Nuova Venezia – Marghera. Aree Eni da bonificare e vendere, c’e’ l’alt di Zaia alla nuova societa’.
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
19
feb
2015
Il Comune è già socio al 50% di Marghera Eco Industries srl, ma la Regione blocca la sua adesione
Giorgetti: «Prima vogliamo sciogliere i dubbi sulla sostenibilità finanziaria dell’intera operazione»
Marghera Eco Industries srl: sarebbe questo il nome della nuova società – costituita sulle “ceneri” di Live srl – che Comune di Venezia e Regione Veneto si sono impegnati a costituire con un’apposita delibera già approvata da mesi. La nuova società dovrebbe subentrare nella proprietà dei 108 ettari di aree industriali dismesse, cedute da Syndial (Eni) che ha anche messo a disposizione un fondo di 38 milioni per bonificarle e poi venderle, con un apposito bando di gara, sul mercato europeo a chi vuole rilanciarle con nuove attività industriali o logistiche.
Tutto sembrava fatto; il Comune di Venezia, malgrado il comissariamento, ha già formalmente aderito alla nuova società – al 50% – attraverso la controllata Immobiliare veneziana (Ive).
Mancava solo l’adesione della Regione, attraverso la controllata Veneto Acque spa e poi si sarebbe passati alla nomina di una governance paritetica e un manager esperto per portare a termine una sorta di “sogno”: risanare le aree industriali dismesse dall’Eni a Porto Marghera e venderle a prezzi calmierati con l’obbiettivo di farle diventare il perno di una “rinascita” di Porto Marghera con un nuovo sviluppo e nuovi posi di lavoro. Ma ora tutto si è bloccato e chissà quando si sbloccherà, di certo non prima del prossimo voto per le elezioni comunali e regionali.
L’alt è arrivato dalla Giunta regionale, sebbene il 7 gennaio scorso abbia approvato un’apposita delibera in cui decideva di mettere a disposizione «sino all’importo massimo di euro 150.000, il contributo di funzionamento che potrà essere destinato alle attività spettanti a Veneto Acque spa nella reindustrializzazione di Porto Marghera con la sua partecipazione alla società Live srl» poi denominata Marghera Eco Industries.
«Sì, è vero, abbiamo deciso di sospendere la costituzione della nuova società che deve acquisire le aree cedute da Syndial-Eni», conferma l’assessore regionale Massimo Giorgetti. «Prima di procedere sul percorso già definito vogliamo capire l’effettiva sostenibilità e compatibilità, dal punto di vista economico e finanziario, di quest’operazione. Non vorremmo mettere in piedi una nuovo società e firmare l’istanza di subentro nella proprietà, per poi ritrovarci senza i soldi necessari per le bonifiche e la messa in sicurezza di tutti i 108 ettari ceduti da Eni».
Quest’ultima, attraverso la sua consociata Syndial, ha messo sul piatto 38 milioni e l’autorizzazione ministeriale alle bonifiche su gran parte delle aree in cessione; ma evidentemente secondo la Giunta regionale, potrebbero non bastare, costringendo la Regione a trovare fondi che non ha per portare a termine gli interventi.
L’assessore Giorgetti, prima del Natale scorso, aveva assicurato che entro poche settimane non solo si sarebbe completata la costituzione della nuova società, ma sarebbe anche stato nominato un «manager di provata esperienza e affidabilità» per governarla. Il governatore Luca Zaia, dopo l’uscita di scena, pochi mesi fa, in seguito allo scandalo del Mose, del suo potente ex assessore Renato Chisso e del dirigente Giovanni Artico, che insieme avevano trattato con Eni l’operazione di cessione delle aree, ha deciso di andare con i piedi di piombo. Anche a costo di rinviare al dopo elezioni – almeno sei mesi – tutta la questione dell’adesione alla nuova società per la rinascita di Porto Marghera. «Ora», conclude Giorgetti, «avvieremo gruppi di lavoro con i tecnici del Comune e il commissario Zappalorto per fare insieme e al più presto le verifiche di sostenibilità».
Gianni Favarato
Costituito l’organismo di controllo dell’attuazione dell’Accordo di programma per Porto Marghera
Un Comitato per garantire i 23 progetti
Il commissariamento del Comune di Venezia e le elezioni dei nuovi consigli comunale e regionale non dovrebbero compromettere l’avvio, entro i tempi previsti, di tutti i 23 progetti inclusi nel nuovo “Accordo di programma per la riconversione e riqualificazione industriale di Porto Marghera”, finanziato con risorse pubbliche per quasi 153 milioni di euro e sottoscritto, il mese scorso, dal ministero dello Sviluppo economico (Mise) dalla Regione Veneto, dal Comune e dall’Autorità portuale di Venezia.
Nei prossimi mesi, salvo sorprese e possibili intoppi burocatici non previsti, si potrebbe già vedere i primi cantieri che riguarderanno i tre progetti già definiti e a buon punto nell’iter autorizzativo. Si tratta dei progetti preliminari relativi alla realizzazione di un sottopasso a raso per la viabilità di accesso da via Torino alle aree del parco tecnologico e scientifico Vega e del padiglione Aquae di Porto Marghera con un sottopasso lungo la SR11 e di una rotatoria a raso; il ripristino strutturale del ponte stradale e ferroviario sul canale Brentella per collegare la Prima zona industriale e la Macroisola delle raffinerie (che però ha già avuto un alt dalla Sovrintendenza) e, infine, il progetto relativo alla manutenzione straordinaria della viabilità di collegamento tra via dell’Elettricità e via Fratelli Bandiera.
I tre interventi godono di un importo complessivo di spesa previsto di circa 19 milioni euro e hanno già avuto un primo via libera del Comitato di coordinamento per l’attuazione dei progetti previsti dall’Accordo di Programma, composto da dirigenti e funzionari degli enti sottoscrittori: Paolo Diprima per il Comune, Claudia Marcolin per l’Autorità Portuale, Luigi Fortunato per Regione e Stefano Martine per il ministero dello Sviluppo Economico.
«I soggetti sottoscrittori del presente Accordo di programma», recita il testo dell’Accordo, «si impegnano ad utilizzare forme di immediata collaborazione e di stretto coordinamento, in particolare laddove siano necessarie autorizzazioni e varianti urbanistiche di propria competenza, ricorrendo anche a strumenti di semplificazione dell’attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo, contemplati dalla vigente normativa».
«Al fine di garantire l’effettiva cantierabilità degli interventi proposti», recita ancora l’Accordo, «i progetti presentati devono essere corredati da un quadro autorizzativo coerente, procedendo ogni sei mesi al monitoraggio ed alla verifica dell’Accordo, e, se necessario, a proporre gli eventuali aggiornamenti da sottoporre all’istituito Comitato di coordinamento».
Del resto, la durata dell’Accordo, come espressamente scritto, è di «trentasei mesi dalla data di stipula, entro i quali dovrà essere almeno effettuata la consegna dei lavori» per tutti i 23 progetti previsti che riguardano anche a messa in sicurezza idraulica dei via dei Petroli, di tutta le aree a rischio allagamenti tra Marghera, Malcontenta e la Prima Zona industriale (dove hanno sede il nuovo Padiglione di Expo Venice, il Parco Vega e una serie di opere infrastrutturali che permetteranno di rimettere in ordine via dell’Elettricità, la nuova rotonda con via Fratelli Bandiera e il tanto atteso raccordo tra via Torino e via Righi con una rotonda e un sottopasso. Per realizzare i 23 progetti c’è un fondo complessivo di 152.630.000 di euro, messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo (poco più di 102 milioni stornati dai rimborsi della multinazionale Alcoa per gli illeciti sconti energetici, sanzionati dalla Commissione europea); dalla Regione Veneto (20.250.000 euro); dall’Autorità Portuale di Venezia (15 milioni) e il comune di Venezia (4.350.000 milioni).
(g.fav.)
Lo stop della sovrintendenza
Bloccati i piani del Porto per il Molo Sali
Alla prima occasione, le tanto strombazzate semplificazioni delle procedure di autorizzazione dei progetti di bonifica e riutilizzo delle aree industriali abbandonate a Porto Marghera, si rivelano inutili. La prima vittima è il progetto relativo all’ampliamento del l’area portuale ex Monopoli nel Molo Sali – finanziato dall’Autorità Portuale di Venezia con un milione di euro – bloccato dalla Sovrintendenza veneziana del ministero dei Beni Culturali e Architettonici perché in esso si prevede la demolizione dei vecchi e cadenti immobili delle ex Manifatture Tabacchi in via Sali.
Secondo la Sovrintendenza su questo vecchio caseggiato c’è un vincolo che ne impedisce l’abbattimento per il suo valore di “memoria storica industriale”. Il Molo dei Sali è un’area poco accessibile dal recinto doganale, dentro la quale terreno e immobili degli ex Monopoli sono in stato di abbandono e su di essi nessuno (visto il loro pessimo stato, gli alti costi e i tempi lunghi per un eventuale recupero conservativo) ha messo gli occhi.
L’Autorità Portuale ha presentato un progetto specifico, già dotato dei necessari fondi, per «realizzare nuove aree infrastrutturate da dedicare a magazzini e piazzali».
In particolare il progetto punta a «potenziare la capacità di movimentazione e stoccaggio di merci alla rinfusa (in particolare siderurgico e agroalimentare) all’interno dell’Isola portuale; riqualificare, in termini ambientali e strutturali, aree dismesse per valorizzare le filiere siderurgiche e agroalimentari presenti nel porto di Venezia» in considerazione del fatto che «i prodotti alla rinfusa richiedono aree e magazzini adeguati con standard di certificazione internazionale.
La possibilità di costruire nuovi spazi conformi a questi standard permette una maggiore attrattività del porto commerciale di Venezia». L’iter autorizzativo di questo progetto prevede espressamente «il parere della commissione per la Salvaguardia di Venezia», che puntualmente è arrivato. A quanto si è saputo, lo stesso ministero dello Sviluppo (Mise) ha storto il naso dopo aver saputo della decisione della Sovrintenenza, mentre l’Autorità Portuale di Venezia è pronta al ricorso e ad un soluzione condivisa.
(g.fav.)