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Gazzettino – La mappa dell’impero economico dell’ex doge

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

12

lug

2014

MOSE – La mappa dell’impero dell’ex doge: villa, case in Croazia, tenuta agricola e partecipazioni in varie società

Galan, la battaglia del voto segreto

Forza Italia cerca di evitare l’arresto. Brunetta si appella alla libertà di coscienza. Il Pd non cede: il Paese chiede rigore

VERSO IL VOTO – Martedì prossimo la Camera deciderà sull’arresto di Galan. Brunetta si appella alla libertà di coscienza e chiederà il voto segreto. Il Pd non dà segni di ripensamento: Il Paese chiede rigore.

LE PROPRIETÀ – Intanto ecco la mappa dell’”impero” dell’ex governatore: oltre alla villa sui Colli, due case in Croazia, una tenuta agricola, sei vetture in garage e partecipazioni in varie società.

AUTO E BOSCHI – Sei vetture in garage una tenuta agricola e 5 ettari a Rovolon

LE ABITAZIONI – Oltre alla villa sui Colli una casa a Rovigno e un immobile a Lussino

La mappa dell’impero economico dell’ex doge

Una villa e due case, cinque auto e un quad, partecipazioni in una ragnatela di società. Ricco come un Creso oppure oberato dai mutui che deve onorare, un milione 850mila euro solo con Veneto Banca (di cui detiene azioni per 100mila euro)? Padrone di case da favola, o più modestamente un benestante che ha investito i soldi di una vita nella villa con barchessa sui Colle Euganei? Abile gestore di società tra Italia e Croazia, magari all’incrocio con attività (sanità, energia…) su cui la Regione Veneto aveva competenza, o in realtà il titolare di qualche scatola vuota, senza sostanza economica? Si dibatterà a lungo sull’”impero” di Giancarlo Galan, almeno da qui al probabile processo che lo attende (salvo colpi di scena) al termine dell’inchiesta su affari e mazzette in Laguna.
Ma da qualche parte bisogna cominciare, avendo ben presente che i livelli da considerare sono tre. Da una parte la Procura che gli contesta tangenti per 4 milioni 831mila euro: un milione all’anno dal 2008 al 2013 come “stipendio” del Consorzio Venezia Nuova, 831mila euro dalla Mantovani (400mila euro per la ristrutturazione della villa di Cinto Euganeo, 350mila euro per partecipazioni azionarie in Adria Infrastrutture e Nordest Media). Dall’altra parte l’interessato che nega di essere mai stato corrotto con un solo centesimo, e di essere quindi la vittima di una grande macchinazione. In mezzo la guardia di Finanza, che ha monitorato il patrimonio di Galan e consorte, sostenendo che i due hanno speso molto più di quanto hanno incassato.
LA VILLA La dimora di Cinto Euganeo impressiona, per vastità e ricercatezza del giardino. «Ho acquistato tale abitazione nel 2005 per un prezzo inferiore al milione di euro. – ha spiegato l’indagato nella memoria mai consegnata ai Pm, ma finita alla Giunta della Camera – Il denaro arrivava dalle mie azioni detenute in Antonveneta». La ristrutturazione? «Pagai all’incirca 700mila euro, utilizzando, tra l’altro, un mutuo di 200mila euro acceso con la Banca Popolare di Vicenza, che a tutt’oggi paghiamo mensilmente». È per questo che il 30 maggio 2006 fu iscritta un’ipoteca sulla villa. Ma per la Finanza e i Pm i lavori furono pagati dalla Mantovani di Piergiorgio Baita, con un sistema di sovraffaturazioni.
A ROVIGNO Nota è la passione di Galan per la pesca in mare. È anche per questo che frequenta la Croazia. Nel 2001 acquista «il primo piano di una abitazione nella nota località turistica croata di Rovigno, per circa 155mila euro; negli immediati anni successivi svolsi sulla stessa dei lavori di ristrutturazione». Per farlo costituisce la società “Franica Doo”.
A LUSSINO Non è l’unica proprietà all’estero. A Lussino Galan possiede la «porzione indivisa di un immobile di cui sono proprietario unitamente a Paolo Venuti e Luigi Rossi Luciani». Il primo è il suo commercialista, arrestato a giugno, il secondo è l’ex presidente degli industriali del Veneto. «Questa abitazione è stata acquistata nel 2010 per un importo di circa 60mila euro». L’ex governatore puntualizza: «La mia parte di proprietà è la meno pregiata trattandosi della porzione non rivolta al mare».
I BOSCHI L’elenco dei beni immobili si completa con la tenuta agricola “Frassinetta” a Casola Valsenio (Ravenna). Secondo Galan «si tratta di un territorio prevalentemente boschivo acquistato per una quota pari al 70% nel 2008 con un mutuo acceso presso Veneto Banca a copertura dell’intero importo». Secondo la Finanza il valore è di 920mila euro. Per finire, 5 ettari e mezzo di bosco a Rovolon, sui Colli Euganei, comperati sempre nel 2008 e pagati 47mila euro.
AUTOMOBILI Il parco-auto comprende l’ammiraglia, una Audi Q7 di dieci anni fa (330 mila chilometri), una Land Rover “Defender” (regalo della moglie nel 2013, intestata alla società Margherita), un Quad acquistato per 1.250 euro. Ci sono anche tre auto storiche: un Land Rover “Defender” del 1980, un Pinzgauer del 1973 (regalo dell’imprenditore Nicola Pagnan), una Mini Morris del 1976 (regalo di nozze dell’avvocato Niccolò Ghedini).
ADRIA INFRASTRUTTURE Entriamo nel dedalo delle società. Secondo Galan “Adria Infrastrutture”, come Nordest Media, non ha mai operato. Ne detiene il 7% che per la Finanza vale 350mila euro, prezzo di una presunta corruzione. Fu Piergiorgio Baita (oggi uno dei suoi grandi accusatori) a proporgli l’acquisto: «Acconsentii reputandolo un buon investimento per il futuro, per quando si sarebbe conclusa la mia esperienza da Governatore». Ma Galan nega di aver mai discusso di eventuali project financing. «Lo stesso Baita afferma che io non mi sono mai adoperato per avvantaggiare, agevolare o favorire una sua società nell’ambito della finanza di progetto».
NORDEST MEDIA. Galan detiene il 70 per cento del capitale, che per la Finanza equivale a 81.200 euro. Doveva servire per attività giornalistiche. Ma Galan assicura: «Si parlò delle testate e delle probabili chances che avevano sul mercato italiano, ma non mi interessai minimamente alla vicenda». E se dall’inchiesta emerge che avrebbe dovuto convincere amici imprenditori a finanziare la pubblicità, lui giura: «Non ho fatto assolutamente nulla per la raccolta pubblicitaria».
MARGHERITA. Società equamente divisa con la moglie Sandra Persegato. Secondo la Finanza è la holding di famiglia. I petali della “Margherita srl” portano alle partecipazioni in “Frassinetto”, “Energia Green Power” («Capitale non versato, non ha mai operato», dice lui; la Finanza: 10 mila euro), “Amigdala” (4 mila euro su un capitale di 20 mila, tra i soci anche la famiglia Stefanel), “San Pieri srl” (soci le mogli di Galan e dell’imprenditore Stefano Bozzetto; la partecipazione per 850 mila euro è stata finanziata da Veneto Banca; secondo la Finanza la partecipazione del 21.6% vale un milione 323 mila euro).
LA SANITÀ. Galan è all’oscuro di detenere il 50% di IHLF, società costituita per consulenze con i cinesi in ambito sanitario.
INDONESIA. Secondo la Finanza, “Thema Italia spa” faceva affari con il gas in Indonesia, e i coniugi Galan avrebbero avuto un interesse personale (tramite il commercialista Venuti), anche se «le quote sono formalmente intestate a terzi soggetti». Ma Galan replica che il cliente di Venuti non è lui, in questo caso, bensì «il signor Roberto Bonetto» che detiene il 65% della società e che vendette una partecipazione societaria in Indonesia per 45 milioni di dollari.

Giuseppe Pietrobelli

 

RICHIESTA D’ARRESTO Martedì 15 alle ore 17 la Camera deciderà

Brunetta si appella al voto di coscienza per salvare Galan

Ma il Pd risponde picche

L’ex governatore a casa alle prese con problemi di salute

Forza Italia denuncia: hanno voluto liquidarlo in fretta

GLI AZZURRI – Milanato: c’era il fumus persecutionis. Zanettin: no a giudizi sommari

LE SOCIETÀ – Partecipazioni in Adria infrastrutture, Nordest media e nella sanità

CAMERA DEPUTATI – Giovedì primo sì all’arresto di Giancarlo Galan, tra i fondatori di Fi, da parte della Giunta

Per salvare il soldato Galan, Forza Italia si aggrappa al caso Errani (il governatore dell’Emilia dimessosi dopo la condanna in appello a 1 anno per falso ideologico a cui il premier Renzi ha confermato piena fiducia fino alla sentenza definitiva). Per provare a far breccia nella solida maggioranza Pd-Cinque stelle, da sola con i numeri sufficienti a decidere la partita, gioca l’estrema carta dell’appello al «voto libero di coscienza» il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, annunciando la richiesta di voto segreto quando martedì prossimo, 15 luglio, alle ore 17, l’aula deciderà sull’arresto dell’ex ministro e governatore del Veneto, richiesto dalla Procura di Venezia che accusa l’ex Doge di corruzione nella Tangentopoli per le opere del Mose.
Ma con ogni probabilità tutti questi tentativi non basteranno ad evitare il carcere a Galan. Il precedente di Francantonio Genovese non lascia presagire nulla di buono: il deputato del Pd, ex sindaco di Messina, accusato di associazione a delinquere, riciclaggio, peculato, è entrato in carcere a metà maggio, giusto due mesi fa, dopo l’ok della Camera all’arresto con 371 sì e 39 no. Nè alimenta speranze tutta la gestione parlamentare del caso Galan, in particolare la velocità con cui si è arrivati al voto finale: giovedì il primo sì all’arresto (16 sì, 3 no) dalla Giunta per le autorizzazioni è arrivato quando la Conferenza dei capigruppo aveva già messo in calendario per il 15, quindi con tempi strettissimi, il passaggio in aula. La Capigruppo è sovrana e in teoria avrebbe potuto concedere più tempo al pronunciamento dell’aula. È l’aspetto sottolineato dalla senatrice azzurra Elisabetta Casellati: «Il tempo è troppo breve, i deputati non avranno modo di votare con cognizione di causa, di giudicare in diritto e coscienza. Impossibile leggersi 16mila pagine in pochi giorni. È sospetto e ingiusto, specie quando è in gioco la libertà personale».
Per Galan sono giornate difficili. Dopo la frattura al pèrone, l’altro ieri – proprio il giorno della votazione in Giunta – ha avuto due tromboflebiti, è dovuto restare a letto, gambe alzate, forti mal di testa. Chi gli ha parlato riferisce che è arrabbiatissimo, per quanto il verdetto contrario della Giunta fosse scontato. Forse si aspettava anche un maggiore difesa dal suo partito, lui che di Forza Italia è stato uno dei fondatori. Ieri si sono fatti sentire comunque la deputata Lorena Milanato («c’era l’oggettività del fumus persecutionis contro Galan») e i senatori Giovanni Piccoli e Pierantonio Zanettin: «Vogliamo stigmatizzare il ricorso a giudizi sommari. Siamo fiduciosi che il presidente Galan saprà dimostrare l’estrenità ai fatti addebitati».
Dall’ex Doge nessuna dichiarazione. Prima dovrà rimettersi e concordare le mosse con gli avvocati, anche in vista di un prossimo arresto dagli effetti mediatici comunque potenti, cui seguirà certamente l’istanza di assegnazione ai domiciliari. Martedì Galan non dovrebbe essere presente alla Camera. Ma mancano ancora quattro giorni.
Il capogruppo Renato Brunetta alza la bandiera del garantismo: «A maggio abbiamo votato contro l’arresto di Genovese, siamo garantisti in primo luogo con gli avversari e lo siamo sempre, non a corrente alternata o a seconda del riscontro mediatico. Per Renzi non è così: guanti di seta a Errani, comunque difeso da Fi, manette a Galan. Il premier divide il mondo in amici e nemici. Anzi, anche tra gli amici ci sono quelli “più” e quelli “meno”».
Fuori discussione l’intransigenza dei Cinque Stelle (Mattia Fantinati: «La limitazione della libertà persoanle è il minimo», Francesca Businarolo: «La sua difesa non è credibile per nessuno o quasi»), nel Pd non si scorgono segni di ripensamento nè tentennamenti nel segreto dell’urna. «Non c’entra niente il caso Errani – replica Alessandra Moretti, eurodeputata vicentina – Lui non è parlamentare, non gode di immunità, si è immediatamente dimesso. Galan non lo ha fatto anche se gli sarebbe stato utile per una difesa più autorevole. Resta comunque una decisione dolorosa e difficile. È evidente che c’è una pressione mediatica fortissima oggi perchè sono troppi i casi di corruzione che investono la politica e tutte le istituzioni. Dalla politica, però, chiamata a legiferare, ci si aspetta legalità e trasparenza. La nuova generazione dovrà guardare alla questione morale con un’attenzione totalmente diversa dal passato». C’è chi vorrebbe cambiare le regole sull’immunità, che dice? «Che va verificata – risponde Moretti – l’opportunità di trasferire le competenze oggi affidate alla Giunta per le autorizzazioni a una sezione della Corte Costituzionale».

 

GLI AVVOCATI DELL’EX SINDACO

«L’immagine di Orsoni danneggiata da troppe notizie lontane dalla realtà»

Troppe notizie non sempre «rispondenti al reale svolgimento dei fatti e mal uso delle informazioni acquisite negli ambienti giudiziari» starebbero determinando «una grave lesione dell’immagine» dell’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. Ne sono convinti i difensori, Francesco Arata e Daniele Grasso, che precisano che «nessuna contestazione diversa dalla predetta ipotesi di presunti finanziamenti illeciti durante la campagna elettorale del 2010 è stata mai formulata nei confronti di Orsoni». Sottolineando che Orsoni è indagato unicamente in relazione a questi presunti illeciti legati a contributi elettorali, ricordano che non ha «già subito sentenza di condanna, ed anzi si ritiene di poter chiarire la sua assoluta estraneità».

 

IN PARLAMENTO – Indagini sul Consorzio. Duello tra Pd e M5S sulla commissione

I parlamentari veneti del Pd chiedono di avviare un’indagine conoscitiva sul Mose e c’è chi storce il naso. Per qualcuno la richiesta alla Commissione Ambiente da parte dei democratici appare come uno specchio per le allodole, quasi a voler uscire dall’angolo ad ogni costo per risollevare quell’immagine politicamente ammaccata dalle recenti cronache giudiziarie. In primis Emanuele Cozzolino, deputato M5S e primo firmatario di una proposta di commissione d’inchiesta sul Mose presentata dai deputati veneti pentastellati.
«Davvero singolare – scherna Cozzolino – apprendere che i deputati veneti del Pd chiedono di avviare in Commissione Ambiente un’indagine conoscitiva sul Mose e sulle attività del Consorzio Venezia Nuova quando è già stata depositata la proposta per avviare una commissione d’inchiesta sugli stessi fatti, perché è come voler curare una brutta polmonite con l’acqua fresca invece che con una robusta dose di antibiotico».
L’indagine conoscitiva richiesta dai democratici del Veneto ha il compito di riattraversare gli uffici del Cvn e delle imprese ad esso collegate per rispolverare e prelevare tutti gli atti utili ad ottenere un quadro complessivo sulla realizzazione e gestione dell’infrastruttura e un cronoprogramma delle opere ancora da realizzare, per valutare possibili iniziative che si dovessero rendere necessarie alla luce degli sviluppi dell’indagine. Il tutto ha la durata di tre mesi, lo stesso vale per le audizioni di soggetti interessati dall’indagine, da confondersi con quelle svolte della magistratura.
«Non è altro che una serie di audizioni come se ne fanno in occasione di ogni provvedimento legislativo – rincara Cozzolino – la commissione d’inchiesta invece agisce a tutto campo con gli stessi poteri della magistratura. Se nel Pd c’è voglia di fare chiarezza sul Mose e sulle attività del consorzio Venezia Nuova è un’ottima notizia, è per questo che chiediamo al Pd di raggiungere questo obiettivo per la via principale e non per strade secondarie, associandosi al Movimento 5 stelle nella richiesta di avviare al più presto l’esame della proposta di istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta».
A chiarire la differenza il sottosegretario all’Economia del Pd Pier Paolo Baretta, che definisce quella di Cozzolino una polemica strumentale.
«La loro richiesta – afferma Baretta riferendosi ai cinque stelle – è un doppione dell’indagine della magistratura. Ma la legge è già all’opera per trovare i colpevoli e far luce sulle irregolarità, il nostro compito, il compito della politica, è quello di affrontare i problemi amministrativi e gestionali della vicenda, come quello degli appalti assegnati senza gare, o della verifica dei lavori già effettuati con falsificate autorizzazioni, e in base all’esito dell’indagine conoscitiva arrivare a delle proposte di riforma in Parlamento».

Giorgia Pradolin

 

POLITICA – Un emendamento potrebbe mitigare le conseguenze della decisione di Renzi di cancellare l’ente

“Blitz” per riportare la laguna al Comune

Il Pd vuole trasferire le competenze del Magistrato alle acque a Ca’ Farsetti

L’obiettivo è quello di intervenire, con un emendamento, al decreto legge (numero 90, giugno 2014), quello sulla trasparenza nella pubblica amministrazione. E quindi, in qualche modo, riempire di contenuti l’annuncio che nelle scorse settimane il premier Matteo Renzi aveva fatto sulla “soppressione” del Magistrato alle Acque. Così, proprio in queste ore, il parlamentare Pd, Andrea Martella insieme ad un pool di parlamentari democratici, tra i quali Delia Murer, Michele Mognato, Davide Zoggia e altri, ha presentato una “modifica” che punta ad individuare nel commissario prefettizio di Venezia la figura di “traghettatore” per l’assunzione di tutte quelle competenze che in questo momento, immediatamente dopo l’annuncio dell’addio al Magistrato alle Acque, sono state assegnate al Provveditorato interregionale alle opere pubbliche del Triveneto, ma anche alla fine – una volta istituita la Città metropolitana – dovrebbero diventare appannaggio del futuro sindaco metropolitano di Venezia. In qualche modo negli orientamenti di Martella e del gruppo parlamentare del Pd vi è tutta l’intenzione di arrivare definitivamente al trasferimento di tutte le competenze finora gestite da Palazzo X Savi al Comune metrpolitano di Venezia nell’arco del prossimo 2015.
«La soppressione del Magistrato alle Acque – chiarisce Martella – non significa una soppressione di competenze, ma punta a individuare una nuova attribuzione. In questo senso il nostro emendamento punta a trasferire prima al commissario e da questi al futuro sindaco, oneri e onori del Magistrato alle Acque, evitando così una sorta di “dispersione” in ambito interregionale». L’emendamento Martella, se accolto, consentirà di modificare l’articolo 18 del provvedimento sulla pubblica amministrazione in materia. «In questo modo, gli ambiti del Magistrato alle Acque – sottolinea ancora Martella – sull’ecosistema lagunare (salvaguardia, tutela, polizia e vigilanza, difesa della monumentalità, prevenzione e lotta all’inquinamento, traffico marittimo) passeranno alla fin fine al Comune metropolitano che ne avrà così diretta competenza. «Non da ultimo – conclude Martella – chiediamo di assegnare a questa fase anche le risorse umane e strumentali legate a queste funzioni e che sono state fino ad oggi nella disponibiità del Magistrato alle Acque».

 

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