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Da Venezia a Milano le carte dell’accusa sulla maxi-tangente

Il versamento della “mazzetta” era previsto a Vicenza, ma l’arrivo della Guardia di Finanza al Consorzio Venezia Nuova, per una verifica fiscale, fece saltare il progetto iniziale, e la consegna del denaro fu spostata a Milano, il 14 giugno del 2010. È per questo motivo che sarà trasmesso alla Procura lombarda il filone dell’inchiesta relativo ai 500mila euro che l’ex presidente del Cvn, Giovanni Mazzacurati, sostiene di aver versato a Marco Milanese, consigliere politico dell’allora ministro Giulio Tremonti, per ottenere il via libera ad una serie di finanziamenti per la prosecuzione dei lavori del Mose.
Lo spiega il Tribunale del riesame di Venezia nel provvedimento con cui, lunedì sera, ha stabilito che la competenza delle indagini spetta al pool di magistrati diretti da Edmondo Bruti Liberati: una recente sentenza della Cassazione, ha infatti stabilito che è decisivo il momento della consegna della presunta tangente, non quello dell’accordo illecito.
E così tra qualche giorno la Procura di Venezia provvederà a liberarsi del fascicolo nel quale, oltre al nome di Milanese, figura anche quello del finanziere vicentino Roberto Meneguzzo, della Palladio Finanziaria, che secondo i pm Paola Tonini, Stefano Buccini e Stefano Ancilotto, avrebbe fatto da intermediario, mettendo in contatto Mazzacurati con l’onorevole Milanese e facendogli incontrare anche l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti (non indagato). Mazzacurati sostiene di aver versato i 500mila euro nella sede della Palladio, a Milano, attorno a mezzogiorno, e la Finanza scrive che i dati dei rispettivi tabulati telefonici confermano sia i contatti avvenuti nei giorni precedenti tra i vari protagonisti della vicenda, sia la presenza di Meneguzzo e Milanese nella sede della Palladio il giorno della presunta mazzetta. Il manager vicentino, difeso dall’avvocato Manfredini, ha negato con decisione di aver mai trattato di questioni relative a tangenti e pure di aver assistito ad uno scambio di denaro tra Mazzacurati e Milanese.
Versione che contrasta con quella dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova il quale ha raccontato agli investigatori che sarebbe stato proprio Meneguzzo a dirgli «che bisognava dare dei soldi per “avere queste cose” dicendogli anche che il “cip” di apertura doveva essere nell’ordine di 500mila euro. A sua volta l’onorevole Milanese disse che sarebbe riuscito a “combinare queste cose”», si legge nella ricostruzione effettuata dal Riesame.
La “cosa” da sistemare sarebbe stata la delibera Cipe numero 31 del 2010, all’interno della quale dovevano rientrare i finanziamenti per il Mose. Mazzacurati si era inizialmente recato da Gianni Letta, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma senza esito, ha raccontato ai magistrati. Per poi aggiungere che, successivamente, tramite Meneguzzo riuscì ad entrare in contatto con Milanese. Versione confermata da Piergiorgio Baita, allora presidente della Mantovani, il quale ha aggiunto che Meneguzzo fu presentato al presidente del Cvn dall’ex presidente del Consiglio Regionale, la vicentina Lia Sartori. Da alcune intercettazioni telefoniche emerge che sarebbe stato Meneguzzo a fissare l’appuntamento tra Mazzacurati e Milanese il 29 aprile del 2010 alle ore 13, nella sede del ministero dell’Economia. Mazzacurati incontra Tremonti pochi giorni più tardi. Il 13 maggio il Cipe approva la delibera che prevede il finanziamento per il Mose. Il 24 maggio Mazzacurati, conversando con un imprenditore aderente al Cvn, il veronese [……………….], assicura che «la cosa è sistemata»: ed effettivamente, rileva la Procura veneziana, il Consiglio dei ministri del 25 maggio delibera la priorità dei finanziamenti del Mose nel limite massimo di 400milioni di euro. Baita riferisce che lo stesso giorno fu convocata una riunione urgente al Consorzio Venezia Nuova per reperire i soldi da versare a Milanese. Gli inquirenti sottolineano che, il giorno successivo, c’è una telefonata di Meneguzzo a Mazzacurati «per aver riscontro sulla bontà del risultato conseguito, garantendo la prosecuzione dell’intervento del Milanese anche per la fase successiva, che si concluderà il 18 novembre 2010». Il 28 maggio Mazzacurati rassicura che la tangente sarà pagata, visto l’esito positivo della vicenda e che sarà lui stesso a portarla a Vicenza. Ma alla fine il presidente del Cvn è costretto a cambiare in piano per evitare che le Fiamme Gialle potessero trovarlo ben ben 500mila euro in contanti. Spiegarlo ai finanzieri non sarebbe stato facile.

Gianluca Amadori

 

L’avvocato di Fasiol: non ha agevolato la Mantovani

Secondo Baita gli furono affidati quattro collaudi del Mose per «ingraziarselo»

Il suo legale: abbiamo dimostrato che non c’é stato alcun atto di favoritismo

LIBERO – Il tribunale del Riesame di Venezia ha revocato la custodia cautelare per Giuseppe Fasiol, ex funzionario della Regione Veneto

LA RICOSTRUZIONE – Mazzetta pagata per sbloccare la delibera del Cipe sui lavori

IL RIESAME – Versati nella sede di Palladio i 500mila euro per Milanese consigliere di Tremonti

IN LIBERTÀ L’ex dirigente della Regione accusato di corruzione

VENEZIA – (g.l.a.) “Siamo molto soddisfatti della decisione del Tribunale del Riesame che ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del mio cliente, ritenendo che non sussistano gravi indizi di colpevolezza a suo carico”.
Lo ha dichiarato l’avvocato Marco Vassallo, difensore di Giuseppe Fasiol, il funzionario della Regione Veneto arrestato all’inizio di giugno con l’accusa di corruzione in relazione a quattro collaudi (per un compeso compessivo di poche migliaia di euro) che secondo la Procura gli erano stati affidati come contropartita per aver favorito le società del gruppo Mantovani nell’iter relativo a project financing.
“Abbiamo dimostrato che il mio cliente non ha agevolato in alcun modo la Mantovani e che non c’è stato alcun atto di favoritismo e, di conseguenza, alcuna corruzione”, prosegue l’avvocato Vassallo.
A chiamare in causa in qualche modo i funzionario regionale è stato l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, il quale ha raccontato ai pm che quei collaudi furono dati a Fasiol con l’intenzione di ingraziarselo. “Anche se questa fosse stata l’intenzione di Baita, il mio cliente non ha commesso alcun illecito in quanto non ha favorito la Mantovani”, precisa l’avvocato Vassallo.
Fasiol, 52 anni, originario di Lendinara e residente a Rovigo, per il momento non vuole rilasciare interviste: “Desidera solo restare con la sua famiglia, dopo aver trascorso venti giorni ingiustamente in carcere, in un regime di detenzione ingiustificato, in quanto gli era stata anche negata la possibilità di avere colloqui con i suoi cari. Ora vuole soltanto restare un po’ in pace”.

 

MOSE, GALAN PRIVILEGIATO

L’inchiesta sulle presunte tangenti pagate per gli appalti del Mose ha portato all’arresto di 35 persone. Tra gli arrestati, nomi eccellenti come l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni , il consigliere regionale Pd Giampietro Marchese, il generale in pensione Emilio Spaziante. Per il deputato Giancarlo Galan, per poter procedere occorrerà invece il beneplacito dell’apposita Commissione di Palazzo Madama. Come dire che esistono cittadini più uguali degli altri per i quali valgono regole e privilegi riservati solo ai pochi fortunati che fanno parte del cerchio ristretto della cosiddetta casta. E così, mentre Renato Chisso rimane in carcere nonostante le sue precarie condizioni di salute e l’imprenditore Roberto Meneguzzo tenta il suicidio in cella, Giancarlo Galan, a cui auguro di dimostrare nelle sedi opportune la propria innocenza, ha la possibilità di andare in televisione raccontando la propria verità e confutando senza alcun contraddittorio le accuse rivoltegli e le testimonianze raccolte dai giudici. Il livello di civiltà di uno Stato si misura innanzitutto dal rispetto per la giustizia, ma da troppo tempo nel nostro Paese i processi, contrariamente agli Stati Uniti dove nelle aule di giustizia non entra neanche il fotografo o l’operatore televisivo, anzichè nei luoghi deputati e cioè nei tribunali, si celebrano negli studi televisivi, con tanto di ospiti, pubblico plaudente e intermezzi pubblicitari.

Renzo Bulbarella – Torreglia (Pd)

 

LE ASSOCIAZIONI – Ambiente Venezia: «Rivedere le sezioni delle bocche di porto»

Tanta “carne” sul fuoco per l’associazione Ambiente Venezia. Che alle 17.30 di venerdì indice sulla vicenda Mose una nuova assemblea pubblica a San Leonardo, con la bellezza di nove punti all’ordine del giorno: la moratoria delle opere in corso alle bocche di porto, il superamento della concessione unica al Consorzio Venezia Nuova e il suo scioglimento, l’abrogazione della legge obiettivo, il superamento del Magistrato alle acque, la riforma della Legge speciale, il superamento della concessione al Consorzio delle aree dell’Arsenale nord, la ripresa delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria e per la residenza e il diritto alla casa, nonché l’istituzione di una Authority indipendente di tecnici che studino la possibilità di riconversione del sistema Mose mediante una variante in corso d’opera.
Ieri la comunicazione dell’incontro si è accompagnata alla diffusione di una nota dove Ambiente Venezia, pur sottolineando che «il danno ambientale avvenuto è enorme e irreversibile», e che in materia si sta valutando la possibilità di una denuncia alla magistratura, «rimane forse possibile intervenire nell’ultima fase d’installazione di cassoni e paratie». Proponendo a tal fine la revisione della sezione alle bocche di porto, «con l’innalzamento dei fondali e la definitiva estromissione delle grandi navi dalla laguna, e il recupero di progetti alternativi mai presi in considerazione».

Vettor Maria Corsetti

 

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