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Baita, l’ex doge, gli appalti «Ci fecero fuori dalle gare»

Gli interrogatori dell’ex manager Mantovani: «Lia Sartori non ci considerava. Favori ai funzionari? Chisso ce lo proibì, i rapporti con loro voleva tenerli lui»

VENEZIA – Nell’inchiesta Mose si parla anche di ospedali e di sanità del Veneto. È interessante vedere come funzionano le cose dall’interno di questo settore: le protezioni politiche per le imprese, il comportamento dei dirigenti regionali. Uno spaccato ce lo offre l’interrogatorio reso da Piergiorgio Baita il 6 giugno 2013 ai pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini. Ovviamente dal punto di vista della Mantovani, di cui l’ingegnere era indiscusso manager. Sono presenti gli avvocati Enrico Ambrosetti e Alessandro Rampinelli.
D. Finora non abbiamo mai toccato il settore ospedali e sanità…
R. Nel 2005,appena rieletto, il presidente Galan mi invita a pranzo in un ristorante di Galzignano, presente l’assessore Chisso. Mi dice che vista la quantità di lavori della Mantovani nel Consorzio Venezia Nuova, dovevo ritenermi escluso dagli appalti della Regione per tutta la legislatura. Io protesto, perché la partecipazione al Consorzio l’avevamo pagata, ma Galan mi fa vedere una nota che le imprese di riferimento gli avevano scritto sull’invadenza di Mantovani nel settore appalti, lamentele non più gestibili da lui e dalle due persone che lo assistevano nell’operatività, l’assessore Chisso per i trasporti e l’ambiente e l’on. Sartori per la sanità. Abbiamo avuto subito le prove che senza santi non si va in paradiso…
D. Sia più chiaro.
R. Ci fanno perdere un paio di gare in modo evidente, lo svincolo di San Giuliano, l’ospedale. Erano avvertimenti chiari. Noi seguiamo il consiglio e ci concentriamo sui project. Alcuni già avviati, come la Pedemontana e la Nogara Mare, altri proposti autonomamente da noi, come le autostrade del mare, la Jesolo-Cavallino, la Alvisopoli- Bibione. Oppure con proposte che facciamo in Ati con altre imprese: il sistema delle tangenziali con Pizzarotti, il prolungamento dell’A27 con Grandi Lavori Fincosit…
D. E nel settore sanità e ospedali?
R. Le leve operative dell’on.Sartori in sanità erano i direttori generali delle Usl, alla cui nomina aveva provveduto quasi in maniera autonoma, rompendo anche rapporti politici. I direttori delle Usl potevano essere etichettati come persone di sua fiducia. L’on. Sartori non ha mai considerato la Mantovani come soggetto di prima battuta in sanità, ritenendo che invadesse il campo riservato ad altri e in particolare alla Gemmo. Di conseguenza per entrare nelle operazioni sanitarie o si passa attraverso la Gemmo o non si entra. Questo lo posso certificare.
D. In che modo?
R. Quando ero con la Gemmo abbiamo avuto l’aggiudicazione degli ospedali di Mestre e di Thiene-Schio, quando non avevamo la Gemmo abbiamo perso project di cui eravamo proponenti unici, come il Centro protonico di Mestre, l’ospedale di Este-Monselice, l’ospedale di Verona, l’ospedale di Treviso, in cui siamo sempre arrivati secondi. Per l’ospedale di Mestre l’accordo proposto a tutti i soci era di affidare alla Gemmo la gestione in esclusiva per tutto il periodo di vita dei servizi informatici a condizioni talmente fuori mercato che lo stesso direttore Padoan era in imbarazzo con i suoi funzionari. Per Thiene-Schio i rapporti sono stati tenuti da Palladio Finanziaria del dottor Meneguzzo, cui abbiamo affidato l’incarico di closing finanziario con un fee importante sul finanziamento ricevuto da Unicredit.
D. Qual era allora il vantaggio per la Mantovani?
R. Di partecipare.
D. Per partecipare dovevate affidare i servizi informatici per sempre alla Gemmo?
R. Dico Gemmo perché era referente dell’on. Sartori , che era referente del settore sanità della Regione.
D. E nel caso di Thiene-Schio?
R. Abbiamo affidato a Palladio l’intermediazione finanziaria con Unicredit.
D. Ha mai dovuto elargire favori a funzionari inseriti nella catena di comando subordinata al presidente della Regione e all’assessore?
R. C’era un esplicito divieto a farlo dell’assessore Chisso. Diceva: «I rapporti con la struttura li tengo io».
D. È una cosa che Chisso vi dice espressamente: «Non dovete pagare i miei sottoposti, dovete pagare esclusivamente me»?
R. Lo dice espressamente a me e lo ripete tutti i giorni la Minutillo, che ha rapporti quotidiani con la struttura regionale.
D. Questo anche nella fase in cui Galan è presidente?
R. Nella fase in cui Galan è presidente non c’era bisogno di favori alla struttura. Questa ha solo bisogno di nomine, incarichi di cda, di fare carriera e la presenza di Galan era garanzia di copertura di carriera. Venuto meno Galan, la prospettiva di carriera sfumava e diventavano più interessanti altre prospettive, forse. D. Lei ha sempre rispettato il divieto di Chisso?
R. Sì, avremmo reso nullo il rapporto con lui se violavamo la regola.
D. Ma noi registriamo diverse conversazioni da cui risultano atti che dovevano essere fatti e invece restano fermi sulla scrivania e qualcuno vi fa presente che un certo favore chiesto non sarebbe ancora stato eseguito…
R. Diciamo che è pratica corrente cercare di avere un atteggiamento favorevole da parte delle strutture della P.A. Per esempio l’ingegner Vernizzi mi aveva sempre chiesto di dare incarichi all’avvocato Biagini…

Renzo Mazzaro

 

Imprenditori sotto torchio «Mai versato soldi a Galan»

La Gdf ha sentito le 10 persone che avrebbero contribuito alla campagna elettorale 2005

Pagnan smentisce seccato i rapporti con la Minutillo. Nel memoriale l’elenco delle proprietà

VENEZIA Gli uomini del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Venezia hanno sentito alcuni dei dieci imprenditori che, secondo Giancarlo Galan, avrebbero contribuito chi con cifre considerevoli chi con somme più modeste, alla sua campagna elettorale per le Regionali del 2005. C’è chi si è presentato spontaneamente, chi è stato sentito come persona informata sui fatti: tutti comunque hanno decisamente negato, nessuno ha confermato la versione fornita dal parlamentare di Forza Italia rinchiuso nel carcere milanese di Opera. Gli interrogatori sono stati fatti su indicazione dei pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Paola Tonini in vista dell’udienza di domani davanti al Tribunale del riesame, che dovrà decidere sul ricorso presentato dai difensori di Galan, gli avvocati Antonio Franchini e Niccolò Ghedini. Intanto arriva l’ennesima smentita, quella del re padovano delle sementi Renato Pagnan, che secondo Galan aveva «a libro paga Claudia Minutillo, a favore del quale seguiva tutte le vicende societarie all’interno della Regione ». «Ho preso atto con estremo stupore delle dichiarazioni riportate sugli organi di stampa che sarebbero contenute nel memoriale consegnato da Giancarlo Galan», scrive Pagnan, «e smentisco categoricamente quelle sul mio conto: non ho mai corrisposto alcunchè in favore della signora Minutillo, né ho mai chiesto alla signora Minutillo di seguire alcunchè per conto mio». Comunque, Galan nel suo memoriale, in cui si scusa e addirittura si dice «sinceramente dispiaciuto e pronto a risarcire », ritrae ambienti e rapporti davvero distanti dalla legalità. Ad esempio spiega che le campagne elettorali del candidato presidente alla Regione sono estremamente costose e «a molte voci era necessario far fronte in contanti». «La predetta esigenza», sostiene, «veniva incontro alla volontà di molti contributori, che non volevano apparire come finanziatori di una determinata forza politica ». Sottolinea anche di aver avuto le prove che Claudia Minutillo si fosse appropriata di almeno 500 mila euro: «Incontrai il veneziano Andrea Mevorach a Rovigno e rappresentai il mio dispiacere per non aver ricevuto contributi da lui. Mi mostrò i numeri di serie delle banconote consegnate alla Minutillo ». Oltre a negare di aver ricevuto soldi da Piergiorgio Baita lo descrive come «estremamente preparato,macinico, ambizioso e fornito di una sconfinata considerazione di se stesso». Di Giovanni Mazzacurati scrive che «mi chiese poche cose, non vi era necessità di convincermi della bontà del Mose, perché ci aveva già pensato Luigi Zanda, oggi capogruppo del Pd al Senato». Infine, cerca di smentire la Guardia di finanza e fa l’elenco delle sue proprietà, che sono davvero tante e di valore: possiede due barche, una di 7,40 metri e l’altra di 8,40 del valore la prima di 30 mila euro, la seconda di 100 mila. La sua villa a Cinto Euganeo vale meno di un milione e per restaurarla ha speso 700 mila euro, poi ha un appartamento a Rovigno del valore di 155 mila euro, uno a Lussino in comproprietà con l’imprenditore Luigi Rossi Luciani e il suo commercialista Paolo Venuti (ancora in carcere), una tenuta agricola in provincia di Ravenna, la Frassineta, e un bosco sui Colli Euganei del valore di 47 mila euro. Le auto: un’Audi Q7, una Land Rover e un Quadd, poi quelle d’epoca, una Land del 1980, una Pinzgawer del 1973 e una Mini Morris del 1976, regalo di nozze del suo avvocato Ghedini. Infine, almeno otto società e la partecipazione azionaria per 100 mila euro a Veneto Banca.

Giorgio Cecchetti

 

Mose, ultimi fondi arenati al Cipe

Pressing del Consorzio Venezia nuova sui 401 milioni promessi per le paratoie

VENEZIA – Due sole tappe per il completamento del Mose. Del valore complessivo di 627 milioni di euro. Ma adesso si attende il battito di ciglia del governo di Matteo Renzi, da cui è attesa una mossa: commissariamento o via libera definitivo alle condizioni attuali. Sul tavolo del Cipe c’è la penultima tranche di finanziamento che vale 401 milioni di euro: al Comitato interministeriale per la programmazione economica avrebbero dovuto parlarne ieri sera, ma il tema non è stato nemmeno sfiorato. Probabilmente sarà inserito nella prossima riunione del comitato istituto presso la presidenza del consiglio. Il governo, evidentemente, ha voluto prendere tempo. Troppo fresca è la bufera giudiziaria che ha squarciato il Consorzio Venezia Nuova. L’ultima tranche, invece, pari a 226 milioni di euro, riguarda le opere di mitigazione ambientale della laguna e il completamento degli spazi dell’Arsenale, ma i lavori saranno quasi certamente messi a gara e quindi non è detto che saranno aggiudicati al Consorzio. Mauro Fabris, dal luglio dell’anno scorso presidente del Consorzio Venezia Nuova, è da molti giorni a Roma cercando di capire le intenzioni del governo: sul Consorzio pende la spada del commissariamento. Mala preoccupazione maggiore è legata soprattutto al completamento del sistema della paratoie mobili: ne sono state posate diciassette su 78. Alla Fincantieri di Palermo ne sono state commissionate altre 22 per la bocca del Lido San Nicolò, per un importo lavori di 26,5 milioni di euro. Ne mancano 47: 21 per la bocca di Malamocco, 20 per quella di Chioggia. Davanti al Cipe la decisione, naturalmente, è tecnica: ma i burocrati fanno fatica a non tener conto della bufera politica in corso e dell’atteggiamento «attendista» del governo Renzi. Complessivamente l’investimento dello Stato sul Mose ha finora raggiunto i cinque miliardi e 493 milioni di euro: i lavori sono giunti a una fase delicatissima perché sono stati realizzati al 98 per cento. Uno stop adesso sarebbe probabilmente foriero di mille guai, anche per le casse statali. Al Lido nord Treporti sono stati posati i nove cassoni previsti ed è in corso la posa della 17esima paratoia; al Lido sud San Nicolò sono stati installati i cassoni e le paratoie saranno fornite entro l’autunno da Fincantieri, a Malamocco sono in corso di installazione i cassoni (la fase si dovrebbe concludere entro il 15 ottobre), mentre a Chioggia la fase di alloggiamento dei cassoni si dovrebbe concludere entro la fine di agosto. Complessivamente il sistema Mose si regge sulla posa e installazione di 35 cassoni e 78 paratoie mobili. E un monitoraggio scientifico delle maree veneziane tenuto in osservazione 24 ore su 24 dalla sala di controllo aperta nella sede dell’Arsenale.

Daniele Ferrazza

 

Cantone prudente sul caso Venezia «Presto per parlare di commissariamento»

VENEZIA. Una dichiarazione che sembra allontanare, per ora, l’ipotesi commissariamento del Consorzio Venezia Nuova. «Al momento le modifiche al decreto legge sulla Pubblica amministrazione» in fase di conversione alla Camera «non sono ancora efficaci, quello che vale è il decreto approvato dal Consiglio dei ministri. Capiremo poi se le modifiche, una volta definitive, possono essere calate sul Mose». Così il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone (nella foto ) nel corso di una conferenza stampa rispetto ai possibili impatti della norma sull’inchiesta aperta in merito agli appalti del Mose. Cantone ha poi risposto ad una domanda sull’ipotesi di commissariamento dei lavori della piastra dell’Expo 2015 di Milano, affidati alla padovana Mantovani guidata da Carmine Damiano. «Non ritengo che ci siano le condizioni, ossia un livello di indizi tali, che giustifichi un intervento di commissariamento sulla cosiddetta piastra», cioè l’appalto più rilevante di Expo su cui è in corso un’indagine. Il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone era stato nei giorni scorsi a Venezia.

 

Sfmr, Net Engineering contro la Regione

«Non siamo stati al gioco dei “furbetti” del Veneto». Il lodo arbitrale: Palazzo Balbi paghi 30 milioni

PADOVA Ventiquattro anni di studi, progetti, approfondimenti. E un contenzioso, avviato nel 1996, che ha prodotto finora nove decisioni avverse alla Regione del Veneto, condannata a risarcire trenta milioni a uno dei più importanti studi di progettazione del Veneto, Net Engineering, che fa riferimento all’ingegner Giambattista Furlan. Tutto intorno al sogno di una mobilità rapida ed efficiente, il Sistema ferroviario metropolitano regionale che avrebbe dovuto rendere il Veneto un po’ più europeo. Con una mossa oltremodo inusuale, ieri mattina la società di progettazione ha convocato una conferenza stampa per denunciare lo stallo: «Una storia infinita che suscita un’infinità di domande» sibila Furlan,che tenta di accreditare la tesi di un atteggiamento vessatorio della Regione nei confronti dello studio ingegneristico, «colpevole» di non essere stato al gioco dei «furbetti» del Veneto. «Il sistema metropolitano di superficie è l’architrave dello sviluppo del Veneto – ha spiegato Furlan –, un’infrastruttura fondamentale, senza la quale è inutile che il Veneto si candidi a eventi internazionali. Per questo lo stallo non giova a nessuno». Poi la lunga storia del contenzioso, nato in seguito all’atteggiamento della Regione che prima affida a Net l’incarico di tutta la progettazione del sistema, poi lo mette a gara cercando di aprire alla concorrenza. Net si oppone facendo valere il suo diritto acquisito: su questo si incunea un contenzioso che, appunto, finora smentisce la Regione. «Sonore e ripetute sconfitte» aggiunge Furlan, che accusa di «strategia dilatoria per far morire Net». E aggiunge: «Ma quel che non capisco è per quale ragione il duo Zaia/Zorzato stia perseguendo il disegno omicida dei loro predecessori». Furlan punta l’indice sull’ex governatore Giancarlo Galan e sull’ex assessore regionale Chisso, in un tentativo di «smarcarsi» sin troppo evidente. Sarebbero stati loro ad infilare la Regione in un contenzioso senza via d’uscita. «Nostro è il progetto, nostri gli studi, nostro il diritto a continuare a lavorare: così hanno riconosciuto anche i magistrati e tre arbitrati. Poi la Regione si è messa nelle mani di Trenitalia varando l’orario cadenzato senza minimamente coinvolgerci ». Dal canto suo la Regione risponde: «Il contratto del 1998 con Net Engineering e le sei revisioni intervenute tra il 2000 e il 2009 hanno reso oltremodo e ingiustificatamente oneroso il contratto stesso. Ogni volta che la Regione compra un treno, essa è costretta a pagare alla società un obolo che assomiglia a una vera e propria royalty». La Regione ha impugnato il lodo arbitrale davanti alla Corte d’Appello di Venezia, facendo leva soprattutto sulla decisione presa a maggioranza dagli arbitri. Nel frattempo, sta definendo le modalità di adempimento: Giambattista Furlan per 30 milioni.

(d.f.)

 

Nuovo mandato d’arresto per […]

Fondi neri, competenza a Padova: ordinanza di custodia cautelare del gip. L’indagato latitante a Dubai

PADOVA – Nuovo mandato di cattura per spedire in carcere il commercialista […], dal 2012 cittadino maltese. È il “mr Matacena” dell’inchiesta Mose, sfuggito all’arresto all’alba del 4 giugno scorso e, da allora (quel giorno si trovava a Tallin in Estonia, secondo i suoi legali), latitante a Dubai. Sarebbe stato pronto a costituirsi nel caso in cui il tribunale del Riesame avesse accolto la sua richiesta di beneficiare degli arresti domiciliari in un’abitazione del Rodigino. Niente da fare. Il gip padovano Mariella Fino ha firmato la nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di […], considerato l’”architetto” del complesso meccanismo di sovraffatturazioni che consentivano alla Mantovani guidata da Piergiorgio Baita di produrre fondi neri poi impiegati per distribuire tangenti a pioggia. Lo stralcio dell’inchiesta è nelle mani del pubblico ministero Giorgio Falcone, sempre della città del Santo. Un passo indietro: per quanto riguarda la posizione di […], il 16 luglio scorso i giudici del Riesame avevano annullato l’ordinanza “veneziana” firmata dal gip Alberto Scaramuzza per incompetenza territoriale, ordinando la trasmissione degli atti al giudice “competente” di Padova. Semplice il motivo: il reato contestato ad […] (commercialista della società Cmp&partners) di emissione di fatture per operazioni parzialmente inesistenti tra il 2006 e il 2010 (tramite, appunto, l’artificio della sovrafatturazione) si sarebbe consumato negli uffici della Mantovani situati a Padova in via Belgio 26. Tra marzo e fine maggio […] sarebbe stato in Italia quasi ininterrottamente, salvo volatilizzarsi nei giorni “caldi” alla vigilia del blitz. L’ordinanza padovana, dunque, ricalca quella firmata dal gip Scaramuzza, secondo il quale Baita e Buson (il “ragioniere” della Mantovani) avevano creato una serie di società estere su consiglio e indicazione di […] e di  [….], professionista svizzero co-amministratore di fatto e fiduciario (con il primo) della canadese Quarrytrade Limited. Quest’ultima, nessun dipendente, ha emesso a favore di Mantovani ben 1.253 fatture per un totale di 7 milioni e 990 mila euro. Acquistando sassi da annegamento dalla società Kamen con sede a Pazin in Croazia (a un prezzo maggiorato del 10-17% rispetto a quello che sarebbe stato pagato da Mantovani nella forma dell’acquisto diretto dallo stesso fornitore), l’impresa di Baita “produceva” il contante invisibile al fisco e a qualunque controllo. Un meccanismo rodato, già sperimentato con la San Martino Coop di Stefano Boscolo Bacheto e con la Coed.Mar e Nuova Coed.Mar di Gianfranco, detto Flavio, Boscolo Contadin, società che partecipavano ai lavori del Mose. Il sasso da annegamento è una roccia uniforme dolomite utilizzata per realizzare le dighe foranee alle bocche di Porto di Malamocco e di Treporti. Quei soldi “extracontabilità” erano trasferiti nei conti svizzeri a disposizione di Mazzacurati, il boss del Consorzio Venezia Nuova di cui Mantovani era capofila. Sempre il gip Fino ha confermato a carico di […] i sequestri preventivi dello yacht “iRrock”, in corso di costruzione nei cantieri navali Baglietto di La Spezia, una villa galleggiante con ufficio ipertecnologico, e del velivolo Cirrus Sr 22, iscritto nel registro aeronautico Usa, parcheggiato nell’Aero-club di Bresso (scalo frequentato dalla borghesia lombarda) con titoli contante beni per un valore di 4.412.492,39.

Cristina Genesin

 

mozione dei cappelletti (M5s) «Stop alla concessione al Cvn»

ROMA – Cancellare la concessione unica del Mose affidata al Consorzio Venezia Nuova e adottare misure di depenalizzazione delle imprese coinvolte. Enrico Cappelletti, senatore del M5S, ha depositato come primo firmatario, sullo scandalo. «L’inchiesta ha portato alla luce un sistema illecito molto più ampio di quello che avremmo mai potuto immaginare, fatto di corruzione, concussione, riciclaggio, conti all’estero, fondi neri, finanziamento illecito ai partiti, favoreggiamento personale, millantato credito » dice Cappelletti, «ma nessun senatore Pd ha firmato la mozione per fare verità».

 

Enti regionali, scure sulle partecipazioni

Via libera alla Banca della terra veneta: un anno di tempo per censire tutti gli appezzamenti incolti

VENEZIA – Un mese di tempo a disposizione per presentare al Consiglio e alla Giunta regionale l’elenco di tutte le partecipazioni societarie detenute, direttamente e indirettamente, dagli enti regionali e per indicare quali sia conveniente mantenere. Lo prevede l’articolo 3 della legge “Norme in materia di società partecipate da enti regionali” che è stata approvata ieri dall’assemblea di Palazzo Ferro Fini. Entro sessanta giorni la giunta Zaia deciderà l’autorizzazione delle partecipazioni ritenute necessarie: tutte le altre saranno «ritenute illegittime e dismesse senza indugio». La legge, che è stata illustrata dal consigliere Ncd Costantino Toniolo, stabilisce inoltre, ai fini del contenimento delle spese di funzionamento, che «entro il 30 ottobre di ogni anno gli amministratori delle società controllate da enti regionali effettuano una ricognizione dei costi del personale, delle consulenze e degli incarichi professionali, nonchè una proposta volta al contenimento delle spese di funzionamento ». Nella relazione che accompagna il testo della legge Toniolo specifica che il provvedimento riguardava, negli esercizi 2011-2012, un’ottantina di partecipazioni societarie direttamente detenute dagli enti strumentali “classici”: Arpav, Avepa, Veneto Agricoltura, Enti parco, Ater, Esu, Consorzi di bonifica. Per quanto riguarda le Usl e le Aziende ospedaliere, al 31 dicembre 2012 erano state conteggiate 14 partecipazioni in imprese controllate (valorizzate in oltre 63 milioni di euro). Nella seduta di ieri è stata approvata anche la proposta di legge regionale (illustrata dal consigliere forzista Davide Bendinelli) che contempla l’istituzione della Banca della terra veneta, ovvero un inventario completo e aggiornato dei terreni suscettibili di coltivazione e delle aziende agricole di proprietà pubblica e privata disponibili per operazioni di assegnazione. Ai Comuni toccherà il compito, entro un anno, di provvedere a un inventario dei terreni incolti. Particolarmente soddisfatti i giovani agricoltori di Coldiretti, che ieri hanno assistito ai lavori, sventolando i loro fazzoletti gialli e innalzando cartelli con la scritta “Grazie”. Secondo i dati dei neo-coltivatori di Coldiretti gli appezzamenti incolti si estendono su almeno15 mila ettari gestiti da 135 enti pubblici su un totale di una superficie pari a 811.440 ettari lavorata da circa 120mila aziende. Il Consiglio del Veneto ha infine votato il progetto di legge “Intervento a favore dei territori montani e conferimento di forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa, regolamentare e finanziaria alla Provincia di Belluno».

 

 

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