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Blitz di Anonymous, pubblicate tutte le e-mail dei consiglieri veneti

VENEZIA Quelli di Anonymous ce l’hanno fatta. Di nuovo. Dopo essere entrati nei sistemi informatici del Consorzio Venezia Nuova e della Mantovani per svelare i documenti relativi all’inchiesta sul Mose ieri sera il gruppo di hacker antagonisti ha fatto sapere di essere riuscito a entrare nei computer del Consiglio regionale veneto (foto), e ha pubblicato sul sito di Anonymous Italia i link dai quali poter scaricare file tutte le e-mail – con i colleghi, con i funzionari del Consiglio regionale, con i giornalisti – dei consiglieri regionali. La lista dei leaks – come si chiamano in gergo – è di 1.548 file pari a 1.013.140.571 byte. File che raccontano la vita dell’assemblea regionale. «Anonymous ha deciso di divulgare l’intero archivio di email del Consiglio regionale del Veneto» spiegano gli attivisti del movimento in una nota pubblicata sul sito, spiegando che «il materiale pubblicato contiene le e-mail e i documenti privati che questi, in qualità di membri delle istituzioni hanno scambiato con terzi. I dati in questione derivano dall’intrusione nella webmail del sito www.consiglioveneto. it. Riteniamo così di garantire la libertà di informazione favorendo il libero giudizio di ognuno, infatti conoscere direttamente la realtà è presupposto necessario per cambiarla».Un invito quindi a «scaricare e leggere le informazioni divulgate con la corrente operazione e ci riproponiamo di indagare direttamente il materiale citato al fine di evidenziare le nefandezze della cricca che in Veneto come altrove pratica o gestisce lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura».

(f.fur.)

 

Galan finanziato da 10 big rischiano di essere indagati

Gli imprenditori tirati in ballo dall’ex governatore potrebbero sfilare in Procura anche se i reati ammessi nel “memoriale” sarebbero già caduti in prescrizione

VENEZIA – Sono una decina gli imprenditori veneti che Giancarlo Galan ha coinvolto, facendone il nome, con il suo memoriale, ma possono stare tranquilli: se un reato hanno commesso, quello di aver finanziato illecitamente la campagna elettorale dell’esponente dell’allora Pdl, si tratta di un’accusa prescritta perché dal 2005 sono trascorsi ben di più dei sette anni e mezzo previsti dal codice. Non sono sembrati preoccupati di questa uscita dell’indagato numero uno dell’inchiesta sul Mose i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Paola Tonini, tanto che ancora non hanno etto il documento di 35 pagine, che il giudice Alberto Scaramuzza ha trovato sul suo tavolo ieri mattina (è arrivato a Venezia da Milano, dopo l’interrogatorio nel carcere di Opera, sabato nel primo pomeriggio). Potrebbero decidere di sentirli tutti o,magari, solo coloro che avrebbero consegnato il contributo a Claudia Minutillo e che lei avrebbe trattenuto, secondo il racconto di Galan. Ma non hanno ancora preso una decisione, anche perché, nonostante la prescrizione, nel caso dovessero chiamarli e sentirli dovrebbero iscriverli nel registro degli indagati e, quindi, interrogarli non come persone informate sui fatti ma come indagati per la violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti con un avvocato difensore accanto. Si tratta del gotha dell’imprenditoria di destra del Veneto che Galan ha dato in pasto alla Procura veneziana pur di cercare di rendere meno credibile il racconto di Claudia Minutillo, che comunque allora non venne cacciata ignominiosamente, ma sistemata al vertice di società legate al Consorzio Venezia Nuova grazie all’intervento anche di Lia Sartori, sollecitata in questa direzione dallo stesso Galan. I due pubblici ministeri presenti in ufficio sembravano più intenti a preparare il primo incontro con Galan o,meglio con i suoi difensori, gli avvocati Antonio Franchini e Nicolò Ghedini, che hanno disertato il primo con il giudice, quello con il magistrato milanese Cristina Di Censo per l’interrogatorio di garanzia del loro cliente, che ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il secondo confronto ci sarà venerdì 1 agosto a Venezia con i giudici del Tribunale del riesame presieduto da Angelo Risi, che dovranno decidere se accogliere o meno il ricorso dei difensori, che puntano prima di tutto all’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare per corruzione, sostenendo che non vi sono i gravi e sufficienti indizi per tenere Galan in carcere, e in subordine chiedono gli arresti domiciliari. Intanto, Giampietro Marchese e Stefano Boscolo Bacheto e Gianfranco Boscolo Contadin attendono che il giudice fissi l’udienza in camera di consiglio per valutare se l’accordo con i pubblici ministeri per la pena patteggiata (11 mesi Marchese e due anni ciascuno gli altri) venga ritenuta congrua. I tre hanno già ammesso, almeno in parte, le loro responsabilità. Marchese in particolare ha spiegato di aver ricevuto da Pio Savioli, nel Consorzio Venezia Nuova stava a rappresentare le cooperative rosse ma obbediva soprattutto a Giovanni Mazzacurati, 150 mila euro, che avrebbe consegnato al partito poco dopo le elezioni del 2010: sarebbero stati utilizzati per coprire i debiti lasciati dalla campagna elettorale delle regionali del Veneto e delle comunali di Venezia.

Giorgio Cecchetti

 

COMPETENZE – A Venezia i compiti di Magistrato acque

Le funzioni e le competenze del Magistrato alle acque (Mav), ufficio pesantemente coinvolto nello scandalo Mose, andranno alla Città metropolitana di Venezia. Lo ha stabilito la commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera. «Nel provvedimento di soppressione del magistrato alle acque siamo riusciti a far passare il concetto federalista che le competenze di governo del territorio devono stare il più vicino possibile ai cittadini», commenta il segretario veneto del Pd, Roger De Menech,membro dell’ottava Commissione. «La salvaguardia e il risanamento di Venezia – aggiunge – sono temi troppo delicati e particolari perché se ne possa occupare qualche distante ufficio a Roma. Ci vogliono competenze specifiche, professionalità e, soprattutto, conoscenza del territorio e del contesto». Il provvedimento preso dalla Commissione prevede che entro il 31 marzo 2015 il governo individui le funzioni già esercitate dal magistrato delle acque da trasferire alla Città metropolitana di Venezia, in materia di salvaguardia e risanamento della città di Venezia e dell’ambiente lagunare, di polizia lagunare e d’organizzazione della vigilanza lagunare, nonchè di tutela dall’inquinamento delle acque. Sempre entro la fine di marzo, il governo stabilirà anche le risorse umane e strumentali da assegnare alla Città metropolitana.

 

IL PATTEGGIAMENTO DI MARCHESE

Contributi in nero al Pd regionale? Filippin: «Registrate tutte le cifre»

VENEZIA – Fondi neri al Pd regionale? Il Pd veneto non vuole finire nel frullatore dell’inchiesta sul Mose, nonostante la richiesta di patteggiamento a 11 mesi avanzata dall’ex consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, che in un interrogatorio nei giorni scorsi avrebbe ammesso di aver percepito 150 mila euro non registrati per sostenere le campagne elettorali regionali e veneziana del Pd. «Conosco per filo e per segno i conti della campagna elettorale delle Regionali 2010: e Giampiero Marchese non si è mai occupato di finanziamenti per il Partito Democratico del Veneto». Rosanna Filippin è senatore, impegnata nella maratona per le riforme istituzionali. Gli echi che giungono dal Veneto la fanno sbottare: «Mi sento tradita da Piero – spiega Filippin, segretaria regionale tra il novembre 2009 e il febbraio scorso – perché se da un lato ho sempre lavorato bene con lui sul piano organizzativo è altrettanto vero che lui non si è mai occupato di soldi per il Pd regionale. E quando vi furono le prime indiscrezioni lo chiamai e gli chiesi come stavano le cose: e lui mi rassicurò, dicendomi di star tranquilla che tutti i finanziamenti per la sua campagna elettorale erano stati regolarmente registrati ». «Sono addolorata – rileva la senatrice – per quanto sta accadendo ma respingo al mittente accuse o insinuazioni che finanziamenti illeciti siano arrivati al Pd Veneto». E poi ricostruisce: quando diventai coordinatrice veneta nelle casse del partito c’erano poco più di 150 mila euro avanzati dai rimborsi elettorali della Lista Carraro, ai quali si sono aggiunti 757 mila euro anticipati dal Pd nazionale e che dovevano essere restituiti nei quattro anni successivi attraverso i rimborsi elettorali per le regionali (regolarmente arrivati in seguito). La campagna elettorale di Giuseppe Bortolussi alla fine è costata esattamente 1.112.845 euro, troppi, una vera montagna di soldi, anche se evidentemente Luca Zaia spese molto di più, visto che avevamo come la percezione di essere invisibili rispetto all’esponente del Carroccio ed alla copertura mediatica con cui si presentò». Per pagare il resto della campagna e garantire il funzionamento del partito regionale, la senatrice rileva che fu chiesto «un prestito alle banche» e come garanzia «io ed Angelo Guzzo (allora tesoriere) sottoscrivemmo una fideiussione per poter ottenere il finanziamento coinvolgendo il nostro patrimonio personale. I soldi sarebbero arrivati dai rimborsi elettorali che il Pd avrebbe percepito negli anni seguenti». E i 150 mila euro di cui parla Marchese? «Quello che posso dire – conclude Filippin – è che le segreterie provinciali, e quindi anche quella di Venezia, sono state pienamente autonome nel ricevere e gestire i contributi per la campagna elettorale delle regionali 2010. Altrettanto facevano i singoli candidati al consiglio regionale. Per quanto riguarda la mia posizione e quella del Pd Veneto sono più che tranquilla per quanto riguarda la mia gestione e sono disponibile a mostrare a chiunque i documenti che attestano la nostra estraneità ai fatti». E infine chiosa: «Piuttosto Zaia mostri i finanziatori della sua campagna elettorale del 2010».

(d.f.)

 

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