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QUARTO D’ALTINO – È stato fissato domani alle 9.30 in Regione (palazzo Linetti), l’incontro dei sindaci della linea Mestre-Portogruaro, per discutere dei problemi legati all’orario cadenzato. La convocazione è stata spedita a tutti i primi cittadini, tra cui il sindaco di Quarto, Silvia Conte, che in queste settimane e mesi ha pressato il presidente regionale Luca Zaia, per poter discutere i problemi sollevati dai pendolari. All’incontro infatti saranno presenti i sindaci, che hanno esteso l’invito anche ad una rappresentanza dei pendolari. La speranza è che non sia solo un incontro tecnico, ma sia presente anche un interlocutore politico, data l’importanza della materia. «Abbiamo scritto alla Regione», dice il sindaco Conte, «proprio in questo senso e contiamo che partecipi l’assessore regionale Donazzan, visto che ha ricevuto da Zaia la delega ai Trasporti. Le osservazioni da noi avanzate finora sono fattibili, quello che è mancato è stata la volontà politica di metterle in atto, politica che deve farsi carico di priorità e scelte. Spero ci sia una forte discontinuità rispetto a quanto fatto finora dalla giunta Zaia con l’assessore Chisso, ma temo che il cambiamento sia rinviato a dopo le elezioni».

(m.a.)

 

Il consorzio d’imprese chiede i danni a Dal Ben e Mantoan per il blocco del project da 738 milioni voluto da Galan. Duro Zaia: tentano d’intimidire i funzionari onesti

VENEZIA – Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E non risparmiano colpi proibiti. La tempestosa disgregazione del sistema di potere galaniano sprigiona cause milionarie contro l’amministrazione regionale di Luca Zaia, rea (così almeno si evince dalle intercettazioni giudiziarie dello scandalo Mose) di aver segnato una discontinuità nella gestione dei grandi appalti. Succede allora che il Consorzio d’imprese Ptc candidato a realizzare il Centro di terapia protonica a Mestre – e costituito dalle società Medipass, Gemmo, Condotte nonché dalla multinazionale statunitense Varian – dopo aver citato in tribunale l’Ulss Veneziana per l’abbandono del progetto, quantificando in un centinaio di milioni i mancati utili, alzi il tiro e chieda i danni direttamente ai manager della sanità veneta: l’attuale dg dell’Unità sanitaria 12 Giuseppe Dal Ben e il suo diretto superiore Domenico Mantoan, direttore generale dell’area sanità-sociale della Regione. L’addebito? Essersi opposti, con successo, alla costruzione del Centro protonico, fino alla revoca del contratto – 159,575 milioni anticipati dai privati e rimborsati dall’Ulss con 738 milioni spalmati in 19 anni – sottoscritto da Antonio Padoan (il predecessore di Dal Ben) il 29 luglio 2011. Quest’ultimo, uomo di fiducia di Giancarlo Galan, si è battuto con tenacia in favore dell’opera né il suo atteggiamento è cambiato a fronte dei rilievi della Corte dei Conti (che giudicava troppo oneroso il project financing stipulato) e dall’altolà della nuova giunta zaiana che, attraverso un delibera, escludeva il fatidico Centro dalla programmazione sanitaria regionale, giudicandolo eccessivamente gravoso per un’Ulss già indebitatissima e priva di un bacino potenziale di pazienti sufficiente ad ammortizzare la spesa, perché il “bombardamento” di fasci protonici (utilizzato nella terapia cura di alcune tipologie di tumore cerebrale e alla prostata) è già praticato negli ospedali di Pavia e a Trento, disponibili ad accogliere i malati veneti in regime di convenzione, garantendo così l’erogazione del servizio. Qual è allora la “colpa” di Dal Ben? L’aver adempiuto alle direttive della Regione, annullando il pingue contratto. Scontata l’irritazione del Consorzio – rappresentato dallo studio legale Guarino di Roma – e comprensibile, almeno entro certi termini, la sua richiesta di risarcimento per le spese sostenute invano, tanto più che in precedenza l’autorità regionale aveva dato il via libera all’iter con la benedizione del ministero della Salute; meno chiaro il motivo che ha determinato il nuovo ricorso al Tar (esteso allo Iov) e il j’accuse nei confronti dei manager. Una chiave di lettura la propone il governatore Zaia: «È un tentativo di intimidire i nostri funzionari onesti che, nella sanità e in molti altri ambiti, a cominciare dai lavori pubblici, ci hanno aiutato a voltare pagina rispetto a un passato che ora ben conosciamo. Lo definirei il colpo di coda del dinosauro, destinato a scarsa fortuna però: sia ben chiaro tutti, noi non abbandoneremo mai le persone perbene che operano nell’interesse esclusivo dei veneti». Laconico il commento di Mantoan: «Io lavoro al servizio della sanità pubblica nel rispetto delle regole. Se qualcuno pensa di spaventarmi facendo la voce grossa, si sbaglia»

Filippo Tosatto

 

Cgil all’attacco: I magistrati vadano fino in fondo

Tutti gli appalti in Veneto dello scandalo Gesconet

VENEZIA – Ilario Simonaggio, segretario regionale della Cgil trasporti, torna sul caso Gesconet, dopo l’inchiesta con gli arresti, i 62 indagati in tutt’Italia e sequestri per oltre 100 milioni di euro: l’accusa è di evasione fiscale. «Abbiamo piena fiducia nel lavoro della magistratura e chiediamo una legge che riporti la legalità nel settore per eliminare alla radice la concorrenza sleale. Stop alle cooperative false», dice Simonaggio. Il Consorzio Gesconet, specializzato in appalti di pulizia, trasloco, facchinaggio, capitanato da Pierino Trulli e Maurizio Lagada opera soprattutto in Lazio , Piemonte e Veneto. «Il gruppo si affaccia nel 2001, poco dopo l’approvazione della legge sul socio lavoratore (L. 142/2001), con una politica aggressiva sul piano tariffario, con sconti e promozioni. Il primo ufficio Gesconet apre a Ponte di Brenta(Padova) e successivamente a Verona e Conegliano. Presenze sono rintracciabili in tutte le 7 province venete. Tutto il lavoro amministrativo è gestito a Roma dallo studio Alkos di Anna Barbati e il caso più rilevante riguarda la Tnt di Limena nel 2007, con un’ aspra lotta sindacale assurta agli onori della cronaca per un paio di mesi, a causa della violazioni contrattuali e di legge. Gli impianti maggiori,   affidati a Gesconet  sono Tnt di Vicenza e Ceva Logistics a Padova con 50 lavoratori. La società ha rilevato ad aprile 2014 l’appalto Partesa Spa con altre società cooperative e gestisce più cantieri in Veneto. A Padova, fino all’anno scorso, sempre per conto di Ceva Spa, Gesconet gestiva trasporti con circa 25 lavoratori, alla Mins azienda padovana di costruzione macchine per caffè e alla Gefco, che gestisce tutti i ricambi per la Citroen, e infine alla Yussen Logistic di Padova. A  Vicenza  Gesconet è presente in sede Tnt dove ha in appalto il facchinaggio.  A Verona gestiva la sede locale della Bartolini Spa, a Venezia ha lavorato per conto di Ceva in Aprilia e Honda. A Treviso la Gesconet  opera tramite la Santa Cristina Società Cooperativa con sede a Firenze  con un centinaio di soci lavoratori nel sito Bartolini Casale. Infine a Belluno Gesconet  è  presente di recente e con pochi soci lavoratori per singolo cantiere.

 

Grandi opere

JESOLO – Stop all’Autostrada del Mare. Un appello al governatore Zaia perchè sia bloccata la gara per l’aggiudicazione della superstrada a pagamento “Via del Mare”. La deputata del Movimento 5 Stelle Arianna Spessotto si è mossa prima dell’imminente nomina dei componenti della commissione di gara che valuterà l’offerta in project financing di Adria Infrastrutture. Spessotto spiega che «Tutti i Comuni direttamente attraversati dalla nuova superstrada, eccetto Jesolo, hanno espresso la loro contrarietà alla realizzazione della nuova arteria a pagamento e hanno chiesto espressamente a Zaia di rivedere il progetto. Quanto emerso dalle indagini sul Mose a proposito della società Adria Infrastrutture, citata dal gip di Venezia come esempio di “sistema corruttivo diffuso e ramificato”, indagini che hanno portato all’arresto, tra gli altri, dell’amministratore della società Claudia Minutillo, dovrebbero farci riflettere sull’esigenza di procedere con una verifica immediata di legalità delle condizioni di aggiudicazione della gara. Il Ministero dell’Economia non ha ancora rilasciato il nulla osta per la verifica sugli effetti di finanza pubblica della delibera, necessaria per il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti».

(g.ca.)

 

Gazzettino – “Stop alla gara per la Via del mare”

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30

ott

2014

GRANDI OPERE – Il Movimento 5 Stelle lancia un appello a Luca Zaia

ARIANNA SPESSOTTO «Inaccettabile l’offerta di Adria Infrastrutture»

CONTRARI «Tutti i Comuni sono contrari a quest’ opera» ricorda Arianna Spessotto

MEOLO – «Fermare l’iter del bando di gara della “Via del mare”».
Arianna Spessotto, parlamentare e portavoce veneta del Movimento 5 Stelle, torna a lanciare un appello al governatore della Regione Veneto Luca Zaia per fermare la gara per l’aggiudicazione della superstrada a pagamento “Via del mare”, dopo la notizia dell’imminente nomina dei componenti della commissione di gara che valuterà l’offerta in project financing di Adria Infrastrutture.

«Ricordo al Governatore Zaia che tutti i Comuni veneti direttamente attraversati dalla nuova superstrada, ad eccezione di Jesolo, hanno espresso la loro contrarietà alla realizzazione di una nuova arteria a pagamento e hanno chiesto espressamente di rivedere il progetto – afferma Arianna Spessotto -. Quanto emerso dalle indagini sul Mose a proposito della società Adria Infrastrutture, citata dal Gip di Venezia come esempio di “sistema corruttivo diffuso e ramificato” con l’arresto, tra gli altri, dell’amministratore della società Claudia Minutillo, dovrebbero farci riflettere sull’esigenza di procedere con una verifica immediata di legalità delle condizioni di aggiudicazione della gara».

La portavoce dei 5 Stelle sottolinea poi come, “ad oltre sei mesi dall’espressione del parere da parte del Cipe sullo schema di delibera relativa alla “Via del mare”, il Ministero dell’Economia e delle Finanze non abbia ancora rilasciato il proprio nulla osta per la verifica sugli effetti di finanza pubblica della medesima delibera, necessaria per il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti”. «Questa situazione di stallo – conclude Spessotto – giustifica ancor di più la richiesta di sospendere la procedura di gara avviata dalla Regione: non possiamo continuare a far finta di niente, ignorando deliberatamente il sistema corruttivo alla base dell’aggiudicazione degli appalti in Veneto, di cui era parte integrante Adria infrastrutture».

 

L’ATTACCO DI PIGOZZO (PD)

MEOLO «Perché Zaia non ha bloccato la gara? Cosa c’è sotto?». Il consigliere regionale del Pd, Bruno Pigozzo, torna a sollevare la questione della Via del Mare Meolo-Jesolo, per la cui realizzazione è tuttora in corso l’iter burocratico. «Gli scandali, l’arresto del suo assessore alle infrastrutture, i sindaci che invocano uno stop, le inchieste come quella di Report che rendono visibile a tutta l’Italia la necessità che sugli appalti in Veneto ci sia un rigoroso giro di vite: non so cosa debba accadere ancora per convincere Zaia e la giunta a sospendere la gara per la costruzione e la gestione della Via del Mare», attacca Pigozzo, «è dall’agosto scorso che rimane senza risposta una mia interrogazione rivolta al presidente Zaia nella quale chiedo di bloccare le procedure di assegnazione dell’opera. Anche nel giugno scorso ho fatto un secondo richiamo. Ma, analogamente alla lettera inviata dai sindaci del territorio interessato, da parte della Regione è chiaro che si va avanti per forza di inerzia». «Zaia non fa nulla per rendere trasparenti le cose», conclude il consigliere regionale Pd, «il presidente continua a fare finta di nulla».

(g.mon.)

 

MEOLO – Via del Mare: «Perché il Governatore Zaia non ha bloccato la gara? Cosa c’è sotto?» A chiederlo è il consigliere regionale del Pd Bruno Pigozzo all’indomani della Conferenza dei servizi per le opere complementari al casello autostradale, in cui i referenti della Regione hanno informato che la commissione incaricata sta valutando i project financing presentati, per decidere sul progetto di superstrada a pedaggio Meolo-Jesolo.

Gli scandali, le inchieste, l’arresto dell’assessore alle infrastrutture Chisso, i sindaci che chiedono di non realizzare la superstrada: «Non so cosa debba ancora accadere per convincere Zaia e la Giunta regionale a sospendere la gara per la costruzione e la gestione della Via del mare» esclama Pigozzo.

Già nell’agosto 2013, in un’interrogazione, il consigliere regionale del Pd aveva chiesto a Zaia di bloccare le procedure di assegnazione dell’opera, e l’aveva ribadito anche nel giugno scorso, senza ottenere alcuna risposta. «Zaia non fa nulla per rendere trasparenti le cose, visto che attorno a questa superstrada continuano ad essere presenti quelle ditte sulle quali continuano a gravare pesanti sospetti di corruzione. Eppure – conclude Pigozzo – il presidente, che ha in mano le deleghe su questa materia, continua a fare finta di nulla».

(E. Fur.)

 

TRASPORTI – Il comitato torna alla carica

TRENO – I pendolari tornano alla carica per chiedere un nuovo collegamento ferroviario per Padova e Venezia

CHIOGGIA – Ferrovia Chioggia – Padova – Venezia, il comitato va all’attacco e chiede una risposta al Governatore Zaia. Dopo una pausa estiva per non interferire con le elezioni di maggio e per attendere gli sviluppi dell’inchiesta Mose, il comitato promotore per la realizzazione di una legge regionale con finanziamento decennale che permetta il collegamento della città clodiense con i due capoluoghi torna a farsi sentire. Giovedì prossimo, alle 18.30 in via Cassiopea 33 (nella sede del Consorzio ConChioggiaSi) i rappresentanti si incontreranno per studiare le prossime mosse.

In particolare si chiederà ancora una volta alla Regione di permettere la presentazione dello studio di fattibilità dell’opera in una seduta pubblica da fare a Chioggia. Lo studio era stato commissionato a una ditta di Monselice dalla Regione stessa ed è pronto già da diverso tempo. L’allora assessore alla mobilità Renato Chisso ha però bloccato tutto.

«Ora Chisso è uscito di scena – afferma il portavoce del comitato promotore, l’avvocato Giuseppe Boscolo – Fu lui a bloccare a marzo la già programmata presentazione pubblica. La competenza sulle Infrastrutture è passata direttamente al presidente Luca Zaia al quale chiediamo di pronunciarsi al riguardo. La città ha infatti diritto di conoscere lo studio di fattibilità sulla nuova ferrovia per poter assumere valutazioni consapevoli sul tema fondamentale della rottura dell’isolamento. Ricordiamo che ad aprile avevamo già raccolto circa 700 firme (con indicazione di indirizzo e documento di identità), superando la soglia minima di 500 sottoscrizioni prevista dallo Statuto comunale per una delibera di iniziativa popolare».

(m.bio.)

 

Nuova collocazione, il sindaco non convince il governatore

Per evitare la causa Zaia acquisterebbe il progetto già pronto

PADOVA – La Regione mette a punto una exit strategy nel ginepraio amministrativo e legale che ostacola il decollo del nuovo policlinico universitario padovano. Al tramonto definitivo dell’ipotesi Padova ovest – determinato dal veto opposto dal sindaco Massimo Bitonci che ha affossato così sette anni di iter amministrativo – la società vicentina Finanza & Progetti, coinvolta nell’operazione sul versante progettuale, ha replicato con un ricorso al Tar che lamenta un danno di 156 milioni di euro (tra perdita di chance, costo delle fidejussioni accese e risorse accantonate) sollecitandone il risarcimento. I destinatari della causa – accusati a vario titolo di inadempienza – sono l’amministrazione regionale, l’Azienda ospedaliera ed il municipio di Padova; quest’ultimo non dorme sonni tranquilli: la precedente giunta Zanonato-Rossi aveva sottoscritto l’accordo di programma versione Ovest, l’attuale ha cambiato bruscamente idea ed il governatore Luca Zaia avverte il compagno di fede leghista che un’eventuale condanna risarcitoria comporterà l’immediata rivalsa nei confronti del Comune. Ma il nocciolo della questione è un altro. La sensazione, a Palazzo Balbi, è che la società del finanziere Roberto Meneguzzo non intenda dare vita ad una battaglia legale pluriennale dall’esito imprevedibile bensì utilizzare il ricorso come strumento di pressione per evitare di essere estromessa da una partita ospedaliera che l’ha vista seriamente impegnata sul versante professionale e finanziario. Obiettivo che appare, almeno in parte, legittimo, visto che la redazione progettuale conclusiva, presentata il 30 marzo 2012, aveva raccolto l’unanime consenso dei partner amministrativi ed era stato dichiarato di pubblico interesse dalla Regione stessa. Così prende corpo l’idea di acquistare il progetto, compensando la società per il lavoro svolto, disinnescando un contenzioso preoccupante e – soprattutto – confermando un piano ritenuto adeguato alle esigenze della sanità padovana e veneta – non stiamo parlando di un ospedale cittadino ma di un polo clinico e universitario di valenza regionale – e perciò meritevole di essere realizzato. L’alternativa, quella di ripartire ex novo nell’elaborazione progettuale, è ritenuta priva di senso dai manager della sanità e perciò scartata. La condizione – fanno sapere da Venezia – è che Finanza & Progetti non alzi il prezzo ed eviti di accampare pretese superiori agli effettivi diritti acquisti, che non investono in alcun modo la realizzazione dell’opera. C’è materia per avvocati ma uno spiraglio si apre: staremo a vedere. L’altro corno della vicenda riguarda il sito destinato alla costruzione e non si tratta di una bazzecola. Dopo aver ritirato l’originaria proposta del “nuovo su vecchio” – cioè l’ipotesi di rifare l’ospedale sulle ceneri dell’esistente, nell’area Giustiniani, rivelatasi impraticabile per costi e tempi – Bitonci ha estratto dal cilindro l’opzione est, quella di via Corrado, indicando una superficie di 200 mila metri quadrati (a circa cinquecento metri dall’attuale policlinico) oggi occupata da alcuni uffici della multiutility AcegasAps e dagli impianti sportivi universitari del Cus. L’ideale, secondo il sindaco, per garantire continuità al circuito sanitario che include il Sant’Antonio e lo Iov. Zaia ha accolto con interesse la novità – che se non altro superava i veti incrociati precedenti – assicurando un esame attento e accurato. Così sarà ma non è difficile prevederne la conclusione. L’opzione via Corrado presenta due handicap di partenza. Sul piano spaziale, l’estensione limitata – a fronte dei 400 mila mq ritenuti ottimali dai tecnici – costringerebbe a ripensare in senso verticale il progetto, con i problemi e le lungaggini conseguenti. Ma è il rischio idraulico a rivelarsi un ostacolo insormontabile: Legambiente ha ricordato che il sito, collocato com’è nell’ansa tra due corsi d’acqua, è soggetto a vincoli idrogeologici dal Pat (il Piano di assetto territoriale) che classifica la zona come «non idonea» alle costruzioni. «Fandonie», secondo Bitonci «il bollino rosso sul perimetro in esame è stato posto nel 2009 per un rischio allagamenti, che ora risulta del tutto scongiurato. Non è plausibile alcuna esondazione dei canali in quanto il livello delle acque è controllato a monte e a valle e regolamentato da una serie di chiuse, quindi il vincolo potrà essere revocato». Rassicurazioni che non hanno convinto del tutto il governatore, lesto a consultarsi con Luigi D’Alpaos, il maggior esperto di ingegneria idraulica a Nordest. Il colloquio non è noto nei dettagli ma lo studioso avrebbe espresso pesanti e circostanziate riserve, tali da indurre Zaia – che in D’Alpaos ha una fiducia totale – a disporre un approfondimento: la commissione si metterà al lavoro a breve e la bocciatura sembra scontata. Se così sarà, ogni compromesso tra Regione e Comune diventerà impossibile e il fatidico policlinico (se mai spiccherà volo) migrerà al di fuori dei confini urbani di Padova. Nell’area universitaria di Legnaro, forse, oppure nella vicina Sarmeola. Entrambe ansiose di accoglierlo.

Filippo Tosatto

 

Il segretario del Pd chiede un dossier sulla sanità veneta

Il segretario regionale del partito democratico, Roger De Menech, invita i contendenti alle primarie democratiche – destinate ad eleggere lo sfidante a Luca Zaia nelle regionali della prossima primavera – a costruire un dossier sulla sanità veneta. «La totale assenza di pianificazione della Regione sotto la guida di Zaia rischia di costarci carissima», afferma «per l’ospedale di Padova, prima fanno un progetto di finanza “alla veneta”, poi annullano tutto per le beghe interne alla Lega Nord. Risultato, l’azienda che ha proposto il progetto di finanza, chiede 156 milioni di danni». Conclusione: «Zaia, invece di attaccare il governo Renzi che destina al Veneto un terzo delle risorse per infrastrutture, farebbe bene a organizzarsi per evitare che i veneti nei prossimi anni vedano aumentare tasse e ticket sanitari per coprire la sua totale incapacità di governare».

 

L’INTERVISTA: massimo malvestio

«I project spolpano il bilancio del Veneto»

VENEZIA – Nel novembre 2010, in un forum al nostro giornale, Piergiorgio Baita definì lo strumento del project «l’antibiotico delle opere pubbliche», da prendere «sotto controllo dell’amministrazione pubblica». Dall’altra parte del tavolo lo contraddiceva l’avvocato Massimo Malvestio, che per tempo denunciava i «projetc relazionali» dove il bando di gara era scritto direttamente dai concessionari. Così è stato: oggi Piergiorgio Baita, artefice e carnefice dei project, coltiva pomodori nel giardino di casa, pronto a rimettersi in campo. L’inascoltato Malvestio, invece, fa il Cincinnato nell’isola di Malta, dove lo raggiungiamo telefonicamente. A distanza di quattro anni «l’antibiotico», somministrato in dosi massicce, sta facendo morire il paziente. Centro protonico (causa da cento milioni di euro), nuovo ospedale di Padova ovest (156 milioni di richiesta danni), metropolitana di superficie (30 milioni di danni da pagare): l’assedio alle casse regionali sembra concentrico. «La situazione venutasi a creare anche con i project, realizzati o mancati, sta mettendo seriamente a rischio i conti, stanno spolpando il bilancio della Regione. Perché i canoni, remunerati a doppia cifra, sottraggono risorse agli investimenti». Sulla vicenda del nuovo ospedale di Padova c’è una causa da 156 milioni di euro. «Finanza e progetti ha le sue ragioni, perché la pubblica amministrazione deve essere in grado di rispondere sì o no nei tempi previsti, senza tirarla per le lunghe». Perché i project non hanno funzionato? «La mia tesi è sempre stata quella che il project sia una forma residuale di finanziamento delle opere pubbliche, ma dove dev’essere molto chiaro il rischio d’impresa» Nel Veneto ne sono stati realizzati una decina: ospedali e infrastrutture. Tutti sbagliati? «I progetti di finanza realizzati nel Veneto non hanno praticamente rischio d’impresa, perché il pubblico ci mette del suo. Erano project a rischio garantito. Ma così son buoni tutti» É un sistema da riformare? «Lo strumento in sè è valido, nel mondo anglossassone è usato da molti anni con norme trasparenti e regole chiare. In Veneto no, c’è stata un’interpretazione distorta dello strumento». I concessionari scrivono i bandi di gara ai quali loro stessi, spesso da soli, concorrono: non è così? «In Italia esiste un capitalismo di relazione, dove succedono anche queste cose. Poi va detto che nella pubblica amministrazione c’è una carenza di professionalità in grado di gestire questo genere di procedure». Quali i punti più spinosi dei progetti di finanza veneti? «La distorsione è legata a gestioni a lungo termine, in cui le condizioni possono mutare sensibilmente; i costi finanziari molto alti; e un margine di discrezionalità troppo alto» Come andavano usati? «Il project può essere usatoper realizzare infrastrutture che rispondono a servizi a domanda individuale: il Comune che vuol fare la piscina con il privato che scommette sugli incassi dagli utenti. Regole chiare e rischio d’impresa. Se non sei bravo a far fruttare l’impianto, chiudi». In un tempo di risorse calante come finanziare le infrastrutture? «Al Veneto servono l’Alta Velocità, una razionale rete ospedaliera, la banda larga. La Regione catturi i finanziamenti della Bei, la banca europea degli investimenti, con tassi altamente più favorevoli che i progetti che ha fatto. C’è un nuovo ospedale da realizzare al posto di tre? Lo faccia la Regione, andando a prendere i soldi direttamente alla Bei: costa sicuramente meno che mettere in piedi l’ennesimo project». Quali sono i più scandalosi? «I project del centro protonico e quello dell’Ospedale di Mestre davano rendimenti a doppia cifra, quando adesso il denaro costa meno dell’uno del cento. Mi dicono che l’ampliamento del pronto soccorso di Mestre sta costando quattromila euro al metro quadro, vi pare?» Lo strumento del project avrà un futuro? «Credo di no, se lo avrà bisognerà stare bene attenti, visto quel che è accaduto».

Daniele Ferrazza

 

Nuova Venezia – Centro protonico causa da 100 milioni

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25

ott

2014

Mestre: dopo la rinuncia al project, le imprese citano per danni l’Ulss 12

Palazzo Balbi si costituisce in giudizio pronta a rivalersi sull’ex dg Padoan

VENEZIA – Un progetto naufragato, una nuova causa milionaria. Parliamo del Centro protonico per la terapia dei tumori di Mestre, un’idea sorta nel 2007, negli anni ruggenti (definiamoli così) di Giancarlo Galan, e sostenuta a spada tratta dal fedelissimo Antonio Padoan, all’epoca direttore generale dell’indebitata Ulss 12 Veneziana e (ad interim) di quella chioggiotta. L’obiettivo era ambizioso: dotare la sanità veneta di un servizio all’avanguardia, capace di combattere con i fasci di neutroni una serie di neoplasie rare. Quasi un ospedale gemello accanto al neonato Angelo, da costruire in project financing. Con due ostacoli gravosi, però: i costi elevatissimi e la necessità di coinvolgere un bacino di almeno 10 milioni di utenti per ammortizzarli; un’eventualità, questa, vanificata sul nascere dalle contemporanee iniziative di Trento, dove il Centro è in fase di realizzazione avanzata, e di Pavia che (grazie al coordinamento dell’Istituto nazionale di fisica nucleare) lo inaugurerà nel febbraio 2010. Ma tutto ciò non dissuade la giunta galaniana dal bandire la gara che premia la cordata d’imprese costituita da Gemmo, Medipass e Varian: i privati si impegnano a investire nell’opera 159,575 milioni, l’Ulss li rimborserà con 738 milioni spalmati in 19 anni. «Gli oneri finanziari del bilancio regionale schizzano da 0,9 milioni del 2007 ai 17,6 del 2009», obietta la Corte dei Conti mentre a Palazzo Balbi, conclusa la lunga stagione galaniana, arriva Luca Zaia. Padoan, orfano del grande protettore, entra presto in rotta di collisione con il governatore leghista ma non rinuncia al Centro protonico ed anzi firma il contratto, incurante dell’altolà delnuovo direttore generale della sanità, Domenico Mantoan, fermo nel precisare che l’oneroso obiettivo non rientra nella programmazione regionale; la giunta, per parte sua, nel gennaio 2013 esprime parere negativo attraverso una delibera che segna la parola fine al progetto. Il seguito, è cronaca recente: Padoan – che denuncia un «accanimento politico» nei suoi confronti e rivendica la bontà delle scelte operate – viene sollevato dall’incarico (farà causa davanti al giudice del lavoro) mentre il suo successore, l’attuale dg Giuseppe Dal Ben, dichiara nullo il contratto stipulato. Tutto finito? Non proprio, perché la cordata d’imprese non la prende bene e avvia una causa civile contro l’Ulss Veneziana chiedendo un centinaio di milioni di danni per il mancato rispetto degli accordi. La prima udienza in tribunale è convocata il 13 dicembre e la Regione si è già costituita parte in giudizio: nel caso l’unità sanitaria fosse condannata a risarcire i privati, fanno sapere da Palazzo Balbi, la rivalsa legale nei confronti di Padoan sarebbe scontata. Ma cosa resta ai cittadini, oltre allo strascico avvelenato dei conflitti politico-manageriali? Tramontato il Centro, si tenta di dare ugualmente una risposta ai pazienti affetti da tumore che necessitano di terapie al ciclotrone. Per questo è imminente la stipula di un protocollo con Trento per assicurare le cure ai malati veneti in regime di convenzione.

Filippo Tosatto

 

Dalle maxi stutture sanitarie alla metropolitana di superficie: in ballo cifre da capogiro

Tre liti in tribunale, Zaia nel mirino

VENEZIA – Contenziosi infiniti, clamorose richieste di risarcimento del danno, corposi ricorsi al Tribunale amministrativo e al Consiglio di Stato. Nel paese degli avvocati e della infinita foresta normativa succede che un buon sistema per recuperare soldi sia quello di prevedere sempre la possibilità di un contenzioso importante. Il terreno dei project financing è l’humus ideale perché molto spesso a compilare le gare d’appalto sono grossi studi legali che lavorano per il privato che propone e per il pubblico che approva. Alla faccia di un conflitto di interesse che fa dell’Italia uno degli ultimi paesi al mondo per tasso di credibilità. La legislatura regionale si sta concludendo all’insegna della richiesta di «incasso» da parte di società, cordate e imprese legate in qualche modo al «sistema Galan», che sta facendo ricchi studi legali e imprese senza muovere un mattone. Nella fattispecie, nelle ultime settimane il conto presentato alla Regione del Veneto supera i duecento milioni: 156 milioni per l’ospedale mai nato di Padova Ovest, altri 100 per la mancata realizzazione del Centro protonico di Mestre, 30 milioni per il sistema metropolitano di superficie. Se le prime due sono semplicemente richieste di risarcimento del danno, la terza è una cifra che effettivamente la Regione dovrà iscrivere a bilancio, in forza di due arbitrati andati male e di altrettante sentenze che hanno confermato l’obbligo a carico della Regione. Si tratta di contenziosi profondamente diversi, ma che risalgono tutti all’epoca dell’ex presidente Giancarlo Galan. E tutte e tre hanno per protagonisti imprese e professionisti in qualche modo legati al cosiddetto «sistema Galan». Il primo contenzioso, di cui abbiamo dato conto nell’edizione di ieri, porta la firma della società vicentina Finanza e Progetti spa ed è un ricorso al Tar del Veneto. La società vicentina, che fa riferimento al finanziere Roberto Meneguzzo, aveva presentato nel 2012 proposta di project financing per realizzare il nuovo ospedale di Padova Ovest. Al termine di due anni di iter amministrativo, complice il cambio di amministrazione al Comune di Padova, la Regione ha dovuto prendere atto che la proposta non è «di pubblico interesse» perché sono venute a mancare le condizioni. Puntuale, il ricorso quantifica in 156 milioni di euro il danno patito dalla società. La storia del centro protonico di Mestre è similare: e adesso la cordata Gemmo, Medipass e Varian chiede cento milioni di euro di risarcimento per la mancata realizzazione. Di poco diversa è la storia di Net Engineering, che negli Anni Novanta aveva progettato il sistema metropolitano di superfice blindando i contratti a proprio favore. In forza di questi, la società di progettazione ha vinto due arbitrati e due procedimenti conclusi con la condanna per la Regione del Veneto. Che dovrà pagare trenta milioni di euro ai progettisti.

(d.f.)

 

Il sindaco: «Dal patto Galan-Zanonato guadagnava solo Finanza e progetti»

Padrin: «Si trovi subito la soluzione, altrimenti perderemo altri cinque anni»

Il pasticcio di Padova ovest. Bitonci: «Felice per lo stop»

PADOVA «Finanza e Progetti» presenta il conto da 156 milioni di euro? Per Massimo Bitonci, il sindaco che ha stoppato il nuovo ospedale a Padova Ovest, non ci sono dubbi: «Era scontato che facessero causa, ma sono felice di aver bloccato quel progetto, nato dal patto tra Galan e Zanonato, che sarebbe costato moltissimo ai padovani e a tutti i cittadini del Veneto». Per Bitonci il ricorso al Tar è la plastica dimostrazione di una truffa sventata: «Dimostra esattamente ciò che dicevo – aggiunge il sindaco di Padova – : possibile che per un’operazione di meno di novecento milioni, 150 dei quali messi dalla Regione, l’utile atteso fosse pari a 133 milioni di euro? Siamo a un rendimento superiore al 15 per cento…» Scoppia con il fragore di una bomba la richiesta danni avanzata dalla società vicentina Finanza e Progetti spa, che fa riferimento a Roberto Meneguzzo, contro la Regione del Veneto, il Comune di Padova e l’Azienda ospedaliera di Padova. Tace la società vicentina, che non va oltre un cordiale «No comment». Ma non tace il mondo della politica, dentro al quale spiccano coloro ai quali non par vero di inchiodare il governatore Luca Zaia giusto a pochi mesi dalle elezioni regionali. Dopo sei anni di procedure amministrative, due anni di corrispondenza tra la Regione e la società vicentina e soprattutto dopo quattro mesi di scontro tra il governatore Luca Zaia e Massimo Bitonci, la frittata è servita. Sull’ospedale di Padova siamo al punto zero. La società vicentina, che sulla questione del nuovo ospedale di Padova è in cordata con la multinazionale delle infrastrutture Lend Lease, ha depositato ricorso al Tar contro lo stop all’ipotesi di Padova Ovest. Per scriverlo ha chiamato i migliori amministrativisti del Veneto e ha sparato una richiesta di risarcimento da paura: «ricorso temerario» dicono in Regione, che fanno sfoggio di serenità e hanno incaricato l’Avvocatura di resistere in giudizio. Non rilascia dichiarazioni il governatore Luca Zaia, certamente il più deluso dalla situazione in cui si è infilata la realizzazione del nuovo ospedale. Ancora una volta è lui che rischia di restare a metà del guado: dopo cinque anni sulla questione del nuovo ospedale resta con una manciata di mosche in mano. Per il 3 novembre ha convocato una riunione a Venezia con il sindaco, l’università, la Provincia, l’Azienda ospedaliera e lo Iov: dovranno decidere se adottare la soluzione dell’area di via Corrado, scelta dal Comune, oppure guardare altrove (Legnaro?). La Regione «scarica» la responsabilità della causa, più che a un lungo e lumacoso iter amministrativo, al repentino cambio di prospettiva imposto dal nuovo sindaco di Padova: «Con Zaia siamo assolutamente in sintonia – spiega Massimo Bitonci, smentendo dissapori – e penso che alla fine troveremo la sintesi nell’area di via Corrado. La proposta di Legnaro è un’amenità, lo dicono gli stessi docenti universitari: è lontana dalla città e dovunque i campus universitari si fanno in centro. Penso che la nuova area di via Corrado, che è già di proprietà pubblica, possa rappresentare una grande opportunità per confermare la vocazione di Padova città della medicina». Chi non è affatto tenero è il presidente della quinta commissione regionale, Leonardo Padrin (Forza Italia): «La priorità della Regione è quella di fare il nuovo ospedale, mi auguro che questa legislatura non si chiuda senza una decisione definitiva. Altrimenti questi cinque anni saranno passati invano. Sul ricorso amministrativo dico semplicemente: chi ha sbagliato paghi, chiunque esso sia». E «Chi ha sbagliato adesso paghi» è anche l’auspicio del capogruppo regionale di Italia dei Valori Antonino Pipitone: «Una bomba – scrive Pipitone – che rischia di far saltare i bilanci della Regione, dell’Azienda Ospedaliera di Padova e del Comune di Padova. Eravamo stati facili profeti – ricorda poi – quando denunciavamo che lo stato confusionale del duo leghista Zaia-Bitonci sarebbe stato buono solo per alzare altro fumo elettorale, ma che rischiava di determinare un enorme danno erariale alle casse pubbliche venete». «Mi sembra che tutti gli atti amministrativi rendano chiara la responsabilità del Comune di Padova – commenta il consigliere regionale del Pd Claudio Sinigaglia –: la Regione ha svolto la procedura correttamente ed è evidente che non ha potuto dare corso alla dichiarazione di pubblica utilità per la nuova posizione espressa dal sindaco di Padova. Fossi in Bitonci sarei più preoccupato di quanto debba essere Zaia. Ma è evidente che sulla vicenda il risultato è che il punto ora sia morto. Anche se credo che non sia preclusa del tutto la possibilità di far risorgere il progetto di Padova Ovest». Secondo Pipitone è evidente come « la sanità padovana sia è diventata un affare privato della Lega, da sacrificare sull’altare delle prossime elezioni regionali».

Daniele Ferrazza

 

la polemica

Ironia Pd: «Tutto previsto»

PADOVA Da Flavio Zanonato a Piero Ruzzante, si scatena l’ironia amara degli esponenti del Partito Democratico sulla vicenda del maxi risarcimento chiesto da Finanza e Progetti. Gianni Berno, consigliere comunale a Padova del Pd, rilegge la mozione votata nell’agosto scorso dal consiglio comunale patavino: «Ricordo che quando il Sindaco Bitonci in piena estate lesse questa nostra mozione pregiudiziale sul nuovo Ospedale andò su tutte le furie e minacciò di querelarci tutti. Tutti i punti evidenziati da questo documento si sono regolarmente realizzati sino al possibile danno patrimoniale».

 

«Trattati come degli appestati alla manifestazione. Con gli espropriandi accordi sotto ricatto». Elvio Gatto, coordinatore del Coordinamento veneto pedemontana alternativa, legge con gli occhi di chi è sulle barricate gli eventi verificatisi martedì in occasione della posa della prima pietra, nel trevigiano, dell’opera. «È stata una manifestazione pacifica di cittadini, che si sono mossi senza campagne a tappeto; eravamo molti di più di quanti dice il commissario per la Pedemontana Vernizzi, e trovo comunque che sia meschino il riferimento al numero di manifestanti (due, secondo Vernizzi) per paese. Ad avere ragione può essere una singola persona».

Ma l’accoglienza non è stata amichevole. «Siamo stati tenuti lontano come degli appestati. Ciò dimostra come Zaia tema qualsiasi confronto con la popolazione che possa fare rilievi critici. Il clima di nervosismo fuori luogo delle Forze dell’ordine ha portato all’increscioso episodio del trattore».

Sul quale Gatto spiega: «Un’ora e mezzo prima dell’arrivo di Zaia, i poliziotti già stavano chiudendo le strade. Il nostro amico Marino Fogal è arrivato con il trattore per mettersi simbolicamente vicino alle ruspe quasi a dimostrare il contrasto fra chi coltiva i campi e chi vuole distruggerli. È nato un increscioso equivoco. È chiaro che Marino non voleva aggredire il palco; conoscendolo è un’ipotesi risibile». Intanto, restano ancora in piedi dei ricorsi. «La corte costituzionale si è riunita il 7 ottobre per valutare il quello di 40 persone -dice Gatto- e stiamo aspettando la sentenza. Quindi l’uomo che fa il portavoce della legalità, ovvero Vernizzi, attenda il verdetto prima di procedere con lavori e immissioni in possesso. Anche perché il giudizio su un secondo ricorso, quello al Tar del Lazio, è in vigore dal 25 settembre e prevede la possibilità per gli agricoltori di continuare a raccogliere i frutti dei loro campi». E sugli accordi bonari aggiunge: «sono stati fatti sotto ricatto. La gente ha firmato per paura e sfinimento. Ma non è finita qui».

 

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