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Il caso dell’azienda del gruppo Armani è solamente la punta dell’iceberg

Cgil: «Licenziati sempre alla soglia dei tre anni». D’Anna: «Ragazzi scoraggiati»

DOLO – Oltre 1500 lavoratori precari hanno perso il lavoro nel 2014 nell’area della Riviera del Brenta e del Miranese di questi, quasi un terzo a ridosso del rinnovo del contratto oltre il terzo anno consecutivo. A spiegarlo sono i sindacati e l’ex assessore al lavoro provinciale Paolino D’Anna che fino al 31 dicembre 2014 ha seguito innumerevoli vertenze.

Le situazioni più pesanti nel comprensorio dei 17 comuni dell’area sono nel settore del commercio, del metalmeccanico edilizia e calzaturiero. L’ultimo caso proprio in Riviera del Brenta a Fossò è stato quello della G. A operations (del gruppo Giorgio Armani) che ha scaricato 11 precari a causa di un calo degli ordinativi.

Ora in questa azienda i sindacati minacciano proteste. «Troppo spesso», spiega Michele Valentini della Fiom Cgil, «le aziende nel settore metalmeccanico assumono giovani e meno giovani promettendo loro dopo un periodo formativo di tre anni, di procedere con una assunzione a tempo indeterminato. Fatalità però, queste persone non vedono più rinnovato il loro contratto proprio alla scadenza dei tre anni, al traguardo dell’assunzione a tempo indeterminato».

Stessa situazione nel calzaturiero segmento economico forte per la Riviera e il Made in Italy. «Le aziende», spiega Riccardo Colletti segretario della Filctem Cgil, «anche del settore calzaturiero spesso purtroppo assumono più personale di quello dovuto in concomitanza con gli ordinativi che paiono buoni, per poi lasciare le persone a casa alla minima difficoltà del mercato».

Va male anche nel settore commerciale anche se commessi e cassieri già da anni, e prima della crisi, hanno spesso trovato posto con impieghi stagionali. «Le zone che più hanno risentito del fenomeno dei precari “usa e getta” sono quelle di Mira, Dolo Mirano, Martellago e Spinea», spiega l’ex assessore Paolino D’Anna, «cioè centri popolosi, in cui sono alla ricerca di lavoro ogni settimana migliaia di giovani, che così perdono ogni speranza e preferiscono emigrare all’estero dove comunque, le forme di impiego a livello contrattuale sono anche più flessibili di quelle italiane. Basti pensare a paesi come Australia, Inghilterra e Stati Uniti».

L’appello dei sindacati è chiaro. «Questa strategia dell’impiego usa e getta dei lavoratori per sfruttare il basso costo della manodopera», conclude Colletti, «è controproducente. In questo modo non si riusciranno mai a formare maestranze e professionalità che servono sempre più a prodotti certificati made in Italy».

Alessandro Abbadir

 

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