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Il Comitato per la messa in sicurezza della provinciale inizia a “segnare i punti”

VETERNIGO – Il comitato non ha vinto, ma almeno sorride. Arriva la ciclabile in via Desman, almeno per un tratto. Sarà costruita a Veternigo, dai confini con Mirano alla fine del centro abitato. Non è la soluzione dei problemi di sicurezza sulla provinciale, ma almeno si comincia. La pista sarà realizzata insieme alla riqualificazione del centro della frazione salese: previsto uno stanziamento di 130 mila euro già quest’anno, altri 370 mila nel 2016.

All’inizio dell’anno prossimo il via ai lavori, che riguarderanno soprattutto via Desman: la provinciale verrà più stretta, per lasciar posto, sul lato nord, a un marciapiede e alla ciclopista, separati. Il marciapiede ricalcherà quello oggi esistente, mentre la pista ciclabile sorgerà su quella che oggi è una corsia di sosta per le auto e sarà separata dalla carreggiata da un cordolo di cemento. Un tratto di ciclabile verrà realizzata anche prima del centro, fino ai confini di Mirano, prolungando la pista che oggi termina con via Rio. Il passaggio di lato avverrà in corrispondenza della fermata del bus, fronte pescheria, con un passaggio ciclopedonale sicuro. Verranno messi in sicurezza anche gli incroci con via Cimitero e via Pianiga, con la realizzazione di una corsia centrale di svolta.

Via dunque l’ipotesi di costruire due rotatorie, come avvenuto invece a Sant’Angelo. In via Pianiga inoltre partirà un altro tratto di pista ciclabile, da via Desman e via Rugoletto e pure in via Cimitero, da via Desman al camposanto. Tolti per lasciar posto alla ciclabile, in centro a Veternigo i parcheggi resteranno su piazza D’Annunzio, altri ne verranno ricavati sulle laterali, come via Pirandello, che per il primo tratto diventerà a senso unico in direzione sud. Infine sarà realizzata una nuova pavimentazione in porfido nel tratto di via Desman centrale, davanti al sagrato della chiesa, per creare una sorta di continuità con la piazza di fronte.

(f.d.g.)

 

Alberto Cresti e Luigi Vianelli partono da Bari il 16 maggio su due bici in bambù per sostenere le piste ciclabili, ma rischiano di non arrivare a piazzale Roma

Se non sarà pronta la pista ciclabile sul ponte della Libertà e se scatterà l’annunciato divieto per le biciclette sul cavalcavia di San Giuliano, previsto per l’attivazione del tram che è da mettere in agenda tra maggio e giugno, è destinata a saltare la festa per l’atto finale della impresa che due mestrini stanno accingendo a compiere: percorrere quasi 600 dei 900 chilometri della ciclovia adriatica, da Bari fino a Venezia in sella a due biciclette ad impatto zero, realizzate in bambù da un’officina di Bari.

La piccola impresa sportiva ha l’obiettivo, nei territori attraversati dai due ciclisti, di segnalare piccoli e grandi problemi che trovano i ciclisti. E proprio l’arrivo in forse a Venezia, meta finale del viaggio, conferma il malcontento che serpeggia tra i ciclisti professionisti e i semplici appassionati della città che negli anni ha investito in oltre 100 chilometri di piste ciclabili.

Alberto Cresti è funzionario alle Generali, il compagno di viaggio, Luigi Vianelli, lavora per Banca Popolare Etica tra via Aleardi e Rovigo. Hanno speso, ciascuno, 1.500 euro per acquistare la bici in bambù prodotta a Bari da un progetto sociale di lotta al degrado. Sabato 16 maggio Alberto e Luigi ritireranno a Bari le due bici e risaliranno la costa adriatica da Bari a Venezia. Obiettivo del viaggio sostenuto da Banca Etica e Fiab (Federazione degli amici della bicicletta) stimolare il turismo lento e la realizzazione di nuove piste ciclabili in Italia. E favorire un turismo diverso, lento e attento.

«Il fatto che rischiamo di non poter chiudere il viaggio con l’arrivo a Mestre e Venezia, con una festa di bici a piazzale Roma, è francamente desolante», racconta Alberto Cresti.

«Durante il viaggio faremo molte iniziative di sensibilizzazione: al confine tra Abruzzo e Marche guaderemo un fiume reggendoci a corde tenute dalle delegazioni Fiab delle due regioni per sensibilizzare alla costruzione di un ponte ciclabile. Il 22 maggio a Padova incontreremo don Albino Bizzotto. Il giorno dopo il nostro arrivo viene inaugurata la Belluno-Dobbiaco. Oggi da Mestre si può arrivare in bici fino in Austria ma non si può andare a Venezia, città unica al mondo. Qui, a casa nostra, un ciclista non riesce ad arrivare. Assurdo».

Da mesi le associazioni dei ciclisti segnalano il rischio che, con l’attivazione del tram, le bici siano bandite dal ponte della Libertà, dove è in costruzione la ciclabile ma senza un collegamento sicuro con Mestre. E con i divieti imposti dal tram, i ciclisti diretti a Venezia e al Lido (almeno 70 mila con la bella stagione) rischiano di restare a piedi. Come Alberto e Luigi.

Mitia Chiarin

 

Nuova Venezia – Cantone apre il dossier Pedemontana

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15

apr

2015

Il commissario anticorruzione apre un’inchiesta sull’autostrada: il commissario Vernizzi dovrà rispondere entro sei mesi

VENEZIA – Dopo la Corte dei Conti anche l’Autorità nazionale anticorruzione. Piove su bagnato per la Pedemontana Veneta che adesso viene messa sotto inchiesta anche dall’ufficio di vigilanza di Raffaele Cantone, il magistrato forse più temuto oggi in Italia.

La lettera che comunica l’apertura di un’istruttoria porta il protocollo di ieri ed è indirizzata al capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture Paolo Emilio Signorini (succeduto a Ercole Incalza, arrestato il 15 marzo scorso) e al commissario per l’emergenza mobilità nelle province di Vicenza e Treviso, Silvano Vernizzi.

Entrambi devono rispondere ad una serie complessa di quesiti. Hanno 180 giorni per farlo e 30 per chiedere un eventuale colloquio diretto, con il responsabile del procedimento, l’ingegner Carlo Cresta.

C’è anche un terzo destinatario della lettera, il senatore vicentino del M5S Enrico Cappelletti, ma solo perché era il primo firmatario di un esposto presentato all’Anac il 19 febbraio scorso, che a quanto pare ha messo in moto la procedura. O forse è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché il modo con il quale vengono presentate le contestazioni non lascia dubbi sulla risposta che il mittente ha già dato per conto suo ai quesiti che pone.

I quali ridotti all’osso sono due: 1) per quale motivo sono stati aumentati i costi dell’opera, cambiando il piano finanziario della concessione firmata nel 2009; 2) come sia possibile parlare ancora di project financing e non di semplice appalto, in presenza di rischi che pesano più sul pubblico che sul privato, visto che il concessionario non ha ancora la garanzia bancaria di copertura dei costi che gli spettano. La lettera non lo dice in modo così brutale ma l’impostazione è di affermazioni più che di domande e lascia poche speranze.

Ricordiamo che la Pedemontana costerà 2 miliardi 258 milioni di euro, dei quali 644 a carico del pubblico e il resto dei privati. Peccato che finora i lavori procedano con soldi pubblici e il concessionario è sempre sprovvisto del closing finanziario.

L’ufficio di vigilanza dell’Anac vuole «puntuale riscontro» sulle cause che hanno comportato l’aumento del costo totale dell’infrastruttura, inizialmente previsto in 1,8 miliardi, «con specifico riferimento alle voci «indagini geognostiche, «interferenze, due diligence, rimborso promotore».

Vuole conoscere «la corretta allocazione dei rischi tra pubblico e privato a seguito delle modifiche alla convenzione e al piano economico finanziario al fine di poter continuare a configurare l’operazione come project financing in luogo di appalto; l’attivazione delle risorse private attraverso il capitale di rischio ovvero mediante accensione di mutuo bancario; il rispetto del cronoprogramma; lo stato di avanzamento della progettazione, dei lavori e la modalità di esecuzione degli stessi; i costi e le modalità di espletamento dell’alta sorveglianza e della direzione lavori».

Sono le contestazioni già avanzate dalla Corte dei conti, ma ora non c’è di mezzo il possibile danno erariale. La istruttoria Anac ha di mira le irregolarità collegate a reati e il finale è il commissariamento dell’opera. Come è accaduto per il Mose. Succede invece che la Pedemontana ha già un commissario: assisteremo ad un commissario che verrà commissariato? Magari Silvano Vernizzi lo considererebbe una liberazione. Va da sé che il suo successore verrebbe nominato dall’Anac e non più dalla Protezione Civile. Più facile, si dice nell’ambiente dei costruttori, che con l’uscita di scena di Lupi e l’insediamento del ministro Del Rio si vada alla “normalizzazione”: le grandi opere gestite con l’ordinaria amministrazione.

Renzo Mazzaro

 

Gazzettino – Pedemontana. Ruspe al lavoro: rischio siccita’

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15

apr

2015

LA PEDEMONTANA – Fino a 6 mesi di stop: «Chiedete i danni». I Consorzi: «Non succederà»

Irrigazione dei campi interrotta per i lavori della superstrada: Coldiretti lancia l’allarme

la superstrada delle polemiche

Pedemontana: paura siccità

I CONSORZI «Irrigazione interrotta? Non ci crediamo»

LA RIVOLTA – Canalette interrotte gli agricoltori «Potremmo perdere un intero raccolto»

Il rosario di espropri necessario per far posto alla Pedemontana da San Zenone a Spresiano accende dubbi e paure. In ballo non ci sono solo le terre e le proprietà di chi vive o lavora dove passerà il nastro di asfalto. Ma anche la distribuzione dell’acqua per l’irrigazione dei campi a valle della superstrada. E quindi la sopravvivenza di molte aziende agricole.

«Nelle prime fasi dei cantieri, le canalette potrebbero essere interrotte anche per qualche mese – ha avvertito Elio Tronchin (Coldiretti) intervenendo lunedì sera in un’assemblea pubblica a Povegliano – per quanti mesi? Potrebbero essere due, tre o sei: non lo sappiamo. L’importante è che gli agricoltori che eventualmente resteranno senza acqua siano pronti a chiedere i danni per i mancati raccolti a causa della siccità». Il problema non è di poco conto. «Rischiamo di perdere un’intera stagione», hanno sottolineato alcuni titolari di aziende agricole.

Tutti pensavano di doversi misurare solo con la già delicata partita degli espropri. Invece c’è anche il nodo del blocco dell’acqua per i campi. Due mesi di stop basterebbero per far andare a male un intero anno. E organizzarsi in modo diverso è praticamente impossibile. Se i cantieri della Pedemontana dovessero realmente prosciugare le canalette per un lungo periodo, c’è la possibilità di chiedere i danni al Sis, il consorzio che sta realizzando la superstrada. Ma questo vorrebbe dire dover affrontare una nuova partita burocratica.

Il consorzio di bonifica Piave, però, rassicura tutti: «L’irrigazione dovrà essere garantita: non prendiamo nemmeno in considerazione l’ipotesi che ciò non avvenga – taglia corto il presidente, Giuseppe Romano – stiamo per chiudere una convenzione con il consorzio della Pedemontana per avere tutte le garanzie del caso e monitoreremo la situazione in modo costante. Poi può sempre capitare l’episodio di una interruzione. A quel si risponderà con le assicurazioni».

Mauro Favaro

 

PROTESTE – si sono susseguite dal momento del progetto fino all’avvio dei primi cantieri

IL SINDACO di Povegliano Rino Manzan ha messo a disposizione dei cittadini un gruppo di esperti per tutelare chi subirà gli espropri

LA MINACCIA «O pagano oppure impediremo il passaggio»

PRIVATI IN ALLARME – Voci preoccupate dal vicentino, il sindaco di Montebelluna: «Vigiliamo»

Espropri da incubo «I soldi, poi le ruspe»

ASSEMBLEA infuocata per il passaggio della superstrada: gli abitanti sono pronti a impedire il completamento dell’opera

TREVISO – «Fino a quando non vedremo i soldi degli indennizzi, impediremo alle ruspe della Pedemontana di entrare nei nostri terreni». È netta la posizione della maggior parte delle 145 famiglie e aziende agricole di Povegliano alle prese con gli espropri necessari per la realizzazione della superstrada.

«Non resteremo in attesa per anni mentre i cantieri vanno avanti – hanno messo in chiaro nella riunione pubblica di lunedì – senza i versamenti qui non dovrà partire nulla».

L’ondata dei decreti di occupazione di urgenza e della cosiddetta immissione in possesso dei terreni è ormai arrivata a ridosso del capolinea dell’autostrada A27, tra Spresiano e Villorba. Anche a Volpago sono giunte le lettere che aprono l’iter. E a Montebelluna il consorzio della Pedemontana ha già segnato con i picchetti il perimetro delle aree inglobate nel tracciato della nuova strada.

«Stiamo seguendo con attenzione il procedimento affinché tutto si svolga in modo corretto – spiega Marzio Favero, sindaco di Montebelluna – il Comune non ha competenze specifiche, ma farà la sua parte soprattutto nei casi più delicati».

Dal canto suo Rino Manzan, sindaco di Povegliano, ha messo a disposizione dei residenti una schiera di esperti in materia. Compresi i tecnici indicati dal comitato contro la realizzazione della Pedemontana. Qui circola la voce che il consorzio Sis abbia avuto qualche problema nel pagamento degli indennizzi degli espropri per quanto riguarda il tratto vicentino. Per questo, nonostante le rassicurazioni, nessuno si fida troppo. E così è in tutti i comuni della Marca toccati dalla superstrada. Ma non basta.

«Bisogna stare attenti anche alle occupazioni temporanee per le esigenze di cantiere – hanno messo in guardia Antonio Rottin (Cia) ed Elio Tronchin (Coldiretti) nella riunione di Povegliano – in casi del genere c’è anche il rischio di ritrovarsi alla fine dei lavori con il terreno rovinato o addirittura senza più lo strato vegetale».

M.F.

 

IL PROGRAMMA – Quasi 100 chilometri da finire entro il 2018

TREVISO – La Pedemontana è entrata nella Marca alla fine dello scorso ottobre da San Zenone e Altivole e sta avanzando spedita verso il capolinea dell’A27, tra Spresiano e Villorba. L’allacciamento con l’autostrada, dice il cronoprogramma, dovrà essere aperto entro la fine del 2018, limite entro il quale è stato previsto il completamento della superstrada: 99 chilometri per 2,2 miliardi di euro (il conto complessivo degli espropri vale circa 360 milioni).

L’80% dei cittadini ha già ceduto le aree volontariamente. E la Corte dei Conti è arrivata a sottolineare che gli indennizzi pagati sarebbero pure troppo elevati. Nonostante questo, la battaglia va avanti. Anche per quanto riguarda il finanziamento della viabilità complementare. A cominciare dalla bretella di Povegliano.

«Se non si farà – ha chiarito il sindaco Manzan – mi metterò fisicamente in mezzo alla strada per bloccare la Pedemontana».

Attualmente si sta lavorando fra San Zenone, Altivole e Mussolente. Mentre a Montebelluna si prepara il terreno. Questo tratto di Pedemontana sarà largo 70 metri e correrà 9 metri sotto il piano campagna, con annesso sottopasso ferroviario lungo la linea Castelfranco-Montebelluna, alto 9 e lungo 53 metri. I tempi sono segnati: i tre chilometri tra Busta e Zapparè dovranno essere finiti nel giro di due anni, entro marzo 2017. Mentre il sottopasso dovrà essere piazzato già entro novembre. Poi non mancherà che l’ultimo pezzo verso Trevignano, Volpago, Povegliano e Spresiano.

(m.f.)

 

pista

COMUNICATO STAMPA OPZIONE ZERO 15 APRILE

Il Governo toglie dal DEF la Orte-Mestre, ma i partiti di maggioranza mantengono in pista la nuova autostrada. Ieri alla Camera erano infatti in votazione le mozioni parlamentari del Movimento 5 Stelle e di SEL che chiedevano il ritiro definitivo del progetto, e che se fossero state approvate avrebbero scritto la parola “fine” sulla Orte-Mestre.

Peccato che PD, NCD e FI, sempre uniti quando si tratta di grandi opere”, abbiano votato contro respingendo i due documenti; a dar loro manforte anche la Lega Nord che infatti in Veneto, con in testa il presidente Zaia, continua a sponsorizzare la Romea Commerciale e tutte le altre nefandezze partorite nell’epoca di Galan e Chisso.

Ma non è tutto, perché sia il gruppo parlamentare della Lega che quello del PD hanno presentato sullo stesso tema delle mozioni alternative molto ambigue; e se la proposta della Lega è stata respinta per ragioni di schieramento, quella del PD è invece passata a larga maggioranza con voto by-partisan. Nel testo approvato, oltre a difendere lo strumento truffaldino del “project financing”, si chiede al Governo di trasformare la Romea  in una non meglio precisata “arteria veloce a basso impatto ambientale” che con ogni probabilità sarà a pagamento.

A sostegno di questa iniziativa numerosi onorevoli del PD eletti in Veneto come, il segretario del PD regionale Roger De Menech, Andrea Martella, Michele Mognato e l’ex presidente della Provincia di Venezia Davide Zoggia. Incredibile poi che tra i firmatari della mozione figuri anche Ermete Realacci, il presidente onorario di Legambiente, già protagonista del voto favorevole sullo Sblocca Italia, nonostante l’associazione si sia schierata contro l’opera.

Il segnale politico che esprime questo voto è fin troppo chiaro: mettiamo in congelatore la Orte-Mestre fino a quando si saranno calmate le acque agitate delle varie inchieste in corso, poi al momento opportuno la scongeliamo con il microonde.

“Li aspettavamo al varco – commentano Rebecca Rovoletto e Lisa Causin di Opzione Zero –  perché sapevamo che del Governo Renzi e della  sua maggioranza non ci si può mai fidare: il fatto che l’opera non sia inserita nel DEF rallenta per ora l’iter di approvazione del progetto, ma fino a quando la Orte-Mestre rimarrà nel PIS (Piano delle Infrastrutture Strategiche) non potremmo mai abbassare la guardia, e il voto di ieri lo dimostra”.

Va giù duro anche Mattia Donadel, presidente del comitato: “Non se ne può più di questa politica viscida e putrefatta. Le forze politiche che ieri alla Camera hanno votato contro il ritiro definitivo della Orte-Mestre bocciando le mozioni presentate da SEL e Movimento 5 Stelle ora devono assumersi tutta la loro responsabilità di fronte ai cittadini. Non daremo loro tregua, smaschereremo in ogni occasione la loro ipocrisia. Invitiamo fin da ora i nostri sostenitori e in cittadini a non votare per questi partiti, per chi continua con la logica delle grandi opere e della devastazione del territorio, a cominciare dal PD , dalla Lega Nord e dai loro candidati alla presidenza Moretti e Zaia”.

 

NOALE. GUMIRATO CRITICA LA REGIONE

NOALE «L’ospedale di comunità di Noale? Secondo l’emendamento alla legge di stabilità approvato dal consiglio regionale prima di Pasqua significa che partiremo almeno fra dieci anni». In pratica, per il direttore generale dell’Asl 13, Gino Gumirato, si dovrà ripartire da zero.

Non accennano a diminuire le polemiche attorno alla questione del Pier Fortunato Calvi di Noale, dopo il voto favorevole di Palazzo Ferro Fini dove si dà parere favorevole a insediare i 40 posti previsti per Noale dentro i vecchi padiglioni dell’ospedale anziché la casa di riposo inaugurata due anni fa. Almeno queste erano le linee guida pubblicate nel Bollettino ufficiale della Regione (Bur); poi il documento portato avanti dai consiglieri veneti Bruno Pigozzo (Pd) e dal collega della Federazione della Sinistra Veneta Pietrangelo Pettenò, votato in modo trasversale, ha scatenato una serie di reazioni a catena.

Gumirato ha scelto di rispondere attraverso il sito dell’Asl 13, spiegando gli effetti della scelta proveniente da Venezia. «Sta succedendo semplicemente quello che sappiamo», scrive il direttore generale «ovvero alcuni politici sono pronti a mentire e a diffamare; sono pronti a negare ogni loro decisione e votazione precedente, sono pronti a dimenticare che alcune decisioni sono il frutto ragionato delle criticità e complessità esistenti e perlopiù l’unico pertugio che consenta di dare alcune risposte concrete e serie ai cittadini».

Gumirato spiega cosa potrebbe succedere nella sanità tra Miranese e Riviera del Brenta alla luce delle scelte del Parlamento veneto. «Ci si dimentica», continua, «che l’ospedale di comunità, così ipotizzato, dovrebbe essere inserito negli spazi ora dedicati alla lungodegenza di Noale; ci si dimentica che questo reparto, in base alle schede ospedaliere regionali, dovrà essere trasferito a Dolo e prima di farlo, dovrà essere ristrutturato sia per la sicurezza che per l’antisimica. Come sappiamo, da tempo la ristrutturazione di Dolo, blocco sud, non potrà essere compiuta secondo i dettami di legge perché il finanziamento per l’antisismica, ad oggi, non esiste. Per questo la direzione generale dell’Asl 13 è stata autorizzata a compiere delle opere fondamentali: nuovo blocco operatorio antisimico, pronto soccorso, piastra radiologia, area ambulatoriale per un valore di circa 18 milioni di euro, posticipando la ristrutturazione del blocco sud».

Alessandro Ragazzo

 

SANITÀ

SCORZÈ – «Rifiutare il servizio hospice alla nostra casa di riposo? No, noi non abbiamo mai rifiutato niente. Saremmo stati degli sciocchi».

Continua a tener banco la scelta (concordata da Regione, Ulss 13 e Conferenza dei sindaci) di destinare 11 posti-letto per il ricovero dei malati terminali alla casa di riposo “Anni sereni” di Scorzé. Il consigliere miranese Gabriele Petrolito ha tirato fuori la questione ribadendo l’importanza di avere quel servizio al “Mariutto” di Mirano, in una posizione centrale vicino all’ospedale.

Il direttore generale dell’Ulss 13, Gino Gumirato, ha risposto spiegando che quel servizio era stato proposto proprio al Mariutto, ma era arrivato un rifiuto. Ora però il presidente del Mariutto Vincenzo Rossi offre un’altra versione: «Nessun rifiuto. Noi siamo i primi a voler valorizzare i posti liberi e a cercare nuovi introiti, siamo favorevoli ad ampliare i nostri servizi».

Anche il suo predecessore, Gilberto Bellò, garantisce che non c’è mai stato alcun rifiuto: «Ai miei tempi si era parlato solo di creare un Centro diurno per autosufficienti, ma poi venne ampliato quello di Salzano».

Il sindaco Maria Rosa Pavanello allarga il concetto: «Di sicuro – scrive – il Mariutto ha strutture e competenze anche per altre tipologie di servizi». In una logica di distribuzione, proprio al Mariutto sono stati assegnati 20 posti di Unità riabilitativa territoriale (fisioterapia e altri trattamenti post fase acuta). Quando saranno attivati? La tabella indica l’anno 2015, la casa di riposo attende notizie da Ulss e Regione.

(g.pip.)

 

Nuova Venezia – Si guasta un semaforo, 10 treni in ritardo

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14

apr

2015

In tilt la tratta Mestre-Treviso, avvocato vuole fare causa a Trenitalia: «Ho perso la coincidenza e nessun ha avvisato»

Un guasto al segnale di protezione della stazione di Mestre, una sorta di semaforo che regola l’ingresso e l’uscita dei treni in stazione, ha mandato in tilt la tratta Mestre-Treviso nel pomeriggio di ieri. Due i black out che si sono registrati, secondo quanto comunicato da Trenitalia, fra le 13.10 e le 13.55 e fra le 14.50 e le 16.10.

Un guasto che ha provocato ritardi a catena: dieci i treni regionali in viaggio sulla tratta fra Mestre e Treviso e viceversa che hanno fatto registrare ritardi. Quindici, ma anche trenta minuti. Tanto è bastato non solo a far arrabbiare per l’ennesima volta i pendolari, ma anche a far perdere le coincidenze.

Come è successo all’avvocato trevigiano Rossella Martin che nel pomeriggio di ieri era diretta a Roma per motivi di lavoro. E ora, arrabbiatissima, è decisa ad andare fino in fondo. «Voglio fare causa a Trenitalia, portandola davanti al giudice di pace. È una questione di principio», chiarisce l’avvocato che in poche ore ha già raccolto qualche adesione a questa sorta di “class action” tra i viaggiatori che come lei ieri hanno subìto l’ennesimo disservizio di Trenitalia. «Dovevo prendere il treno Italo da Mestre per Roma alle 16.07, per raggiungere Mestre da Treviso ho preso il regionale veloce delle 15.25.

Nessuno in stazione a Treviso ha avvisato che a Mestre si stavano già registrando ritardi e disagi», denuncia l’avvocato Martin. «Poi a Mogliano i primi problemi, con la segnalazione di un ritardo di 5 minuti, poi diventati 10 e cresciuti fino a 20. Siamo stati fermi in stazione a Mogliano, poi lungo la tratta nelle vicinanze di Mestre Ospedale».

Un “viaggio della speranza” che si è concluso, per l’avvocato e per i passeggeri scesi a Mestre, verso le 16.15. Il risultato? Coincidenza persa per Roma e biglietto da ripagare. Inutile tentare di parlare con il servizio clienti di Trenitalia, mentre la società che gestisce Italo si è chiamata fuori, non essendo imputabile a lei il ritardo e quindi la perdita del treno.

«Vicino a me avevo altre cinque persone che non hanno preso la coincidenza, ho parlato anche con alcune persone dirette a Salerno che si sono dovute fermare in albergo a Mestre poiché, a causa del ritardo, a Roma non avrebbero più trovato la coincidenza», prosegue. Di qui la decisione di fare causa a Trenitalia davanti al giudice di pace.

I disagi lungo la tratta Mestre-Treviso sono proseguiti fino alle 16.10. Spiegano da Trenitalia che il guasto al segnale di protezione della stazione equivale per il macchinista al segnale rosso. Si devono quindi adottare i protocolli di sicurezza manuali. In un primo tempo era stata istituita la circolazione su un unico binario, dopodiché si è optato per la movimentazione manuale. Con tutti i disagi e i malumori del caso.

Rubina Bon

 

I lavori per realizzare due ascensori finiranno a ottobre, disagi per i disabili: pronto un esposto

La Stazione è un cantiere a cielo aperto

Un tragitto ad ostacoli, lungo e scomodo per chi può camminare, figuriamoci per chi è costretto in sedia a rotelle. Gino Baoduzzi, responsabile dello sportello handicap di Rifondazione Comunista, rientra fra le persone che si spostano su una carrozzina ed è lui a denunciare, annunciando un esposto in Procura, il grande disagio che si vive da diversi mesi alla stazione di Mestre. Qui i cantieri sono ovunque e il principale problema è che gli ascensori fra il 2° e 3° binario e fra l’8° e il 9° non sono ancora entrati in funzione. Risultato? Chi, come Baoduzzi, non può scendere le scale del tunnel che porta ai binari, deve compiere un tour impegnativo superando alcune aree di cantiere, perché a lato della stazione si sta lavorando nella zona delle ex soste veloci. In più, pure all’interno della stazione regna il caos, dato che i nuovi negozi sono ancora al grezzo e l’apertura sembra lontana.

«La stazione di Mestre è da mesi un cantiere a cielo aperto», attacca Baoduzzi, «e i disagi non riguardano solo i disabili, ma anche i normodotati. In ogni caso una persona in sedia a rotelle deve fare centinaia di metri per raggiungere il binario 2. Per arrivare all’8 è necessario attraversare sempre i binari e poi dirigersi dall’altra parte della stazione, in direzione Venezia, rischiando di perdere la coincidenza o il treno stesso. Questa situazione si protrae da diversi mesi: cosa sta succedendo? A questo punto intendo presentare un esposto in Procura».

Per quanto riguarda i lavori sui binari, la responsabilità è di Rfi che, scusandosi per i disagi arrecati, spiega in una nota: «I lavori per la realizzazione degli ascensori di Mestre sono iniziati a marzo 2014. A giugno di quest’anno è previsto che entri in funzione quello a servizio del marciapiede fra il 2° e 3° binario, con il contestuale adeguamento dell’altezza del marciapiede a 55 cm per agevolare la salita dei viaggiatori sui treni. A ottobre 2015 è previsto il completamento dell’ascensore che servirà il marciapiede fra l’8° e il 9° binario e anche qui l’adeguamento dell’altezza del marciapiede».

Rfi specifica poi che «gli interventi sono eseguiti con l’impianto in esercizio. Si è preferito garantire la massima funzionalità della stazione, senza creare soggezioni alla clientela con riduzioni dell’offerta commerciale, anche a costo di un maggior impegno di tempo e risorse. Molte attività comunque avvengono durante le fasce orarie notturne e non sono rilevabili dai viaggiatori».

Per quanto riguarda invece i cantieri all’interno della stazione e nella parte esterna, sono gestiti da Grandi Stazioni. Qui il nodo principale resta quello dei negozi (una boutique, una libreria, un giornalaio, una tabaccheria) che dovrebbero essere ormai aperti da tempo.

«Lo scorso 1 aprile abbiamo “festeggiato” il terzo anno qui fuori», spiega Massimo Gazzetta, titolare dell’edicola che prima si trovava dentro la stazione ma che appunto tre anni fa è stata spostata fuori, davanti al primo binario, in attesa di ricavare il negozio interno. «Speriamo di non dover festeggiare anche il quadriennio».

Gianluca Codognato

 

Gazzettino – Pedemontana: via agli espropri

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14

apr

2015

Arriva la Pedemontana. Le raccomandate stanno arrivando in questi giorni ai proprietari e, contemporaneamente, anche in Comune: fra il 21 e il 24 aprile avranno luogo gli espropri, da parte della Sis, ditta appaltatrice dell’intervento di realizzazione della Pedemontana veneta, dei terreni interessati al passaggio della strada. Un intervento che attraversa la fascia sud del Comune, seguendo il tracciato dell’elettrodotto e correndo quasi totalmente in trincea.

«A fianco delle notifiche – spiega il sindaco Roberto Toffoletto – stanno pervenendo anche le indicazioni relative ai prezzi di esproprio, che oscillano fra una volta e mezzo e le due volte il valore del bene».

Ma non tutti sono così convinti di firmare. «Io non firmo», dice il proprietario di un terreno interessato al passaggio, che attende la ditta per il 21, lamentando fra l’altro delle dimenticanze (ad esempio un annesso rustico) fra i beni da conteggiare. E questa è la posizione del Comitato antipedemontana. Che, data per assodata l’opposizione all’intervento in sè, in quanto non giudicato viabilità sostenibile, ritiene che neppure dal punto di vista strettamente economico ai proprietari convenga firmare.

«Fatta eccezione per qualche raro caso soprattutto nel Vicentino – afferma Elvio Gatto, coordinatore dei comitati provinciali – nessuno degli espropriandi ha ricevuto i soldi, e firmando si perde pure la possibilità di fare ricorso. In sostanza, posso assicurare che starà meglio chi non firmerà».

E fra l’altro, in relazione all’arrivo delle lettere non manca qualche giallo, vero o presunto. C’è chi ritiene infatti che non abbiano ancora ricevuto la notifica proprio i cittadini proprietari dei lotti più danneggiati dall’intervento.

Gatto intanto contesta anche su un altro fronte la politica di Regione e Sis: «Varie infrastrutture sono già state bloccate e per evitare che ciò avvenga i fautori della Pedemontana stanno cercando di far passare l’idea di un’opera quasi al traguardo. Invece il lavoro non è stato per ora realizzato per più del 20/30% e nulla di ciò che è stato compiuto è irreversibile. I cittadini devono tenerlo ben presente».

 

Gazzettino – “Blocchero’ la Pedemontana”

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14

apr

2015

Crociata del sindaco Manzan

«Se non si farà la bretella di Povegliano, mi metterò fisicamente in mezzo alla strada per bloccare la Pedemontana». Il sindaco Rino Manzan non vuole nemmeno sentir parlare della realizzazione del casello della superstrada senza la nuova via promessa per salvare sia Povegliano che Ponzano dalla futura morsa del traffico in uscita dalla Pedemontana. Ad oggi la bretella tra il casello e la provinciale tra Paderno e Volpago, attraversando via Levada, è ferma al progetto.

«L’opera è fondamentale – sottolinea Manzan – l’alternativa è soffocare tra auto e camion». Il punto è che per costruirla servirebbero almeno 7 milioni. Ci sono? «Non lo sappiamo – ammette il primo cittadino – aspettiamo che la Regione ci mandi il preventivo di spesa e poi vedremo chi potrà realizzarla».

«Una cosa è certa – aggiunge – senza la bretella ci metteremo di traverso in tutti i modi possibili».

Questi in realtà non sono molti. Il sindaco lo sa bene: «La giunta Zappalorto aveva fatto un ricorso al Tar contro la Pedemontana, ma poi è stato ritirato dicendo che c’era l’accordo per la bretella – spiega – l’accordo, però, era sulla progettazione e non sulla costruzione. Adesso che non c’è più nemmeno il ricorso al Tar, per far sentire la nostra voce non ci resterebbe che metterci in mezzo alla strada. Ovviamente speriamo di arrivare a una soluzione prima di iniziative del genere».

Il Comune andrà a bussare alle porte del Sis, il consorzio che sta realizzando la Pedemontana, e poi a quelle di Regione e Provincia. I tecnici, fanno sapere dal municipio, si sono sempre dimostrati sensibili alla questione. Adesso, però, è arrivato il momento di stringere. Perché nelle case di circa 150 famiglie di Povegliano sono già arrivate le lettere di esproprio per il passaggio della superstrada. L’argomento è stato al centro dell’incontro urgente organizzato ieri sera nella sala della Pro Loco. La procedura è normale, ma il Comune non vuole lasciare nessuno da solo ed è pronto a mettere in piedi uno sportello informativo ad hoc.

 

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