Nuova Venezia – “Project financing orfani delle banche”
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20
ott
2012
VENEZIA – Doveva essere la soluzione ai problemi di scarsità di risorse pubbliche per le infrastrutture. Ed infatti il project è stato oggi implementato dal governo con altri strumenti come i project bond. Eppure molta strada resta da fare in una situazione nella quale c’è una scarsità di liquidità pazzesca e le banche non intendono assumersi i rischi delle società di progetto e vogliono garanzie reali o cash flow che deriva da opere già compiute.
«Il project financing se si intende quello puro non esiste ancora», dice con un paradosso Piergiorgio Baita, presidente di Costruzioni Mantovani. L’affermazione ha scosso la platea del convegno che ha gremito la sala grande della Scuola di San Rocco, a Venezia. «Realizzazione di infrastrutture» è il tema che i commercialisti riuniti in Acb Group hanno scelto di affrontare in un convegno che ha visto la partecipazione tra gli altri dell’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, del suo omologo Ugo Bergamo per il Comune di Venezia, Enrico Marchi, presidente di Save, Sandro Trevisanato, a capo di Vtp e il presidente del porto lagunare Paolo Costa.
Baita ha portato a testimonianza delle difficoltà di fare project in Italia i ritardi nel chiudere, dal punto di vista bancario, operazioni come la Terza corsia, le Pedemontana e lo stesso passaggio da Anas a Cav del Passante di Mestre.
Se fino a prima della crisi le banche erano disposte a finanziare comunque, ora la scarsità di liquidità le spinge a chiedere altre garanzie. Andrebbe mutata l’ottica puntando non più agli istituti di credito ma ai fondi che posseggono grosse massa di liquidità e cercano un rendimento certo.
In mattinata Barbara Marinali, direttore generale per le infrastrutture stradali del ministero, aveva spiegato come lo stato delle regole è ancora molto complicato e necessita di chiarimenti, anche riguardo alle opportunità offerte da tale strumento, al quale, per la difficoltà a reperire fondi, nessuno oggi può rinunciare. In questo contesto il Veneto è abbastanza all’avanguardia, «anche sul piano delle normative, per l’introduzione di nuove forme di regolamentazione, come i project bond o la defiscalizzazione, che spingono il privato ad avvicinarsi». Innanzitutto va chiarita la separazione tra pubblico e privato, ha ribadito Baita, per non creare commistioni pericolose e rimpalli di responsabilità e garanzie. (a.c.)
Nuova Venezia – Mantovani. Palomar, otto fatture nel mirino
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19
lug
2012
Baita: «Sono tranquillo, le verifiche fiscali sono normali». I rapporti con la società di San Marino.
VENEZIA «Sono tranquillo. Le verifiche fiscali fanno parte della vita di una società. Può anche darsi che abbiamo sbagliato, ma stiamo parlando di otto operazioni su milioni di scritture contabili. Hanno il diritto di verificare, noi aspettiamo fiduciosi». Non perde il tradizionale buon umore Piergiorgio Baita, presidente della Mantovani, tra i più importanti imprenditori del Nord Est. Ieri il giudice del Riesame Lucia Bartolini ha deciso di respingere il suo ricorso presentato per riavere la documentazione sequestrata dalla Finanza, nell’ambito di verifiche fiscali nel periodo che va dal 2005 al 2010. La società Palomar del gruppo Mantovani, con sede in viale Ancona a Mestre, è quella che ha ottenuto in affidamento l’Arsenale dallo Stato.
La Finanza sta passando al setaccio alcune fatture sospettando l’evasione fiscale. Alcune di queste riguardano la società Bmc Broker (Business Merchant consulting) con sede a San Marino. Società presieduta da William Colombelli, dove lavorano l’ex segretaria personale di Giancarlo Galan Claudia Minutillo e il suo ex addetto stampa Gianluca La Torre.
Balzata agli onori della cronaca per aver organizzato manifestazioni della Regione di Galan e del Porto, come l’inaugurazione dello scavo dei canali e i lavori a Fusina. Lavori effettuati da Mantovani, come del resto la gran parte dei lavori su strade, bonifiche e infrastrutture del Veneto. «Siamo una grande impresa, e dunque lavoriamo», dice Baita, «non vedo cosa ci sia di male. Le verifiche sono un atto dovuto. Il giudice entra in campo perché stiamo parlando di cifre elevate. Nei cinque anni in questione, dal 2005 al 2010, abbiamo avuto tre miliardi di euro di fatturato, versato allo Stato centinaia di milioni di imposte dirette». La Finanza è al lavoro adesso per verificare la corrispondenza di quelle fatture con le prestazioni eseguite.
Il pm Stefano Ancilotto potrà trattenere la documentazione sequestrata, visto che il giudice ha rigettato il ricorso presentato da Baita attraverso l’avvocato di Pietro Longo, uno dei più importanti penalisti italiani difensore anche di Berlusconi.
Intanto l’attività della Mantovani, impresa del Mose ma anche del tram, delle bonifiche, del Passante e dell’operazione Lido va avanti. L’altro giorno l’azienda si è aggiudicata anche la gara per l’Expo di Milano. Ancora ossigeno alla macchina esigente di un’impresa che per ora non conosce la crisi. E il rinvio a metà settembre della decisione sulla cauzione per l’ex Ospedale al Mare ha riaperto anche la trattativa su quel fronte. Mantovani, insieme a Condotte ed Est Capital, minacciava di ritirarsi dall’operazione Lido. Il giudice però ha bloccato in banca la cauzione di 31 milioni su richiesta del Comune. «Noi vogliamo restare, il mercato oggi va male, ma il mattone tornerà bene sicuro in tempi di recessione», dice Baita, «ma ognuno deve fare la sua parte. Siamo fiduciosi che il Comune mantenga i suoi impegni. Adesso il tempo per trovare un accordo c’è. Il Comune ha il vincolo del Patto si stabilità, noi non possiamo perdere i soldi delle banche. Vediamo». Alberto Vitucci
L’impresa: Mose, tram, ospedali e strade
Indagine fiscale sulle fatture emesse da Palomar e Mantovani nei cinque anni che vanno dal 2005 al 2010. Una rete di attività con migliaia di dipendenti e miliardi di fatturato, quella delle società del gruppo Mantovani. Società padovana della famiglia Chiarotto presieduta da Piergiorgio Baita, manager della prima Republica diventato oggi uno dei più importanti imprenditori del settore edilizia. Mantovani è la prima azionista del Consorzio Venezia Nuova che sta costruendo il Mose. Ma anche l’impresa che ha realizzato il Passante di Mestre, il tram, le bonifiche di Marghera, lo scavo dei canali, l’Ospedale all’Angelo con la società Veneta Sanitaria, lavori al Porto, strade e autostrade. E la proposta di realizzare la sublagunare, il progetto della trasformazione dell’ex Ospedale al Mare in centro turistico privato. E infine ha vinto la gara per l’Expo di Milano del 2015, piazzandosi davanti a imprese del calibro di Astaldi e Impregilo. (a.v.)
Nuova Venezia – Evasione fiscale, la Finanza da Baita
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15
lug
2012
Il presidente della «Mantovani» ha presentato ricorso al Tribunale del riesame per riavere i documenti sequestrati
Piergiorgio Baita, uno dei maggiori imprenditori veneziani e presidente della «Mantovani», rivuole i documenti che i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria si sono portati via dai suoi uffici. E per riaverli si è scelto lo stesso legale dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l’avvocato Piero Longo. Martedì, infatti, il Tribunale del riesame di Venezia presieduto dal giudice Lucia Bartolini discuterà del ricorso presentato dall’avvocato padovano dovrà decidere se gli incartamenti resteranno a disposizione del pubblico ministero Stefano Ancillotto o se Baita potrà riaverli subito. Baita le aule di giustizia, addirittura anche il carcere, li ha già conosciuti. Nei primi anni Novanta, in piena bufera di Mani pulite a Milano e quando a Venezia erano finiti sotto inchiesta i ministri Gianni De Michelis e Carlo Bernini per gli appalti veneti, Baita era stato arrestato, a Santa Maria Maggiore aveva illustrato al pubblico ministero il sistema delle tangenti, poi venne prosciolto. Nel 2003 era finito sotto inchiesta per evasione fiscale, ma se l’era cavata con un patteggiamento, una pena di sei mesi, cancellati grazie al pagamento di poco meno di novemila euro. Quindi, per quasi dieci anni la pace e soprattutto passi da gigante nel mondo degli appalti pubblici e non solo. Un mese fa la visita delle «fiamme gialle». In verità, quelli delle «fiamme gialle» erano arrivati in viale Ancona a Mestre per una verifica fiscale che riguardava i bilanci dal 2005 al 2010, un’operazione di routine per imprese grandi e piccole, al centro le attività della «Palomar» di via Torino di cui Baita è rappresentante legale e che fa parte del gruppo «Mantovani». Durante quei controlli sarebbero nati i sospetti su numerose fatture provenienti da una ditta con sede nella Repubblica di San Marino, la «B.M.C. Broker srl» . Il sospetto è che si trattasse di fatture in realtà per operazioni commerciali inesistenti. Numerosi i lavori su cui sarebbero scattati i controlli: i lavori del Mose alle bocche di porto del San Nicolò e degli Alberoni, quelli sul prolungamento dell’A 27 per Belluno, gli interventi in via Torino a Mestre, il terminal di Porto Levante a Rovigo, via Moranzani a Marghera. Gli accertamenti, a quel che si può capire, sono all’inizio anche se la verifica fiscale è partita alcuni mesi fa, ma si tratta di accertamenti diversi e che seguono strade diverse: da una parte quello amministrativo che può concludersi con verbali di contestazione e pagamenti di ammende anche consistenti, dall’altra il penale, che viene avviato se i finanzieri scoprono un’evasione fiscale che supera la soglia prevista dalla legge o se c’è il sospetto di fatture per operazioni inesistenti, indagine di cui si occupa un pubblico ministero. L’ingegner Baita vuole riavere la documentazione, anche perché gli investigatori si sarebbero presi gli originali, mentre solitamente lasciano l’originale in modo che negli uffici possa continuare il lavoro, e si portano via le copie. L’indagine penale è alle prime battute e non ci sono ancora indagati, neppure Baita, pur essendo rappresentante legale di «Palomar» e presidente di «Mantovani spa». Il ricorso al Tribunale del riesame, infatti, l’ha presentato solamente in quanto persona alla quale sono stati sequestrati i documenti. I giudici veneziani discuteranno del ricorso martedì 17 e già nel pomeriggio decideranno se accoglierlo, restituendoli o meno.
Giorgio Cecchetti
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