Segui @OpzioneZero Gli aggiornamenti principali anche su Facebook e Twitter. Clicca su "Mi piace" o "Segui".

Questo sito utilizza cookie di profilazione, propri o di terze parti per rendere migliore l'esperienza d'uso degli utenti. Continuando la navigazione acconsenti all'uso dei cookie. Per maggiori informazioni cliccare qui



Sostieni la battaglia contro l'inceneritore di Fusina, contribuisci alle spese legali per il ricorso al Consiglio di Stato. Versamento su cc intestato a Opzione Zero IBAN IT12C0501812101000017280280 causale "Sottoscrizione per ricorso Consiglio di Stato contro inceneritore Fusina" Per maggiori informazioni cliccare qui

PEDEMONTANA – Vertice tra i sindaci e il commissario Vernizzi: subito il progetto, poi si penserà ai soldi

L’IMPERATIVO «Bretella e tangenziale vanno fatte entro il 2018»

Intanto si fa un progetto complessivo per mettere nero su bianco tutte le opere complementari della Pedemontana dalla zona del Montello all’allacciamento con l’autostrada A27. Poi si cercheranno i soldi per realizzarle. È questo l’accordo stretto ieri a Veneto Strade tra il commissario Vernizzi e i nove sindaci che avevano ufficialmente chiesto di aprire i futuri caselli di Povegliano e Spresiano-Villorba solo dopo aver completato anche l’ultimo metro delle strade accessorie.

I toni infuocati del botta e risposta degli ultimi giorni sono spariti: niente più diffide, minacce di barricate o aut aut. Adesso si lavora con la diplomazia per riuscire a portare a casa qualcosa. Due opere su tutte: la bretella di Povegliano e la tangenziale di Spresiano. Senza, avvertono i primi cittadini, i centri dei paesi finirebbero soffocati dalle nuove ondate di traffico. Per realizzarle servono 13 milioni. Almeno. Soldi che ad oggi non ci sono.

«Abbiamo concordato di predisporre un progetto preliminare delle opere di viabilità necessarie – spiegano i sindaci di Villorba, Povegliano, Spresiano, Ponzano, Arcade, Nervesa, Giavera, Volpago e Paese – sulla base dell’esito di questo, apriremo poi un tavolo di confronto con il presidente della Regione per ottenere i finanziamenti necessari».

Nel piano proposto da Vernizzi ci sarà tutto: bretella, tangenziale, rotatorie, parcheggi e anche piste ciclabili. Più altre strade di collegamento, ad esempio con la zona industriale di Giavera e con il futuro complesso del velodromo.

«Il progetto valuterà tutti i flussi di traffico – sottolinea Marco Serena, sindaco di Villorba – e ci dirà quanti soldi serviranno». Soldi che potranno arrivare dalla Regione o da eventuali risparmi della Pedemontana. Si potrà aggiungere la compartecipazione dei Comuni e di qualche privato.

Imperativo categorico: bretella e tangenziale devono essere realizzate entro il 2018. È questa la data prevista per l’apertura dei due caselli di Povegliano e Spresiano-Villorba. Il tempo non manca. Ma non bisogna perderlo. I lavori per la realizzazione della Pedemontana arriveranno tra Povegliano, Spresiano e Villorba già prima della fine di quest’anno. Ed entro il 2016 partirà la bonifica per il passaggio sulla discarica tra via Marconi e via Ferrarezza, ultimo passo prima di sfociare nell’A27. «Abbiamo visto che la collaborazione tra i Comuni è fondamentale – conclude Serena – il territorio non può più essere rappresentato solo dai singoli municipi».

Mauro Favaro

 

DOLO – Impegno comune

DOLO – Anche i candidati a sindaco di Dolo, com’era successo una settimana prima per i candidati rivieraschi in Regione, si sono schierati compatti per il salvataggio dell’ospedale. All’incontro pubblico, promosso dal Comitato Bruno Marcato, hanno assistito anche i sindaci Gianpietro Menin di Camponogara e Alessandro Campalto di Campolongo Maggiore e molti candidati consiglieri. Sono intervenuti tutti ad eccezione di Elisabetta Ballin che presentava la sua lista ad Arino. Valentina Peruzzo del M5S ha letto una lettera d’impegno ed ha chiesto a tutti i candidati di sottoscriverla.

L’impegno comune è quello di battersi per bloccare e rivedere le schede ospedaliere, anche se nel frattempo l’atto aziendale sta depotenziando i reparti, rivedere il Piano regolatore che nel 2010 consentiva di vendere la parte vecchia dell’ospedale per costruirvi un parcheggio ed un albergo, evidenziare la centralità territoriale e la rilevanza del bacino servito dal nosocomio.

Un bacino, come ha sottolineato Giorgio Gei, “penalizzato da scelte politiche regionali che non hanno fondamento né tecnico, né economico».

Il sindaco Maddalena Gottardo ha rilanciato l’idea di un ospedale unico e ha ricordato che la scelta del Distretto nei locali dell’ex tribunale è strategica. «Perché gli spazi esistenti sono conformi alle esigenze – ha analizzato – e darebbero impulso economico alla zona mentre per Villa Massari il mio sogno è quello di spostare la Casa di riposo».

Marco Cagnin ha aggiunto: «Non capisco perché sono stati stanziati 22 milioni di euro per l’ospedale e non sono mai iniziati i lavori».

Antonio Di Luzio sullo spostamento a Noale dei servizi amministrativi: «È una decisione che non si spiega né dal punto di vista logico, né funzionale».

E Alberto Polo ha aggiunto: «C’è bisogno dell’impegno di tutti nella Conferenza dei sindaci perchè l’ospedale è un bene non solo dolese, ma di un territorio che comprende 10 Comuni e 140.000 abitanti».

(L.Per)

 

I commissari del Consorzio bloccano parte della maxi liquidazione

Mazzacurati, stop a un milione

La gestione commissariale del Consorzio Venezia Nuova ha bloccato un milione e 154 mila euro della maxi liquidazione (sette milioni) dell’ex presidente Giovanni Mazzacurati. Bilancio chiuso con 28 milioni di passivo.

Venezia Nuova: la nuova gestione commissariale congela 1,154 milioni su 7

Il bilancio chiuso con 28,7 milioni di passivo. Meno fondi: gestione in difficoltà

VENEZIA – Ventotto milioni e 700 mila euro di passivo. Che toccherà alle imprese ripianare. Liquidazione di 7 milioni di euro all’ex presidente Mazzacurati in parte bloccata. E criteri modificati.

Segna una netta inversione di tendenza il bilancio consuntivo 2014, approvato in questi giorni dalla nuova gestione commissariale nominata dal presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone.

Conti passati al setaccio dai tre commissari che governano il Consorzio da fine 2014, Luigi Magistro, Francesco Ossola e Giuseppe Fiengo.

La liquidazione di 7 milioni di euro era stata disposta nel dicembre 2013, sei mesi dopo l’arresto dell’ex presidente e direttore, dal Consorzio presieduto da Mauro Fabris. Ma adesso i commissari hanno deciso di congelarne una parte, un milione e 154 mila euro.

«È intenzione degli amministratori straordinari», si legge nella nota integrativa al bilancio 2014, «procedere a un approfondimento sulla sussistenza di tale debito». Cioè a dire: quell’importo potrebbe anche non essere legittimo.

Altro debito riscontrato dal bilancio è quello di 317 mila euro che l’ex direttore non avrebbe versato per l’acquisto delle azioni Tethis. Controllata del Cvn anche questa amministrata per molti anni da Mazzacurati.

Infine, il bilancio introduce una significativa modifica dei criteri sul pagamento degli «oneri del concessionario». Sull’importo di tutti i lavori il Consorzio aveva diritto per legge a un aggio del 12 per cento, per gli «oneri del concessionario e l’attività di sorveglianza sui lavori».

Cifre cospicue – circa 600 milioni di euro sui quasi 6 miliardi di spesa prevista per le dighe mobili – che servivano per il mantenimento della macchina del Consorzio e altre spese. I commissari nel passare al setaccio i bilanci degli anni scorsi, hanno scoperto ad esempio che il 12 per cento veniva versato con congruo anticipo, prima dell’inizio dei lavori in quota pari al 60 per cento. Solo il 40 per cento durante i lavori. In sostanza, i soldi degli «oneri» sono già arrivati e sono già stati spesi. E adesso la gestione si troverà in grande difficoltà per i minori fondi a disposizione.

«E questo», scrivono Magistro, Ossola e Fiengo, «proprio nel momento in cui il progetto entra nella sua delicata fase operativa». Primo bilancio dell’era commissariale. Reso pubblico e soprattutto attento alla nuova situazione che si è creata. Azzerati i contributi che venivano dati alle istituzioni, a cominciare dal teatro La Fenice (un milione). Quelli del Marcianum, l’istituzione culturale creata dall’ex patriarca Scola. Ridotte le iniziative e i convegni, ridotte anche le cerimonie. Oltre all’aspetto giudiziario – della corruzione e dell’evasione fiscale – le inchieste sul Mose hanno provocato un cambio nella gestione.

Alberto Vitucci

 

L’EX capo DEL CONSORZIO per il mose

Respinta dal giudice Scaramuzza la richiesta di incidente probatorio dell’ex sindaco Orsoni e di Lia Sartori

VENEZIA – Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, non è idoneo a sostenere un interrogatorio e i primi segnali di decadimento sarebbero stati evidenti già durante l’interrogatorio che aveva sostenuto, nel settembre dello scorso anno, davanti al giudice della California per conto del Tribunale dei ministri che giudicava l’ex ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. Questa, in sostanza, la decisione del giudice veneziano Alberto Scaramuzaza, che ha quindi respinto la richiesta di incidente probatorio avanzata dai difensori degli indagati Giorgio Orsoni e Lia Sartori, l’ex sindaco di Venezia e l’ex europarlamentare di Forza Italia.

I due esponenti politici sono accusati del reato di finanziamento illecito dei rispettivi partiti dai pubblici ministeri Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini sulla base delle dichiarazioni di Mazzacurati, il quale ha sostenuto di aver finanziato le loro campagne elettorali, rispettivamente per le comunali e per il parlamento europeo.

Gli avvocati dei due, quindi, avevano chiesto di sentire in incidente probatorio, prima dell’udienza preliminare e del processo, il principale accusatore, ma il suo avvocato ha consegnato la documentazione medica in cui si afferma che non ricorda più nulla e che soffre di una patologia cardiaca molto grave. Con la sua ordinanza, il giudice di Venezia che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare per la corruzione per il Mose accoglie questa tesi e spiega che Mazzacurati non può più essere sentito.

I verbali dei suoi interrogatori, quelli resi davanti ai pubblici ministeri alla presenza del suo difensore, a questo punto, saranno acquisiti, come ha chiesto il pm Ancilotto, e inseriti nel fascicolo che finirà sul tavolo del giudice Andrea Comez, colui che dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio degli indagati da parte della Procura, quando verrà presentata, e, nel caso, dovrà processare chi chiederà di farlo con il rito abbreviato.

Giorgio Cecchetti

 

L’ODISSEA DEI PENDOLARI – La società pensa a una “app” personalizzata per informare i viaggiatori

Trieste-Venezia, coinvolti 28 convogli: ritardi su tutte le linee

La protesta: passeggeri esasperati, svolta nella comunicazione

Mattinata di passione ieri per i passeggeri ferroviari della Trieste-Venezia. Con un treno merci bloccato a Bivio d’Aurisina per quasi 4 ore, in piena fascia pendolari, dopo il guasto avvenuto verso le 6, che in quel tratto ha costretto i convogli a circolare a senso alternato su un solo binario. Risultato: 28 treni coinvolti (20 regionali, 3 Ic e 3 Frecce, che hanno registrato ritardi fino a 60 minuti, e altri due regionali limitati nel loro percorso).

Questo dopo che solo pochi giorni prima il 21 maggio un altro merci aveva avuto problemi nel medesimo tratto, causando ritardi fino a 40 minuti a 10 convogli.

Ma, a sorpresa, in tutto questo, al netto dei disagi, i comitati dei viaggiatori “promuovono” Trenitalia. O meglio, promuovono la sua gestione della comunicazione durante l’emergenza. Potenza della rivoluzione 2.0 avviata dai nuovi vertici. Certo, il disagio è nato anche perché «Rfi ha tagliato buona parte degli scambi», ma «la gestione della comunicazione da parte di Trenitalia è stata buona – dice Marco Chiandoni del Comitato pendolari Fvg -. Da qualche settimana manda per conoscenza in anticipo anche a noi comitati le segnalazioni dei disservizi. Una novità partita con la nuova direzione».

Così ieri la notizia del guasto è stata “postata” in tempi rapidissimi «sui social network e sul nostro blog. Su Facebook il primo messaggio è stato visto da 112 persone e, nelle ore successive, da altre 207. Mentre sul blog ci sono state 160 visualizzazioni. Se uno sa per tempo che c’è un problema, può decidere di andare in auto, per esempio».

Da qui l’idea di Chiandoni. «La Regione potrebbe proporre nel futuro contratto di servizio una sorta di pagina “social” regionale o su Facebook o su Twitter, in cui uno potrebbe iscriversi per essere informato di eventuali disagi. Una pagina dedicata al Fvg in cui vengono date le informazioni in anticipo». Ovviamente, «la comunicazione deve partire da loro».

Concorda sull’opzione-web Andrea Palese (Comitato Alto Friuli), che, nel promuovere la gestione comunicativa di ieri («I problemi ci sono stati comunicati tempestivamente»), pensa però a «un’informazione a livello istituzionale: la Regione potrebbe mettere sul suo sito una pagina dedicata ai treni, come quella che oggi c’è per i tempi di attesa nei pronto soccorso». Palese rimarca anche che, fatta eccezione per ieri, la puntualità di Trenitalia è notevolmente migliorata: «Lunedì a livello regionale è stata del 99,8%».

L’idea piace all’assessore regionale Mariagrazia Santoro, secondo cui, però, «per essere maggiormente tempestivi anche in orari in cui la Regione non è ancora operativa, forse potrebbe essere un’opzione da rivolgere a Trenitalia. Potrebbe essere un’idea inserirla nel nuovo contratto di servizio». Ma la proposta piace pure a Trenitalia. Che rilancia: «Stiamo studiando un sistema per far arrivare ad ogni pendolare notizie “ad personam” sui treni che gli interessano. O con una mailing list, o tramite i social network, o, ancora meglio, con una “app”».

 

Gazzettino – Marghera. Conti del Vega in mano ai legali.

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

27

mag

2015

MESTRE – Nel mirino il vecchio Cda presieduto da Rossi Luciani con Vianello dg. Ipotizzati danni per milioni di euro

Anomalie nei prezzi e nelle fatturazioni, l’assemblea dei soci chiede di avviare un’azione di responsabilità

Vega presenta il conto al vecchio cda

Anomalie nei prezzi e nelle fatturazioni delle forniture, pronta un’azione di responsabilità

Il danno provocato a Vega Scarl non è ancora quantificato ma l’assemblea dei soci ha dato mandato al presidente di avviare un’azione di responsabilità contro il precedente Consiglio di amministrazione del Parco scientifico e tecnologico. Ora i legali effettueranno gli approfondimenti del caso, anche per stabilire di quanti soldi si parla, e in discussione potrebbero esserci milioni di euro.

A capo del precedente Cda c’era il presidente Luigi Rossi Luciani, e direttore generale era Michele Vianello.

Tutto è partito da un input del Comune che, come socio di maggioranza assoluta con quasi il 65% delle quote, ha chiesto ai vertici attuali di Vega Scarl di analizzare i conti dopo che lo scorso marzo è scoppiato lo scandalo tangenti a Ischia che ha portato all’arresto del sindaco dell’isola e di alcuni responsabili della cooperativa modenese Cpl Concordia, uno dei colossi della Legacoop specializzati nell’energia. Associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta le accuse sollevate dai pm, e i commissari prefettizi di Venezia hanno alzato le orecchie sapendo che Cpl Concordia gestiva fino a qualche anno fa, assieme a Nova Marghera Facility, anche le forniture di energia al Vega Parco scientifico tecnologico di Marghera, tramite la società “Vega Energia”, al 35% del gruppo Marinese e al 65% di Cpl.

In origine la fornitura di gas ed energia elettrica era in capo a Nova Marghera, sempre della famiglia Marinese di cui fa parte il vice presidente di Confindustria Venezia, famiglia che tra l’altro ha il gruppo Pio Guaraldo in liquidazione. Da marzo del 2009 Vega Scarl si prese in carico la distribuzione a tutti gli edifici dell’area tra via della Libertà, via Pacinotti e via delle Industrie, ma da luglio 2011 a luglio 2013 ci fu una nuova parentesi durante la quale il compito venne affidato a “Vega Energia”, società appunto di Cpl e Nova Marghera. Dopo luglio del 2013 la fornitura è stata affidata a Veritas che continua tuttora.

Il concordato del Vega prima che scoppiasse lo scandalo e che i commissari chiedessero spiegazioni, aveva già messo in evidenza anomalie nei prezzi e nelle fatturazioni di varie forniture. Dopo le richieste di Vittorio Zappalorto i vertici del Parco scientifico hanno svolto ulteriori approfondimenti, allargando il campo, e alla fine hanno deciso di avviare l’azione di responsabilità contro la precedente amministrazione.

 

A proposito di…

      L’ASSEMBLEA DEI SOCI DI VEGA

Con riferimento alle notizie apparse sulla stampa del 27 maggio scorso si precisa che l’Assembla dei soci di Vega Scarl del 20 maggio 2015 ha dato mandato al presidente di conferire un incarico a un professionista indipendente – specializzato in materia – per valutare alcuni profili di danno per la società derivanti da vicende intercorse nel periodo 2009-2012, come emerse ad esito di un’indagine interna. Ad esito della relazione commissionata al professionista incaricato, ove emergessero precisi comportamenti atti a configurare gli estremi per l’avvio di un’azione di responsabilità, l’assemblea potrà valutare l’avvio di un’eventuale azione in tal senso.

Vega Scarl

 

Operazione Ive-Vega, Boraso all’attacco: «Unione pericolosa e dannosa per tutti»

C’è una convenienza economica e ci sono delle ragioni industriali nell’operazione decisa dal commissario Zappalorto che porterà l’Immobiliare Veneziana (Ive) a diventare proprietaria di tutte le quote comunali del Vega Scarl Parco scientifico e tecnologico? Lo chiede ufficialmente Renato Boraso, a capo della lista civica “Impegno per Venezia, Isole e Mestre” ma se lo chiedono anche altri cittadini non candidati. Boraso è convinto che sia «un’unione pericolosa e dannosa per tutti» perché sostiene che, «grazie alla scellerata gestione del Pd, Vega ha un buco di bilancio di 15 milioni di euro e che a sua volta Ive ha gravi problemi di bilancio anche a causa del contenzioso di quasi 9 milioni di euro legato alla famosa vicenda Fondo Lucrezio/Cantieri Dalla Pietà».

In realtà Ive chiuderà il bilancio con un utile, e pure Vega è in fase di rilancio, grazie all’opera dei vertici guidati da Angelo Begelle, presidente dal 5 agosto dell’anno scorso al posto di Daniele Moretto: il 2014 presenta un margine operativo (la gestione) attivo per 85 mila e 430 euro contro il passivo 2013 per 1 milione e 250 mila euro.

E allora? I maligni, sempre se il Comune non dimostrerà la convenienza economia e industriale, ci vedono solo un’operazione politica che riguarda comunque il Pd: il Vega rilanciato torna ad essere una società di primo livello, ha portato a casa 25 milioni di euro dal Protocollo con il ministero dell’Ambiente ed è diventato il fulcro della riqualificazione immobiliare di una vasta area sul waterfront lagunare. Per cui per l’Ive, al cui amministratore unico Silvio Milanese ex Ds e Pd bersaniano l’anno scorso venne prorogato il mandato oltre la scadenza naturale al 2015, il Vega Scarl è un fiore all’occhiello.

(e.t.)

 

GIORNI CONTATI – Si cerca una soluzione, ma i vertici sono spariti

Veneto Nanotech, sfratto in arrivo

Veneto Nanotech ha i giorni contati. Vega Scarl non può attendere oltre, e già nei prossimi giorni potrebbe avviare lo sfratto esecutivo del laboratorio di Porto Marghera. La società ha ormai accumulato debiti per 1 milione e 300 mila euro nei confronti del Parco scientifico che è in procedura concordataria e ha precisi obblighi nei confronti dei suoi creditori ai quali si è impegnato di restituire il 100% dei soldi che avanzano. Una soluzione si potrebbe ancora trovare ma i vertici di Veneto Nanotech non si fanno più sentire. Per cui lo sfratto è sempre più inevitabile.

Ieri, a proposito della crisi della società che ha sedi anche a Rovigo e Padova e rappresenta una delle eccellenze nazionali nel campo della ricerca sulle nanotecnologie, il fisico e candidato M5S al consiglio regionale del Veneto Antonio Candiello ha incontrato i ricercatori in mobilitazione permanente al Vega. Ed è intervenuto anche l’ex assessore comunale Gianfranco Bettin, affermando che «la Regione Veneto, che lascia languire e forse morire Veneto Nanotech, è la stessa che si spende per fare di Porto Marghera una pattumiera, appoggiando progetti di ampliamento sconsiderato di impianti per i rifiuti tossici (come Alles), che lascia fermo il grande progetto di rigenerazione del Vallone Moranzani e che batte la fiacca su bonifiche e riconversione».

(e.t.)

 

Ad Altivole (Treviso), il prefetto e il sindaco della lista civica vicina alla Lega Nord hanno ritenuto opportuno “procrastinare la presentazione di ‘Strade Morte. Dal sogno del grande Veneto allo scandalo delle grandi opere’ di Marco Milioni. L’autore ha presentato un esposto all’Ordine dei giornalisti e al ministero dell’Interno: “Atto censorio e grave precedente”

Vietato parlare degli scandali legati alle grandi opere in campagna elettorale. Succede ad Altivole, seimilaottocento abitanti alle porte di Treviso, dove il Comune – accogliendo il parere della Prefettura – ha giudicato “opportuno procrastinare la presentazione del libro ‘Strade Morte. Dal sogno del grande Veneto allo scandalo delle grandi opere’ a data successiva allo svolgimento delle elezioni Regionali”, si legge nella nota dell’amministrazione.

L’inchiesta giornalistica si concentra su alcuni temi che da un anno sono al centro delle cronache giudiziarie e politiche: dalle tangenti sul Mose, fino all’affaire Lupi-Incalza e alla realizzazione della Pedemontana Veneta. Temi da non trattare alla vigilia del voto del 31 maggio, secondo il prefetto Maria Augusta Marrosu e il sindaco Sergio Baldin, della lista civica vicina alla Lega Nord Insieme per Altivole.

La storia inizia il 15 maggio, quando “Elvio Gatto, referente trevigiano del Covepa, comitato contrario alla superstrada – spiega a ilfattoquotidiano.it il giornalista Marco Milioni, uno degli autori – ha chiesto al Comune gli spazi dell’auditorium, indicando una data, dal 25 al 28 maggio, per la presentazione. Ma con una comunicazione del 19 maggio l’amministrazione ha fatto sapere di aver accolto il parere della Prefettura e ha chiesto di posticipare l’incontro perché a, loro parere, gli argomenti trattati entrano nel merito della campagna elettorale”.

Milioni parla senza giri di parole di “atto censorio” e considera la scelta “un grave precedente”. Per questo ha deciso di presentare un esposto al ministero dell’Interno, al prefetto di Treviso e all’Ordine dei giornalisti del Veneto. Segnalando quanto è avvenuto anche al presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi. “Si chiede al ministro – scrive Milioni – se ritenga di dovere avviare un accertamento ispettivo nei confronti dell’operato della prefettura nonché dell’amministrazione comunale di Altivole”.

Da parte sua il sindaco Baldin difende la decisione: “Vi sono regolamenti che prevedono di informare il prefetto di appuntamenti che si tengono durante la campagna elettorale se si ritiene che questi in qualche modo possano entrare nel merito – dice a La Tribuna di Treviso – Su quello richiesto da Gatto, essendo chiaro il tema del libro e dell’incontro, abbiamo sottoposto la questione al prefetto, che ha dato il suo parere sull’opportunità di tenerlo in questi giorni. Diverso sarebbe stato se questa presentazione fosse stata fatta nell’ambito di un appuntamento elettorale”. Insomma, se il libro fosse stato presentato durante all’iniziativa di un partito in corsa per le Regionali non ci sarebbe stato nessun problema.

Oltre a Milioni, “Strade Morte” è stato scritto Carlo Costantini, Massimo Follesa e Francesco Celotto, questi ultimi due attivisti del Covepa, che si batte contro la superstrada che passa proprio da Altivole e dovrebbe collegare il Vicentino a Spresiano, nel Trevigiano: grande opera, che nella Regione guidata da Luca Zaia, è seconda per importanza solo al sistema di dighe mobili che servono a proteggere Venezia dall’acqua alta. I lavori sono partiti con oltre un anno di ritardo. E il completamento, previsto per l’inizio del 2016, è slittato al 2018. Ad aprile scorso l’infrastruttura è finita sotto la lente dell’autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone che vuole vederci chiaro sul perché i costi di realizzazione siano lievitati di oltre 450 milioni, cambiando il piano economico finanziario della concessione firmata nel 2009.

“Col nostro lavoro volevamo solo fare una riflessione sulle cause che hanno portato a quel sistema da cui è nato lo scandalo Mose – racconta Milioni – Nella mia esperienza giornalistica non ho mai visto prendere un provvedimento simile da parte della Prefettura che con tono paternalistico ‘consiglia’ al Comune quali appuntamenti è giusto far svolgere in un luogo pubblico e quali no. Faremo richiesta agli atti per vedere la comunicazione inviata all’amministrazione. Ma questa vicenda riserva anche aspetti grotteschi e divertenti: il libro verrà presentato lo stesso, mercoledì 27 maggio. Sapete dove? – ride al telefono – Nella parrocchia di Altivole, grazie alla concessione del prete. E poi si parla di laicità dello Stato…”.

link articolo

 

Al convegno con Nencini, il candidato chiede scelte veloci e il presidente vuole “vera leadership”

«Sulle grandi navi stiamo lavorando con Delrio e contiamo su una risposta veloce, dopo i problemi legati al cambio al ministero». Riccardo Nencini, segretario nazionale dei socialisti e viceministro alle Infrastrutture e Trasporti ieri al Candiani ha ribadito che il governo non sottovaluta la questione Grandi navi, uno dei temi caldissimi di questa campagna elettorale alle battute finali.

Parla anche di alta velocità Nencini, ricordando il progetto Rfi per il collegamento con l’aeroporto Marco Polo e il passo avanti della tratta Verona-Vicenza: il progetto sarà pronto per fine agosto, rassicura.

Al dibattito dei socialisti democratici di Luigi Giordani, dedicato allo sviluppo di Porto e aeroporto, sono arrivati anche Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale, e Felice Casson, candidato sindaco del centrosinistra.

Su posizioni distanti, come noto, sullo scavo del canale Contorta. Nessuno scontro dialettico faccia a faccia per loro perché Casson fa il suo intervento e poi scappa a rincorrere i tanti impegni della giornata e non ascolta fino alla fine l’intervento di Costa.

Ma il messaggio tra i due è stato chiaro. Casson ha ricordato prima che la scelta del commissario Zappalorto di firmare una intesa con Save sul terminal di Tessera «è una decisione che sconcerta perché un tecnico entra a gamba tesa su una questione complessa su cui si discute da anni e lo fa a pochi giorni dal voto.

Una intesa che dovrà essere discussa e rivista dalla nuova amministrazione» e sulle grandi navi invita Nencini e il governo «ad evitare le calende greche perché la risoluzione del Senato del febbraio 2014», quella che prevedeva la valutazione di tutte le alternative, «prevedeva una risposta in tre mesi e invece le cose sono andate per le lunghe e ora vanno velocizzate per favorire lo sviluppo ed evitare di perdere posti di lavoro».

E uno strumento utile, ricorda il candidato, è «l’istruttoria pubblica introdotta dal consiglio comunale veneziano nel 2012», che permette di sentire anche territori e Municipalità.

Paolo Costa, dal canto suo, non perde l’occasione per ribadire che Porto e Aeroporto per Venezia non sono semplici infrastrutture ma «attrattori attorno cui si può pensare di ricostruire la base economica che è stata distrutta in città dall’implosione di Porto Marghera». E continua: «O capiamo che il destino della città è quello di guardare al mondo o non ci siamo. E allora serve misura», spiega Costa. «Certo è importante sentire anche i pareri della Municipalità ma serve una vera leadership in città». E parla di un incontro recentissimo avuto con operatori asiatici ed europei per «fare di Venezia la porta principale della via della Seta. Al largo di New York i cinesi stanno realizzando, in acque internazionali, un porto offshore» e i progetti di Venezia vengono presi come esempio. E poi mostra in una tabella lo stato di valutazione dei vari progetti in campo, con la posizione migliore assegnato al progetto del Contorta. «Non chiediamo favori ma che ci sia la consapevolezza che il nostro Porto è il meglio collocato in Europa, al centro di tre corridoi e di una via marittima padana che potrebbe vedere Mantova come retro di Venezia. Su questo deve uscire l’orgoglio veneziano», dice il presidente del Porto. «A perderci in chiacchiere si perdono grandi occasioni», dice il presidente. Nencini rassicura: «Per fortuna Costa ha una strategia. Il Porto di Venezia non è solo il porto del Veneto ma è il porto del Mediterraneo largo».

Sempre più case sfitte nel centro storico di Pieve di Soligo. Oltre a un altro problema: da edificabili ad agricoli, boom di richieste di declassamento dei terreni a Pieve di Soligo. Una tendenza che si registra negli ultimi mesi anche negli altri comuni del Quartier del Piave. Se, fino a una decina di anni fa, avere un terreno edificabile era considerato un tesoretto, oggi questo rappresenta invece solo un motivo di sconforto per i proprietari, chiamati a versare tasse che, negli ultimi tempi, sono diventante insostenibili.

«L’esigenza di far diventare un terreno da edificabile e agricolo c’è – conferma il sindaco di Pieve di Soligo, Stefano Soldan -, chiaro che verranno accolte solo le richieste plausibili. Ora stiamo cercando di capire quale sia l’approccio corretto verso queste richieste. Il nostro orientamento è quello di andare incontro a quei cittadini proprietari di terreni edificabili che oggi vivono una situazione vessatoria per le tasse».

Il bisogno di convertire i terreni è molto sentito a Pieve di Soligo, «un segno della crisi che ancora stagna in un territorio che un tempo era il motore dell’economia del Nord-Est». Senza contare che Pieve di Soligo, come tutto il Quartier del Piave, deve fare i conti con una cementificazione che ha segnato gli anni del boom edilizio e che oggi fa sì che molti edifici, civili e industriali, siano vuoti e sfitti anche in città.

Già alcune richieste di conversione della destinazione sono allo studio degli uffici comunali. «Stiamo verificando come dal punto di vista normativo queste domande siano accoglibili e poi come le modifiche della destinazione del terreno si inseriscano nel Pat (piano di assetto del territorio) – puntualizza Soldan -, senza contare che dopo aver modificato il terreno da edificabile a agricolo difficilmente si potrà tornare indietro. Dunque una scelta che va soppesata».

Una richiesta dunque sintomo di un contesto sociale ed economico in netto mutamento: «Se negli anni del boom edilizio le richieste erano in tutt’altro senso, affinché ogni angolo della terra diventasse fabbricabile, oggi – chiude il sindaco – il processo è stato invertito alla luce anche dell’incremento delle tasse con cui i cittadini devono fare i conti».

Claudia Borsoi

 

Gazzettino – Marghera. L’Ive si prende le quote del Vega

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

26

mag

2015

PARCO SCIENTIFICO

Per fare cassa il Comune cede le azioni alla “sua” immobiliare

Ennesima operazione dopo il contestato salvataggio voluto dall’ex giunta Orsoni

Uno degli ultimi atti del sindaco Giorgio Orsoni fu il bando per il nuovo Consiglio di amministrazione del Vega. Uno degli ultimi atti del commissario Vittorio Zappalorto è per il Vega: ha pronta, infatti, la delibera per un aumento del capitale di Ive tramite conferimento delle quote del Vega Parco scientifico.

Ben presto, dunque, il Vega sarà quasi completamente in mano all’Ive, il braccio immobiliare del Comune di Venezia che avrà il 64,07% delle quote. Non è una novità che l’Immobiliare Veneziana metta il naso nelle faccende del Vega. Ad aprile dell’anno scorso, su incarico di Orsoni, acquistò spendendo 1 milione e 768 mila euro il 18,34% delle quote in mano a Syndial e il 2,81% di quelle possedute da Eni. L’operazione rientrava negli accordi in base ai quali Syndial ed Eni trasferirono 110 ettari di Porto Marghera a Comune e Regione per attrarre nuove industrie.

E questa nuova operazione? Fu molto criticato l’interesse della Giunta Orsoni al salvataggio del Parco scientifico, sommerso dai debiti e finito a metà maggio 2014 in concordato preventivo con un buco di 16 milioni di euro, da coprire con la vendita dei padiglioni Auriga e Lybra, delle aree ex Agip e Pandora e della partecipazione in Venezia Tecnologie.

Protestarono le opposizioni, ma anche componenti della maggioranza come Jacopo Molina che presentò un’interrogazione per chiedere se il Comune, con le quote di Syndial e di Eni, si comprava pure i debiti corrispondenti, e per conoscere il motivo di tale acquisto dato che il Comune aveva già il controllo della società con il 43,57% delle quote.

E pure i sindacati dei chimici furono molto critici: «Da tempo insistiamo perché la politica esca dalla gestione delle attività partecipate e municipalizzate, il 90% delle quali in Italia è in perdita. Servono operazioni di politica industriale lungimirante gestite da manager capaci e non con soluzioni taglia e cuci governate dagli amici degli amici».

L’operazione, a Ca’ Farsetti, viene presentata come a favore di una società, l’Ive, che ha recentemente messo a segno una serie di alienazioni di aree, che chiuderà il bilancio in utile permettendosi quindi di dare al Comune 5 milioni di euro, e che ha bisogno di aumentare il proprio capitale. Vega, d’altro canto, sta risorgendo grazie al lavoro dell’amministratore delegato e del presidente, Tommaso Santini e Daniele Moretto.

Elisio Trevisan

 

Nuova Venezia – Parlamento europeo, siluro al Passante

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

25

mag

2015

Stop ai finanziamenti della Bei alla Cav «dopo l’arresto del manager di un’azienda costruttrice»: il caso sui media stranieri

PADOVA – Il Parlamento europeo censura la Bei, Banca europea degli investimenti, per colpa del Passante di Mestre. Il 30 aprile scorso l’assemblea di Bruxelles ha approvato una risoluzione (350 voti favorevoli, 263 contrari) che, al punto 34, “deplora il fatto che la Bei abbia finanziato il tratto autostradale noto come Passante di Mestre dopo che le autorità italiane avevano pubblicamente annunciato l’arresto per frode fiscale dell’amministratore delegato del principale subappaltatore; invita la BEI, alla luce delle indagini ancora in corso da parte delle autorità italiane sullo scandalo di corruzione collegato alla costruzione e alla gestione del Passante di Mestre, a non finanziare il progetto in questione mediante l’iniziativa Prestiti obbligazionari o qualsiasi altro strumento finanziario e garantire l’attuazione della politica di zero tolleranza verso le frodi quando esamina l’utilizzo dei prestiti obbligazionari per il finanziamento dei progetti”.

La risoluzione in questione è quella che si riferisce all’attività della Banca europea per gli investimenti nel 2013. Il riferimento, sia pur non esplicito, è alla Mantovani (“principale subappaltatore” del Passante) e al suo (ex) amministratore delegato Piergiorgio Baita, arrestato il 28 febbraio 2013 per frode fiscale.

La risoluzione non blocca automaticamente i finanziamenti europei alla Cav, la società che gestisce il Passante, ma sicuramente è un pesante siluro politico.

La notizia, infatti, è stata rilanciata da diversi organi di informazione, e il francese Mediapart ne ha fatto oggetto di un’inchiesta dal titolo sintomatico “L’Europa chiude gli occhi sulla corruzione in Italia”, ripresa sull’ultimo numero di “Internazionale”.

Nonostante i continui aumenti dei pedaggi, con cui la Cav cerca di riportare in pareggio il bilancio, il costo del Passante (lievitato a 1,22 miliardi di euro) continua a pesare sui conti della società di gestione, tuttora in perdita.

L’anno scorso, però, proprio il Passante è stata la prima infrastruttura italiana a beneficiare dei project bond della Bei. Si tratta di uno strumento finanziario a tasso notevolmente agevolato.

Già l’anno prima, nel 2013, la Bei aveva presto 350 milioni di euro alla Cav, ora si parla di una cifra fra i 700 e i 900 milioni.

Praticamente, la Cav emette titoli obbligazionari e la Bei si fa garante per il 20 per cento delle obbligazioni stesse.

Questi nuovi project bond avrebbero dovuti essere emessi nel febbraio di quest’anno ma – scrive Mediapart – “ci sono stati dei ritardi e la pressione esercitata a fine aprile dal Parlamento europeo potrebbe contribuire a cambiare la situazione”.

Per la soddisfazione delle associazioni che da anni seguono la vicenda, anche nel Veneziano, con diverse segnalazioni, fra cui una di Beppe Caccia proprio alla Bei, nel marzo 2103, anche se in quel caso riferita a una tranche di 500 milioni di finanziamenti per il Mose.

Enrico Pucci

 

Copyrights © 2012-2015 by Opzione Zero

Per leggere la Privacy policy cliccare qui