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Mazzette per 250 mila euro su ogni cassone del Mose

L’impresa subappaltante pagava il Cvn con false fatture a carico dello Stato

Boscolo Bachetto della Coop San Martino: «Volevi un lavoro? Dovevi fare così»

VENEZIA – Ogni cassone del Mose valeva 250 mila euro in fondi neri-tangente: questo, infatti, il prezzo della “retrocessione” – coperta con false fatturazioni per spese inesistenti messe in conto allo Stato – che l’impresa subappaltatrice doveva all’appaltatore del Consorzio Venezia Nuova, per ottenere i lavori. Lo racconta Stefano Boscolo Bachetto, della Coop San Martino, nel suo interrogatorio di settembre davanti ai pm Ancilotto, Buccini e Tonini: testimonianza finita nell’ordinanza con al quale i giudici del Tribunale del Riesame hanno confermato la custodia cautelare in carcere per Renato Chisso, perché una tranche per 150 mila euro di queste tante retrocessioni- mazzette pagate a rate è passata – secondo la Procura – dalle mani di Boscolo a quelle di Pio Savioli (interfaccia delle cooperative nel Consorzio), dalle sue a quelle di Sutto (segretario particolare di Mazzacurati) e da queste a quelle dell’ex assessore alle Infrastrutture, con una consegna a domicilio a Palazzo Balbi sotto gli occhi dei finanzieri. Nel suo interrogatorio, Boscolo Bachetto spiega come funzionavano le cose: vuoi un lavoro? Lo paghi in “retrocessioni”, un tanto al pezzo. «Poi c’è la questione dei cassoni della Mose 6, che è la cosa più grossa che sono a conoscenza io nei confronti di Tomarelli », dice Boscolo. «E cioè, quindi , che cosa?», chiedono ovviamente i magistrati. «Lì fu costruita una consortile, la Mose 6, per l’esecuzione di lavori di costruzione dei cassoni», racconta l’imprenditore, spiegando che l’80 della società era della Clea di Campolongo e il 20% della San Martino: «Fu costruita questa Mose 6 per l’esecuzione di sei cassoni, fu stabilito l’importo di 8 milioni e 100 mila euro a cassone; però ci fu la pretesa da parte di Tomarelli (consigliere di Condotte d’Acqua, socia del Consorzio Venezia Nuova, per i giudici tra i quattro della “cupola” che decideva sui fondi neri, ndr) di avere una commissione per aggiudicarsi questo subappalto. In pratica, erano 250 mila euro a cassone, di cui 125 li doveva pagare la Clea e 125 la coop San Martino. Siamo nel 2010: noi non avevamo disponibilità del contanti e Sandro Zerbin, presidente della Clea, mi disse che se volevo lui aveva la possibilità di procurare il contante. Ne parlai con mio padre e mi disse “Va bene”, non so se lui abbia aumentato il prezzo del ferro che aveva all’interno dei cassoni del Mose o se abbia aggiunto delle quantità di ferri, però praticamente tramite queste fatturazioni riusciva a recuperare i contanti». Consegnati a chi? «A parte le primissime volte che fu mio padre, poi fu Zerbin di persona a consegnare i soldi a Savioli, il quale li dava a Tomarelli». «Perché avete accettato questa cosa?», chiedono i pm. «Perché sennò il lavoro non si faceva», «i subappaltatori li sceglieva Tomarelli, era lui il presidente della Clodia e lui aveva facoltà di decidere a chi dare i lavori: la Clea era partita da oltre 9 milioni come primissima offerta alla Clodia. Dopodiché si arrivò a 8,100. Anzi a 7,6, poi Tomarelli ha aggiunto questi 500 mila euro che andavano a coprire praticamente il costo dei 250». Fondi neri per tangenti e prebende pagati dallo Stato sottoforma di spese mai eseguite: è il sistema Mose dell’era Mazzacurati & Co.

Roberta De Rossi

 

mozione del m5s in parlamento

«Renzi fermi la Orte-Mestre»

VENEZIA «Non c’è da stupirsi, ma la Mantovani, dopo il Mose, aveva messo gli occhi anche sul progetto della nuova autostrada Orte-Mestre. Un’altra “gallina dalle uova d’oro” da realizzarsi con il delinquenziale sistema del project financing all’italiana e che godrà anche di 1,9 miliardi di incentivi fiscali». È quanto afferma la portavoce veneta delM5SArianna Spessotto che, insieme ad altri deputati grillini, ha depositato una mozione per impegnare il governo ad abbandonare il progetto «a favore di più piccoli e meno impattanti, ma assolutamente necessari interventi di messa in sicurezza delle arterie esistenti».

 

Galan, FI chiede il voto segreto. Pd-M5S compatti: sì all’arresto

Martella, vicepresidente dei democratici alla Camera: «Dopo il via libera della Giunta non ci sono più dubbi».

I grillini e la Lega: «Siamo pronti per il bis dopo il caso Genovese»

PADOVA «Martedì chiederò il voto segreto sulla richiesta di arresto nei confronti di Giancarlo Galan. Forza Italia è stata garantista con Genovese e lo saremo anche con il nostro collega»: Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, continua a lottare come un leone per salvare Galan dall’incubo carcere. Mercoledì scorso si era opposto all’ufficio di presidenza che ha messo in calendario per il 15 luglio il voto dell’Aula, 4 giorni dopo il via libera della Giunta delle autorizzazioni. «Non c’è il tempo per leggere gli atti», ha detto Brunetta, ma la presidente Laura Boldrini è stata irremovibile: martedì prossimo alle 17 si apre il dibattito e tre ore dopo arriverà il verdetto. Cosa accadrà nel segreto dell’urna? Brunetta spera nel colpo a sorpresa: il garantismo farà breccia? Per evitare sorprese il Pd ha convocato il gruppo in mattinata: i commissari della Giunta, Amoddio, Verini ed Ermini spiegheranno le ragioni del sì alla richiesta di arresto. «Il nostro compito è valutare se esista il fumus persecutionis della magistratura e non diventare il tribunale dello scandalo Mose: il lavoro della Giunta è stato molto accurato e quindi diremo di sì alla richiesta di arresto. Giancarlo Galan come qualsiasi altro cittadino si dovrà difendere nel processo e rispondere alle accuse della Procura di Venezia», spiega Andrea Martella, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera. Sulla stessa linea il sottosegretario Pier PaoloBaretta : «Voto sì, la magistratura ha il diritto-dovere di indagare anche su Galan» e parole analoghe arrivano dall’altro sottosegretario all’Economia, il veneziano Enrico Zanetti (Sc-Monti): «Seguirò le indicazione del relatore Mariano Rabino, mio collega di partito, che è a favore della richiesta d’arresto». Ma il Pd teme il voto segreto? «Non vedo imboscate», spiega l’onorevole Roger De Menech, segretario regionale, «il garantismo invocato da Fi è quanto mai sospetto. Citano il caso di Vasco Errani a sproposito e dimenticano che il governatore dell’Emilia si è dimesso tre secondi dopo la sentenza di condanna di secondo grado: noi siamo garantisti, ma con lo scandalo Mose abbiamo applicato il rigore assoluto, a partire dal caso Orsoni». Per il sì all’arresto di Galan si dichiarano anche Alessandro Naccarato: «Seguirò le indicazioni del gruppo» e Simonetta Rubinato: «Umanamente è sempre difficile decidere di mandare qualcuno in galera. Ma essendo stato escluso il fumus persecutionis, l’immunità parlamentare viene meno perché altrimenti diventerebbe un privilegio ingiustificato rispetto agli altri cittadini. Quindi il mio voto sarà favorevole». E i grillini? Francesca Businarolo, Silvia Benedetti, Gessica Rostellato , Arianna Spessotto, Marco Da Villa, Federico D’Incà, Emanuele Cozzolino non hanno dubbi: il sì all’arresto di Galan sarà un anime da parte del M5S. «Dopo il via libera in Giunta non ci sono dubbi, la magistratura ha il diritto di indagare su un deputato accusato di reati gravissimi: la legge è uguale, non esistono privilegi e immunità da far valere». Più garantista il commento di Alessandro Zan, ex Sel, ora nel Gruppo Misto: «La Camera martedì non si può trasformare in un’aula di tribunale. Sì alla richiesta d’arresto ma senza i toni giacobini dei grillini» dice il deputato padovano. Chi invece non va per il sottile è Marco Marcolin, della Lega: «Non ho dubbi:abbiamo detto di sì all’arresto di Genovese del Pd e diremo sì anche per Galan. È stato il mio governatore per 15 anni in Veneto: lo stimo, si professa innocente, ma deve accettare il processo in tribunale».

Albino Salmaso

 

I DEPUTATI PD «Magistrato Acque, poteri al Comune»

«La soppressione del Magistrato alle Acque non significa ovviamente una soppressione delle competenze che questo organismo aveva, ma impone una loro nuova attribuzione. Come deputati del Pd abbiamo chiesto, con un emendamento, che tutta una serie di funzioni vengano date in prima battuta al Commissario straordinario del Comune di Venezia. Per poi essere trasferite in via definitiva al sindaco metropolitano di Venezia». Così il vice presidente del gruppo del Pd alla Camera, Andrea Martella, spiega i contenuti di un emendamento presentato come primo firmatario al provvedimento di conversione del decreto-legge (24 giugno 2014, n. 90) «recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari». L’emendamento è stato sottoscritto dagli altri 18 deputati democratici veneti. «L’emendamento propone di modificare l’articolo 18 del provvedimento che ad oggi prevede di trasferire ogni funzione al Provveditorato territoriale per le opere pubbliche, articolazione periferica del Ministero per le Infrastrutture. Noi invece chiediamo di attribuire all’istituzione metropolitana le competenze relative all’estuario veneto, da quelle di polizia e vigilanza lagunare a quelle che si legano alle attività di salvaguardia lagunare e monumentale e di tutela-prevenzione dagli inquinamenti delle acque. Non da ultimo chiediamo di assegnare anche le risorse umane e strumentali legate a queste funzioni e che sono state fino ad oggi nella disponibilità dell’organico del Magistrato alle Acque. Si tratta di trasferimenti di poteri già previsti nella proposta di legge per l’istituzione della Città Metropolitana presentata nel 2010».

 

Campolongo – Boldrin: «S’indaghi sui raccomandati»

CAMPOLONGO «Ora si indaghi sulle assunzioni facili fate dai politici corrotti e si caccino i raccomandati». Dopo lo scoppio della tangentopoli del Veneto sul Mose, una proposta arriva da Oriana Boldrin, presidente dell’associazione Mondo di Carta: «Bisogna indagare sulle assunzioni fatte dai politici attualmente inquisiti di parenti ed amici. Di persone cioè che sarebbero state assunte senza alcun tipo di concorso, solo per essere state raccomandate, e che ora stanno togliendo il posto di lavoro ad altri magari molto più preparati e con i regolari titoli di studio». Di esempi la Boldrin ne vede parecchi anche nella zona della Riviera e a Campolongo: «Alcuni personaggi che ora sono in carcere hanno sempre fatto credere di aver fatto assumere grazie alla loro parola. Di fatto molti amici e parenti sono assunti nei settori e società pubbliche che controllavano. Forse è tutto regolare, ma visti il oro comportamenti un controllo sarebbe d’obbligo. Le motivazioni che hanno portato a quelle assunzioni andrebbero verificate».

(a.ab.)

 

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