «Sarà convocato presto»

Est Capital, Consiglio al Lido

Il retroscena: «Accordo con il Comune saltato in seguito agli arresti»

«Entro un mese verrà convocato un consiglio comunale al Lido per fare il punto a 360 gradi sulle problematiche dell’isola. L’accordo sulla compravendita dell’ex ospedale al mare è stato stoppato dalle vicende, ben note, di questi giorni sulla Mantovani. Un’intesa avrebbe potuto dare adito a sospetti».

A parlare è il consigliere comunale del Pd, Maurizio Baratello, che offre una visione inedita della riunione tra sindaco e maggioranza di lunedì scorso. Baratello plaude alla decisione della giunta di attendere la sentenza del giudice.

«Un’intesa si era anche trovata – riprende Baratello – era giusta la volontà di cercare una transazione, ma poi, gli ultimi fatti, e sappiamo tutti di cosa stiamo parlando, ci hanno imposto un cambio di rotta. Non si poteva scendere a patti in una situazione del genere, così ci siamo svincolati. Siamo ad un punto di svolta, e il momento del Lido va analizzato complessivamente. Sono del parere che la gente debba essere ascoltata».

Per Baratello, il coordinamento ha proposte interessanti da valutare.

«Oggi il Lido è una zona depressa della città – aggiunge – con diverse aziende in crisi economica. Va rilanciata e anche per questo il Consiglio comunale deve far sentire la sua presenza».

Parole che mettono una luce nuova sulla riunione di maggioranza.

«La decisione di non firmare con Est Capital – conclude Baratello – è stata presa, in piena condivisione tra sindaco e maggioranza, la sera prima della giunta». Intanto non si è ancora spenta la eco della decisione in municipalità. Il capogruppo della Lega Nord in municipalità, Nicola Gervasutti, ha preso le distanze dalle osservazioni di Andrea Bodi, vicepresidente del Pdl. «Parole lontane dal nostro pensiero»

– ha aggiunto il presidente Giorgio Vianello. Gianluca Sabbadini del Pdl, invece, ci è associato a Bodi.

«Una vittoria di Pirro – ha detto – e dei comitati del no».

 

 

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