Gazzettino – Bufera sulla Mantovani
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8
mar
2013
Tante aziende ma un unico indirizzo: via Fratelli Bandiera
I “GESTORI” – L’imprenditore bellunese, il ragioniere padovano e l’ex esponente dc
Secondo gli inquirenti a Venezia c’era un polo per la produzione di fatture false legato alla Mantovani. A gestirlo un terzetto, in cui spicca l’ex segretario di Carlo Bernini
Dal Borgo e i legami con il consulente di Baita con manager e politici
IL PM – Stefano Ancilotto è titolare dell’inchiesta che sta facendo tremare il Nord Est degli appalti e degli affari
Le “cartiere” di Marghera e il ritorno di Franco Ferlin
L’INCHIESTA – Le società perquisite ufficialmente si occupano di consulenze ambientali
Marghera, via Fratelli Bandiera 45/a. Qui, secondo gli inquirenti, avrebbero sede alcune “cartiere” che opererebbero da tempo a stretto contatto con il Gruppo Mantovani. Sulla carta si tratterebbe di società di consulenze tecnico ambientali. In realtà la loro specializzazione sarebbe un’altra: la produzione di fatture false. A guidare questo presunto polo del “nero” su scala industriale sarebbero tre personaggi. Al primo posto, nella lista degli investigatori, c’è il ragioniere Mirco Voltazza, padovano, ex impiegato di banca e promotore finanziario, con precedenti per ricettazione, peculato e calunnia, fuggito all’estero da più di un mese. Voltazza che gli investigatori sospettano essere il coordinatore delle “cartiere”, ha un contratto con il Gruppo Mantovani per la costruzione e la successiva demolizione della piattaforma su cui sorgerà l’Expo 2015. Voltazza ha un ufficio in via Fratelli Bandiera 45/a. Accanto al suo c’è quello di un altro dei presunto protagonisti di questa vicenda: Luigi Dal Borgo, imprenditore bellunese e, secondo gli inquirenti, socio dello stesso Voltazza. Dal Borgo anzi è sospettato di “nascondere” il ragioniere padovano quando dall’estero rientra furtivamente nel Veneto. Ma a completare il terzetto c’è un personaggio il cui nome finora non era mai emerso. Ed è un nome noto, non solo agli inquirenti ma anche alle cronache politiche della Prima Repubblica: si tratta di Franco Ferlin, padovano, personaggio della Tangentopoli veneta 1992, all’epoca segretario del potente senatore democristiano e ministro dei Trasporti, Carlo Bernini. Anche Ferlin ha uffici in via Fratelli Bandiera 45/A a Marghera ed è socio di Dal Borgo.
I tre sarebbero a capo di una rete di società, tutte con sede nel Veneziano, sospettate appunto di fungere da “cartiere” di fatture false. Franco Ferlin è amministratore unico della Ipros – Agri Bio Energy srl, con sede legale in via Einaudi 74 a Mestre e sede operativa in via Fratelli Bandiera 45/a a Marghera. La società ha per oggetto l’esercizio in via diretta o attraverso società e enti di partecipazione di attività nel campo della ricerca.
La maggior parte delle quote della Ipros appartiene alla Finard srl, che ha pure sede in via Einaudi 74 a Mestre. L’oggetto di questa società è l’attività amministrativa, societaria, logistica, di consulenza e di direzione strategica e finanziaria nei confronti delle società partecipate. Soci della Finard srl sono Franco Ferlin e Luigi Dal Borgo. Ma la maggior parte delle quote appartengono alla Pannorica srl, che ha sede a Venezia, San Marco 2065. La Pannorica srl ha come oggetto l’amministrazione di beni per conto di terzi.
Tutte queste presunte “cartiere” veneziane sono state perquisite nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza che sta indagando sulle società che fanno capo al terzetto Dal Borgo-Ferlin-Voltazza e sui loro soci.
Lino Lava
L’INVITO – Manager pubblici «Intorno alle ossa del maiale»
IL CASO – IL 2 febbraio il ragioniere doveva essere al Riva de Milan a Valdobbiadene. Ma all’ultimo cambiò programma.
E Voltazza sfuggì alla Gdf che filmava il pranzo
A tavola anche Pieralessandro Mazzoni, Mariano Carraro e Bond
PADOVA – L’appuntamento era invitante: “Intorno alle ossa del maiale”. No, non si trattava di un convegno gastronomico. Ma di un pranzo tutto dedicato al suino: sabato 02 febbraio 2013, ore 13.00, all’agriturismo “Riva de Milan” di Valdobbiadene, provincia di Treviso. Presenti intorno al desco alcune decine di persone tra cui alcuni manager pubblici come Mariano Carraro, Fabrio Fior, Roberto Morandi o l’ammnistratore delegato di Veneto Acque Pieralessandro Mazzoni. Ma anche politici come il capogruppo Pdl in regione Veneto Dario Bond. Tutti invitati dal bellunese Luigi Dal Borgo, imprenditore ambientalista con attività a Marghera, coinvolto nell’inchiesta Mantovani e su cui si appuntano sospetti per la fabbricazione di fatture false. Con lui avrebbero dovuto esserci anche due altri personaggi noti alle cronache giudiziarie e molto legati a Dal Borgo: il suo socio ed ex segretario di Bernini, Franco Ferlin,(il recapito telefonico sull’invito per il pranzo era quello della sua società di Marghera, la Ipros-Agro Bio Energy, recentemente perquisita dalla Gdf) e l’amico Mirco Voltazza, il pluripregiudicato consulente di Baita, scomparso all’estero e anch’egli coinvolto nell’inchiesta sul gruppo Mantovani. Ma l’uno e l’altro quel 2 febbraio non si sono presentati ai tavoli del Riva de Milan a gustare prelibatezze suine. Entrambi hanno preferito girare alla larga. Voltazza in realtà all’agriturismo di Valdobbiadene ci sarebbe pure arrivato, ma poi all’ultimo momento avrebbe fatto retromarcia: sarebbe risalito rapidamente sul suo potente Suv e se ne sarebbe andato. Pare in direzione della Croazia, raggiunta dopo una sosta in provincia di Udine. Come si spiega questo improvviso cambio di programma del ragioniere padovano chiamato da Baita ad occuparsi dell’Expo 2015? Voltazza potrebbe essere stato avvertito o quantomeno sicuramente aver intuito che all’agriturismo quel giorno c’era qualcosa di anomalo. E in effetti c’era. Il pranzo prevedeva infatti una presenza, assai discreta e ovviamente ignota ai più, quantomeno inconsueta: quella delle telecamere degli uomini delle Fiamme Gialle che infatti hanno lungamente filmato quel pranzo invernale a base di maiale sui colli di Valdobbiadene. E gli uomini delle Fiamme Gialle erano lì anche in attesa del ragioniere Voltazza, il quale, secondo gli investigatori, avrebbe molto da raccontare sull’inchiesta che coinvolge il gruppo Mantovani.
L.L.
IL PERSONAGGIO – L’ “ombra” del senatore e i guai con Tangentopoli
Franco Ferlin era il segretario di Carlo Bernini, all’epoca ministro democristiano, poi precipitato nelle inchieste di Tangentopoli. Ferlin era l’ombra del potente doroteo trevigiano scomparso due anni fa. Il portaborse finì in carcere, fu condannato e la condanna alla pena detentiva finì in giudicato. Il 26 aprile 2000 si presentò al carcere Due Palazzi di Padova dicendo: «Mi chiamo Franco Ferlin. Devo scontare un residuo di pena. Ci deve essere un ordine di carcerazione a mio carico. Mi sto costituendo». E ha scontato fino in fondo il suo conto con la giustizia. Una volta uscito passò un periodo in affido ai servizi sociali.
I guai per lui erano venuti dall’inchiesta veneziana avviata dei pubblici ministeri Ivano Nelson Salvarani e Carlo Nordio (per corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti) riguardanti la spartizione di appalti da parte delle aziende che pagavano la Dc di Carlo Bernini e il Psi di Gianni De Michelis. Ferlin venne condannato a quattro anni e mezzo dal Tribunale di Venezia, in appello aveva patteggiato una pena di un anno, quattro mesi e venti giorni di reclusione con la sospensione condizionale.
VENEZIA – La denuncia dell’ing. Mammino
«Il Mose? Con gli olandesi sarebbe costato un terzo»
Il consulente (poi rimosso) del Magistrato alle Acque: «Come in altre opere pubbliche, tutti calcavano la mano»
In tre se ne sono andati dal Comitato tecnico del Magistrato alle Acque di Venezia per colpa del Mose. O sono stati costretti a farlo. La prima a mettere frequentemente i bastoni tra le ruote in alcuni progetti era stato il Magistrato alle Acque di Venezia Maria Giovanna Piva, “rimossa” in anticipo rispetto alla scadenza del suo contratto. Aveva chiesto approfondimenti sulle cerniere delle paratoie mobili che dovevano essere montate: il progetto prevedeva fossero realizzate con la tecnica della fusione, mentre si optò per la tecnica della saldatura dei componenti, realizzata da Fip Mantovani, come più avanzata tecnologicamente, nonostante una perizia contraria. Piva fu trasferita a Bologna, facendole intendere che se non se ne fosse andata avrebbe rischiato una destinazione molto più lontana. «Se nella fusione il rapporto percentuale era 80 di costi e 20 di utili, la proporzione nel caso della saldatura era l’opposto, con 80 di utili a fronte di 20 di spesa». Parola dell’ingegner Armando Mammino, dal 2002 al 2009 consulente del Magistrato alle Acque incaricato di controllare e migliorare i progetti presentati al Comitato tecnico di Magistratura.
«Controllavo quelli della Mantovani con lo stesso zelo che impiegavo negli altri, ma mi consideravano un rompiscatole – prosegue Mammino – Anche perchè era prassi consolidata, nel Mose come nelle altre opere pubbliche, calcare la mano alla grande nelle fatture sui quantitativi dei materiali e sulle altre spese. Non ho scrupoli a dire che se il Mose fosse stato subappaltato agli olandesi si sarebbe concluso in un terzo del tempo e sarebbe costato un terzo dei soldi».
Mammino si mise di traverso ai progetti del Consorzio Venezia Nuova. In proposito, spiega ancora l’ex consulente: «Spesso capitava di chiedere dei correttivi. Nel 2009 c’erano in discussione alcuni progetti del Consorzio. Avevo chiesto di parlare con i tecnici per rivedere alcune cose, avevo dato ben quattro date per incontrarci senza risposta. Furono presentati per l’approvazione in Comitato tecnico di Magistratura quegli stessi progetti che avevo contestato senza alcuna modifica. Mi opposi, suscitando una pittoresca reazione dell’ingegner Patrizio Cuccioletta, il Magistrato alle Acque che aveva sostituito Piva. Mi fu comunicato per lettera che il mio ruolo di consulente era concluso».
Mammino, esperienza quarantennale nel campo delle costruzioni, fu sostituito con il prof. Renato Vitaliani dell’Università di Padova, che ha fornito la propria esperienza anche alla ditta Cignoni, incaricata della progettazione esecutiva del ponte di Calatrava a Venezia. Qualche mese più tardi un altro professore prese le distanze dal Comitato tecnico di Magistratura delle Acque: Lorenzo Fellin, già ordinario di sistemi elettrici e direttore del dipartimento di ingegneria elettrica dell’Università di Padova si dimise per non avvallare scelte che non condivideva: «Anche se la normativa dava ragione al Consorzio Venezia Nuova – dichiara – ragioni di opportunità suggerivano un bando di gara internazionale sulla tecnica da utilizzare per le cerniere del Mose».
Nel frattempo Mantovani afferma in un comunicato di essere “estranea agli illeciti contestati ai propri esponenti” e la propria intenzione a portare a termine regolarmente i lavori anche senza l’apporto delle persone indagate.
L’IMPRESA «Siamo estranei ad ogni contestazione e porteremo a termine tutti i lavori»
L’impresa Mantovani proseguirà l’attività anche senza l’apporto delle persone attualmente indagate nell’indagine della Procura veneziana. Lo ribadisce la società, tranquillizzando i lavoratori diretti e dell’indotto che da giorni vivono in ambasce nel timore che si blocchino tutti i cantieri in cui la Mantovani è impegnata.
«La società – si legge in una nota aziendale – desidera assicurare che sono in corso di adozione i provvedimenti più opportuni per assicurare alla società una governance autorevole, estranea ai fatti sui quali la magistratura sta indagando, ma anche in grado di garantire continuità nell’operatività e negli indirizzi tecnici e gestionali».
Dopo aver ribadito che gli interessati dai provvedimenti cautelari hanno rassegnato le dimissioni dalle cariche ricoperte, la Mantovani Spa “desidera in ogni caso ribadire l’estraneità della società rispetto ad ogni illecito contestato a propri esponenti, riservandosi ogni valutazione a tutela degli interessi della società”.
Infine, un ringraziamento alle proprie maestranze, che mai come in questi giorni sono state preoccupate per il futuro.
«La società è fortemente impegnata, in ciò sostenuta dai propri azionisti – conclude il comunicato aziendale – a portare avanti gli importanti progetti e lavori ad essa affidati e desidera ringraziare le proprie maestranze per l’unitarietà e la dedizione dell’azienda in più occasioni manifestate in questi giorni».
BUFERA SULLA MANTOVANI
INCHIESTA MANTOVANI – L’ex consulente: «Mose, tutte le aziende gonfiavano le spese»
LA CONSULENZA «Il Consorzio trascurò le mie osservazioni. E fui allontanato»
L’ATTO DI ACCUSA – Armando Mammino, ex tecnico del Magistrato alle acque «Se l’avessero fatto in Olanda sarebbe costato un terzo»
«Mose, tutti gonfiavano le spese»
«In tutte le opere pubbliche le aziende fornitrici calcano la mano sui materiali e sulle fatture»
INGEGNERE – Armando Mammino, l’ingegnere che per sette anni fu consulente del Magistrato alle acque sui lavori per il Mose
«Se il Mose l’avessero fatto in Olanda ci avrebbero messo un terzo del tempo e sarebbe costato un terzo di quello che verrà a costare. Del resto quando si ha a che fare con le opere pubbliche tutti hanno il vizio di calcare la mano sulle fatture, come è avvenuto con il Mose, aumentando i volumi dei materiali impiegati e non solo quelli». Non ha peli sulla lingua Armando Mammino, l’ingegnere che dal 2002 al 2009 fu consulente del Magistrato alle Acque con l’incarico di controllare e proporre miglioramenti sulle componenti strutturali di tutti i progetti relativi alle opere interne ed esterne della laguna in costante connessione operativa con il concessionario per l’esecuzione “Consorzio Venezia Nuova”.
Un’attività di consulenza che riguardò notevoli e numerosi lavori di costruzioni marittime, che ha avuto il suo peso nella taratura della sicurezza, della qualità, dell’ottimizzazione di tutti i grandi manufatti ora in fase di ultimazione.
«La Mantovani aveva degli standard di progettazione non malvagi – racconta Mammino – e i rapporti erano apparentemente buoni. Sapevo però che alle spalle mi detestavano perchè nel Comitato tecnico di magistratura facevo la parte del rompiscatole, chiedevo spesso aggiustamenti sui loro progetti, come pure facevo con qualsiasi altra ditta, come mi suggerisce la mia esperienza quarantennale nel campo delle costruzioni».
Alla fine del 2009 arriva la lettera in cui il Magistrato alle Acque solleva Mammino dall’incarico, sostituendolo con un altro esperto, l’ing. Renato Vitaliani dell’Università di Padova, che ha messo le proprie conoscenze anche al servizio anche della ditta Cignoni, incaricata della progettazione esecutiva del ponte della Costituzione.
«Sapevo di essere diventato antipatico anche al Magistrato alle Acque, l’ing. Patrizio Cuccioletta, che aveva preso il posto di Maria Giovanna Piva. Con lei avevo lavorato con ottima sintonia professionale, ma era stata trasferita a Bologna per la vicenda delle cerniere delle paratoie, prodotte mediante saldatura e non per fusione come previsto dal progetto definitivo. Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu la mia obiezione ad alcuni progetti del Consorzio Venezia Nuova sui quali avevo richiesto dei correttivi. Avevo dato quattro date disponibili per parlare con i progettisti ma non fui interpellato. Alla successiva riunione del Comitato tecnico di Magistratura i progetti furono presentati tali e quali, senza alcuna modifica e io mi opposi. Cuccioletta si arrabbiò molto in quella riunione e poco tempo dopo arrivò la lettera in cui mi si rimuoveva dall’incarico».
Dopo alcuni mesi anche Lorenzo Fellin, professore ordinario di Sistemi elettrici e direttore del direttore del Dipartimento di ingegneria elettrica dell’Università di Padova ed esperto del Comitato tecnico di Magistratura se ne andò sbattendo la porta perchè non se la sentiva di avvallare le scelte del Magistrato alle Acque, che “pretendeva l’unanimità”.
Raffaella Vittadello
LE REPLICHE – L’ex Magistrato e il Consorzio: «Noi non c’entriamo»
«Non voglio fare alcuno sgarbo istituzionale all’attuale Magistrato alle acque, io sono in pensione da un anno e mezzo ormai, non ho più alcun ruolo istituzionale. Non ho motivo di commentare l’arresto del presidente della Mantovani Piergiorgio Baita. Bisogna chiedere all’attuale Magistrato».
Così risponde Patrizio Cuccioletta, romano, Magistrato alle Acque di Venezia per alcuni anni in sostituzione di Maria Giovanna Piva, che aveva chiesto ulteriori approfondimenti sulle cerniere del Mose realizzate con la tecnica della saldatura anzichè della fusione dalla Fip Mantovani, contrariamente a quanto previsto dal progetto definitivo.
Ciriaco D’Alessio, magistrato alle acque attuale, ha detto nei giorni scorsi di non aver mai avuto rapporti diretti con la Mantovani, ma solo con il Consorzio Venezia Nuova di cui l’azienda di Baita fa parte. «Il Magistrato alle Acque – ha spiegato D’Alessio – paga le fatture al Consorzio, che a sua volta si avvale anche di ditte in subaffidamento».
E sulla vicenda dell’ing. Armando Mammino, il consulente del Comitato tecnico di Magistratura liquidato “per essersi messo di traverso ad alcuni progetti del Consorzio Venezia Nuova”, il Consorzio fa sapere di non essere l’interlocutore giusto. «Al di là del fatto che sono passati diversi anni e bisognerebbe essere più precisi sul tipo di progetti di cui stiamo parlando, il rapporto dell’ingegnere non era direttamente con noi ma con il Magistrato, dunque se c’erano delle contestazioni da fare era a Palazzo X Savi che andavano fatte».
R.V.
No Mose – Nuova memoria a Bruxelles
L’Assemblea permanente No Mose chiede alla Commissione per le petizioni del Parlamento europeo di non archiviare due denunce presentate tra il 2005 e il 2005 e corredate da oltre 12mila firme. I promotori, Luciano Mazzolin e Tiziana Turatello, lo scorso febbraio avevano presentato opposizione all’archiviazione e chiesto un termine di 30 giorni per la presentazione di ulteriori memorie.
«Riteniamo – si legge nel dossier inviato a Bruxelles – che non si siano esaminate in maniera approfondita le memorie supplementari presentate durante l’audizione del 2007. Nel documento sono citate pagine e pagine di atti pubblici tra i quali spiccano valutazioni della Corte dei conti e del Ministero dell’Ambiente. Del 2008 è una perizia di danni ambientali che la bocca di porto di Malamocco avrebbe patito e che il Comune avrebbe allora quantificato in circa 120 milioni.
MARGHERA – L’imprenditore perquisito opera tra via Fratelli Bandiera e Quarto d’Altino
Dal Borgo, il fedelissimo del presidente Baita
L’ingegner Luigi Dal Borgo è considerato un grande esperto di infrastrutture, persona seria e molto preparata. Ed è anche stato, almeno fino ad un paio di anni fa, amico e collaboratore di Piergiorgio Baita, il loro legame risale ai tempi dell’Università. Poi i rapporti professionali si sono un po’ raffreddati ma solo perché la Mantovani Costruzioni era diventata un’impresa troppo grossa e difficile da seguire per un singolo imprenditore.
Il suo nome è venuto alla ribalta dopo le perquisizioni che la Guardia di Finanza ha effettuate venerdì scorso a Quarto D’Altino dove c’è la Crea Technology srl, di cui l’ingegnere è presidente, e a Marghera nello stabile di via Fratelli Bandiera 45/A a poca distanza dal centro sociale Rivolta. È la palazzina dell’impero dei Furlanis e oggi, oltre alla sede della società francese Citelium che gestisce l’illuminazione pubblica del Comune, ospita varie ditte riconducibili a Dal Borgo, in primis la Nsa Srl, Non Solo Ambiente, nonché le attività di Mirco Voltazza, il consulente tecnico ambientale per l’Expo 2015 scomparso all’estero da più di un mese, pregiudicato per ricettazione, peculato e calunnia che, secondo gli inquirenti, sarebbe amico di Dal Borgo e anche socio.
Nella palazzina di Marghera Luigi Dal Borgo occupa tutto il terzo piano e la parte sinistra del piano terra con varie società dato che, operativamente, ogni volta che apre un settore di intervento, crea una ditta apposita.
Residente a Pieve d’Alpago, Dal Borgo dopo la laurea ha fatto la sua gavetta in grandi cantieri per dighe, autostrade e quant’altro, dopodiché si è messo in proprio.
I rapporti con Baita sono cominciati abbastanza presto ed evidentemente suscitava in lui grande fiducia visto che nei primi anni Novanta, quando Piergiorgio Baita finì inquisito e in carcere, e non poteva sedere nei vari consigli di amministrazione in cui era stato nominato, era proprio Luigi Dal Borgo che lo sostituiva. Fino a qualche anno fa appariva anche nel cda della stessa Mantovani.
Dal Borgo si recò pure in Russia per acquistare le navi utilizzate per portare in laguna i masegni utilizzati per costruire le dighe del Mose. E anche con il Consorzio Venezia Nuova ha rapporti di lavoro, essendo il fornitore dei geotessuti utilizzati per rifare le rive dei canali e consolidare le barene.
Tra le ultime intraprese di Dal Borgo, assieme a Baita, c’è l’”autostrada” che Veneto Acque sta realizzando tra l’alto Portogruarese e Rovigo: la società della Regione, cui partecipa anche Mantovani, sta costruendo un enorme collettore che raccoglie l’acqua alla base delle risorgive e la porta appunto fino nel Rodigino. Quando la grande opera sarà finita tutti gli acquedotti del nostro territorio saranno riforniti da questa conduttura. (e.t.)
L’INCHIESTA – Colombelli e le fatture false. Nel mirino da oltre 2 anni
La Procura seguiva da tempo l’attività del broker.
VENEZIA – Da due anni Procura e Finanza tenevano Colombelli sotto tiro
Da almeno due anni la Procura stava seguendo da molto vicino l’attività di William Colombelli (in particolare le fatture) ma la svolta dell’inchiesta è arrivata solo la settimana scorsa. Stesso discorso per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche nei confronti degli altri arrestati. Contatti costanti, ma a quanto pare incentrati sempre sugli stessi argomenti, dove emerge un Piergiorgio Baita molto preparato sulle problematiche tecniche. E poi altri riscontri sui progetti.
Gli investigatori stanno analizzando la documentazione di circa ottanta faldoni, carte molto delicate che potrebbero dar vita a nuovi scenari per quando concerne la maxi inchiesta sulla società Mantovani. La mole di lavoro è così consistente che in queste ore sono diversi gli investigatori che stanno vagliando i documenti recentemente sequestrati, in particolare le false fatturazioni che sono la base portante del lavoro della Procura. Anche la verifica sulle nuove “cartiere” deve essere realizzata comparando il materiale di alcuni progetti con le documentazioni sequestrate. E spesso emergono singolari analogie.
L’avvocato Fogliata: «Non sapevo nulla dei filmini “a luci rosse” che gli hanno sequestrato»
Anche il pubblico ministero Stefano Ancilotto, titolare dell’inchiesta, sta valutando con il collega Stefano Buccini come proseguire la verifica incrociata dei progetti finiti nel mirino della Guardia di finanza. Al momento pare certo, salvo sorprese, che la svolta dovrebbe arrivare solamente nel corso dell’udienza del Tribunale del riesame fissata per il 15 marzo, ma il fatto che le difese abbiano già annunciato che punteranno parecchio sull’incompetenza territoriale fa ritenere alla Procura di Venezia che su alcuni aspetti dell’inchiesta non si voglia più di tanto entrare nel merito.
Tra i legali degli arrestati va segnalata la presa di posizione di Renzo Fogliata, difensore di William Colombelli, il presidente della Bmc Broker di San Marino al quale sono stati recentemente sequestrati diversi filmini “a luci rosse”. In alcuni di questi filmati Colombelli sarebbe anche il protagonista. «Ignoravo del tutto questo materiale e ho scoperto della sua esistenza solo leggendo il giornale – ha precisato ieri mattina l’avvocato Fogliata – in ogni caso penso che queste cose rappresentino vicende del tutto personali che non hanno nulla a che vedere con l’inchiesta. A tal proposito siamo invece in attesa della discussione davanti al Tribunale del riesame».
Nuova Venezia – Venezia. Off shore sotto esame, scoppia la polemica
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8
mar
2013
In municipio la relazione tecnica degli uffici per la Valutazione ambientale
Nel mirino rumori, traffico dei camion, inquinamento e possibili danni alla pesca
Dubbi e certezze sull’investimento da due miliardi e mezzo
Terminale off shore sotto i riflettori dell’Impatto ambientale. Mentre infuria la polemica sulle grandi opere e gli incarichi alla Mantovani, l’impresa padovana il cui amministratore delegato Piergiorgio Baita è stato arrestato con l’accusa di fatture false, in Comune parte la procedura per l’esame del grande progetto di porto d’altura. Proposta non ancora approvata, ma già finanziata dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica. Che secondo i suoi proponenti – l’Autorità portuale e la Regione e il Magistrato alle Acque – dovrebbe essere realizzata con fondi privati – della Mantovani – e soldi pubblici della Legge Speciale per le dighe di protezione e il terminale petrolifero, previsto dalla Legge del 1973 e mai realizzato. Nel frattempo è cambiato il mondo, e il traffico petrolifero segna il passo. Ma il nuovo terminale, 8 miglia al largo delle coste chioggiotte, dovrebbe ora ospitare secondo i progetti del Porto i grandi portacontainer oceanici. Ecco allora il progetto di «Terminal plurimodale off shore». Sono quattro progetti insieme (il terminal petrolifero e il terminal dei container in mare, la diga di protezione di 4 chilometri, il nuovo parcheggio per i container in area ex Syndial a Marghera. Che adesso dovranno andare all’esame della commissione di Impatto ambientale Via nazionale. Ieri in commissione a Ca’ Loredan sono state presentate le Osservazioni degli uffici tecnici del Comune (assessorato Ambiente). Una relazione tecnico istruttoria coordinata dal dirigente dell’Ambiente Andrea Costantini, distribuita ieri ai consiglieri comunali. Il rapporto prende in esame i vari impatti delle strutture che dovrebbero sorgere in mare, ma anche i riflessi sul traffico automobilistico (camion) e ferroviario per l’allestimento di un nuovo terminal container a terra. Nella struttura da costruire al largo, in mare aperto (dove il fondale è di 22 metri), è prevista una diga di 4 chilometri per proteggere le navi e i moli dal vento e dalle onde. Il terminal dei petroli con le banchine di duemila metri quadrati capaci di ospitare contemporaneamente 3 superpetroliere più un piazzale di 60 metri per 60. Il greggio sarebbe portato a terra con un oleodotto di 27 chilometri, 15 in mare e i restanti 12 in laguna. Poi il terminal commerciale, con i contenitori che sarebbero trasbordati su navi più piccole inviati a Marghera. Numerose le criticità segnalate dai tecnici dell’Ambiente, che chiedono adesso «maggiori approfondimenti progettuali». Prima di tutto gli impatti sulla pesca, settore già in crisi e sulla qualità delle acque. Durante i lavori è previsto di realizzare anche una grande isola artificiale di fronte a Malamocco. Da valutare gli impatti sul traffico stradale e ferroviario (Bivi), i rumori, l’inquinamento luminoso, il possibile danneggiamento di habitat particolari e pregiati come le Tegnue, distanti in linea d’aria meno di un paio di chilometri dal nuovo terminal. Secondo i proponenti gli impatti saranno «trascurabili», anche se uno studio commissionato all’Università di Padova parla di «maggiori criticità» per la nuova mole di trasporti nell’area intorno a Mestre e Marghera. Dibattito ancora all’inizio. «Occorre verificare bene gli impatti sull’ambiente di questa opera», dice il consigliere di «In Comune» beppe Caccia. Nella relazione depositata ieri si propone anche di valutare l’opportunità di utilizzare il futuro terminal per altri usi, a cominciare dalla croceristica.
Alberto Vitucci
GRANDI OPERE» RIFLETTORI PUNTATI SUL TERMINAL PORTUALE
Una grande opera da due miliardi e mezzo di euro. Il terminal off shore è la priorità inserita nel Piano triennale dell’Autorità portuale. Porto d’altura unica soluzione, secondo il presidente del Porto Paolo Costa, capace di contrastare la crisi internazionale e rilanciare alla grande lo scalo veneziano. «In questo modo potremo intercettare traffici altrimenti destinati al Tirreno e ad altri porti», dice Costa. Idea sostenuta anche da Magistrato alle Acque, Regione e Comune. Ma non mancano i dubbi: quali saranno i costi della rottura di carico, cioè del trasbordo dei container in mare aperto su chiatte che li porteranno a Marghera? Quali gli impatti ambientali? Domande a cui adesso dovrà dare risposta lo studio sugli effetti dell’opera su mare e laguna, con la Valutazione di Impatto ambientale. L’iter è appena cominciato.(a.v.)
Nuova Venezia – Chiarotto scarica Baita
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8
mar
2013
Pronta la richiesta di risarcimento danni
Il manager della Mantovani dal carcere di Belluno annuncia le dimissioni da tutti gli incarichi: è nominato in 42 Cda
PADOVA – Un’azione di responsabilità. Tanto annuncia il patron della Mantovani Spa Romeo Chiarotto nei confronti dell’ingegnere Piergiorgio Baita. Il proprietario dell’asso “pigliatutto” degli appalti veneti, tramite la cassaforte di famiglia Serenissima Holding, darà mandato a un legale al fine di studiare il caso per vedere se si ravvisino gli estremi per avviare un’azione di responsabilità. E se così sarà, scatterà la richiesta di risarcimento danni. Romeo Chiarotto, del resto, lo ha ripetuto più volte davanti al sostituto procuratore di Venezia Stefano Ancilotto mercoledì mattina quando lo ha interrogato: la famiglia non ha nulla a che vedere con le fatture false, di cui era totalmente all’oscuro. L’inchiesta della guardia di finanza di Venezia e Padova che ha portato in carcere oltre a Baita anche il direttore amministrativo della Mantovani Nicolò Buson, l’imprenditore di San Marino William Colombelli e l’ex segretaria di Giancarlo Galan Claudia Minutillo, presidente di Adria Infrastrutture, ha squarciato come un fulmine il ciel sereno sotto cui era convinto di riparare i suoi affari l’ottantatreenne Chiarotto. Tanto più che era stato proprio lui, negli anni Novanta, a volere Baita alla guida della Mantovani, dopo che un’inchiesta nell’ambito di Tangentopoli che lo coinvolse, restituì l’ingegnere del tutto “pulito”. «Sono in corso di adozione i provvedimenti più opportuni per assicurare alla società una governance autorevole, estranea ai fatti sui quali la magistratura sta indagando» si legge nella nota diffusa ieri dalla società per azioni, «ma anche in grado di garantire continuità nell’operatività e negli indirizzi tecnici e gestionali». Ecco perché all’orizzonte si profila la causa per danni della famiglia Chiarotto contro Baita, perché il granitico colosso delle costruzioni rischia di crollare come un castello di sabbia investito dall’onda lunga della scandalo per frode fiscale. Finalizzata, secondo gli inquirenti, alla costituzione di fondi neri. Ma questo è il filone ancora aperto dell’inchiesta. Quello a cui potrebbe imprimere un’accelerata la decisione venerdì prossimo del tribunale del Riesame, che dovrà decidere sulla scarcerazione di Baita e Colombelli. Perché se dovranno rimanere in carcere, le probabilità che decidano di collaborare con gli investigatori si fanno più concrete. Intanto i legali dell’ingegnere sessantaquattrenne, gli avvocati Piero Longo e Paola Rubini, hanno annunciato che Baita, attualmente nel carcere di Belluno, ha firmato le dimissioni da tutti i suoi incarichi. Ben 42, secondo la Camera di commercio. Oltre che presidente del cda della Mantovani, Baita figura vice presidente di Adria Infrastrutture, presidente di Talea e Palomar (tutte e tre società finite nell’inchiesta per false fatture), Expo 2015 e Nogara Mare. Risulta anche vice presidente di Autostrada Serenissima, Gra di Padova e Veneta sanitaria finanza di progetto, consigliere di Veneto City, Consorzio Venezia Nuova e Thesis. Sullo sfondo restano i destini della Mantovani: «La società» conclude la nota di ieri, «è fortemente impegnata, sostenuta dai propri azionisti, a portare avanti gli importanti progetti e lavori a essa affidati e ringrazia le maestranze per l’unitarietà e la dedizione in più occasioni manifestate in questi giorni».
Elena Livieri
Zanoni: «Zaia deve mettere fine al cumulo di cariche di Vernizzi»
L’eurodeputato Andrea Zanoni invita il governatore del Veneto a porre fine al cumulo di incarichi di Silvano Vernizzi: «Inaccettabile che la stessa persona presenti progetti con la mano destra e li approvi con quella sinistra» dice Zanoni, «invito la magistratura ad andare fino in fondo nelle indagini sul terremoto che sta scuotendo il Veneto. Zaia risolva una volta per tutte la gravissima situazione di conflitto d’interessi rappresentata da Vernizzi, ad esempio al tempo stesso amministratore delegato di Veneto Strade e presidente della commissione regionale incaricata di concedere la Valutazione ambientale strategica (Vas), nonché collezionista di svariati altri incarichi». Tra le reazioni politiche anche quella di Barbara Degani, presidente della Provincia di Padova, dopo l’annuncio da parte del Pd di una interrogazione sulla vendita delle quote dell’Autostrada Padova Brescia: «Noi abbiamo adottato da subito procedure di evidenza pubblica anche per trattative private» ha detto Degani, «le illazioni sul prezzo delle quote sono dimostrazione di malafede. Il primo prezzo di 740 euro del 2009 era dipeso da trattative con altri enti, quello di 518 del 2011 dalla stessa società per la ricapitalizzazione. E il consiglio provinciale approvò all’unanimità la vendita». (e.l.)
I SINDACATI SI AFFIDANO ALLA PROPRIETA’
«Il colosso tiene si giri pagina»
PADOVA «Il nostro obiettivo è la salvaguardia dei livelli di occupazione, la Mantovani è un colosso internazionale che può superare questa bufera. Noi ci auguriamo che Piergiorgio Baita esca di scena e siamo convinti che la famiglia Chiarotto saprà trovare un nuovo manager cui affidare la gestione dell’azienda». Francesco Andrisani, della Fillea Cgil di Venezia, non ha dubbi: «I 900 dipendenti della Mantovani non hanno alcun motivo per temere contraccolpi all’occupazione dall’inchiesta avviata dalla procura di Venezia. Nutriamo la massima fiducia nei confronti della magistratura e siamo convinti che saprà far emergere le esatte responsabilità degli imputati coinvolti nell’inchiesta. Quando si parla di evasione fiscale c’è da sperare che si possa andare fino in fondo, ma il portafoglio ordini della Mantovani ci lascia tranquilli», spiega Andrisani. Il colosso delle costruzioni, asso pigliatutto con il project financing, ha due supercommesse che vale la pena citare: il Mose di Venezia (da consegnare al consorzio Venezia Nuova entro il 31 dicembre 2016) e la piastra dell’Expo 2015 di Milano: si tratta di un contratto da 165 milioni di euro, la cui importanza è stata sottolineata, mesi fa, dal premier Mario Monti: «Non c’è missione all’estero in cui non sottolineiamo l’importanza dell’adesione ad Expo 2015». Se questo è il quadro, quali ripercussioni ci possono essere per il futuro? «La Mantovani è controllata al 95% dalla famiglia Chiarotto e noi siamo convinti che l’amministratore delegato Baita dovrà rispondere delle sue azioni. Per quanto riguarda il Mose, il Consorzio Venezia Nuova si trasferirà da Campo Santo Stefano all’Arsenale e i 130 dipendenti verranno assegnati ai nuovi uffici», conclude Andrisani. Omero Cazzaro, della Uil padovana, aggiunge che i sindacati hanno chiesto un incontro con la Mantovani per fare il punto della situazione occupazionale: «Non ci sono segnali preoccupanti, vogliamo solo sapere quali provvedimenti verranno adottati nei confronti di Baita nel caso in cui le accuse venissero confermate». Assai diversa la riflessione di Andrea Castagna, segretario della Cgil di Padova, che esprime profonda preoccupazione per un’inchiesta che «dimostra quanto profondo sia il legame tra politica e appalti pubblici. Un paio di settimane fa è esplodo lo scandalo delle commesse degli elicotteri di Finmeccanica in India, e ora anche il Veneto si interroga su una colossale presunta evasione fiscale. Ho sempre espresso contrarietà al projet financing perché, come il nuovo ospedale di Mestre dimostra, si finisce per pagare due-tre volte il costo dell’opera e mi permetto di sollevare forti perplessità sul sottopasso delle Torricelle di Verona: si tratta di un traforo lungo 13 chilometri che verrà a costare 8-900 milioni di euro. Il sindaco di Verona Tosi è stato costretto a rinviare la firma della convenzione del projet con la Mantovani, ma io credo che quell’opera sia dannosa all’ambiente e troppo onerosa. Infine una battuta che gira a Padova: i più soddisfatti dell’inchiesta sono i costruttori edili dell’Ance, che vedono un barlume di speranza per la fine di un monopolio» conclude Castagna.
Albino Salmaso
La Minutillo chiede gli arresti domiciliari
L’ex segretaria di Galan ha ammesso che alcune fatture dalla Bmc di Colombelli erano false
VENEZIA – In attesa del riscontro alle dichiarazioni dell’ex segretaria di Giancarlo Galan divenuta manager – dichiarazioni secretate dopo 6 ore di interrogatorio, premessa per un prossimo ampliamento degli indagati – l’avvocato Augenti ha presentato ieri mattina istanza per trasformare la custodia cautelare in carcere in arresti domiciliari. Dei quattro arrestati, Claudia Minutillo è l’unica ad aver ammesso con il pm Stefano Ancillotto che – sì – si era accorta che alcune delle fatture emesse dalla società sanmarinese Bmc del compagno William Colombelli fossero false. «Si sta consumando, è molto depressa, non mangia da giorni, mai avrebbe sospettato di finire in questa situazione», spiega l’avvocato Augenti, «d’altra parte non ho mai visto nessuno finire in carcere per false fatturazioni, neppure con importi molto maggiori e null’altro le è stato contestato in quest’indagine». Con tutti gli appalti pubblici gestiti dalla Mantovani, c’è tensione nell’aria per possibili nuovi sviluppi investigativi, legati all’utilizzo dei fondi neri per milioni di euro (20 quelli contestati sinora, 10 però prescritti) creati con le false fatturazioni. Piergiorgio Baita – accusato di essere a capo dell’associazione per delinquere finalizzata alla fabbricazione di false fatture e che potrebbe dunque restare agli arresti cautelari per 6 mesi, contro i 3 dei compagni di carcere – punta a trasferire l’inchiesta a Padova e questo chiederanno gli avvocati Longo e Rubini al Riesame. Ma il manager potrebbe non contestare nel merito tutte le accuse. «Stiamo studiando la mole immensa degli incartamenti», spiega l’avvocata Paola Rubini, «certe intercettazioni sono suggestive: Baita è una persona intelligente e si rende conto che ci sono delle problematiche, ma finché non avremo contezza di tutti gli atti non avrebbe senso rispondere alle domande del pm». Suggestiva, ma fuori dalle indagini, la notizia dei video hard dei propri incontri trovati sul computer di Colombelli. «Sono molto stupito che elementi attinenti alla sfera personale più privata siano stati divulgati», commenta l’avvocato Fogliata, «dal momento che non hanno nulla che fare con le indagini». La Procura conferma: nessun legame tra i video e l’inchiesta. Intanto, il pm Stefano Buccini sta approfondendo i controlli sulle false fatturazioni intestate a consulenze e lavori relativi al Mose.
Roberta De Rossi
SALVAGUARDIA
A Bruxelles il dossier dei comitati sul Mose
Ci sono anche le registrazioni di Report (Rai3) e molti articoli della Nuova nel dossier inviato ieri alla Commissione petizioni del Parlamento europeo dall’associazione Ambiente Venezia. Luciano Mazzolin e Tiziana Turatello hanno raccolto un voluminoso dossier di documenti e studi. E hanno chiesto al Parlamento europeo di riaprire il dibattito sulla grande opera. Nel dicembre scorso la presidente Erminia Mazzoni aveva comunicato alle associazioni – che hanno raccolto 12.500 firme contro il Mose, depositando la petizione a Bruxelles – che la loro domanda non era stata archiviata. Pratica riaperta, dunque, anche se dall’esposto sono ormai passati più di sei anni. «Ma è l’occasione per valutare quello che è stato fatto», dice Mazzolin. Nel dossier inviato al Parlamento anche la relazione della Corte dei Conti, voluminoso rapporto firmato dal magistrato Mezzera che metteva in luce le anomalie della gestione della salvaguardia negli ultimi vent’anni. Concessione unica, prezzo lievitato (da 1 miliardo e mezzo a 5 miliardi e mezzo, escluse le opere di mitigazione, la gestione e la manutenzione dell’opera), controlli scarsi, conseguenze ambientali. A cominciare dai cantieri di Santa Maria del Mare, aperti in area tutelata e per questo sanzionati dall’Europa. E poi i progetti alternativi non esaminati, le previsioni del rialzo del livello dei mari firmate da Paolo Pirazzoli ignorate. Fino ai dubbi tecnici sul funzionamento delle paratoie in condizioni particolari, contenuti nel rapporto della società di ingegneria francese «Principia», commissionato dal Comune cinque anni fa. «Siamo pronti a rispondere alle domande», dice Mazzolin, «e abbiamo fiducia nell’Europa».(a.v.)
Gazzettino – Mantovani, Si scoprono altre cartiere
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7
mar
2013
L’imprenditore padovano nel 1987 comprò l’azienda da un bolognese
Claudia Minutillo è l’unica ad aver svelato in parte i sistemi usati da Baita presidente Mantovani
RICORSI AL RIESAME – Il 15 marzo l’udienza in Tribunale contro le ordinanze di custodia
PERQUISIZIONI – Nelle casa di Colombelli video hard: in alcuni il protagonista è lui stesso
Si scoprono altre cartiere e spuntano film “a luci rosse”
Non solo documentazione fiscale, contratti e fatture: tra il materiale rinvenuto nella disponibilità del presidente di Bmc Broker, William Alfonso Colombelli, la Guardia di Finanza ha sequestrato anche un consistente quantitativo video a “luci rosse”, in parte dei quali lo stesso risulta protagonista assieme ad una o più donne. Alcuni filmati sembrano girati nella sua abitazione, altri in un non meglio precisato ufficio e vi comparirebbero anche altri uomini: le riprese, assicurano gli investigatori, lasciano poco all’immaginazione. Non vi è conferma che tra le persone riprese vi siano altri indagati.
Con l’inchiesta sulle presunte false fatturazioni questo materiale non ha alcuna attinenza o utilità, ma le Fiamme Gialle lo stanno ugualmente analizzando per capire se i video rispondano unicamente alla necessità di soddisfare fantasie a sfondo sessuale o se, almeno una parte di essi, non sia stato realizzato per acquisire “documentazione” da utilizzare in casi estremi contro qualcuno. Così come le registrazioni che il presidente di Bmc Broker fece nel corso di alcuni colloqui con il presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, dopo che questi aveva deciso di interrompere i rapporti con la società di San Marino.
Sul fronte delle indagini le principali novità emergono dalle prime analisi della montagna di documenti posti sotto sequestro nella sede della Mantovani e nelle numerose abitazioni private perquisite dai finanzieri. Gli inquirenti avrebbero trovato la prova dell’esistenza di altre “cartiere”, ovvero di società con la quale la Mantovani teneva rapporti fittizi, finalizzati alla creazione di fondi “neri”. Ovviamente siamo all’inizio degli accertamenti e sarà necessario un lungo lavoro di approfondimento alla ricerca di conferme e riscontri. Ma se così fosse, lo scandalo della false fatture sarebbe destinato ad estendersi. Finora il sostituto procuratore Stefano Ancilotto, al quale da alcuni giorni si è affiancato il pm Stefano Buccini, ritiene di aver trovato elementi per sostenere la falsità di fatture per una ventina di milioni, oltre metà delle quali sono però ormai prescritte per il troppo tempo trascorso. Il Gip Alberto Scaramuzza ha ritenuto che l’inchiesta possa procedere in relazione alle fatture più recenti, per un ammontare complessivo di circa 8 milioni. Per questo motivo ha disposto il sequestro preventivo dei beni dei principali quattro indagati: oltre a quelli di Baita e Colombelli, anche un immobile di proprietà di Nicolò Buson, responsabile amministrativo della Mantovani, e due appartamenti dell’amministratrice di Adria Infrastrutture, Claudia Minutillo, già segretaria dell’ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, che con Colombelli ha avuto una relazione sentimentale.
Nel frattempo il Tribunale del riesame di Venezia ha fissato per il 15 marzo l’udienza per esaminare il ricorso dei difensori di Baita, gli avvocati Piero Longo e Paola Rubini, i quali chiedono la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare e sollevano un’eccezione di incompetenza territoriale, sostenendo che titolare dell’inchiesta dovrebbe essere la procura di Padova, dove si trovano gli uffici amministrativi della Mantovani (che a Venezia ha la sede legale). Anche l’avvocatessa Fulvia Fois ha annunciato che presenterà ricorso al Riesame per Buson.
Finora solo Claudia Minutillo, difesa dall’avvocato Carlo Augenti, ha accettato di rispondere alle domande del pm, svelando in parte i meccanismi utilizzati, ma addebitando la responsabilità principale a Baita. Non è escluso che anche Colombelli possa decidere di farsi ascoltare dal pm: il suo legale, l’avvocato Renzo Fogliata, ha chiesto che il suo assistito, detenuto a Genova, possa essere trasferito in un carcere più vicino per garantirgli una piena possibilità di difesa.
Gianluca Amadori
È all’estero il consulente perquisito e scomparso
PADOVA – Il “consulente tecnico ambientale” del Gruppo Mantovani, ragioniere Mirco Voltazza, si nasconderebbe all’estero. In un paese dell’Est Europa. Dopo la perquisizione negli uffici e nell’abitazione di Polverara di Voltazza del ragioniere, scomparso da più di un mese, gli investigatori del Nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza hanno perquisito anche gli uffici e l’abitazione di un amico di Voltazza, e pare anche suo socio. Si tratta di Luigi Dal Borgo, sessantacinquenne imprenditore, amministratore di una società di Marghera e di un’altra che ha sede a Quarto d’Altino, in provincia di Venezia. Le perquisizioni di Voltazza e di Dal Borgo (che risiede in provincia di Belluno) sono avvenute entrambi venerdì scorso. Mentre gli investigatori controllavano il restauratissimo rustico del Settecento di Voltazza, che adesso ha sulle spalle anche una condanna passata in giudicato, altri finanzieri perquisivano la casa di Dal Borgo, in via Roma 58 a Pieve D’Alpago. Per quanto riguarda le sedi di lavoro dei due indagati gli investigatori non hanno fatto molta strada. Perché sia Voltazza che Dal Borgo lavorano nello stesso stabile, in via Fratelli Bandiera 45 a Marghera.
VENEZIA – Romeo Chiarotto per due ore davanti al Pm Ancilotto, in qualità di persona informata sui fatti.
Il proprietario di Mantovani: «Mai saputo nulla di false fatture»
E Vanessa, segretaria Bmc Broker: «I contratti erano sempre firmati da Baita»
VENEZIA – (gla) Di “cartiere” e false fatture ha raccontato di non sapere nulla; di non non aver mai sospettato nulla. Romeo Chiarotto, 83 anni, proprietario della Mantovani spa attraverso la cassaforte di famiglia, Serenissima Holding, di cui è presidente, è stato ascoltato ieri mattina dal sostituto procuratore Stefano Ancilotto in qualità di persona informata sui fatti e di probabile parte lesa nel futuro processo sul vorticoso “giro” milionario di fatture a fronte di operazioni inesistenti.
L’imprenditore è rimasto per un paio di ore nell’ufficio del magistrato rilasciando una serie di dichiarazioni che ora le Fiamme Gialle dovranno verificare. In precedenza gli inquirenti avevano chiesto di lui anche alla segretaria della Bmc Broker, Vanessa Renzi, per capire se il suo titolare, William Colombelli, avesse intrattenuto rapporti con Chiarotto oltre che con il presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita. Ma la segretaria rispose: «Non ho mai sentito parlare di alcun Chiarotto. Per quanto riguarda la Mantovani i contratti erano firmati sempre da Baita».
A chiamare Baita al vertice di Mantovani fu lo stesso Chiarotto, negli anni Novanta, dopo la sentenza di assoluzione con la quale il manager uscì perfettamente “pulito” dal processo sulla Tangentopoli veneta. Un manager ritenuto capace e preparato tanto da ricevere, per occuparsi della gestione della società di costruzioni, un compenso di circa 800mila euro all’anno.
La Mantovani spa, impresa fondata nel 1949 da un bolognese, l’ingegnere Enzo Mantovani, è di proprietà di Chiarotto dal 1987 ed è specializzata nella costruzione e manutenzione di infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, ma anche nel settore del dragaggio e dell’ingegneria idraulica, tanto da far parte del Consorzio Venezia Nuova, impegnato nei lavori per la Salvaguardia di Venezia.
Chiarotto è personaggio molto conosciuto a Padova e nel Veneto, anche grazie ai molti contatti con il mondo politico e finanziario: è stato a lungo nel cda di Antonveneta, di cui fu anche vicepresidente. Negli anni Novanta fu coinvolto nella prima Tangentopoli, nell’inchiesta su Autovie Venete. Fu arrestato, ma solo per poche ore, poi tutto finì con un patteggiamento.
In questi giorni la Guardia di Finanza è impegnata da un lato ad analizzare l’ingente mole di documenti sequestrati, dall’altro ad ascoltare in qualità di persone informate sui fatti tutte le persone che potrebbero riferire in merito all’attività della Mantovani, e in particolare agli studi e alle progettazioni di cui fu incaricata la Bmc Broker, tutti ritenuti inesistenti. Per provarlo il pm Ancilotto ha fatto già interrogare numerosi dipendenti di Mantovani, i quali hanno fornito indicazioni ritenute interessanti, alcune delle quali valorizzate anche dal Gip Scaramuzza nell’ordinanza di custodia cautelare.
Il caso è scoppiato il 28 febbraio
Per il manager finito in galera compenso annuo di 800 mila euro
Il “caso Mantovani” è scoppiato il 28 febbraio con 4 arresti (Baita, Buson, Minutillo, Colombelli) per frode fiscale finalizzata a costituire un «fondo nero» da otto milioni di euro. L’indagine è condotta dalla Guardia diFinanza di Venezia. Minutillo avrebbe parlato a lungo svelando molti retroscena.
IL GOVERNATORE – Luca Zaia: «Dobbiamo assicurare la trasparenza, il palazzo sia di cristallo»
Commissione d’inchiesta sui lavori pubblici dal 2005
Consiglieri d’accordo ma manca l’intesa sul testo presentato dal Pd
Pdl e Lega: «Non intralci la magistratura». L’ok atteso per oggi
Il Consiglio regionale si avvia ad istituire una commissione d’inchiesta sui lavori pubblici svolti in Veneto dal 2005. Le preoccupazioni legate alla presunta frode fiscale nella quale è coinvolto, tra gli altri, Piergiorgio Baita, ad di Mantovani, sono emerse ieri durante il Consiglio regionale del Veneto, convocato per la discussione del Bilancio. Tra i primi ad intervenire Luca Zaia: «Non posso iniziare a parlare di bilancio – ha detto il governatore – senza aver prima parlato di chiarezza e trasparenza, temi verso cui abbiamo tutti lo stesso colore politico, volendo che il palazzo sia un palazzo di cristallo. Io dico no alle generalizzazioni di piazza per cui tutti sono già condannati, ma è doveroso interrogarsi».
La disponibilità di Zaia è stata subito raccolta da Lucio Tiozzo (da poco subentrato come capogruppo del Pd a Laura Puppato), che ha proposto al presidente di sottoscrivere la proposta di legge messa a punto dai consiglieri democratici per istituire una commissione con il compito di verificare procedure di affidamento, costi e tempistiche, aggiudicazione e realizzazione di lavori pubblici con particolare riferimento a quelli eseguiti attraverso la finanza di progetto. Il presidente della Regione ha dato la sua disponibilità di massima, anche perché la Giunta ha già approvato all’unanimità la creazione di un Nucleo investigativo interno.
Se però Tiozzo auspicava una convergenza sul testo del Pd – che è stato subito sottoscritto da tutti i consiglieri di opposizione – si è scontrato contro le resistenze del Pdl e l’attendismo della Lega Nord. «Non vorrei che la commissione finisse per essere d’intralcio alla magistratura, nella quale ho la massima fiducia – ha sottolineato Bond – Il testo così come presentato dal Pd non va bene, ma se adottiamo il modello già sperimentato in quinta commissione – dove un anno fa abbiamo preso in esame i progetti sulla base della remunerazione di capitale, delle tempistiche, delle ricadute sul bilancio – allora se ne può parlare». A frenare il Pdl sarebbero alcuni passaggi della relazione che introduce il progetto di legge, dove si parla del coinvolgimento “dell’ex segretaria del presidente Galan” e di “fondi neri generati attraverso società di comodo”. Passaggi giudicati troppo politici. «Siamo favorevoli ad una commissione d’inchiesta con poteri ben precisi – ha dichiarato il capogruppo leghista Federico Caner – che non si sostituisca alla magistratura. Per questo abbiamo chiesto la modifica del testo». Le limature dovrebbero essere apportate stamani in Consiglio, anche se il Pd preferirebbe tenere la proposta così com’è: «La relazione non è che la fotografia di come stanno le cose in questo momento – spiega Tiozzo – che è il motivo per cui è necessaria una commissione. Noi non siamo un tribunale, ognuno farà il proprio mestiere. Ad ogni modo per raggiungere l’obiettivo – la sua istituzione – siamo disposti a modificare il testo, purché i contenuti siano rispettati».
Il consigliere democratico Franco Bonfante si spinge oltre: «L’inchiesta in corso potrebbe fare emergere prove tali che ci sarebbero gli estremi per l’annullamento dei progetti da avviare o di quelli in itinere, ovvero portare alla revisione delle condizioni di contratto di opere realizzate con la finanza di progetto. Per esempio i canoni dei servizi». Il consigliere fa un esempio per tutti: «L’ospedale dell’Angelo di Mestre».
Marco Gasparin
GLI SVILUPPI – L’inchiesta si allarga: presto nuovi indagati Trema anche il mondo della politica
CASO MANTOVANI La Finanza ha perquisito anche le aziende di Quarto d’Altino e Marghera di un imprenditore
Fondi neri e filmini a luci rosse
Fatture false, trovati video hard a casa Colombelli: in alcuni il broker è protagonista con una o più donne
MANTOVANI NELLA BUFERA
LE AZIENDE – A Quarto d’Altino e a Marghera
I DOCUMENTI – Isolate un centinaio di fatture sospette
INDAGINI IN CORSO – Si sospetta possa aver ospitato Mirco Voltazza, collaboratore di Baita
Consulente fuggito, perquisito l’amico
La Guardia di Finanza nella casa e negli uffici veneziani dell’imprenditore Luigi Dal Borgo
NUOVI SVILUPPI – Si trema negli ambienti dell’imprenditoria e anche della politica. Sono in arrivo probabili nuove iscrizioni nel registro degli indagati sulla vicenda giudiziaria che sta travolgendo la Mantovani. Nuove iscrizioni di notizia di reato potrebbero essere consegnate in questi giorni. La Finanza ha anche perquisito le aziende di Quarto d’Altino e Marghera di un imprenditore.
RIVELAZIONI – Non solo documentazione fiscale, contratti e fatture: tra il materiale rinvenuto nella disponibilità del presidente di Bmc Broker, William Alfonso Colombelli, la Guardia di Finanza ha sequestrato anche un consistente quantitativo di video a luci rosse, in parte dei quali lo stesso broker risulta protagonista assieme ad una o più donne. Gli inquirenti intanto hanno trovato la prova dell’esistenza di altre “cartiere”.
L’INCHIESTA – Presunti fondi neri e frode fiscale. Agli arresti è finito Piergiorgio Baita, presidente di Mantovani
In carcere anche altre tre persone
Il ragioniere Mirco Voltazza si nasconderebbe all’estero. In un paese dell’Est Europa. Dopo la perquisizione negli uffici e nell’abitazione di Polverara (Padova) di Voltazza, il “consulente tecnico ambientale” per l’Expo 2015, scomparso da più di un mese, gli investigatori del Nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza hanno perquisito anche gli uffici e l’abitazione di un amico di Voltazza, e pare anche suo socio. Si tratta di Luigi Dal Borgo, sessantacinquenne imprenditore, amministratore di una società di Marghera e di un’altra che ha sede a Quarto d’Altino e residente in provincia di Belluno.
Le perquisizioni di Voltazza e di Dal Borgo sono avvenute entrambi venerdì scorso. Mentre gli investigatori controllavano il restauratissimo rustico del Settecento di Voltazza, che adesso ha sulle spalle anche una condanna passata in giudicato, altri finanzieri perquisivano la casa di Dal Borgo, in via Roma 58 a Pieve D’Alpago. Per quanto riguarda le sedi di lavoro dei due indagati gli investigatori non hanno fatto molta strada. Perchè sia Voltazza che Dal Borgo lavorano nello stesso stabile, in via Fratelli Bandiera 45 a Marghera. Lì ha sede la Nsa srl, Non solo ambiente, amministrata dal bellunese. E Luigi Dal Borgo è anche presidente della Crea Technology srl, che ha sede a Quarto D’Altino, in via Marconi 1.
Secondo gli inquirenti Luigi Dal Borgo e Mirco Voltazza sono molto amici. E c’è il sospetto che il ragioniere padovano rientri in italia periodicamente di nascosto. E ad ospitarlo sarebbe proprio Dal Borgo. Cosa ci faceva un pregiudicato per ricettazione, peculato e calunnia nel Gruppo Mantovani? In una nota dell’ottobre scorso l’Ufficio di esecuzione penale esterno del ministero della Giustizia si afferma che Voltazza collabora con il Gruppo Mantovani per la costruzione e la successiva demolizione della piattaforma su cui sorgerà l’Expo 2015 a Milano. Sempre secondo la nota Uepe, il ragioniere ha un contratto di collaborazione come libero professionista e lavora nel suo ufficio di Marghera con un orario preciso, dalle 8 alle 20. Voltazza è indagato per emissione di false fatture. Ma le fiamme gialle sospettano che possa aver messo in atto anche raggiri ai danni del presidente del Gruppo Mantovani, Piergiorgio Baita. Voltazza si sarebbe vantato pubblicamente di aver avuto delle “amicizie” nell’Agenzia delle entrate, nella Guardia di Finanza e nella magistratura. Anzi, avrebbe detto, addirittura, che era protetto da un magistrato. Ex impiegato di banca, ex socio della gestione dell’Aci di Piove di Sacco, ed ex promotore finanziario, negli ultimi anni il ragioniere Voltazza si considera un “consulente tecnico ambientale”. Questo gli deriva dal fatto di aver collaborato con un’azienda che si occupava di tecnologie ambientali. Ed è come esperto ambientale che ha ottenuto la collaborazione dal Gruppo Mantovani. Ora è all’estero perchè è anche ricercato per le sue condanne.
GLI SVILUPPI -Trema anche la politica. In arrivo nuovi indagati
Si trema negli ambienti dell’imprenditoria e anche della politica. Sono in arrivo probabili nuove iscrizioni nel registro degli indagati sulla vicenda giudiziaria che sta travolgendo la Mantovani. Oltre agli arresti di Piergiorgio Baita, Claudia Minutillo, William Ambrogio Colombelli e Nicolò Buson, a cui si sommano i quindici indagati e la cinquantina di perquisizioni, nuove iscrizioni di notizia di reato potrebbero essere consegnate in questi giorni.
Intanto proseguono le indagini della Guardia di Finanza della Tributaria condotte dal colonnello Renzo Nisi che hanno isolato in un centinaio le fatture significative che potrebbero svelare risvolti interessanti. Tutte fatture al vaglio delle fiamme gialle così come il materiale sequestrato al ragioniere padovano Mirco Voltazza che è sparito da un mese. Ma stando ai primi riscontri i documenti prelevati dalla sua abitazione e dal suo ufficio sono considerati importanti ed eloquenti per gli inquirenti. Non si esclude che sia proprio Voltazza, l’uomo con pesanti precedenti penali che vanno dalla ricettazione, alla calunnia fino al peculato, ad avere le chiavi del forziere con il denaro sporco. Un buco nero da dieci milioni di euro. A meno che gli inquirenti non trovino una montagna di banconote da qualche parte, cosa improbabile, il denaro dovrà sbucare dalla “lettura” delle fatture.
Così come novità potrebbero uscire dagli stessi arrestati. Claudia Minutillo ha iniziato a vuotare il sacco in tempi record. Tengono ancora William Ambrogio Colombelli e Nicolò Buson, forse in attesa dell’udienza del riesame in calendario il 15 marzo. Se usciranno dal carcere forse non parleranno più, ma se restano dentro non copriranno più nessuno e per loro non rimarrà che trattare. (r.ian)
Corriere del Veneto – Mantovani, Baita si è dimesso
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7
mar
2013
INCHIESTA MANTOVANI
nuove maxi consulenze sospette
False fatture, oltre a Bmc sotto la lente del pm altre due società «cartiere». Interrogato il patron Chiarotto. E spunta un nuovo imprenditore indagato
VENEZIA — Quarantadue incarichi (fonte Camera di Commercio) cancellati con un tratto di penna. Dopo averlo preannunciato qualche giorno fa, mercoledì è arrivata l’ufficializzazione: nel carcere di Belluno Piergiorgio Baita, il 64enne manager veneziano ha messo le firme necessarie sugli atti predisposti dai suoi legali Piero Longo e Paola Rubini per abbandonare non solo il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione di Mantovani, ma tutti gli altri ruoli a esso legati. Tanto per fare qualche esempio: presidente di Talea e Palomar (società finite nell’indagine delle false fatture), Expo 2015 e Nogara-Mare; vicepresidente di Adria Infrastrutture (idem come sopra), Autostrada Serenissima, Gra di Padova e Veneta sanitaria finanza di progetto (Ospedale di Mestre); consigliere di Veneto City e di altre due società nel mirino della procura, Consorzio Venezia Nuova e Thetis. «Ora serviranno le comunicazioni di rito per renderle operative – dice l’avvocato Rubini – la decisione è stata presa per una questione di opportunità, in modo da difendersi al meglio».
Baita, il manager che ha fatto moltiplicare in maniera esponenziale i cantieri (e i fatturati) di Mantovani, ha infatti deciso di dividere i suoi destini da quelli della società, che—secondo il pm Stefano Ancilotto e la Guardia di Finanza di Venezia e Padova —sotto la sua guida avrebbe goduto, in prima persona e tramite Adria Infrastrutture, di almeno 8 milioni di fatture false dalla sanmarinese Bmc Broker. Motivo per cui, giovedì scorso, è stato arrestato nella sua casa di Mogliano Veneto. Baita è pronto a dare battaglia, dunque, e proprio ieri è stata fissata anche la data dell’udienza del tribunale del riesame di Venezia, a cui i legali si sono rivolti per ottenere la scarcerazione: si terrà il 15 marzo, insieme a quello del manager della Bmc, William Ambrogio Colombelli, difeso dall’avvocato veneziano Renzo Fogliata. Ma proprio ieri sarebbe emerso un altro punto a suo sfavore. Le Fiamme Gialle che da una settimana sono al lavoro sull’enorme mole di documenti sequestrati nelle perquisizioni di giovedì scorso avrebbero infatti messo nel mirino altre società «sospette»: nella contabilità di Mantovani infatti spuntano all’improvviso almeno un paio di nomi di società del tutto «inedite» e con fatture di consulenza dall’importo elevato e dall’oggetto del tutto generico.
Per questo secondo gli inquirenti, che il pm ha incaricato di compiere tutte le verifiche del caso, potrebbero essere anch’esse delle «cartiere», cioè società produttrici di false fatture come Bmc. Il meccanismo era semplice: quest’ultima fatturava a Mantovani o Adria Infrastrutture servizi che in realtà non svolgeva (e che spesso erano duplicazioni di servizi svolti da altri) e dopo il pagamento erano lo stesso Colombelli o una delle sue collaboratrici a prelevare i soldi in contanti che, secondo l’accusa, sarebbero poi tornati a Baita sotto forma di fondi neri. Un nuovo spunto di indagine che si aggiunge ai filoni aperti sulla destinazione dei soldi (compresa la pista politica) e sulle «talpe» che avrebbero aggiornato Baita sulle indagini in corso. Spunti su cui elementi importanti potrebbero arrivare dagli interrogatori: dopo quello di lunedì di Claudia Minutillo, l’ad di Adria Infrastrutture, a breve dovrebbe esserci quello di Nicolò Buson, direttore finanziario di Mantovani, entrambi finiti in carcere con l’accusa di aver fatto parte dell’associazione a delinquere.
«Siamo disponibili a chiarire la nostra posizione al pm», dice l’avvocato Fulvia Fois, difensore di Buson. Ieri mattina presto il pm Ancilotto ha anche sentito rapidamente a sommarie informazioni il patron di Mantovani Romeo Chiarotto, che però ha ribadito di non aver saputo nulla di eventuali false fatture, così come il figlio Giampaolo, e che, anzi, la sua società in questa vicenda è parte lesa… E intanto dalle indagini delle Fiamme Gialle padovane spunta un nuovo indagato per false fatture, dopo il ragioniere «latitante» Mirco Voltazza. I militari hanno perquisito anche l’abitazione di Pieve d’Alpago e gli uffici di Luigi Dal Borgo, 65enne amministratore della «Non solo ambiente » di Marghera. Voltazza e Dal Borgo lavorano nello stesso stabile, in via Fratelli Bandiera a Marghera e, secondo gli inquirenti, i due sarebbero amici e soci: quest’ultimo avrebbe offerto appoggio a Voltazza nelle occasioni in cui il ragioniere – collaboratore di Mantovani per l’Expo – rientrava in Italia.
Alberto Zorzi (hanno collaborato Roberta Polese e Nicola Munaro)
Nuova Venezia – Mantovani, la Finanza trova altre cartiere
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7
mar
2013
Potrebbe raddoppiare l’importo delle false fatture che hanno consentito alla società presieduta da Baita di creare fondi neri
VENEZIA – Non c’è solo la “BMC Broker”, altre aziende “cartiere” sono state scoperte dalla Guardia di Finanza e dal pm Stefano Ancillotto. Tutte usate per produrre fatture false e creare “fondi neri”. Si allarga a macchia d’olio l’indagine che ha portato in carcere Piergiorgio Baita, presidente di “Mantovani Spa” e Claudia Minutillo ex segretaria di Giancarlo Galan, quando l’esponente del Pdl era presidente della Regione. Gli investigatori sono convinti che i soldi stornati dal bilancio, grazie alle fatture false e finiti ad ingrossare i “fondi neri”, siano molti di più di quelli che hanno scoperto nei passaggi su conti correnti di banche di San Marino e tutti intestati a William Colombelli, titolare della BMC, e a suoi parenti. Sia perché dalla documentazione recuperata hanno la prova che ci sono altre aziende che utilizzavano il sistema di “Baita e soci”, sia perché hanno elementi per dire che il presidente di Mantovani faceva questo anche con altre “cartiere”. Nel gergo della Guardia di Finanza una “società cartiera” è un’azienda che ha il solo compito di emettere fatture false a favore di altre imprese che saldandole creano “fondi neri”. «Soldi che solitamente vanno a finire in tangenti», come ha spiegato in più occasioni il colonnello Renzo Nisi, comandante del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia. Ebbene Baita e gli altri imprenditori della “cricca” si servivano anche di altre “società cartiere” con sede in Veneto e nel nord Italia. “Cartiere” che hanno fornito centinaia e centinaia di fatture false che hanno consentito alle società del gruppo Mantovani e ad altre imprese del giro, di far transitare alcune decine di milioni di euro su conti correnti all’estero. Soldi che per l’80 per cento rientravano in loro possesso e in contanti. Quanti siano veramente è difficile stabilirlo. Anche perché gli investigatori non hanno ancora avuto accesso ai conti correnti all’estero dove sono finiti i soldi pagati per le fatture false. Comunque si tratta di parecchio denaro. Il pm Stefano Ancillotto ha già inoltrato le richieste, per poter visionare i conti, alle autorità dei paesi stranieri dove si trovano i conti correnti. E ora attende gli esiti delle rogatorie. Dell’esistenza di altre “cartiere” era emerso anche dalle registrazioni fatte da William Colombelli, durante gli incontri tra lui e Piergiorgio Baita. In particolare Baita, mentre discute con Colombelli sull’acquisto della BMC Broker, fa capire dell’esistenza di altre “cartiere” che lavorano per lui. In quel momento entrambi vogliono chiudere la “cartiera” di San Marino, diventata troppo scomoda e dalla quale sono uscite, in sei anni, migliaia di fatture false per le società del Gruppo Mantovani e anche per altre aziende pubbliche e private del Veneto. I due non si trovano d’accordo sul prezzo perché Baita non intende inglobare nel suo gruppo una “cartiera”. Lui stesso usa questa parola. E spiega: «questi se ne accorgono subito che si tratta di una cartiera (si riferisce ai finanzieri, ndr)»; l’altro che vuole 3 milioni di euro, perché è evidente che «quando i finanzieri arrivano in un’azienda e vedono che ci sono tante fatture con una ditta di San Marino si insospettiscono, meglio chiuderla». Poi Colombelli spiega al presidente di aver lavorato, negli ultimi anni, quasi esclusivamente per lui. Mentre continua la caccia ai “fondi neri”, gli investigatori attendono il rientro in Italia di Mirco Voltazza, il factotum di Giorgio Baita. È l’uomo che conosce mille segreti della “cricca” e che qualche settimana prima dell’arresto del suo “titolare” è sparito dalla circolazione, quasi sapesse dell’imminente blitz della Guardia di Finanza. A Voltazza è stata perquisita la ditta di barriere marine in via Fratelli Bandiera a Marghera. Dicono che lui si trovi nell’est Europa. Di certo non lo hanno trovato gli investigatori. Non è escluso che usi anche delle “teste d’uovo” per dar vita lui stesso a “cartiere”. Parecchio materiale relativo a false fatture è stato trovato durante le venti perquisizioni compiute il giorno degli arresti. Una decina sono state eseguite tra Bologna e provincia. Le altre, tutte in Veneto, sono state eseguite a Mestre, Marghera, Mogliano, Verona, Rovigo, Pieve d’Alpago e Montegrotto. Si tratta di case e di sedi delle aziende di imprenditori che hanno effettuato versamenti sui conti di Colombelli.
Carlo Mion
Scarano: sorprese dai pubblici appalti
«Per esperienza penso che da lì potrebbe emergere qualcosa di più». La Corte dei Conti: corruzione umiliante fardello
VENEZIA «A 20 anni da Mani pulite la corruzione continua a pesare sull’Italia come un insopportabile ed umiliante fardello: questi fatti sono avvenuti, ma non sono inevitabili, si possono combattere», «il contrasto al malaffare pubblico costituisce una priorità assoluta ed una condizione essenziale per il permanere della piena democrazia nel nostro Paese, occorre evitare però ogni pericolosa e demagogica generalizzazione che attribuisca alla classe politica ogni sorta di malaffare. Occorre invece utilizzare tutti gli strumenti e le risorse a disposizione per individuare i singoli casi di deviazione dai propri doveri, colpendoli con inesorabile severità e contrastando l’incombente pericolo che diventino sistema», pur a fronte «di organici carenti del 30%». L’ammonimento arriva dal presidente della Corte dei Conti del Veneto, Angelo Buscema, nella cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario. Appuntamento sul quale ha aleggiato l’ultimo grande scandalo che – con l’arresto di Piergiorgio Baita – coinvolge la Mantovani: un’inchiesta per ora tutta fiscale, ma che pare destinata a ampliarsi. «Per esperienza», osserva però il procuratore Carmine Scarano, «penso che sicuramente ci sarà una ricaduta nei rapporti con gli appalti pubblici e da lì potrebbe emergere qualcosa in più». Ma di malaffare ce n’è ancora molto: 7,6 i milioni di euro contestati nel 2012 in danni erariali, contro i 2,2 del 2011, e 115 soggetti citati (erano stati 113), 9 mila le pratiche al vaglio della Corte, tra contestazioni erariali e cause pensionistiche. Pescando qua e là tra le sentenze: il responsabile dell’ufficio Anagrafe di Meolo che non aveva segnalato all’Inpdap la morte di un’anziana, con la figlia che ha continuato a percepire la pensione per 6 anni; sindaco e assessori del Comune di Jesolo condannati a pagare 10 mila euro per non aver arbitrariamente concesso un buono casa a una coppia mista, «con un atteggiamento costante di indifferenza e sfida rispetto alle norme di legge»; un appuntato dei carabinieri di Motta di Livenza che si era portato a casa 31 denunce; i 168 mila euro contestati a un dipendente dell’Ufficio Unep di Treviso che non aveva versato le imposte ricevute; un finanziere della Marca che si è fatto consegnare 10 mila euro per pilotare un controllo; un dentista dell’Asl di Vicenza che ha falsificato ricette per false prestazioni per 302 mila euro di rimborsi. Poi le inchieste sulle società che gestiscono servizi pubblici e dove i contenziosi sulla giurisdizione della Corte dei conti sono però aperti e la mancanza di una normativa chiara ferma molte indagini. «La tendenza a costituire società pubbliche si è moltiplicata a dismisura nell’ultimo decennio», osserva Buscema, «con dimensioni talmente vaste, che in moltissimi casi ne hanno completamente snaturato i benefici intendimenti. Le società pubbliche hanno infatti rappresentato un facile strumento per dinamiche clientelari, elusive dei vincoli di spesa, particolarmente utili per assunzioni senza concorso, per il superamento dei tetti di spesa, per la moltiplicazione di incarichi più o meno retribuiti, per la creazione di sistemi compartecipativi a scatole cinesi», «però c’è modo di entrarvi: la Cassazione ha chiarito che dev’essere preminente il servizio sulla proprietà, se il servizio è pubblico la competenza è nostra».
Roberta De Rossi
I LEGALI VERSO L’ECCEZIONE DI INCOMPETENZA TERRITORIALE
Venerdì prossimo il riesame degli arresti
VENEZIA – Passeranno il 15 marzo prossimo il vaglio del Tribunale del riesame di Venezia, presieduto dal giudice Angelo Risi, le ordinanze di custodia cautelare per la vicenda della frode fiscale da 10 milioni di euro della «Mantovani». Per ora, hanno ricorso soltanto due dei quattro arrestati, il presidente dell’asso pigliatutto delle costruzioni in Veneto Piergiorgio Baita, difeso dagli avvocati Paola Rubini e Piero Longo, e il presidente della società-cartiera di San Marino William Colmbelli, difeso dall’avvocato Renzo Fogliata. Per gli altri due, l’ex segretaria di Giancarlo Galan Claudia Minutillo e il responsabile amministrativo della Mantovani, il ragioniere padovano Nicolò Buson, i loro difensori, l’avvocato Carlo Augenti e l’avvocato Flavia Fois, non hanno presentato ancora il ricorso, se lo facessero, comunque, anche la posizione dei loro clienti verrebbe discussa nella stessa udienza, quella di venerdì prossimo. L’avvocato Rubini, oltre a battersi per far uscire dal carcere Baita, ha già anticipato che chiederà che l’indagine venga trasferita per competenza territoriale alla Procura di Padova, città dove hanno sede gli uffici amministrativi della ;Mantovani e dove è stata compiuta la verifica fiscale grazie alla quale sono state scoperte le fatture fasulle. Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere e frode fiscale e per quanto riguarda la competenza territoriale è il reato più grave a contare e cioè il primo. L’avvocato punterà a dimostrare che, se l’accusa ha ragione, l’accordo tra gli arrestati è stato messo in cantiere a Padova. È dato come probabile che in udienza si presenterà anche il pm Stefano Ancilotto con nuove carte dell’accusa, forse anche il verbale d’interrogatorio di Claudia Minutillo.
IL GOVERNATORE ADERISCE all’appello del CAPOGRUPPO PD
Zaia: sì alla commissione d’inchiesta sugli appalti
VENEZIA – Un coup de théâtre ad animare la prima seduta del Consiglio veneto dedicata all’esame del bilancio e della legge finanziaria. Dove il capogruppo del Pd, Lucio Tiozzo, si avvicina a Luca Zaia e con fare sornione gli porge un documento: «E’ la richiesta di istituire una commissione d’inchiesta sui lavori pubblici di competenza della Regione, vorrei che la prima firma fosse la tua». «Nessun problema, dobbiamo essere un palazzo di cristallo, ogni iniziativa di trasparenza avrà il mio sostegno ma serve un patto tra gentiluomini per fare chiarezza senza sostituirci al lavoro dei magistrati», la replica del governatore che conferma la volontà di sottoscrivere l’ordine del giorno; sostanziale consenso anche dal gruppo della Lega – Federico Caner sta concordando il testo definitivo con gli altri capigruppo – e dall’opposizione al completo; permangono invece le perplessità del Pdl anche se in mattinata l’assessore alle infrastrutture Renato Chisso ha tagliato corto: «Male non fare paura non avere, ben vengano gli accertamenti». Soddisfatti i democratici, fautori dell’indagine amministrativa che dovrà verificare la correttezza degli appalti a partire dal 2005 (l’arco temporale oggetto dell’inchiesta che ha condotto in carcere, tra gli altri, Piergiorgio Baita, ad del colosso costruzioni Mantovani) riesaminando procedure, costi e tempi, nonché l’aggiudicazione e la realizzazione delle opere, in particolare di quelle eseguite in project financing, il controverso mix di capitali pubblici e privati: «Galan ha delegato al mercato la programmazione delle grandi opere», commenta il consigliere Stefano Fracasso «e i poteri forti hanno avuto il sopravvento sulla politica, chiediamo discontinuità». Tornando al dibattito in aula, Zaia ha accusato di «rapina» il Governo: «In tre anni passiamo da un miliardo e 600 milioni di spese libere all’attuale miliardata e la capacità d’investimento è crollata dai 596 milioni del 2010 agli zero attuali. Le nostre imprese attuano già la secessione dall’Italia, al ritmo di 700 all’anno, ma nonostante la criticità del momento non rinunceremo a dare risposte ai veneti». Poi la relazione di maggioranza di Stefano Toniolo (Pdl) che ha illustrato i capisaldi del bilancio: «La manovra vale poco più di 12 miliardi, escluse le partite di giro, e il 70% delle risorse sono dedicate alla sanità che assorbe 8,35 miliardi. Quest’anno pesa in maniera evidente l’effetto dei minori trasferimenti statali, della contrazione delle entrate e dei vincoli del patto di stabilità»; «Le risorse a libera destinazione per la Regione nel 2013», ha spiegato «non arrivano al miliardo, per l’esattezza ammontano a 993 milioni, – 25% rispetto all’anno scorso». Piero Ruzzante (Pd) ha aperto la relazione di minoranza lamentando «l’ennesimo grave ritardo» nella presentazione della manovra e il suo gruppo ha presentato un pacchetto di emendamenti del valore di 48 milioni che prevede sostegno al credito d’impresa, fondo d’emergenza per le politiche sociali, trasporti ferroviari locali, edilizia scolastica e formazione primaria. Oggi il confronto entrerà nel vivo.
Filippo Tosatto
Scure sulle partecipazioni
Approvato il piano Ciambetti: tagli dal 30 al 50% alle società
VENEZIA – La Giunta del Veneto ha approvato il processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie della Regione proposto dall’assessore al bilancio Roberto Ciambetti: «L’obiettivo», afferma quest’ultimo «è migliorare l’efficienza gestionale e garantire l’equilibrio economico – finanziario che ci siamo prefissi». In sintesi, la Giunta ha stabilito che le società direttamente partecipate o controllate dalla Regione, a esclusione di quelle per cui è in atto un procedimento di cessione, dovranno presentare entro il 31 marzo un documento ricognitivo e una proposta di piano di razionalizzazione delle società dalle stesse partecipate, in base a criteri di opportunità strategica, a considerazioni sugli assetti del personale e al trend dei risultati economici. Le società strumentali che ricevono dalla Regione affidamenti “in house”, dovranno prevedere obbligatoriamente la dismissione di tutte le partecipazioni in società che non abbiano oggetto analogo a quello delle società partecipanti e che siano incompatibili con detti requisiti. Valutati i piani presentati, la Giunta approverà il programma di riorganizzazione delle società indirette con l’obiettivo di ridurre da un terzo alla metà le attuali 60 partecipazioni indirette. Nel frattempo procede il riassetto del sistema che porterà, tra l’altro, alla dismissione delle quote di 4 spa (College Valmarana Morosini, Rovigo Expò, Insula, Sis) e alla fusione di altre 4 immobiliari (Terme di Recoaro, Società Veneziana Edilizia Canalgrande, Immobiliare Marco Polo, Rocca di Monselice) in un’unica società di gestione.
Perquisita la sede della sua ditta a marghera dove si trova anche l’ufficio di Voltazza
Spunta Luigi Dal Borgo, l’amico del consulente sparito
PADOVA – Spunta il nominativo di un altro imprenditore nell’ambito dell’inchiesta sui fondi neri del gruppo Mantovani. È quello di Luigi Dal Borgo, 56 anni, residente in via Roma 58 a Pieve D’Alpago, nel Bellunese, titolare di una miriade di società. Tra cui, N.S.A. srl, acronimo di “Non Solo Ambiente”, impresa specializzata in tubi in ghisa con sede a Marghera in via Fratelli Bandiera 45/allo stesso indirizzo di Servizi e Tecnologie Ambientali, la società del consulente della Mantovani Mirco Voltazza, 52 anni di Polverara, alle spalle precedenti penali per peculato, calunnia e falso, sparito da diverse settimane e fuggito (sembra) in Croazia. Le forze dell’ordine lo stanno cercando: a suo carico da fine dicembre c’è un ordine di carcerazione in quanto deve scontare una condanna definitiva a un anno e sette mesi. A quel periodo risalirebbe la sua latitanza. Tuttavia periodicamente è tornato in Italia (a Polverara, nella villa in via Argine sinistro 52, vivono la moglie Paola Sartorato e i tre figli): pare che fosse atteso nei giorni delle elezioni, salvo all’ultimo evitare il rientro. Non a caso: giovedì 28 è deflagrata la notizia dell’inchiesta sulla Mantovani con gli arresti e le perquisizioni a tappeto che non hanno risparmiato le ditte di Voltazza e di Dal Borgo, perquisito anche a casa. Ditte che si sospetta siano “cartiere”, ovvero fabbriche di fatture emesse per coprire operazioni commerciali inesistenti ma funzionali a trasferire all’estero fiumi di soldi. Voltazza è indagato per frode fiscale; non ci sono conferme, per ora, sull’iscrizione nel registro degli indagati di Dal Borgo. Ma il nominativo di quest’ultimo ricorre in diverse carte dell’inchiesta. Secondo informative Voltazza, che oggi è latitante, avrebbe trovato rifugio in alcune abitazioni di proprietà di Dal Borgo, detto Gigi Babylon, nelle sue “incursioni” in territorio italiano. E tra i due i contatti non sarebbero mai venuti meno. Dal Borgo risulta consigliere di Adria Infrastrutture spa – la società amministrata da Claudia Minutillo (ex segretaria del governatore Pdl Galan), finita pure lei in manette con Piergiorgio Baita e William Colombelli – e di Società Autostrade Serenissima spa, oltre a un’altra decina di ditte. Serenissima Holding spa è proprietaria di Mantovani spa insieme (per una quota di minoranza) a Piergiorgio Baita, presidente e amministratore con i padovani Giampaolo Chiarotto e Paolo Dalla Via, insignito dell’onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica lo scorso ottobre dal capo dello Stato. Dalla Provincia di Venezia Serenissima Holding ha acquistato le quote di Autostrade Serenissima spa, nel cui consiglio di amministrazione siede Luigi Dal Borgo.
Cristina Genesin
Chiarotto sentito dal pm a Venezia
L’imprenditore provato e amareggiato si è detto ignaro, faceva tutto l’ingegnere
PADOVA Ieri mattina è toccato a Romeo Chiarotto comparire davanti al pm veneziano Stefano Ancilotto. Il patron della Mantovani, titolare della Serenissima Holding intorno a cui gravitano diverse aziende, non è indagato nella complessa inchiesta per frode fiscale che ha portato in carcere Piergiorgio Baita e soci. L’imprenditore di lungo corso, oggi ottantatreenne, è stato interrogato dalla Procura che sta cercando di capire se e in quale modo la famiglia Chiarotto sia coinvolta nel giro di false fatture. Ma anche dall’interrogatorio non è emerso alcun elemento che possa far ritenere agli investigatori che il proprietario della Mantovani fosse minimamente a conoscenza del disegno criminoso condotto da Baita con la “cartiera” di San Marino Bmc Broker e altre aziende fantasma nel Veneto e in altre regioni nate giusto per emettere le false fatture. Romeo Chiarotto, che non era assistito da alcun legale, in quanto appunto non indagato, ha nettamente preso le distanze da Baita. È parso provato. Ed è parso sincero al pm quando si è detto del tutto estraneo alla frode. Ciò potrebbe far pensare la famiglia Chiarotto come parte lesa nell’inchiesta: questo è il ruolo che più verosimilmente va profilandosi per Romeo Chiarotto. Ma sarà l’inchiesta a stabilirlo. La famiglia su Baita aveva piena fiducia. Gli aveva lasciato in mano la Mantovani, gli dava circa un milione di euro all’anno per quell’impiego. Gli affari andavano a gonfie vele. Ma il segreto del successo non era solo il talento di Piergiorgio Baita.
Elena Livieri
PROVINCIA DI PADOVA
Cessione della Brescia-Padova il Pd: «Bisogna fare chiarezza»
PADOVA – Il capogruppo Pd nel consiglio provinciale di Padova Fabio Rocco chiede che venga fatta luce sui rapporto tra la Mantovani e l’amministrazione provinciale. «Un anno fa» ricorda Rocco, «la Provincia di Padova vendeva la propria quota azionaria dell’autostrada Brescia Padova. Tutti ricordiamo la controversa vicenda che vide la Provincia guidata da Barbara Degani tergiversare per più di due anni sulla vendita, dimostrando molte incoerenze nel modo di procedere, al punto che la base d’asta iniziale per le azioni era di 740 euro l’una nel 2009 mentre si è finiti a venderle a 518 nel 2011. L’alienazione si è conclusa a trattativa privata, dopo tre aste pubbliche deserte. La Mantovani aveva presentato una manifestazione d’interesse all’acquisto e risultò essere l’acquirente delle azioni della Provincia. Mantovani è al centro di numerosi progetti del sistema autostradale veneto tra cui anche il Gra di Padova. Perciò auspichiamo che sia fatta rapidamente chiarezza sui rapporti con l’amministrazione provinciale: formalizzeremo a breve una interrogazione».(e.l.)
Nuova Venezia – Il “giallo” del ragioniere sparito consulente della Mantovani
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6
mar
2013
Mirco Voltazza, di Polverara, doveva finire in carcere per una condanna definitiva Indagato per frode fiscale, gli inquirenti lo cercano ma ha fatto perdere le sue tracce
PADOVA – Adesso spunta il “terzo uomo” nell’inchiesta sui fondi neri del colosso delle costruzioni Mantovani spa. È un ragioniere – come il responsabile amministrativo del gruppo Nicolò Buson attualmente in carcere – ex bancario e promotore finanziario, oggi imprenditore-faccendiere con entrature importanti al punto da vantare la “protezione” di un magistrato. Si tratta di Mirco Voltazza, 52 anni con residenza a Polverara nel Piovese, in provincia di Padova, nome già noto alle cronache giudiziarie, titolare della Servizi e Tecnologie Ambientali con sede a Marghera in viale Fratelli Bandiera. È ricercato e indagato. L’accusa contestata? Concorso in frode fiscale, in quanto sospettato di aver emesso fatture destinate a coprire operazioni inesistenti grazie alle quali Mantovani spa avrebbe costituito milioni di euro in fondi neri nel paradiso Sanmarinese. Come? Attraverso una o più società di cui è proprietario. Non solo. Voltazza rischia di diventare un personaggio-chiave nell’indagine coordinata dal pm veneziano Stefano Ancilotto, ora coadiuvato dal collega Stefano Buccini, e affidata agli uomini nel Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia e di Padova. Venerdì scorso i finanzieri si sono presentati nella villa colonica di Polverara, in via Argine sinistro 6, con un mandato di perquisizione: è l’abitazione dove Mirco Voltazza risiede da alcuni anni con la famiglia. Di lui, però, nessuna traccia. È sparito, volatilizzato, anche se lo stanno cercando in tanti e per motivi diversi. A suo carico c’è un’ordine di carcerazione disposto in seguito a una condanna a un anno e mezzo di reclusione, diventata definitiva dopo i tre gradi di giudizio. Alle spalle, il ragioniere ha precedenti per ricettazione, calunnia e peculato registrati nel suo certificato penale. Di guai ne ha già avuti, dunque. Eppure l’ingegnere Piergiorgio Baita, presidente di Mantovani spa, si fidava di Mirco Voltazza, ragioniere che aveva fiutato il business del settore ambientale. O almeno così sembrava tanto da nominarlo collaboratore del gruppo Mantovani spa per la costruzione e la successiva demolizione della piattaforma su cui sorgerà l’Expo 2015 di Milano: è quanto risulterebbe da un’informativa dell’Uepe, l’Ufficio esecuzione penale esterna del Ministero di Grazia e Giustizia al tribunale di Sorveglianza. Come mai un incarico di rilievo per un personaggio non certo lindo? Voltazza andava fiero di quella consulenza con il gruppo Mantovani. E lo raccontava. Ma, al di là dell’accusa di concorso in frode fiscale, una delle piste degli inquirenti è che Voltazza avesse la disponibilità di danaro per corrompere (o tentare di corrompere) uomini della Guardia di Finanza, funzionari dell’Agenzia delle Entrate e qualche magistrato. Insomma era l’uomo che avrebbe dovuto “sporcarsi” le mani per conto dei vertici del gruppo, molto agitato da mesi per essere nel mirino dell’autorità giudiziaria e fortemente preoccupato di essere informato sull’andamento dell’inchiesta che lo riguarda? Ed era davvero l’uomo con contatti importanti tanto da vantare la “protezione” di un magistrato? Aspetti non di poco conto visto che la fuga di notizie a vantaggio dei principali indagati (Baita e William Colombelli, titolare della Bmc Broker con sede a San Marino dove erano trasferiti i soldi grazie alle false fatturazioni) è frutto del lavoro di qualche “talpa”. Di sicuro erano stretti i rapporti fra il ragioniere Voltazza e Mantovani spa.
Cristina Genesin
Minutillo, verifiche sulla deposizione
Dopo il lungo interrogatorio, la procura a caccia delle conferme documentali
VENEZIA – Sono stati avviati velocemente da parte dei finanzieri dei Nuclei di Polizia tributaria di Venezia e Padova gli accertamenti sulle dichiarazioni rese nel lungo interrogatorio di martedì al pubblico ministero lagunare Stefano Ancilotto da Claudia Minutillo, arrestata per associazione a delinquere e frode fiscale in qualità di amministratore delegato di «Adria Infrastrutture» ma fino al 2005 segretaria dell’ex presidente della Regione Giancarlo Galan, ora deputato, e dell’assessore Renato Chisso. Quello che ha raccontato alla presenza del suo difensore, l’avvocato padovano Carlo Augenti, e registrato parola per parola è finito in un verbale secretato. Claudia Minutillo è in possesso di informazioni che ha accumulato nella sua lunga carriera di segretaria prima e di manager poi. A cambiar mestiere sarebbe stata costretta, otto anni fa, dall’intervento della compagna dell’allora presidente Galan. Un’esclusione che allora non deve aver digerito, ma era stata sistemata bene sotto il controllo di Piergiorgio Baita poi diventato presidente della «Mantovani spa», l’asso pigliatutto delle costruzioni venete. E in questa nuova veste ha accumulato altre informazioni: stando all’ordinanza di custodia cautelare, ad esempio, sarebbe stata spesso lei a ritirare i soldi accumulati a San Marino grazie alle fatture fasulle e a riportarli in Veneto.Circa otto milioni di euro, su 10, che sarebbero stati utilizzati per formare fondi neri all’estero. E Minutillo sa a chi è finito quel denaro, se siano state pagate tangenti o meno. Naturalmente, l’indagata potrebbe essersi limitata a riferire quello che sa della fatturazione fasulla, ma le oltre sei ore d’interrogatorio fanno ritenere che non si sia limitata semplicemente a confermare quello che gli inquirenti sanno già grazie alle prove raccolte con la verifica fiscale negli uffici della Mantovani a Padova, con le intercettazioni ambientali e telefoniche e grazie ai racconti di alcuni testimoni più disponibili di altri. Adesso, comunque, ai finanzieri tocca cercare i riscontri alle affermazioni dell’indagata. Intanto il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, ha inviato in procura l’elenco delle opere pubbliche realizzate in Comune dalla Mantovani, una mossa tesa a evitare ogni sospetto.
Giorgio Cecchetti
Oggi intervento del governatore in consiglio
Il presidente della giunta regionale Luca Zaia sarà questa mattina in consiglio regionale per presentare il bilancio del 2013 ma anche per affrontare la bufera giudiziaria che si sta abbattendo sui vertici dell’impresa Mantovani e che sfiora anche Veneto strade. Il governatore parlerà in aula nella tarda mattinata e poi risponderà alle sollecitazioni delle opposizioni, contrarie alla commissione di indagine interna insediata ieri mattina dalla giunta regionale sull’inchiesta che sta facendo tremare i palazzi della politica veneta.
Zaia mobilita gli ispettori
Anche il Mose a rischio stop
Un nucleo di tecnici esaminerà le fatture delle società partecipate dalla Regione
L’eventuale interdizione dalla PA bloccherebbe i cantieri del colosso costruzioni
VENEZIA «Se l’impianto accusatorio fosse confermato, non basterebbe l’indignazione, l’unica soluzione sarebbe il lanciafiamme. Io ho completa fiducia nei magistrati ma sento il dovere di agire»: Luca Zaia prova a sintonizzarsi con l’opinione pubblica nauseata dagli scandali e nomina un “Nucleo ispettivo interno” incaricato di esaminare la correttezza dei conti delle società a partecipazione regionale, a cominciare da Veneto Strade e Veneto Acque, le spa coinvolte nell’inchiesta sulla frode fiscale e i fondi neri che ha condotto in cella l’amministratore delegato della Mantovani, Piergiorgio Baita. In proposito, il segretario della giunta, Mario Caramel, avverte: «La facoltà di contrattare con la pubblica amministrazione prevede requisiti di moralità, qualora l’autorità giudiziaria, come avvenuto in inchieste analoghe, applicasse un provvedimento di interdizione alla Mantovani, quest’ultima non potrebbe più essere interlocutore dell’ente Regione». Un’ipotesi – quella dell’interruzione dei rapporti – che avrebbe conseguenze pesanti, sia sul piano operativo (il colosso delle costruzioni è impegnato, ad esempio, nel completamento del Mose a Venezia) che sul fronte occupazionale. L’avvocato Caramel presiede il Nucleo costituito (con voto unanime) dall’esecutivo: gli altri “investigatori” sono i dirigenti di Palazzo Balbi Maurizio Gasparin, Daniela Palumbo, Maurizio Santone, Egidio Di Rienzo; a coordinare il pool sarà il segretario generale della programmazione Tiziano Baggio. Ma cosa dovrà accertare esattamente l’ispezione? «Ho chiesto un rapporto dettagliato sulle partecipate, con verifica documentale degli eventuali rapporti con soggetti che hanno sede all’estero, nonché sulla modalità di affidamento della fornitura di beni e servizi». Tradotto in lingua corrente: spulciare una montagna di fatture “sensibili” alla ricerca di documenti falsi. Compito oneroso – il Nucleo non dispone delle risorse e dei poteri propri della Guardia di Finanza – ma il governatore appare fiducioso: «Attendo risultati entro una decina di giorni al massimo». Si vedrà. Ulteriore zona d’ombra, i project financing, cioè il ricorso a capitali privati nelle opere pubbliche, con sospetti sulle cordate d’imprese pigliatutto… «La capacità d’indebitamento, pari a 4,3 miliardi, è stata esaurita dalle amministrazioni precedenti e ora il problema non si pone. Certo, alcuni project ereditati comportano interessi passivi fino al 12%, sono tassi assolutamente fuori mercato». C’è anche una lettera di Zaia agli uffici che invita a pubblicare sul web tutte le fatture saldate ma in tema di trasparenza l’opposizione obietta che un’indagine svolta da tecnici nominati dalla giunta non offre garanzie adeguate, perciò Pd e Idv sollecitano il consiglio a istituire una commissione “politica” d’inchiesta espressione di tutti i gruppi. «L’assemblea è sovrana, se emergerà questa esigenza sarò il primo ad aderire», conclude Zaia. Circostanza che rischia di complicare i rapporti con l’alleato Pdl: il partito di Giancarlo Galan vede la fatidica commissione come il fumo negli occhi.
Filippo Tosatto
L’ASSESSORE CHISSO UNICO A DIFENDERLO
Vernizzi sul punto di lasciare: «Sono molto amareggiato»
VENEZIA – Più che amareggiato, deluso. Dopo trent’anni di carriera dentro agli uffici regionali fino alla poltrona di Segretario regionale alle infrastruture (e amministratore delegato di Veneto Strade), Silvano Vernizzi, rodigino di 59 anni, non se l’aspettava di essere lasciato completamente da solo. Ad eccezione di Renato Chisso, da sempre suo sodale, in questi giorni quasi tutti hanno dimenticato il suo numero di telefono. Qualcuno, come sempre succede in questi casi, dirà di non averlo mai conosciuto. Ingegnere, il presidente Zaia dice basta ai doppi incarichi: lei è contemporaneamente dirigente regionale delle Infrastrutture e amministratore di Veneto Strade. «È l’opinione del presidente. Faccia quel che vuole». Vi siete sentiti? «No». E con Chisso? «Con l’assessore sì, certo». Avvertiamo un filo di amarezza, nelle sue parole… «Non è esatto. Sono profondamente amareggiato». Pensava di ricevere un po’ di solidarietà? «La gratitudine non è di questo mondo, figuriamoci della politica». Sta pensando alle dimissioni? «Ancora non lo so, sto valutando cosa fare, ma non ho deciso nulla». A Palazzo Ferro Fini, nel pomeriggio, compare anche Renato Chisso, assessore ai traporti e alla mobilità. La faccia non è dei giorni migliori. Assessore, cosa pensa di questa inchiesta? «Lasciamo fare alla magistratura». Veneto Strade avrebbe pagato la Bmc di San Marino per alcune forniture di servizi. «Non ne so niente, Veneto Strade ha un suo consiglio di amministrazione. Ne fanno parte la Regione e le Province. Ho chiesto a Vernizzi e lui mi assicura che si tratta di servizi effettivamente resi. Non ho motivo di dubitarne». Perché Veneto Strade, società pubblica, partecipava a fiere di settore? «Era un problema di immagine e di presenza, il cda ha ritenuto di farlo e credo abbia fatto bene». Zaia dice basta ai doppi incarichi. «Vernizzi è l’uomo che ha fatto il Passante, quando abbiamo creato Veneto Strade abbiamo scelto il migliore. Il doppio incarico c’è per effetto di una legge regionale, approvata all’unanimità. Se qualcuno ha cambiato idea ne discuteremo». (d.f.)
Gazzettino – Venezia, Salta l’accordo sull’ex ospedale
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6
mar
2013
LIDO – Ca’ Farsetti ha deciso di non firmare la transazione in atto con il gruppo padovano
Svolta dopo la riunione della giunta. Il sindaco: «Ora attendiamo la risposta del giudice»
La decisione è stata presa durante una riunione di giunta. Ed è stato un provvedimento difficile, delicato e ricco di conseguenze: ad un passo da un possibile accordo, così come ventilato nelle scorse settimane e anche nelle ultime 48 ore, Ca’ Farsetti ha deciso di non firmare nessun accordo di transazione con Est Capital per risolvere in modo extragiudiziale il contenzioso in atto sulla riqualificazione del Lido con la trasformazione dell’ex Ospedale al Mare e l’intervento per il Palacinema.
Ma non si tratta di un fulmine a cielo, e anche se il sindaco Giorgio Orsoni smentisce di aver “ceduto” alle proteste del Coordinamento “Un altro Lido è possibile”, svoltesi anche l’altro ieri in maniera, anche burrascosa, in Municipio, l’idea di rigettare l’accordo si era fatta strada in questi giorni con pressioni anche da parte di alcuni esponenti della maggioranza (la lista In Comune, e parte del Pd), anche dopo il caso Baita. E così, anche partendo da questo, Orsoni ha fatto il “gesto”, avvisando anche il presidente Paolo Baratta della Biennale, rimettendo la palla al centro e dando, in pratica, l’ultima parola al giudice civile.
«Nonostante gli sforzi fatti – ha detto Orsoni – non siamo riusciti a raggiungere l’accordo. La soluzione scelta non offriva le garanzie che dovevamo avere come Comune per disporre in tempi rapidi un processo già stabilito nel biennio 2006/2007. Ci è risultato più opportuno soprassedere e attendere la parola del giudice. Nessun cedimento alla folla urlante, ma una riflessione serena».
Oltre alla decisione di non sottoscrivere l’accordo, Orsoni ha pesantemente contestato il periodo del “commissariamento” del Lido, e pur non citando mai Vincenzo Spaziante, ha rincarato la dose: «Le operazioni in questione – ha attaccato – sono frutto di gestioni commissariali, mai state sensibili alle esigenze del territorio. A lungo, Ca’ Farsetti è stata espropriata dalla gestione di questa operazione e ci riteniamo i primi ad essere danneggiati per quanto è accaduto. In questo senso ci riserveremo di fare le nostre valutazioni».
REAZIONI Vianello (Municipalità): «Il progetto non stava in piedi»
Gli ambientalisti esultano
Esultano i comitati e le associazioni del Lido che, per primi, avevano detto «no» a qualsiasi ipotesi di accordo tra Comune ed Est Capital sulla compravendita dell’ex ospedale al mare. «Siamo soddisfatti – scrive il Coordinamento “Un altro Lido è possibile” – La nostra mobilitazione e dei vari Comitati (tra cui quello del «Marinoni bene comune»), sostenuta da tanti abitanti, ha vinto su una scelta, quella dell’accordo, pericolosa, non trasparente, che svendeva il territorio, i suoi beni, la sua storia. Ora occorre continuare su questa strada, cancellando un passato fatto di assurdi commissariamenti, fallimenti e sprechi di soldi pubblici (vedi il buco in piazzale della Mostra del cinema oggi piazzale dei 40 milioni), con il massimo coinvolgimento di tutte le istituzioni e dei cittadini».
“Un altro Lido” ha poi riepilogato le sue proposte per il futuro sintetizzate in quattro punti: il monoblocco sanitario non si tocca mentre la Favorita deve essere messa a disposizione dei cittadini e delle associazioni. «Al Lido poi – prosegue la nota – non serve né un Palazzo né un Palazzetto del cinema ma occorre risistemare il piazzale con un adeguato arredo urbano, ristrutturare il Paladarsena, utilizzare l’ex Casinò con contenuti multidisciplinari ripristinando la scalinata, valorizzare i resti del forte austriaco e il verde residuale. Inoltre ci vuole un nuovo progetto condiviso per l’area dell’ex ospedale al Mare».
Anche il presidente della municipalità del Lido, Giorgio Vianello è soddisfatto. «Noi della Lega lo abbiamo sempre detto – dice il presidente – il progetto non stava in piedi fin dall’inizio, meglio azzerare tutto e ripartire». Preoccupati per il futuro gli albergatori. «Ci auguriamo che, presa questa decisione, il lungomare e quest’area dell’isola non rimangano bloccate per un decennio. Speriamo si trovi una soluzione c’è l’urgenza di intervenire sull’ex Casinò». Chiude la rassegna dei pareri l’avvocato Francesco Mario d’Elia di “Venezia Libera”. «Una decisione doverosa – rileva d’Elia – potremmo dire meglio tardi che mai».
Lorenzo Mayer
EST CAPITAL
«Il Comune cambia le carte in tavola. Danno grave, sarà scontro in tribunale»
Est Capital va all’attacco con una nota pesantissima contro Ca’ Farsetti. «A partire dal giugno del 2012 – sottolinea il gestore del fondo immobiliare Real Venice II – il Comune ha chiesto per ben quattro volte al giudice investito del provvedimento cautelare di cui dipende la restituzione dell’acconto di 31,6 milioni di euro depositato presso la Carive, un rinvio dell’udienza di discussione. Una decisione che, anche bonariamente, abbiamo sempre avallato. Va aggiunto, però, che ad ogni rinvio è altresì stata corrisposta, una nuova e differente proposta da parte del Comune, compresa l’ultima. Il Fondo ha sviluppato a proprie spese la struttura di una possibile transazione e ogni volta il Comune ha cambiato le carte in tavola per una ragione o un´altra all´ultimo momento».
Insomma un atto d’accusa bella e buona, ma Est Capital rincara la dose: «Il Fondo, – attacca ancora la nota – che ha già versato al Comune di Venezia in esecuzione del preliminare l´importo di 54,9 milioni di euro, di fronte alle inadempienze e alla incoerenza dell´Amministrazione comunale non può che insistere per la decisione relativa allo svincolo delle somme depositate presso il tesoriere del Comune e chiederà immediata pronuncia al Tribunale di Venezia affinché Ca’ Farsetti sia condannato alla restituzione degli ingenti acconti già versati e al risarcimento del gravissimo danno subito, in relazione agli investimenti già effettuati ed alle spese sostenute, previa risoluzione del contratto preliminare. In questo modo cercare di attirare investimenti nel nostro Paese non è difficile, è inutile».
Insomma, ancora una volta si preannuncia un muro contro muro tra Comune ed Est Capital sul futuro del Lido.
Gazzettino – La Minutillo: io, Baita e il sistema San Marino
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6
mar
2013
Fondi neri, deposizione-fiume dell’ex segretaria di Galan. Giallo a Padova: perquisita la casa di collaboratore del capo della Mantovani. Ma da un mese la famiglia non ha sue notizie
L’interrogatorio di Piergiorgio Baita si è svolto nei giorni scorsi in carcere a Belluno: si è avvalso della facoltà di non rispondere
MILIONI IN “NERO” – La manager potrebbe aver fornito dettagli sulla destinazione finale del denaro
LE PRESSIONI « Mi consigliò di non dare una testimonianza completa»
TESTIMONE – Parla Vanessa Renzi, segreteria di Colombelli: fatture emesse a fronte di attività inesistenti«Qui non ho mai visto consulenti»
LA TESTIMONE – «In principio fu solo la Mantovani poi vennero le altre del gruppo»
(gla) «Il fatto che i consulenti non esistono non è una mia opinione: non sono mai in alcun modo passati per l’ufficio e l’unico a riferire di aver avuto contatti con loro è stato Colombelli il quale peraltro diceva di provvedere personalmente al loro pagamento, ma operava sempre e solo a mezzo di contanti che faceva prelevare dai conti della società».
È l’ex segretaria della Bmc Broker, Vanessa Renzi, a confermare alla Guardia di Finanza che le fatture emesse dalla società di San Marino erano tutte fasulle, emesse a fronte di attività inesistente. Dopo una prima audizione avvenuta il 24 maggio del 2012, la donna chiede di per essere nuovamente sentita per integrare le dichiarazioni e l’8 giugno e rivela di aver ricevuto pressioni dal presidente di Bmc Broker, William Colombelli il quale l’avrebbe pressata, consigliandola di «evitare di rendere una testimonianza piena ed esaustiva», per evitare di finire a sua volta indagata.
Ma Vanessa non si lascia intimidire. Anzi, riferisce alle Fiamme Gialle che Colombelli stava controllando tutti i personal computer per cancellare i dati della contabilità, e aveva chiamato a tal fine un tecnico informatico per il lunedì successivo. Ma non solo: «Ha dato ordine alla mia collega Margareth di distruggere i documenti delle annualità anteriori al quinto anno. So che questi documenti sono stati portati via dall’ufficio e non so dove siano stati buttati».
La Renzi racconta che gli unici fornitori della Bmc erano quelli che rifornivano materiali d’ufficio. Per il resto non ha mai visto traccia di fornitori, clienti, consulenti; mai una telefonata, né una mail. Mai un sollecito, né una richiesta. Gli unici versamenti che ricorda sono quelli effettuati al padre e alla moglie di Colombelli, ai quali avrebbe accreditato somme di denaro direttamente sui conti di William Colombelli.
Di un certo interesse per gli inquirenti è anche il racconto relativo al viaggio che Vanessa Renzi fece alla Hydrostudio di Rovigo per ritirare documentazione e dischetti che poi riportò a San Marino. La segretaria ha spiegato ai finanzieri che era stato Colombelli ad inviarla a Rovigo dopo aver chiesto alla Hydrostudio di provvedere a fornire la documentazione relativa ai rapporti e ai lavori che la Bmc aveva fatturato a favore della Mantovani. Documentazione che, secondo la Procura, sarebbe stata appositamente creata per essere consegnata agli inquirenti di San Marino i quali a loro volta avrebbe dovuto “girarli” alla Guardia di Finanza impegnata nella verifica fiscale alla società di costruzioni presieduta da Piergiorgio Baita. La Renzi ha raccontato che Colombelli era particolarmente preoccupato, tanto da chiederle di fotografare le tappe del suo viaggio verso Rovigo, nonché di registrare di nascosto l’incontro e il colloquio al momento della consegna della documentazione. Strategia finalizzata, evidentemente, ad acquisire materiale utile da utilizzare come “pressione” nei confronti di Baita il quale, dopo l’avvio della verifica fiscale, aveva manifestato l’intenzione di sospendere i rapporti con la Bmc.
DEPOSIZIONE – L’ex segretaria di Galan dal Pm per oltre 6 ore: così funzionava il sistema Bmc
SCOMPARSO – La Gdf a casa di Mirco Voltazza, collaboratore di Baita: ma lui non c’è
La Minutillo confessa Perquisizioni a Padova
E ora, dopo la confessione fiume di Claudia Minutillo, sono in molti a tremare in Veneto. L’amministratore delegato di Adria Infrastrutture, in carcere con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’emissione di false fatture milionarie, è rimasta davanti al sostituto procuratore di Venezia, Stefano Ancilotto, per oltre sei ore riempiendo un lungo verbale ricco di dichiarazioni alle quali la Guardia di Finanza sta cercando di riscontri e conferme.
È stata la stessa Minutillo, ex segretaria del presidente della Regione, Giancarlo Galan, a chiedere di essere ascoltata al più presto dal magistrato che coordina le indagini: di conseguenza è immaginabile che abbia deciso di raccontare tutto quello che è a sua conoscenza in merito al meccanismo di false fatturazioni contestato dagli inquirenti alla sua società e alla Mantovani spa di Piergiorgio Baita. Ma non è escluso che abbia fornito anche qualche particolare sulla destinazione delle ingenti somme di denaro in “nero” che le due società sarebbero riuscite a procurarsi attraverso le fatture emesse dalla Bmc Broker di San Marino a fronte di attività di studio e progettazione mai effettuate. In tal caso a preoccuparsi potrebbe essere più di qualcuno negli ambienti che contano.
Il verbale riempito dall’amministratrice di Adria Infrastrutture è coperto dal segreto investigativo: la Procura si trincera dietro un laconico “no comment”; sceglie la strada del riserbo anche l’avvocato Carlo Augenti, il difensore di Claudia Minutillo. Non è escluso che nei prossimi giorni l’ex segretaria di Galan venga nuovamente ascoltata dagli investigatori.
Nel frattempo le Fiamme gialle stanno cercando di rintracciare uno stretto collaboratore del presidente della Mantovani, Mirco Voltazza: la sua abitazione è stata perquisita la scorsa settimana assieme agli uffici delle società coinvolte nell’inchiesta e al domicilio degli indagati, ma il ragioniere non c’era. A quanto pare non fa rientro a casa da circa un mese. I finanzieri vorrebbero ascoltarlo in relazione all’attività svolta per la Mantovani, con la quale è legato da un contratto di collaborazione per la costruzione e la successiva demolizione della piattaforma su cui si svolgerà l’Expo 2015 a Milano. Ex impiegato di banca, ex gestore dell’Aci di Piove di Sacco, ex promotore finanziario, Voltazza risulterebbe avere un precedente penale per reati piuttosto seri e gli inquirenti si domandano come mai collabori con il gruppo Mantovani.
In attesa di capire se anche il presidente di Bmc Broker, William Ambrogio Colombelli, e il responsabile amministrativo della Mantovani, Nicolò Buson, decideranno di parlare con il pm Ancilotto, le Fiamme Gialle hanno iniziato ad analizzare le decine di faldoni di documenti sequestrati nella sede delle società e nelle abitazioni private perquisite giovedì mattina. I finanzieri cercano ulteriori conferme e riscontri in relazione alle false fatture milionarie emesse da Bmc Broker, ma anche qualche carta che possa fornire indicazioni sulla destinazione finale dei soldi che la società di San Marino, dopo aver ricevuto i bonifici di Mantovani e Adria Infrastrutture, provvedeva a restituire in contanti a Minutillo e Baita. Il pm Ancilotto sospetta che i presunti fondi “neri” possano essere serviti per pagare tangenti: sospetti che per il momento restano semplici ipotesi alla ricerca di conferme.
Oltre ai quattro arrestati, sulla base dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Alberto Scaramuzza, nell’inchiesta figurano indagate altre 15 persone per favoreggiamento, quasi tutti imprenditori, veneti ed emiliani. Il vicequestore aggiunto di Bologna, Giovanni Preziosa, è invece finito nei guai per abuso di accesso al sistema informatico, perché avrebbe fornito indicazioni sullo stato delle indagini.
Entro 10 giorni esaminati tutti gli atti degli ultimi 5-6 anni di Veneto Strade e Veneto Acque, nel mirino dei magistrati
«Inchiesta Mantovani, se l’impianto accusatorio sarà confermato, si dovrà usare il lanciafiamme»
IL GOVERNATORE «Vernizzi? Stop ai doppi incarichi»
Zaia: «Un Nucleo speciale indagherà sulle partecipate»
Di insonnia ne soffre ormai in modo quasi congenito. E la vicenda Mantovani, che ha scatenato sulla Regione Veneto un vero tsunami, non aggrava lo stato notturno del governatore Luca Zaia. Però, più di qualche problema, ora il leghista dovrà risolverlo. Sull’ipotizzato intreccio tra frode fiscale, sospetti di fondi neri, e chissà, addirittura tangenti sta indagando la magistratura, certo. Ma «io sono l’amministratore delegato della Regione» e quindi «è mio dovere, nei confronti del cittadino, fare qualcosa». Zaia non si cura della sollevazione da parte del Pd che vorrebbe una commissione d’inchiesta gestita dal Consiglio regionale. «Io – annuncia – ho proposto, ed ottenuto dalla Giunta, all’unanimità la costituzione di un Nucleo Investigativo Interno». Sovrapposizione con la proposta dei democratici? «Se il Consiglio – chiarisce il governatore – intende fare una commissione e riempire una stanza di carte, sarò il primo a firmare…».
Dalle parole di Zaia, si capisce che non ce ne sarà più per nessuno. E se alla fine, il combinato disposto tra l’azione della magistratura e della Regione, dovesse confermare le ipotesi allora «l’indignazione non basterà, imbraccerò il lanciafiamme» promette. Va bene il “Nucleo Investigativo” (composto dai responsabili regionali del controllo atti, della direzione affari legislativi, della direzione ragioneria, della direzione attività ispettive e vigilanza del settore socio-sanitario, del segretario generale alla programmazione e dal segretario di Giunta), ma il governatore ha in serbo un giro di vite.
NUCLEO ISPETTIVO – Dovrà “indagare” innanzitutto sulle società partecipate alla Regione, finite sotto la lente della magistratura: Veneto Acque e Veneto Strade. Entro 10 giorni, limite categorico, dovranno scartabellare tutta la loro attività (spese, fatture, appalti…). Il periodo preso in esame? «Gli ultimi 5-6 anni». L’ultima Giunta a guida Giancarlo Galan? «Sia chiaro – frena Zaia – non accuso nessuno. C’é la magistratura al lavoro…». E per essere super partes, «nel caso che venisse fuori qualcosa di poco chiaro su iniziative fatte nei tre anni di nostro governo, il mio comportamento non cambierà». La mannaia si abbatterà, comunque. Gli “ispettori” si faranno dire dagli amministratori delegati di Veneto Acque e Veneto Strade perché e come abbiano deciso e pagato le collaborazioni alla Bmc di San Marino.
CONTROLLATE – L’investigazione sarà a tappeto e sarà allargata a tutte le società partecipate e controllate dalla Regione. E ancora. Il presidente annuncia di avere spedito una lettera («avrei dovuto farlo prima») a tutte le società con l’obbligo di pubblicare on-line le fatture pagate («i veneti hanno diritto di sapere dove finiscono i loro soldi»). Altra novità: è in arrivo una delibera («era già pronta – confessa Zaia – ma abbiamo atteso dopo il voto per evitare critiche») per accelerare la revisione della società controllate e partecipate. Per «conoscerne puntualmente bilanci, costi, indennità degli amministratori». Zaia è convinto che in alcuni casi «i bilanci servono solo a pagare i gettoni ai cda».
INCARICHI – Verrà rimosso Silvano Vernizzi, ad di Veneto Strade? «Ripeto, nessuno è colpevole fino a prova contraria. Ricordo che, al mio arrivo alla presidenza, Veneto Strade aveva un monte-lavori di 4 miliardi: un bel pacchetto. Ma uscirà prossimamente dalla Giunta un provvedimento che, in generale, vieta i doppi incarichi». Vernizzi è anche segretario regionale alla Mobilità e Trasporti.
PROJECT FINANCING – «Funziona, ma dipende da come viene usato». Revisione? Zaia: «È una legge nazionale». Ma una lente di ingrandimento più grande è d’obbligo: «Basta pagare interessi del 10-11-12 per cento ormai fuori mercato. Il segretario generale alla programmazione sta preparando schede su tutti i project in atto».
Giorgio Gasco
«Non demonizzate il project financing»
Antonio Padoan: «L’ospedale di Mestre non si sarebbe mai costruito, e il margine per i privati è inferiore al 7%»
LA STOCCATA «Polemiche strumentali. Zaia vuole colpire Galan»
«Se lo rifarei? Al quattrocento per cento. Non ho dubbi. Senza il project financing, Mestre non avrebbe mai avuto il suo ospedale e i cittadini sarebbero ora ospitati in stanze che cadono a pezzi invece che in camere a 4 stelle. E a chi mi dice che si poteva andare a chiedere i soldi in banca, dico che non sa nemmeno di che cosa parla. La domanda che bisogna farsi, se si vuol essere onesti, è la seguente: come mai si è iniziato a fare ricorso al project? Possibile che nei quarant’anni precedenti a nessuno sia venuto in mente di chiedere i finanziamenti in banca per costruire il nuovo ospedale di Mestre?»
Così Antonio Padoan, il direttore generale dell’Ulss 12 che in 4 anni è riuscito a costruire l’ospedale dell’Angelo.
«Che è ancora lì, ricordo a tutti, cinque anni dopo, più bello di prima. Voglio dire che non è capitato, come per altre strutture realizzate dal pubblico, che c’è bisogno di continua manutenzione, di martinetti di spinta e di perizie e sopraperizie per scoprire che si è speso il quadruplo di quel che si doveva spendere, mi sono spiegato?»
Il riferimento è al Ponte di Calatrava?
«Ma non solo. Qualsiasi intervento fatto dal pubblico è così o sbaglio? Che costa il doppio, il triplo, il quadruplo rispetto ai preventivi. E invece il project, se è fatto bene e lo ripeto, se è fatto bene, vincola i privati a dare il meglio perchè gestiscono le realizzazioni per un certo numero di anni. E poi sui costi, leggo solo attacchi strumentali. I costi del project sono stati analizzati dal Consiglio regionale che ha stabilito che i project debbano affidare ai privati un margine di guadagno dal 7 al 9 per cento. Mestre costa meno del 7 per cento. E funziona. Qualcun’altro costa molto di più del 9 per cento e funziona meno bene».
Insomma il project financing non è un dogma.
«Dipende da come si scrivono le convenzioni con i privati. E, comunque, il presidente della Regione Luca Zaia è per forza un grande sostenitore del project visto che ha appena fatto in project i lavori al Cà Foncello di Treviso e si appresta a dare il via all’ospedale di Padova dopo aver chiuso due project nel vicentino e uno ad Asolo.»
Insomma, nessun ripensamento nonostante le bordate che arrivano dalla Regione sul project.
«Sono polemiche strumentali, che non hanno come obiettivo il project financing, ma Giancarlo Galan, siamo seri. Ma io sfido chiunque ad affrontare un dibattito serio sul project. Conti alla mano. E ribadisco che, se c’è necessità di un’opera e se bisogna farla in fretta e bene non ci sono altri modi. Il privato alla fine ti dà garanzie in più se lo sai utilizzare bene. Mestre ha finalmente il suo ospedale da sogno, dopo quarant’anni di chiacchiere e possiamo lasciare che chiacchierino a vuoto per altri 40 anni, ma almeno lo fanno all’ombra di un ospedale che altrimenti non sarebbe mai nato.»
La segretaria della Bmc
«Così costruivamo tutte quelle fatture false»
IN CARCERE – Piergiorgio Baita è sempre rinchiuso a Belluno
CONFERME – La società di San Marino non aveva alcuna struttura
Le pratiche venivano portate in ufficio dalla Minutillo. Colombelli si faceva dare i contanti e partiva per il Veneto
CASO BAITA – La segretaria di San Marino: «Fatture false, cominciò così»
«Voglio precisare che quanto ho detto con riferimento alla Mantovani e alla Adria Infrasttrutture vale anche per tutte le altre società che facevano parte del gruppo sopra indicato, ovvero Consorzio Venezia Nuova, Thetis, Palomar, Dolomiti Rocce, Veneto strade, Veneto acque, Passante di Mestre ecc… In pratica le fatture emesse nei confronti di ciascuna di queste società sono relative ad operazioni inesistenti ed a fittizie consulenze in realtà mai poste in essere».
A dichiararlo agli investigatori è stata l’ex segretaria della società Bmc Broker di San Marino, Vanessa Renzi, principale testimone d’accusa che, con le sue dichiarazioni, ha fornito riscontri ad un quadro indiziario già ricco di elementi documentali e di conferme che giungono da una lunga serie di intercettazioni telefoniche.
La Renzi ha spiegato ai finanzieri che «eravamo noi segretarie ad emettere le consulenze di consulenza alla Bmc»; ha spiegato che la società di San Marino non aveva sostanzialmente alcuna struttura; ha rivelato che in tanti anni di lavoro non ha mai visto o sentito alcun consulente, cliente o fornitore (salvo quelli che rifornivano il materiale di cancelleria).
La prima società a fornire “lavoro” a Bmc Broker fu la Mantovani spa, ha ricordato l’ex segretaria di San Marino; poi nel corso degli anni sono arrivate le altre. Tutte le loro pratiche, ha chiarito la Renzi, venivano portate in ufficio dall’amministratrice di Adria Infrastrutture, Claudia Minutillo, o dal presidente di Bmc. William Ambrogio Colombelli. Quest’ultimo non voleva operazioni tramite bonifico o giroconto, ma solo per contanti ha precisato la testimone, spiegando che nelle occasioni in cui riceveva i bonifici da Mantovani o Adria Infrastrutture a pagamento delle fittizie consulenze, Colombelli si faceva consegnare dalla segretaria i contanti e se ne andava da San Marino, recandosi per lo più in Veneto. A titolo esemplificativo, la Renzi ha illustrato alle Fiamme Gialle un’operazione del febbraio 2007 (annotata in un suo promemoria acquisito tramite rogatoria dall’autorità giudiziaria di San Marino) relative a bonifici effettuati dalle società Ide, Ctf e Veneto Strade: una percentuale delle somme, varianti dal 19 al 25 per cento, fu lasciata sui conti della Bmc. Il rimanente prelevato da Colombelli il quale si raccomandò con la segretaria di annotare sul pro- memoria il nome della società che aveva effettuato il bonifico o di un suo referente.
Ora il pm Ancilotto sta facendo verificare tutti i rapporti intrattenuti da varie società con Bmc per avere conferma della falsità delle fatture.
CASO MANTOVANI
Dossier alla Procura della Repubblica per chiarire la posizione del Comune
«Lo confermo abbiamo predisposto un intero dossier che invieremo alla Procura della Repubblica notificando tutti i rapporti, le delibere e gli atti che vedono coinvolto il Comune nelle imprese della Mantovani e delle altre ditte che hanno come riferimento l’imprenditore Piergiorgio Baita. Si tratta di un’operazione di trasparenza».
Così ha annunciato il sindaco Giorgio Orsoni in riferimento ai contatti e ai rapporti di lavoro e collaborazione del Comune con l’impresa di costruzione dopo i recenti episodi che hanno portato in carcere l’imprenditore veneziano.
Gazzettino – Caso Baita
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5
mar
2013
IN CARCERE – Baita e Buson non rispondono agli interrogatori
Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere il presidente della Mantovani spa, Piergiorgio Baita, e il responsabile amministrativo della società, Nicolò Buson, arrestati nell’operazione per la colossale frode fiscale che coinvolge la società di costruzioni e una galassia di altre aziende.
«C’è la Finanza fai subito sparire quei documenti»
E’ l’ordine che Claudia Minutillo diede a un dipendente di Adria Infrastrutture Il Gip: in 6 anni lei e Colombelli hanno movimentato 18 milioni in contanti
Anche Buson si avvale della facoltà del silenzio
CASO MANTOVANI – Nuove circostanze: in 6 anni movimentati nelle banche di San Marino 18 milioni in contanti
«Documenti pericolosi, distruggili»
L’ordine fu dato da Minutillo a un dipendente di Adria Infrastrutture. Gli altri tentativi di sviare le indagini
Un documento da far «sparire» per evitare che finisca in mano alla Guardia di Finanza, impegnata nella verifica fiscale alla società di costruzioni Mantovani spa. Il 20 dicembre del 2011 Claudia Minutillo avrebbe affidato ad un dipendente di Adria Infrastrutture spa, Massimiliano B., l’incarico di sbarazzarsi di quel pezzo di carta «ritenuto pericoloso».
La circostanza emerge da un’intercettazione telefonica effettuata dalle Fiamme Gialle e viene citata dal sostituto procuratore Stefano Ancilotto nel provvedimento con cui è stata chiesta e ottenuta l’emissione di una misura cautelare a carico di Minutillo (che di Adria infrastrutture è amministratore delegato), del presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, del responsabile amministrativo Nicolò Buson, e del presidente della Bmc Broker di San Marino, William Ambrogio Colombelli.
Quello contestato all’ex segretaria del presidente della Regione, Giancarlo Galan, non è però l’unico episodio relativo a presunti tentativi di inquinamento delle prove, tant’è che il Gip Scaramuzza motiva la misura cautelare in carcere anche per questo pericolo. Il pm Ancilotto denuncia «tentativi di condizionare l’esito delle indagini di polizia giudiziaria e di influenzare i testimoni sentiti durante l’indagine». Agli atti vi sono decine di colloqui intercettati nei quali, secondo gli inquirenti, Colombelli e Baita avrebbero «tentato di concordare una giustificazione ai numerosi incarichi espletati» dalla Bmc Broker, nonché «di “influenzare” le deposizioni delle persone che potrebbero svelare la natura di cartiera» della società di San Marino. Colombelli, stando al racconto di una sua ex dipendente, avrebbe dato anche incarico di distruggere tutta la documentazione contabile anteriore a 5 anni dopo aver saputo della verifica fiscale della Finanza.
A Claudia Minutillo il pm Ancilotto attribuisce un ruolo centrale nell’organizzazione alla quale la Procura contesta false fatturazioni per almeno 10 milioni di euro, in quanto avrebbe svolto da tramite tra Baita e Colombelli. L’amministratrice di Adria Infrastrutture risulta intestataria di un paio di conti correnti a San Marino (ed era delegata ad operare su altri quattro) e il direttore di un istituto di credito, la Sa International bank, ha raccontato di averla vista spesso assieme a Colombelli in occasione di prelievi di denaro.
Il denaro movimentato per contanti da Bmc Brokers è di ammontare complessivo ingentissimo: 400 movimenti in sei anni per poco meno di 18 milioni di euro. «Vi è un eccessivo ricorso al denaro contante quale strumento privilegiato di pagamento», scrive il Gip Scaramuzza. Circostanza che contribuisce ad alimentare i sospetti degli inquirenti in relazione alla possibile destinazione finale di quel denaro: fondi “neri” che per ora non si sa che fine abbiano fatto.
CURIOSITÀ – Soltanto pagine dispari in quel progetto fasullo
VENEZIA – Uno dei progetti commissionati dalla Mantovani spa alla Bmc Broker (e lautamente pagato) ha soltanto le pagine dispari. E nessuno risulta aver mai protestato per il materiale incompleto (e inutilizzabile) che fu presentato. È soltanto uno dei casi – forse il più clamoroso – citato dal Gip Scaramuzza per dimostrare che la Bmc non ha effettuato alcuna reale attività, se non copiare studi e materiali prodotti da altri per giustificare le fatture milionarie. La documentazione consegnata alla Finanza durante la verifica fiscale sarebbe stata falsificata, come dimostrano numeri di protocollo non coincidenti e numerosi altri indizi.
REGIONE – Le opposizioni chiedono una Commissione d’inchiesta consigliare
«Zaia venga in aula a spiegare»
VENEZIA – «Prima di aprire la discussione sul bilancio della Regione Veneto, chiediamo che il presidente Zaia si presenti in aula per relazionare sulla situazione emersa dopo gli arresti eccellenti della scorsa settimana». Il capogruppo del Pd Lucio Tiozzo e Franco Bonfante, vicepresidente del Consiglio regionale, chiedono che il presidente della Regione intervenga oggi pomeriggio nella prima seduta della ‘maratona’ consiliare dedicata al bilancio 2013, per fare chiarezza sull’inchiesta su fondi neri e tangenti. I consiglieri del Pd annunciano un ordine del giorno per chiedere sospensione e verifica di tutte le opere in project financing non avviate. «Bisogna passare al setaccio ogni procedura e spazzare via ogni elemento di dubbio» spiegano. E ribadiscono la richiesta di una commissione d’inchiesta sulla vicenda, ma non della sola giunta, come vorrebbe Zaia.
Il capogruppo di Italia dei Valori, Antonino Pipitone, ha scritto al presidente del consiglio regionale chiedendo subito la discussione in aula per chiarire la situazione e il coinvolgimento di Veneto Strade. Con la presenza di Zaia.
BELLUNO – Baita non risponde e inizia la battaglia della competenza
(gla) Come prevedibile si sono avvalsi della facoltà di non rispondere il presidente della Mantovani spa, Piergiorgio Baita, 64 anni, residente a Mogliano Veneto, e il responsabile amministrativo della società, Nicolò Buson, 56 anni, di Padova. Entrambi, infatti, vogliono analizzare le carte della Procura prima di decidere la strategia difensiva. L’interrogatorio del primo si è svolto per rogatoria davanti al Gip di Belluno, città nella quale Baita è detenuto; quello di Buson, sempre per rogatoria, è avvenuto a Treviso.
Il difensore del presidente della Mantovani, l’avvocatessa Paola Rubini, ha annunciato di aver già proposto al Tribunale del riesame di Venezia un’istanza di scarcerazione per il suo assistito e di dissequestro dei beni “congelati” dal Gip: la data dell’udienza sarà fissata nei prossimi giorni. Secondo la difesa, rappresentata anche dall’avvocato Piero Longo (senatore del Pdl e difensore di Silvio Berlusconi) la sede naturale dell’inchiesta dovrebbe essere la Procura della Repubblica di Padova, dove hanno sede gli uffici amministrativi della Mantovani (“teatro” dei presunti illeciti) e non quella di Venezia dove c’è la sede legale della società: eccezione tesa a far trasferire il fascicolo e di fatto toglierlo al magistrato che se ne sta occupando da parecchi mesi, il pm Stefano Ancilotto.
Il difensore di Buson, l’avvocatessa Fulvia Fois, ha annunciato che il suo cliente ha dato le dimissioni da tutte le cariche sociali e ha rimesso le deleghe ricevute dalla Mantovani spa: «Non vi è più alcun pericolo di reiterazione di reati di inquinamento probatorio – ha spiegato il legale – Per questo ho chiesto al Gip la remissione in libertà immediata o in subordine la concessione dei domiciliari».
CASO BAITA / PARLA L’ASSESSORE
Thetis e gli anni di Minutillo. Paruzzolo: «Provo amarezza»
IL CAPITALE SOCIALE – Nell’azienda dell’Arsenale figura come socia la Adria Infrastrutture
BUFERA SULLA MANTOVANI L’ex segretaria di Galan, ora in carcere, era in consiglio di amministrazione
Thetis, gli anni di Claudia Minutillo
L’assessore Paruzzolo, ex Ad della società: «Provo tanta amarezza»
Per qualche anno, almeno tra 2008 e 2010, Claudia Minutillo, ex segretaria di Giancarlo Galan, ha ricoperto il ruolo di consigliere, (e in alcuni casi anche come consigliere delegato) al vertice della società Thetis, prestigiosa società di ingegneria idraulica con sede all’Arsenale, nota per i propri progetti nel settore dell’ambiente e della salvaguardia del territorio nonchè dei “sistemi intelligenti” dei trasporti.
E che il “peso” della Minutillo fosse in qualche modo importante è dato anche dal bilancio della società, alla voce “capitale sociale”. Basta vedere il quadro delle aziende che compongono il “cuore” di Thetis per farsi un’idea alla data del 31.12.2011: Consorzio Venezia Nuova (51,1); Ing. E.Mantovani (8.3) di Piergiorgio Baita; Grandi Lavori Fincost spa (8.1); Società italiana Condotte spa (8.1); Adria Infrastrutture (6.0) ovvero la società che fa riferimento alla stessa Minutillo e a Piergiorgio Baita finita nel ciclone con la Mantovani; Actv spa (5.7); Co.Ve.Co spa (5.0); Ing. Mazzacurati sas (5.0); Vi Holding srl (1.8) e Palomar srl (0.5), un’altra delle aziende finite nel mirino della Procura di Venezia.
«Vedo tutto quello che sta accadendo con grande amarezza – ricorda l’assessore alle Attività produttive, Antonio Paruzzolo, che in quegli anni era amministratore delegato di Thetis – Posso solo dire che io da ormai tre anni non ci sono più. Lì ho passato vent’anni della mia vita dannandomi l’anima per trovare nel corso di tutto quel tempo progetti, lavori, sviluppare interventi a beneficio della società».
L’imbarazzo per le ultime vicende attraversate da Thetis e il caso Baita è palpabile. «Me ne sono venuto via nel 2011 – taglia corto Paruzzolo – Non c’è molto altro da dire. Ho cercato di lavorare per il bene della società». L’assessore se ne andò dall’Arsenale quando venne contestata dal centrodestra in consiglio comunale la sua “doppia” presenza: da una parte Thetis, dall’altra l’assessorato nella giunta Orsoni. Ma ritornando agli anni nei quali Claudia Minutillo era nel consiglio di amministrazione di Thetis, Paruzzolo non ha molto da dire ribadendo che in quegli anni di fronte allo sforzo di molti, la situazione iniziava a non essere così florida vista la congiuntura economica.
E non poteva che essere diversamente visto che in quegli anni, la società Thetis iniziava a risentire della crisi, ma soprattutto delle difficoltà strutturali che hanno caratterizzato soprattutto negli anni a seguire il sistema della salvaguardia ambientale, e della laguna in particolare. E ora il caso Baita ha delineato una situazione ancor più particolare. Anche all’interno della società ora non mancano le preoccupazioni che si sommano ai recenti tagli nell’occupazione con quasi 300 persone, tra dirigenti, dipendenti e anche lavoratori a contratto, che hanno risolto il loro contratto con la società negli scorsi mesi.
Di fronte all’assenza di una risposta dal management della società contattata dal Gazzettinoper comprendere il livello di preoccupazione dopo le vicende giudiziarie, interviene a questo proposito il Consorzio Venezia Nuova che, facendo le veci dello stato maggiore di Thetis, ribadisce che il lavoro e l’opera della società prosegue secondo una regolare tabella di marcia. «Gli interventi vanno avanti senza alcun problema – chiariscono dal Consorzio Venezia Nuova – Al di là dell’inchiesta giudiziaria ci sono migliaia di lavoratori impegnati nei nostri interventi. Per tutti questi dobbiamo offrire certezze».
LIDO Intervento del sindaco sulla vendita dell’ex ospedale nel movimentato incontro coi residenti
Orsoni: «Senza accordo si rischia il blocco»
Difesa la trattativa con Est Capital. Il consigliere Caccia: «No ai ricatti contrattuali»
IL CONTENZIOSO FISCALE – Versati 7 milioni «E’ stata elusione non evasione»
IN DIFESA – La società: «Abbiamo rispettato la normativa»
(L.M.) «Est Capital ha sempre rispettato la normativa fiscale. Nessuna violazione di evasione di imposta, a conferma che la Sgr, che opera da anni nel mercato immobiliare, applica in modo rigoroso la normativa fiscale». Lo dice una nota della stessa Est Capital, al termine della verifica avviata, nel gennaio dello scorso anno, dalla Guardia di Finanza di Padova e che ha comportato il versamento da parte della stessa Est Capital di 7,5 milioni.
«Una verifica fiscale – fa sapere la cordata padovana presieduta dal professor Gianfranco Mossetto, che al Lido ha in corso diverse operazioni – programmata e quindi ordinaria. L’esito finale delle indagini una contestazione di abuso di diritto ed elusione di imposta per un ammontare complessivo di maggior imponibile pari a 12,7 milioni da assoggettare ad imposta». Elusione, dunque, non evasione fiscale, ed i legali della cordata ne rimarcano la differenza sostanziale. Due i punti fondamentali dell’inchiesta: 5,5 milioni di euro di imponibile (corrispondenti a 2,2 milioni di euro di maggiori imposte) riguardanti la società Garibaldi Sas, società proprietaria di immobili della famiglia Tabacchi, acquistata da un fondo immobiliare gestito da EstCapital Sgr. «Il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza è stato chiuso con un successivo atto dell’Agenzia delle Entrate quanto il destinatario non è stata la famiglia Tabacchi, ma il fondo immobiliare gestito da Est Capital. Per quanto riguarda la famiglia Tabacchi, non vi è stato alcun accertamento fiscale». Ci sono poi altri 2,2 milioni di euro che riguardano – secondo la ricostruzione dei privati – il disconoscimento di una minusvalenza a fronte di una cessione di una partecipazione da parte di una società detenuta da uno dei fondi immobiliari gestiti da EstCapital.
«L’Agenzia delle Entrate ha infine emesso un atto di accertamento – conclude la nota – di 2 milioni di euro riguardanti il mancato assoggettamento ad Iva di una compravendita immobiliare (che comunque era stata regolarmente assoggettata ad imposta di registro) da parte di uno dei fondi immobiliari gestiti da Est Capital. Nel novembre dello scorso anno, la vicenda si è chiusa con l’adesione all’istanza di accertamento, mediante il pagamento contestuale dell’importo. Per il fondo immobiliare coinvolto, tale adesione ha avuto esclusivamente un effetto finanziario e nessun aggravio di tipo economico per effetto della neutralità dell’Iva».
Il Coordinamento “Un altro Lido è posssibile” ha chiesto la rottura di qualsiasi accordo con Est Capital e un azzeramento completo della vicenda
«Senza un accordo con Est Capital il buco del nuovo Palacinema e qualsiasi altro progetto rimarrebbero fermi per altri 10 anni». Il sindaco Giorgio Orsoni l’ha detto chiaramente, facendo intendere di essere con le “spalle al muro” rispondendo ieri sera ai Comitati arrivati a Ca’Farsetti per capire come finirà la controversia tra il Comune ed Est Capital sulla compravendita dell’ex Ospedale al Mare. «Qualsiasi progetto rimarrebbe bloccato – ha proseguito Orsoni – sia nel caso di una decisione del giudice a noi favorevole, perchè dopo il ricorso d’urgenza siamo obbligati ad iniziare una causa di merito, sia anche nel caso in cui il giudice ci desse torto visto che ci troveremmo costretti a restituire 55 milioni che abbiamo già incassato trovandoci così senza soldi. Tutta l’area del Lungomare Marconi inoltre rimarrebbe bloccata per anni». Il Coordinamento “Un altro Lido è posssibile”, che ha ottenuto l’incontro con il sindaco, dal canto suo ha chiesto la rottura di qualsiasi accordo con Est Capital e un azzeramento completo della vicenda. «Questo non è più possibile – ha insistito il sindaco – per effetto di un contratto ed impegni presi precedentemente a questa amministrazione. Un conto sono le legittime aspirazioni che ciascuno può avere ben altro quello che si può concretamente fare arrivati a questo punto». Orsoni ha poi spiegato il motivo per il quale non è più sufficiente coprire il buco. «Nell’area del cantiere sono stati spesi 37 milioni di euro, di cui circa 15 per le bonifiche e altri 22 per opere e manufatti. Se coprissimo il buco senza farvi nulla qualcuno poi verrebbe a chiedere al Comune le motivazioni di una tale scelta ed il perché dello spreco del danaro pubblico». Orsoni ha poi aggiunto che l’obiettivo è quello di arrivare ad un accordo che impegni i privati che acquistano l’ex Ospedale al Mare ad intervenire nell’area della cittadella del cinema, secondo un piano di massima gia visionato dalla Biennale ma non ancora presentato. È stato poi confermato che il Monoblocco verrà abbattuto. «Non è praticabile nessun accordo extragiudiziale con Est Capital – ha tuonato il consigliere Beppe Caccia – Il Comune deve sottrarsi ai meccanismi di ricatto contrattuale e finanziario. In questo momento non si può procedere ad ulteriori trattative con Real Venice di cui Mantovani è socio. Il confronto trasparente deve avvenire in Consiglio comunale e nelle commissioni».
Anche William Pinarello a nome del Coordinamento ha ribadito che la decisione dovrebbe passare per il Consiglio comunale annunciando, in caso contrario, una raccolta di firme per ottenere le dimissioni del sindaco e della Giunta comunale. Fuori dalla sala, troppo piccola per accogliere tutti i manifestanti, sono rimasti a protestare una cinquantina di persone con striscioni ed urla.
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