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L’INTERVENTO

FRA NUTRIE E BUROCRAZIA SI SPROFONDA

WALTER FELTRIN – presidente Coldiretti Treviso

Che il tempo sia cambiato non ci sono dubbi. A dire il vero potremmo dire che il tempo è diventato maltempo con crisi cicliche che si accaniscono nelle varie stagioni. Questo cambiamento, associato alla situazione fortemente compromessa del territorio, sta causando non pochi problemi alle nostre aree rurali e non solo. Il dato eclatante è che il denaro speso per tamponare le emergenze e riparare i danni del maltempo è di molto superiore agli investimenti che basterebbero per dar vita a un sistema di opere di prevenzione per la raccolta e la regimazione delle acque. La prevenzione deve essere la priorità come ripetono da anni l’Unione Veneta bonifica e il Consorzio Piave. Persi nella Marca 1000 ettari all’anno sostituiti da asfalto e cemento. La Marca trevigiana dal 2000 al 2010 ha visto erodere 11 mila ettari di terreno agricolo sostituito con tonnellate di cemento. Il dato nazionale, invece, ci dice che negli ultimi 20 anni l’Italia ha perso il 15 % di terreno agricolo e fatto perdere 2,15 milioni di ettari di terra coltivata. Che il territorio sia a rischio calamità non è certo un’opinione. Per questo le autorità competenti devono dare dei segnali di presenza al fine di salvaguardare un settore che ad ogni cambio stagione rischia di trovarsi in ginocchio. Dal canto nostro dobbiamo mettere a bilancio la necessità di investire in polizze mutualistiche che diventano dei veri e propri salvagente. Siamo fortunati a poter vantare nella nostra provincia la presenza di uno dei Condifesa più efficienti sul territorio nazionale. Quando la burocrazia è nemica del buonsenso. La storia recente e quella passata legata al tempo ed al maltempo ha un altro ingrediente come protagonista: la burocrazia. L’assenza di buonsenso dell’uomo a volte è sorprendente. Eppure, dove si è intervenuti, si è dimostrato di come il territorio possa essere messo in sicurezza. Un esempio è il comune di Castelfranco, che viene protetto da una serie di bacini di laminazione situati a monte con risultati soddisfacenti. A Preganziol, invece, il Consorzio di bonifica Piave ha beneficiato di un finanziamento regionale per dar vita ad un nuovo bacino di laminazione a nord. Opera ferma da quattro anni per questioni burocratiche. Ora, finalmente, sembra che a fine mese si sblocchi l’appalto e per i cittadini di Preganziol potrebbe davvero esserci una buona notizia. Vogliamo parlare di Piave? I cori del no sbraitano quando si vuole intervenire per pulirlo con interventi a dir poco sconsiderati di chi non capisce che l’acqua, nei fiumi, deve scorrerci e non esondare perché pieni di alberi, detriti e ghiaia. Meglio, inoltre, una pulizia del fiume che una nuova cava. Del bacino naturale di Pra’ dei Gai, che sarebbe capace di convogliare 29 milioni di metri cubi d’acqua, garantendo sicurezza alla parte orientale della Marca, se ne parla addirittura dal 1966. Non ci sono parole. Responsabilità sì! Le nutrie sono un problema reale. Lo sono per gli argini dei fiumi, per l’ambiente e per la sicurezza dell’uomo. Questi roditori, peraltro inseriti dall’Unione Internazionale per la conservazione della natura nell’elenco delle 100 specie aliene all’habitat più dannose al mondo, stanno colonizzando ampie zone della nostra provincia, causando erosioni agli argini di fiumi e canali. Scavano infatti trincee e cunicoli sotterranei lungo gli argini all’interno dei quali penetra l’acqua che li erode fino a causare il loro cedimento e l’esondazione sui terreni circostanti. Eppure c’è chi solleva la questione della specie protetta. La cosa ha del paradossale: questo animale distrugge il territorio, si nutre di piante autoctone e dei nostri raccolti, mina la sicurezza idraulica e quella delle persone e qualcuno pensa veramente che dovrebbe essere protetto. Dove è andato a finire il buonsenso?

 

Vertice in Prefettura tra i Comuni maggiormente colpiti e i tecnici di Arpav e Genio Civile

Venerdì nuovo summit, poi la Protezione civile potrebbe sospendere i lavori e andare via

Lorenzon: «Il peggio è passato, ora bisogna impedire le costruzioni vicino alle risorgive»

Il suggerimento: tenete tutte le fatture dei pagamenti per i danni da maltempo

Sono ancora 500 le famiglie con gli scantinati allagati dall’acqua a causa delle falde che hanno continuato a salire nei giorni scorsi. Il dato è emerso ieri pomeriggio nel corso del tavolo tecnico che si è tenuto in Prefettura a Treviso e a cui hanno partecipato i rappresentanti dei Comuni maggiormente interessati (Villorba, Cimadolmo, Maserada, Mareno, Orsago, Vedelago), Mirco Lorenzon, assessore provinciale alla Protezione civile, il Genio civile, i vigili del fuoco, la Regione e i tecnici dell’Arpav. Di fronte al prefetto, Maria Augusta Marrosu, sono stati presentati i numeri dei danni provocati dal maltempo dei giorni scorsi: 119 scantinati ancora allagati a Villorba, oltre 300 a Mareno, 60 a Maserada, più altre decine tra Vedelago, Orsago e Cimadolmo per una conta complessiva dei danni che arriva a sfiorare i venti milioni di euro. «L’emergenza sembra però essere cessata», afferma l’assessore Lorenzon, «venerdì si terrà un nuovo vertice per fare il punto della situazione, nella speranza che non ci siano nuove piogge. Le falde comunque si stanno abbassando». Durante l’incontro in Prefettura si è anche discusso sulle decisioni da prendere per evitare che si verifichino nuovamente fatti analoghi, in particolare dopo lunghe giornate di maltempo. L’obiettivo è quello di obbligare i sindaci a bloccare nuove costruzioni troppo a ridosso delle falde. «Bisogna dirsi la vertità», aggiunge Lorenzon, «i problemi sorgono lì dove i costruttori hanno costruito dove non si sarebbe dovuto. Troppo spesso i cittadini non sono consapevoli del fatto che le loro case sono costruite in falda con il rischio che accadano le cose che abbiamo visto in questi giorni. In questo senso si è discusso su come responsabilizzare i Comuni per impedire la costruzione di case in falda». I sindaci presenti hanno anche presentato la conta dei danni che ammonterebbero a circa 20 milioni di euro. «L’invito a tuti i cittadini è quello di tenere tutte le ricevute delle spese sostenute», afferma Marco Serena, sindaco di Villorba, «la Regione si attiverà per chiedere al governo, quando ce ne sarà uno, il rimborso per i danni dovuti al maltempo degli scorsi giorni». In 15 giorni è infatti caduta la pioggia di 4 mesi. L’epicentro dell’emergenza è ancora Mareno dove, nei giorni scorsi, erano arrivati anche i militari per dare una mano alle oltre 300 famiglie che si stanno ritrovando con garage, taverne, salotti e scantinati con 20 centimetri d’acqua. Il problema delle falde è comunque noto da tempo. E parte da nord, da Orsago dove si sono allagati diversi scantinati a Ponte nella Muda, nel territorio di Cordignano, scendendo lungo la fascia delle risorgive fino alle porte del capoluogo. A Godega i problemi maggiori si trovano nella zona di Bibano di Sotto e a sud Pianzano, con una decina di casi segnalati. Nel Conegliese pesanti disagi anche a San Vendemiano, con 30 famiglie a subire danni. tredici i casi segnalati a Vazzola. A Cimadolmo invece la falda si è alzata dall’argine dal Piave fino al confine con San Polo. I militari si sono fermati anche a due passi dal Piave. Scendendo verso Treviso, a Maserada ci sono motopompe e volontari al lavoro. Danni ingentissimi anche a Villorba: oltre 100 i casi segnalati tra famiglie, negozi e capannoni tra Carità, Fontane e San Sisto. Casi isolati, invece, per Borso e Cappella Maggiore, aree che non rientrano nella fascia di risorgive, ma anche in questi casi con quasi 100 famiglie coinvolte. La Provincia si è messa in moto attivando a Mareno un centro operativo h24 con il quartier generale della protezione civile: «Un evento di questa portata non si era mai visto», ha commentato il presidente della Provincia Leonardo Muraro, «solo a gennaio sono caduti nel Veneto mediamente 269 ml di acqua, il 398% in più rispetto alla media calcolata dal 1999 al 2013 (54 ml). Quindi, le piogge di questi giorni hanno caricato in modo abnorme la portata della falda, arrivando quindi a invadere d’acqua gli scantinati e i piani interrati di industrie, edifici artigianali e case».

Giorgio Barbieri

 

«Noi non vogliamo essere abbandonati»

La paura tra i residenti di Mareno: pronti a portare i nostri secchi negli uffici istituzionali

«Porteremo i secchi d’acqua negli uffici istituzionali, vedremo se così l’emergenza sarà finita». Decine di famiglie Marenesi stanno ancora lottando con la falda e sperano di non essere abbandonati al loro destino. Vi sono ancora oggi diversi edifici in cui idrovore e pompe espellono milioni di litri d’acqua dal sottosuolo. «Il lavoro dei volontari è encomiabile», spiegano i cittadini, «ma la situazione è migliorata di poco, se le pompe e i generatori vengono spenti, tutto va ancora sott’acqua». A Mareno erano state raccolte centinaia di firme per domandare l’intervento di Prefettura ed esercito, che poco dopo sono arrivati. La Protezione civile di Mareno già dal primo giorno era sul campo, coadiuvata poi da quella Provinciale e dagli altri gruppi locali. Si è attivata una catena di aiuti e solidarietà che adesso rischia di rompersi. «Non ci sono più i finanziamenti per il carburante», è la voce che circola in paese. Come conferma qualche volontario, l’intervento è garantito fino a domani, «poi si vedrà». Se l’appoggio delle istituzioni dovesse mancare, alcuni residenti stanno pensando di riunirsi un comitato per portare avanti le istanze degli allagati. «Chiediamo almeno di avere informazioni chiare e precise, qui l’emergenza non è finita», è il coro unanime dei Marenesi. Le bollette dell’energia schizzerebbero a migliaia di euro per tenere in funzione le pompe. «È assurdo che i cittadini debbano farsi carico degli ulteriori oneri di consumi», scrive un cittadino sullo spazio Facebook del Comune, «l’Enel in questa situazione ha tutto da guadagnare anche se non addebita la “una tantum” dell’aumento dei Kw. Il Comune di Mareno dovrebbe quantomeno venire incontro ai cittadini». Tra le tante storie di questi giorni d’emergenza falda, c’è anche quella dell’ex assessore Antonio Tovenati. Anche il suo garage è tra quelli finiti sott’acqua ed è stato tra i diversi cittadini che si sono attivati. Una decina di giorni fa, ha avuto un infarto venendo ricoverato e operato d’urgenza in ospedale. Ora è tornato a casa. Lui come tutti i Marenesi, elogia i volontari della Protezione civile, sperando di non essere abbandonati dalle istituzioni. «Un ringraziamento va ai tanti che stanno operando gratuitamente», afferma Tovenati.

Diego Bortolotto

 

Allarme per le discariche «Rischio di fuoriuscite»

L’europarlamentare Zanoni: «Paghiamo anni di impunità: subito i test»

Timori per via Orsenigo e le ex cave di Paese e Castagnole trasformate in laghi

Chi abita vicino alla cave ha adesso un panorama diverso: tanti laghi, piccoli e grandi. Il più vistoso, dicono, è quello della cava «Le bandie» della dinasty Mosole: oltre 2 metri di altezza. Ma anche chi vive a Paese, a Castagnole, a Porcellengo, ai confini delle cave che riconvertite o riqualificate ha visto la mutazione del territorio. Non sarà la Scandinavia dei mille laghi, ma in questi giorni chi ha visto la zona delle risorgive da nord ha visto una Marca con tanti piccoli laghetti… spontanei. La falde sature che hanno innalzato il livello dell’acqua nella fascia tra la zona a nord di Treviso e il Piave hanno prodotto anche questo effetto, destinato a svanire presto, se è vero che il fenomeno della «saturazione» sta per rientrare. Andrea Zanoni, europarlamentare del Pd (ex Idv), già presidente di PaeseAmbiente, e successivamente consigliere comunale a Paese, va oltre i laghi. E lancia un allarme: «Cosa è accaduto nelle ex discariche? Quali effetti ha portato l’innalzamento della falda dove sono stati seppelliti i rifiuti per decenni e decenni? Non possiamo venire tranquillizzati dalla impermeabilizzazione dei teloni. Servono interventi immediati delle autorità competenti, anche per rispettare le direttive europee». A chi si riferisce? «A chi la competenza sull’ambiente in questo territorio. Credo sia doveroso avviare una serie di test monitoraggi e controlli sull’acqua di falda. Solo in Italia, mentre le leggi hanno sempre prescritto che i rifiuti dovessero venir smaltiti nelle zone più distanti dalle falde, è accaduto che invece li scaricassimo e li seppellissimo esattamente sopra di esse. Una follia». Cosa teme? «Che adesso letti interi di rifiuti siano “fradici” di acqua, che è salita sicuramente sopra il piano campagna. In molte zone le falde erano già compromesse, almeno i livelli alti, adesso temo che la situazione sia peggiorata. Paghiamo anni e anni di irresponsabilità e impunità». Ha suggerimenti precisi? «Penso all’ex discarica di via Orsenigo, dove ci sono ancora i piezometri, alla zona dietro il Lando, ma anche alle ex discariche nel comune di Paese, in primis a Castagnole. Ma in generale vanno effettuati controlli a nord del capoluogo». Le norme prescrivevano l’impermeabilizzazione del fondo di discarica e una fascia di rispetto di oltre 1,30 metri fra piano di scavo e livello di falda. «Sui teloni impermeabilizzati è inutile prendersi in giro, ricordo buchi e conseguenti percolamenti già tantissimi anni fa. Il guaio è che la falde, almeno più vicino al piano campagna, sono già un ricettacolo chimico, è come se avessimo già perso questa battaglia. Ma ricordo che entro il 2015, cioè fra un anno, anche l’Italia deve mettersi in regola con le nome Ue sulla qualità dell’acque di falda».

Andrea Passerini

 

villorba

Arrivati in Comune 119 moduli: i danni ammontano a oltre due milioni di euro

La media delle richieste danni oscilla tra i 7 e i 10 mila euro. Ma c’è chi ne ha chiesti anche 300 mila. In municipio a Villorba sono arrivati 119 moduli, compilati da cittadini (la stragrande maggioranza) e imprese che dalla notte di domenica stanno facendo i conti con l’innalzamento delle falde che ha mandato sott’acqua diversi garage e scantinati in tutta l’area. La somma delle 119 richieste danni porta a un totale di 2.143.000 euro: una cifra, spiegano dal municipio, del tutto provvisoria, dato che ci sono ancora una quarantina tra garage, scantinati e taverne che restano allagati, in una emergenza che pare non avere mai fine. «L’innalzamento delle falde è un fenomeno che non è ancora concluso, ci vorranno ancora alcune settimane e serve molta pazienza», ha spiegato ieri il sindaco di Villorba Marco Serena, al termine del vertice in Prefettura. Ed è proprio per questo che la conta dei danni è destinata a lievitare nel prossimo futuro. Finora, infatti, buona parte delle richieste di aiuto economico sono legate alle spese sostenute dalle famiglie per il noleggio delle pompe di sollevamento dell’acqua e per il loro funzionamento (elettricità o gasolio), oltre che per gli impianti elettrici messi ko dall’acqua. Ma ci sono scantinati, come in via Pastro e via San Pio X, dove a saltare è stato addirittura il pavimento. Solo all’ex magazzino Zago, dove peraltro il piazzale è ancora una piscina, il conto dei danni ammonta a 300 mila euro, a cui andranno poi aggiunti i costi per la sistemazione strutturale. La prima stima dei danni inviata dal Comune di Villorba nei giorni scorsi in Regione parlava per 10 milioni, comprensivi non solo dei danni ai privati, ma anche delle ipotesi di spesa per rimettere a posto strade e illuminazione pubblica (circa un milione) e dei danni alle aziende. Entro fine mese, annuncia il sindaco Serena, verrà organizzato un incontro pubblico con i geologi per parlare del fenomeno falde. Sessanta, invece, le richieste danni arrivate in municipio a Maserada. Ieri l’amministrazione era rappresentata in Prefettura dal capo dell’ufficio tecnico. «Grazie alla protezione civile regionale siamo riusciti a portare una pompa al condominio di via Kolbe, in una delle aree critiche», spiega il sindaco Floriana Casellato. «Negli ultimi due giorni c’è stato un lento calo della falda», commenta il primo cittadino di Mareno di Piave, Gianpietro Cattai, «se la situazione evolve così, ne avremo ancora per alcuni giorni».

(ru. b.)

 

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