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Dopo tre mesi e mezzo Baita torna a casa

CASO MANTOVANI Ha parlato di tangenti per molti lavori, in particolare per un’opera di interesse nazionale

Baita, trema la Venezia degli appalti

Prime ammissioni e condizioni di salute peggiorate: l’ex presidente da ieri nella sua casa di Mogliano

SCARCERATO – Da ieri pomeriggio l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, ha lasciato il carcere di Belluno per andare gli arresti domiciliari. E ora qualche politico e imprenditore veneto inizia davvero a tremare.

AMMISSIONI –  Tra i motivi della scarcerazione anche i problemi cardiaci del manager. Certo è che Baita, accusato di un giro milionario di false fatturazioni, è stato interrogato due volte. E avrebbe fatto nomi eccellenti.

L’INCHIESTA – La Procura cerca riscontri. Il manager libero anche per ragioni mediche: soffre di problemi cardiaci

L’ex capo di Mantovani ai domiciliari. Avrebbe fatto i nomi di alcuni politici e leader di aziende di primo piano

Gli avvocati: detenzione incompatibile con la sua salute

Tra gli inquirenti bocche cucite e “secretati” tutti i verbali

Avrebbe fatto alcuni nomi importanti. La Procura a caccia di riscontri. A breve nuovo interrogatorio

L’INCHIESTA False fatture milionarie, l’ex presidente di Mantovani dopo tre mesi e mezzo lascia il carcere

Baita parla e va ai domiciliari

E ora qualche politico e imprenditore veneto inizia davvero a tremare. Da ieri pomeriggio l’ex presidente della Mantovani spa, Piergiorgio Baita, ha lasciato il carcere di Belluno per gli arresti domiciliari nella sua abitazione di Mogliano Veneto. A concederglieli, dopo tre mesi e mezzo, è stato il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Alberto Scaramuzza, con parere favorevole del sostituto procuratore Stefano Ancilotto, il magistrato che sta conducendo le delicate indagini sulle false fatture milionarie utilizzate dalla società di costruzioni padovana con l’obiettivo – ritengono gli investigatori – di creare consistenti fondi neri che potrebbero essere stati utilizzati anche per pagamenti illeciti. Ed è proprio questo il filone delle indagini che si preannuncia ricco di novità a breve: è difficile interpretare in altro modo, infatti, l’uscita dal carcere del manager accusato di aver ideato e gestito direttamente il vorticoso giro di false fatturazioni. Baita è già stato interrogato due volte dal pm Ancilotto e dal collega che lo affianca nell’inchiesta, Stefano Buccini, ed evidentemente il suo racconto è stato più ricco di particolari e nomi di quanto sia trapelato finora dai verbali secretati e dal riserbo degli inquirenti.
Per le pesanti accuse che gli vengono contestate – associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale – Baita rischiava di restare in carcere per altri dodici mesi (o almeno fino alla sentenza di primo grado) a seguito della richiesta di rito immediato che ha prorogato di un anno i termini di custodia cautelare. I domiciliari sono stati concessi in quanto si sono attenuate le esigenze cautelari, cosa che normalmente avviene quando non vi è più la possibilità di inquinare le prove, ovvero dopo aver confessato.
In Procura le bocche sono tutte cucite e si tende a minimizzare il significato della scarcerazione; mentre uno dei difensori di Baita, l’avvocato Alessandro Rampinelli, spiega che tra i motivi che hanno spinto il gip a concedere i domiciliari vi sono le condizioni di salute del manager: una consulenza medica commissionata dai legali, infatti, ha concluso per una sua incompatibilità con la permanenza in carcere a causa di problemi cardiaci.
Soltanto nell’ultimo interrogatorio Baita ha parlato con i pm per oltre tre ore e mezza, fornendo un quadro generale del funzionamento del mondo degli appalti, nel quale il pagamento di “mazzette” è sempre più diffuso. Rispondendo alle domande dei magistrati su circostanze specifiche il manager avrebbe anche confermato episodi e nomi già riferiti da altri. Con molte probabilità ulteriori interrogatori seguiranno a breve.
Anche senza le confessioni dell’ex presidente di Mantovani, la Procura sarebbe, comunque, già in possesso di una montagna di elementi d’accusa, raccontati in particolare dagli altri indagati, tutti già tornati in libertà: Claudia Minutillo, vicepresidente di Adria Infrastrutture ed ex segretaria dell’allora presidente della Regione, Giancarlo Galan; il padovano Nicola Buson, chiamato in causa in qualità di responsabile amministrativo della Mantovani e William Colombelli, presidente della sammarinese BMC Broker, società che ha prodotto una parte consistente delle false fatture utilizzate dalla Mantovani. L’estate si preannucia, dunque, particolarmente calda, e non soltanto sul fronte metereologico.

Gianluca Amadori

 

Tra ex ministri e vecchi portaborse

Il manager avrebbe “spiegato” alcuni appalti importanti, citando personaggi eccellenti di politica ed economia

I nomi ci sono, ma sono talmente “grossi” che, per ogni nome pronunciato da Baita, si stanno facendo tonnellate di riscontri. Il pm Stefano Ancilotto va con i piedi di piombo. Ma nonostante i verbali di Baita siano stati secretati, i nomi cominciano a filtrare e alcuni dei futuri indagati hanno già preso contatto con gli avvocati. Ma per uno che sa già di essere nel mirino, ce ne sono dieci che si aspettano il peggio e solo chi ha un seggio in Parlamento per ora è un po’ più tranquillo dal momento che la Procura deve mandare tutte le carte a Roma e serve l’autorizzazione a procedere. Tutti gli altri invece temono le manette. E dunque c’è grande movimento di avvocati più o meno illustri attorno alle aziende che hanno lavorato alle grandi opere del Veneto dell’era Baita. E se Baita ha deciso di parlare – e non ci sono dubbi – resta solo da vedere fino a che punto parlerà e chi coinvolgerà. Finora ha fatto interrogatori “selettivi”, chiarendo con meticolosa precisione il sistema degli appalti. Ha spiegato che per ottenere gli appalti pubblici non c’è altro sistema che pagare i partiti. Ha spiegato che pagano tutti. E per tutto. Ed ha acceso un riflettore su alcuni appalti importanti e su uno importantissimo. Per adesso la Procura si sta occupando di questo appalto “importantissimo”, che chiama in causa alcuni tra i nomi più importanti delle aziende e della politica nazionale. Si tratta di un’opera totalmente finanziata dallo Stato, la più grande – e la più discussa – che sia mai stata realizzata.
Nella “selezione” fatta da Baita sono già finiti i vertici delle imprese che lavorano a questa grande opera. A cominciare dall’uomo che da sempre guida la cordata che si è aggiudicata questo appalto miliardario. Ma poi c’è tutto il resto. E se è vero quel che sostiene Baita e cioè che tutti gli appalti pubblici sono “mazzettati”, allora la Procura di Venezia vorrà andare a vedere con Baita appalto per appalto, commessa per commessa. Il lavoro, dunque, è solo all’inizio dal momento che la Mantovani, di cui Baita era il supermanager, solo a Venezia ha partecipato alla costruzione di tutto e di più (Mose, nuovo ospedale di Mestre, parco di San Giuliano, tramvia, mega insediamento di via Torino). Ma in vent’anni la Mantovani ha vinto appalti dappertutto. Partecipa all’Expo di Milano 2015 per lavori pari a 165 milioni di euro.

Maurizio Dianese

 

IL BLITZ DEL 28 FEBBRAIO – Minutillo, la prima a rompere il muro del silenzio

L’operazione “Aria nuova” scatta all’alba dello scorso 28 febbraio con 4 arresti e decine di perquisizioni della Guardia di Finanza. All’inizio tutti scelgono la linea del silenzio: a rompere il fronte è Claudia Minutillo; poi scelgono di parlare Colombelli e Buson. Tutti stanno ora concordando il patteggiamento con il pm Ancilotto.
Baita ha cambiato linea verso la fine di maggio e i suoi iniziali difensori, Piero Longo e Paola Rubini, hanno rimesso il mandato, lasciando il posto ad Alessandro Rampinelli ed Enrico Ambrosetti.

 

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