Nuova Venezia – Tangenziale chiusa, code sulla Miranese
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13
apr
2015
Lavori ok sulla condotta del canale Fossa, disagi per coloro che hanno scelto la scorciatoia per raggiungere il casello di Mira
Sono filati via lisci, senza intoppi di rilievo, i lavori di sistemazione del canale Fossa che hanno costretto alla chiusura della carreggiata ovest della tangenziale di Mestre. Anzi, i lavori si sono conclusi in anticipo di quasi due ore rispetto a quanto previsto: la carreggiata è stata dunque riaperta un po’ in anticipo rispetto all’orario previsto, le 4 di stamattina.
La tangenziale è rimasta chiusa tra lo svincolo di Marghera e l’uscita di Oriago-Mira, in direzione Milano, e qualche disagio per gli utenti della strada c’è stato: ieri problemi per chi, provenendo da Trieste, doveva continuare verso Milano. Infatti in molti hanno scelto la scorciatoia della Miranese e via Oriago, per raggiungere il casello di Mira-Oriago: tra le 18 e le 20 si è formata una coda di tre chilometri lungo via Miranese. La colonna di automobilisti è stata assorbita solo verso le 21.
Il prossimo fine settimana invece ci sarà la chiusura della carreggiata Est (in direzione di Trieste) con lo stesso orario: dalle 22 di sabato alle 4 di lunedì.
«Naturalmente quando si interviene in questi casi è inevitabile trovarsi davanti a imprevisti o a manufatti non indicati», spiega l’ingegnere Antonio Martini, responsabile dei lavori.
«Durante la notte abbiamo trovato alcuni pali in corrispondenza dei pannelli fonoassorbenti e un trave di testata del vecchio canale che scorreva a lato della carreggiata prima che la tangenziale venisse allargata, manufatti non indicati. Nonostante questo, i lavori non hanno avuto intoppi che li abbiano rallentati. Anzi abbiamo chiuso in anticipo rispetto alla tabella di marcia».
Il cantiere riguarda la sistemazione del corso d’acqua Fossa di Chirignago in gestione al Consorzio di bonifica Acque Risorgive che attraversa la tangenziale nei pressi di via Bottenigo, a Marghera. L’intervento prevede di attraversare le due carreggiate con una nuova condotta – è il tubo nel quale passa l’acqua – rettangolare larga tre metri e alta due, che andrà a sostituire quella esistente, insufficiente per contenere le piene d’acqua. Un intervento che permetterà quindi di rendere più sicura dal punto di vista idraulico tutta l’area urbana di Marghera a nord della tangenziale.
L’intervento del Consorzio di bonifica è stato concordato con la Cav, società di gestione della tangenziale e del Passante di Mestre, in due fine settimana che dal punto di vista del traffico non dovrebbero rappresentare emergenze. I lavori si svolgeranno quindi in due fasi distinte, anche se in caso di maltempo sarà necessario programmarlo di nuovo. È un accordo che prevede un pacchetto di interventi fondamentali per allontanare il rischio di alluvioni.
Carlo Mion
Nuova Venezia – Mira. Ancora sangue sulla ROMEA
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12
apr
2015
Un altro morto sulla Romea. Ieri pomeriggio alle 15, nel comune di Mira, un’auto condotta da un anziano di Marghera, Venerino Visintin di 86 anni, è improvvisamente sbandata e si è scontrata con un camion che passava sulla corsia opposta. L’uomo è morto sul colpo, il traffico è rimasto bloccato per oltre due ore.
SANGUE SULLA ROMEA – TRAGEDIA DAVANTI A LANDO
Venerino Visintin, 86 anni, forse tradito da un malore. Schianto violentissimo. I pompieri hanno dovuto segare la Panda
Sbanda con l’auto e muore contro un Tir
MIRA – Un’auto sbanda, invade la corsia opposta e si schianta contro un tir sulla Romea. Il conducente Venerino Visintin, 86 anni, residente a Marghera, è morto sul colpo. Questo il tragico incidente poco dopo il ponte dell’Idrovia e che ha mandato in tilt per ore la statale 309 che è stata chiusa .
Tutto si è verificato verso le 15, quando l’anziano, alla guida di una Fiat Panda diretta a Marghera, improvvisamente ha sbandato, forse per un malore e ha invaso con l’auto il senso di marcia opposto. Nello stesso istante stava sopraggiungendo un tir proveniente dalla Lituania che ha cercato di evitare l’impatto ma senza successo. Il terribile scontro ha accartocciato la Fiat Panda, che è finita nel fosso che costeggia la Romea. Il camion ha sterzato ed è finito poi in mezzo alla strada riportando forti danni alla cabina. Subito sono stati allertati i soccorsi dagli altri automobilisti. Sono arrivati in pochi minuti le ambulanze del 118, i pompieri, i vigili urbani di Mira, che hanno rilevato il sinistro e in supporto anche i carabinieri che si sono occupati a regolare il traffico. Nonostante il tempestivo arrivo dell’ambulanza per Venerino Visintin non c’e stato nulla da fare e non è rimasto che constatare ila morte. L’autista del tir invece ha riportato solo ferite lievi e contusioni. Per poter recuperare il corpo, rimasto incastrato nell’auto, son dovuti intervenire i pompieri che hanno tagliato le lamiere della Panda.
La statale è stata chiusa al transito per quasi due ore per liberare la carreggiata dai detriti. I blocchi erano all’altezza dell’incrocio di Giare e degli svincoli dell’idrovia. Si sono formate code chilometriche sia in direzione Venezia che in direzione Chioggia. La situazione è tornata alla normalità solo verso le 17,30.
Ora sarà importante per i vigili urbani ricostruire la dinamica dell’accaduto e soprattutto i motivi alla base della sbandata risultata poi fatale per la vittima. È possibile, infatti che l’improvvisa invasione di corsia dell’auto, possa essere stata anche causata da un malore: sull’asfalto non sarebbero stati riscontrati segni di frenata da parte della Panda. I mezzi sono stati messi sotto sequestro dalla magistratura. Il corpo dell’anziano, che risiedeva a Marghera in via Settembrini 7, è stato portato all’obitorio di Dolo.
Alessandro Abbadir
Da 30 anni viene assicurato “un intervento” per mettere in sicurezza la statale
Quel sentiero di promesse e croci
MIRA – Da oltre 30 anni i politici promettono di rendere più sicura la Romea, magari con un semplice guard rail. Invece niente: solo grandi progetti di autostrada, e nel frattempo tragedie e lutti. Tantissimi gli incidenti che si verificano con frequenza quasi settimanale, molti quelli mortali. Il penultimo lo scorso 22 marzo quando Hassana Boussaad, una giovane mamma di origine marocchine, 36 anni, che viveva a Correzzola, è sbandata contro un camion perdendo la vita. Un’altra tragedia lo scorso 19 ottobre, quando all’altezza di Conche di Codevigoin uno schianto tra tre auto perse la vita Lucia Tasso, una bimba di 3 anni di Dolo, e restarono ferite 8 persone. Sempre a marzo si era verificato un incidente mortale nel tratto mirese della Romea, a ridosso del ristorante da “Poppi” a Dogaletto. In quel caso si era trattato di un tamponamento fra sette mezzi, forse causato dal fatto che l’autista del camion che lo ha provocato correva da molte ore senza dormire e senza rispettare le pause previste dai cronotachigrafi. Ieri ha perso la vita un anziano.
I sindaci della Riviera da tempo si sono scagliati contro la pericolosità della strada. «L’autostrada», spiega il sindaco di Camponogara Giampietro Menin, «non serve a nulla e per fortuna è stata tolta dalle priorità del governo. Serve invece mettere in sicurezza l’attuale Romea, ma va fatto subito.
Sulla stessa linea il comitato Opzione Zero: «L’autostrada per fortuna è stata seriamente azzoppata», dice Mattia Donadel, «e difficilmente l’opera sarà riproposta , resta però da sempre il problema della messa in sicurezza dell’attuale strada che costerebbe molto meno dell’opera voluta dalla cricca del cemento e dall’ex assessore regionale Renato Chsso. Ma come sempre le cose semplici non si fanno».
(a.ab.)
Gazzettino – La Romea-killer uccide ancora
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12
apr
2015
MARGHERA Traffico in tilt per alcune ore ieri pomeriggio, le auto deviate sulla Riviera del Brenta
Venerino Visintin, 86 anni, perde il controllo della Panda e si schianta contro un autoarticolato
ROMEA KILLER
L’INCIDENTE – La Panda è sbandata invadendo la corsia opposta
IL CAOS – Traffico in tilt ieri pomeriggio. Auto deviate lungo la Riviera
NEL FOSSATO – L’auto dell’anziano è carambolata fuoti strada
Muore nello schianto contro un camion
La vttima è Venerino Visintin, 86 anni, originario di Cavarzere ma residente a Marghera
SCHIANTO E PARALISI – I rilievi sul luogo dell’incidente. Sulla Romea il traffico è andato in tilt
Morto sul colpo. Alle due e mezza di ieri pomeriggio sulla strada verso casa. Venerino Visintin 86enne di Marghera non ha avuto scampo. Alla guida della sua Panda si è schiantato frontalmente contro un autoarticolato. Nell’impatto la piccola utilitaria si è disintegrata finendo la sua corsa rovesciata nel fossato che in quel tratto costeggia la Romea. Per estrarre dall’abitacolo il corpo straziato dell’anziano i vigili del fuoco hanno dovuto lavorare a lungo.
Il tragico incidente al chilometro 118 della statale 309, fra Lando e il ristorante da Poppi, appena oltrepassato il confine che segna il territorio di Mira. È qui che si è piantata l’ennesima croce lungo l’arteria più insanguinata d’Italia. Condizioni meteo buone, piena visibilità, rettilineo: fra le ipotesi più verosimili per la dinamica del sinistro quella del malore che abbia fatto perdere il controllo della vettura al conducente che, “impazzita”, ha invaso la corsia opposta proprio nel momento in cui sopraggiungeva il camion guidato da un cinquantenne turco che lavora per una ditta di import-export lituana.
Il camionista ha cercato in tutti i modi di evitare l’impatto sterzando sulla sua destra ma non è servito a nulla. Fra le cause dello scontro non si esclude tuttavia che l’anziano si possa essere distratto o possa esser stato abbagliato dal sole. Agli agenti della polizia locale di Mira, intervenuti per i rilievi, ha detto si avere visto la macchina sbandare improvvisamente e piombargli addosso. Sull’asfalto nessun segno di frenata da parte dell’auto che procedeva in direzione di Mestre.
Sul posto, oltre ai pompieri di Mira e Mestre, per mettere in sicurezza l’area e consentire le operazioni di recupero della salma, sono state fatte convergere pattuglie dei carabinieri e anche della guardai di Finanza. Informato di quanto accaduto, il magistrato di turno ha disposto il sequestro dei mezzi coinvolti.
La Romea è stata chiusa al traffico in entrambe le direzioni per tre ore, fino alle 17.30. In tilt la viabilità da e per Mestre con deviazioni obbligatorie lungo la Riviera, intasata fino al tardo pomeriggio. Il pensionato viveva da solo al civico 7 di via Settembrini. Originario di Cavarzere, con ogni probabilità stava tornando dopo aver fatto visita a dei parenti.
Monica Andolfatto
Nuova Venezia – Fosso’. “L’Idrovia serve anche come canale scolmatore”
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12
apr
2015
FOSSÒ – L’Idrovia Padova – Venezia deve servire anche per la sicurezza idraulica. Lo sostiene la giunta del Comune di Fossò in una memoriaalla Regione. A febbraio la Regione aveva spedito una lettera presentando il progetto preliminare per il completamento dell’Idrovia come canale navigabile di classe 5 e con funzione di scolmatore del fiume Brenta con una portata di 350 metri cubi al secondo.
«Per la navigabilità dell’Idrovia», scrive la giunta di Fossò, «è indispensabile progettare una tipologia di battelli idonea alla navigazione fluvio-marittima in sinergia con la progettazione dei sistemi di movimentazione delle merci del porto previsto al largo di Venezia».
Il tema è però la portata del canale. «Per quanto riguarda la funzione di canale scolmatore», prosegue la giunta di Fossò, «si ritiene insufficiente l’ipotesi di una portata di 350 metri cubi al secondo. Siamo infatti in presenza di un elevato rischio idraulico connesso al sistema rappresentato dai fiumi Brenta e Bacchiglione, rischio aggravato dai cambiamenti climatici in atto. Per migliorare la sicurezza idraulica dei territori compresi fra Padova e il mare, si richiede che la portata dell’Idrovia sia progettata per scolmare 400/450 metri cubi al secondo».
(g.pir.)
Nuova Venezia – Mose, altri 221 milioni in arrivo dal Governo
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12
apr
2015
CHIUSURA DEI LAVORI
Dal Governo 221 milioni per il Mose
Le dighe costeranno alla fine 5.200 milioni di euro, 200 in meno del previsto
Il Consorzio rinuncia a una nave jack up. Cerniere e paratoie in Arsenale
Altri 221 milioni per il Mose. Il Def (Documento Economico finanziario) prevede la somma residua necessaria al Consorzio Venezia Nuova per completare la grande opera. Rimasta nelle priorità del governo a differenze dell’autostrada Roma-Orte.
Adesso il Consorzio ha disponibili in teoria tutte le risorse necessarie a completare le dighe mobili, i cui lavori dovrebbero concludersi entro il 2017. Cinque miliardi e 400 milioni di euro, che potrebbero ridursi di un po’ se andrà in porto la spending review annunciata dal direttore Hermes Redi, succeduto due anni fa a Giovanni Mazzacurati.
Le due navi “jack up”, ordinate durante la gestione Cuccioletta del Magistrato alle Acque sono state ridotte a una. Solo qui si risparmieranno 55 milioni di euro. Per trasportare le paratoie dalla bocca di porto al centro della manutenzione, in Arsenale, basterà un solo mezzo attrezzato. Qualcuno aveva proposto di trainare le paratoie con un rimorchiatore, si sarebbe risparmiato un po’. Ma si era scelto di ordinare le due navi.
Altri risparmi all’orizzonte potrebbero portare il costo finale della grande opera a 5 miliardi e 200 milioni. Duecento in meno del totale previsto. Ultima tranche a cui il Consorzio ha annunciato di voler rinunciare. Pur sempre un incremento notevole di costi rispetto alle previsioni degli anni Novanta, quando il progetto Mose doveva costare poco più di un miliardo di euro, 3200 miliardi di lire.
Cifra da cui restano escluse la gestione e la manutenzione, un capitolo di cui adesso dovranno occuparsi i due commissari che gestiscono il pool di imprese Luigi Magistro e Francesco Ossola, nominati dopo gli arresti del giugno scorso dal presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone.
I lavori del Mose intanto proseguono alle tre bocche di porto. Quasi completata la schiera delle 39 paratoie che saranno installate alla bocca di Lido, dove sono state anche fatte le prime prove di sollevamento. In corso quelle per la bocca di Malamocco (20), dove è stata prevista una conca di navigazione – già insufficiente a far entrare le navi di ultima generazione – e di Chioggia (18). Intanto una paratoia sarà esposta al pubblico il 25 aprile in Arsenale, durante le giornate per l’Arsenale aperto. Un pezzo di 20 metri per 18,5 alto tre metri e mezzo e pesante 168 tonnellate. Si potranno vedere da vicino anche le famose cerniere e i gruppi connettori che tengono ancorate le paratoie ai cassoni in calcestruzzo. Sono alti 3 metri e pesano 10 tonnellate.
Alberto Vitucci
Nuova Venezia – “Il Contorta è provvisorio? Allora non si fa”
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12
apr
2015
Nuova osservazione inviata a Roma dai comitati. Zanetti: che ne sarà della laguna dopo lo scavo?
Il Contorta non è una soluzione definitiva ma «provvisoria», in attesa della soluzione a lungo periodo che potrebbe prevedere lo spostamento della Marittima a San Nicolò. Un elemento di «grande novità» contenuto nelle integrazioni alle osservazioni presentate dall’Autorità portuale al ministero per l’Ambiente. Che ha convinto i comitati a presentare una nuova Osservazione ai ministeri.
«Nelle integrazioni prodotte dal Porto e dalla società One works», scrivono nel documento inviate a Roma Marco Zanetti e Andreina Zitelli, «lo scavo del canale Contorta viene adesso definito provvisorio. Questo cambia il quadro generale e fa ritenere il progetto «Adeguamento della via acquea di accesso alla stazione marittima e riqualificazione delle aree limitrofe» non ambientalmente compatibile. Va ritirato, dunque, insistono i rappresentanti delle associazioni. E qualora si voglia proseguire l’esame dello stesso progetto «va ripubblicato per consentirne un esame pubblico».
Cosa succederà alla laguna», si chiedono Zanetti e Zitelli, «se un canale di quelle dimensioni dovesse essere dismesso dopo pochi anni?».
Polemiche di cui il Porto sembra non interessarsi. «Noi siamo pronti a far partire la gara internazionale per avviare i lavori», ha annunciato il presidente Paolo Costa, «da tre anni aspettiamo indicazioni su cosa dobbiamo fare, e questa incertezza nuoce al mercato».
Secondo Costa non si tratta soltanto di un grande scavo ma di un «recupero ambientale» di un’area già disastrata. Con i milioni di metri cubi di fanghi scavati dai fondali del Contorta sarebbero infatti realizzate barene di protezione ai lati del nuovo canale.
Ipotesi che gli ambientalisti contestano. Insieme alla previsione che il passaggio di grandi navi in mezzo alla laguna potrà aumentare l’effetto dell’erosione e la perdita dei sedimenti in mare.
«La laguna è destinata così alla distruzione», dicono, «le grandi navi devono restare fuori». Non va bene ai comitati nemmeno l’annuncio dato a Ca’ Farsetti della firma del Porto e del Comune con 35 compagnie croceristiche dell’accordo volontario Blue flag per l’uso di carburanti a basso contenuto di zolfo al momento dell’entrata in laguna.
«Non basta volontariato», dice Luciano Mazzolin, «basta vedere i fumi neri che continuano a uscire dai camini delle navi. Occorre imporre limiti severi, controllare i fumi all’uscita su tutte le navi e aggiornare la rete di rilevamento».
(a.v.)
L’INTERVENTO – Andreina Zitelli – Docente di analisi e valutazione ambientale dei Progetti già membro commissione Via
Terminal alla Bocca di Lido e Contorta provvisorio. Perché?
Alla pagina 21 del sito Mattm/Canale Contorta integrazioni – dall’int. 207 all’int. 210 – l’Autorità portuale di Venezia presenta una serie di tavole e la relazione proposta per un nuovo assetto del sistema della Portualità crocieristica a Venezia che consiste nella costruzione di un Terminal per le navi da crociera alla Bocca di Lido. Questo andrebbe realizzato dopo lo scavo del Canale Contorta e alcuni anni di attività del canale. Ne aveva parlato il 15 marzo scorso la stampa locale. Ma ancora nessuno, si è fino ad ora avveduto di quanto l’ipotesi del Terminal alla Bocca di Lido, avanzata dall’Autorità portuale, incida sulla valutazione del progetto dello scavo del grande canale di navigazione Contorta Sant’Angelo presentato dalla stessa Autorità portuale.
Voglio qui esplicitare le conseguenze valutative cui il Ministero e il Pubblico devo ora fare riferimento. La proposta dell’Autorità portuale di realizzare tra qualche anno il Terminal al Lido e la previsione di abbandono del Canale Contorta dopo qualche anno dallo scavo, riapre i termini della “Via” per vari motivi.
Si deduce che lo stesso proponente, il presidente Costa, concepisce lo scavo del Canale Contorta come soluzione provvisoria e affatto strategica, mentre riconosce che l’assetto definitivo della portualità crocieristica non può prescindere dalla costruzione di un Terminal alla Bocca di Lido.
È chiaro che l’Autorità portuale che propone prima di scavare il Contorta, poi di abbandonarlo per un nuovo Terminal alla bocca di Lido, cade in una forte contraddizione. Ciò pone un problema di chiarezza delle prospettive progettuali, e anche di una ripubblicazione del progetto e del “Sia” nel quale le valutazioni degli impatti siano prospettate nei nuovi termini temporali di vita del progetto dello scavo del Contorta e la riapertura della consultazione con il pubblico.
Nel “Sia” presentato finora, l’Autorità portuale non illustra come intende gestire il Canale Contorta una volta previsto il suo abbandonato a favore del Terminal in Bocca di Lido. Si rende quindi necessaria una nuova ripubblicazione del “Sia” (Studio di impatto ambientale) perché gli impatti sul sistema lagunare devono essere presentati e valutati in relazione alla vita utile dell’opera proposta: pochi anni.
Né se ne sono avveduti la Capitaneria di porto, il Provveditorato alle opere marittime cui è stato trasferito il Magistrato alle acque, né il Corila che, pure in forma non richiesta dalla procedura, si sono messi a disposizione dello scavo del Contorta, fornendo contributi e valutazioni.
Il Canale verrà lasciato senza governo, lo si deve riempire di nuovo? E a quali costi ambientali ed economici? Così il nuovo “Sia” deve prevedere anche la descrizione e la stima delle attività di decommissioning (abbandono pilotato) del canale, la stima degli effetti ambientali, la valutazione della “resilienza” del sistema comprese le aree di refluimento dei sei milioni di metri cubi di sedimenti estirpati dal sedime della laguna e riabbandonati con l’abbandono del canale.
E che fine faranno tutte le strutture di contenimento (palizzate, burghe ecc.) delle così dette barene e velme artificiali, cioè dei depositi di sedimenti al lato del canale per evitarne l’erosione e il crollo delle sponde? Lo scavo del Contorta prevede di spostare l’elettrodotto di Terna che alimenta l’isola della Giudecca, l’oleodotto di Eni, la megatubazione del depuratore consortile di Porto Marghera e altri sottoservizi.
I costi sono onerosi e i modi di questi spostamenti risultano complessi e al limite della fattibilità. Tutto questo sconvolgimento per tutto per uno scavo transitorio. Lo scavo prevede la distruzione di 194 ettari di habitat prioritario e la distruzione di aree di pesca professionale irripetibili. Oltre all’infrazione europea cui l’ Italia andrà incontro che prevede il Proponente per compensare questa distruzione con l’abbandono del canale?
Domando poi come l’Autorità portuale di Venezia possa insistere nel richiedere una valutazione di compatibilità ambientale positiva per lo scavo del Contorta in area protetta Zps, non compreso nel Piano morfologico, quando la stessa Autorità ne prevede l’abbandono a breve termine, ma solo dopo aver sconvolto la morfologia della laguna centrale.
Per inciso, al Ministero è giunto in valutazione il progetto Venis Cruise 2.0 che prevede di realizzare, da subito con lo stesso costo e gli stessi tempi dello scavo del Canale Contorta, un nuovo Terminal alla Bocca di Lido.
Gazzettino – Mira. Duecento chili di vongole vietate
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12
apr
2015
MIRA – Due pescatori abusivi finiscono nella rete del nucleo Natanti dei carabinieri
Sono stati bloccati lungo il canale Cunetta: avevano già dei precedenti
Il profitto innanzitutto, alla faccia dei colleghi pescatori che si comportano regolarmente e sui quali ricadono comunque conseguenze negative.
Eppoi nessuna remora di esporre i consumatori a possibili rischi per la salute a causa del potenziale contenuto di metalli pesanti, diossine o altre sostanze pericolose contenute nei molluschi.
I militari del Nucleo Natanti Carabinieri di Venezia hanno sorpreso nella giornata di venerdì scorso due pescatori abusivi con quasi 200 chilogrammi di vongole raccolte in zona vietata, precisamente lungo il canale Cunetta – Verto nord, in comune di Mira, adiacente al Canale dei Petroli di Marghera e molto vicino alla centrale idroelettrica di Fusina.
Nel corso dell’operazione predisposta con una motovedetta civetta e in abiti civili, i militari hanno sorpreso due persone di Chioggia già note per tale tipo di pesca abusiva, che con un barchino stavano raccogliendo molluschi in zona vietata per motivi igienico sanitari.
Con la classica attrezzatura chiamata «giostra» avevano già riempito diverse ceste con oltre 180 chilogrammi di vongole. I militari hanno identificato i due pescatori abusivi e li hanno successivamente accompagnati nella caserma di San Zaccaria, dove è stato loro notificato l’atto del sequestro dell’imbarcazione, dell’attrezzatura da pesca e del prodotto pescato abusivamente. I due chioggiotti sono stati deferiti all’Autorità giudiziaria per danneggiamento aggravato dei fondali lagunari. I pescatori sono due habitué. Ad ottobre del 2014 erano già stati «pescati» per l’identico motivo e sullo stesso posto. A febbraio e marzo di quest’anno erano nuovamente stati sorpresi sempre in zona, anche se non erano stati trovati in possesso di vongole pescate abusivamente. Le vongole sono state rigettate in acqua ancora vive.
Vittorino Compagno
Nuova Venezia – Fontego al Consiglio di Stato
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12
apr
2015
Terrazza nel mirino, Italia Nostra ricorre al Consiglio di Stato
Torna la guerra del Fontego
GUERRA PER IL RESTAURO
VENEZIA – Mentre fremono quotidianamente trapani e martelli pneumatici all’interno del Fontego dei Tedeschi per la ristrutturazione in corso operata dal gruppo Benetton con la sua società Edizione per trasformarlo in un grande magazzino poi gestito dal marchio francese Dfs, si riapre, ancora una volta, la battaglia legale sulla legittimità dei lavori autorizzati dal Comune e dalla Soprintendenza dopo un iter tormentato.
Italia Nostra – dopo la “sconfitta” al Tar per il ricorso presentato che dichiarava, a suo giudizio, l’illegittimità – ha infatti presentato ricorso al Consiglio di Stato, che sarà discusso tra pochi giorni, ponendo, in un senso o nell’altro, la parola fine alla lunga battaglia sull’intervento di trasformazione del cinquecentesco edificio.
Sotto accusa in particolare, nel ricorso riproposto da Italia Nostra, tre punti contestati. La terrazza-altana panoramica in corso di realizzazione sul tetto dell’edificio. Il nuovo piano di circa 400 metri quadrati che sarà ricavato sotto il lucernario attuale, per farne una sala congressi e manifestazione. E il grande foro circolare previsto dal progetto di Rem Koolhaas e dello Studio Oma tra il primo e il secondo piano, ricavato all’interno delle murature attuali del porticato, come un “segno” architettonico che indichi ai frequentatori del grande magazzino la presenza delle scale mobili.
Nel merito, il Tar aveva respinto il fatto che la nuova attività commerciale del Fontego fosse in contrasto con l’interesse pubblico dell’edificio. Per il Tar anche gli ampliamenti dell’edificio realizzati da Edizione con i lavori non sarebbero significativi e non sarebbe valutabile come un elemento a sé stante la trasformazione del tetto per realizzare uno spazio panoramico. In generale sulle varie trasformazioni previste – compreso il foro – il Tar le aveva giudicate di importanza secondaria rispetto a quelle più radicali all’edificio già eseguite dalle Poste negli anni Trenta.
Di qui il no al ricorso di Italia Nostra che ora si è appellata appunto al Consiglio di Stato contestando la sentenza dei giudici amministrativi. Per l’associazione ambientalista non sarebbe né certo né stabilito l’interesse pubblico che giustificherebbe il cambio di destinazione d’uso concesso dal Comune al gruppo Benetton per l’edificio.
Inoltre per il Tar la realizzazione del nuovo piano sotto il lucernario avrebbe comportato addirittura una diminuzione della volumetria complessiva del Fontego, che Italia Nostra, dati alla mano, contesta fermamente, invocando l’alterazione paesaggistica.
Per quanto riguarda la terrazza-altana e il foro voluto da Koolhaas, per Italia nostra non sarebbero ammissibili con il fatto che – dopo gli interventi di ristrutturazione compiute dalle Poste negli anni Trenta – l’aspetto dell’edificio era già di fatto alterato, come ha sostenuto il Tar, perché il tetto e il lucernario erano rimasti intatti, mentre ora verrebbero profondamente modificati – con l’inserimento di travi di acciaio per realizzare la soletta di sostegno del nuovo piano che Edizione ha già iniziato a collocare sul tetto – e il foro andrebbe comunque ad alterare le murature originali dell’edificio.
Italia Nostra non contesta la destinazione commerciale stabilita per il Fontego dei Tedeschi – visto che simile era il suo uso anche all’origine – la le manomissione a cui il palazzo verrebbe sottoposto per consentirla e chiede pertanto con il suo ricorso al Consiglio di Stato l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza e del Comune e del permesso di costruire in deroga rilasciato a Edizione. I lavori sono in corso, ma non sono escluse altre sorprese.
Enrico Tantucci
L’edificio del ’500 passerà poi dal gruppo Benetton alla società francese Dfs che lo trasformerà nel giro di un anno in un grande magazzino extra lusso
L’archistar ha sempre difeso la sua idea di trasformazione: «L’altana ricavata sul tetto offrirà una visione nuova e spettacolare di tutta la zona»
VENEZIA Incuranti dei ricorsi passati e pendenti, procedono alacremente e si concluderanno solo a fine anno i lavori di trasformazione in centro commerciale del Fontego dei Tedeschi da parte di Edizione – la società del gruppo Benetton proprietaria dell’immobile – che all’inizio del 2016 passerà il testimone al nuovo gestore Dfs che allestirà gli spazi cinquecenteschi in base alle proprie esigenze.
Lavori “blindati”, quelli condotti dall’impresa Sacaim per conto di Edizione, con i ponteggi che riproducono l’immagine delle facciate che ricoprono interamente l’edificio, ma assidua la presenza delle Soprintendenza in cantiere per seguire da vicino le trasformazioni interne, anche dopo tutte le polemiche che hanno seguito l’iter del progetto, predisposto dall’archistar olandese Rem Koolhaas – attuale direttore anche della Biennale Architettura, con il suo Studio Oma.
La prima fase ha riguardato in particolare la demolizione delle superfetazioni apportate negli anni Trenta dalle Poste per la trasformazione in sede centrale di Venezia. Già rimosso anche il lucernario che da circa un secolo ricopre la corte interna del Fontego. Erano invece state momentaneamente accantonate, in attesa della sentenza del Tar sul ricorso presentato da Italia Nostra le lavorazioni più “discusse”, come il grande foro al piano terra a fianco della scala mobile che verrà installata e il piano che verrà ricavato appunto con la rimozione del lucernario e la terrazza-altana sul tetto, con vista privilegiata sul Canal Grande e sul ponte di Rialto. Ma dopo il via libera del Tar, qualche mese fa, anche sul tetto del Fontego si lavora a pieno ritmo.
All’interno dell’edificio, concluso anche il rinforzo strutturale delle solette di cemento armato per ogni piano, ora il lavoro si è spostato appunto sul tetto, dove verrà realizzato il nuovo piano destinato a sala convegni e la terrazza-altana. E in questo cantiere ormai lanciato a pieno ritmo si inserisce ora il ricorso al Consiglio di Stato di Italia Nostra per bloccare i lavori, in parte anticipato dal presidente della sezione veneziana di Italia Nostra Lidia Fersuoch, dopo la bocciatura del Tar.
«Non possiamo accettare che un edificio di questa importanza storica venga sfregiato senza far nulla – aveva dichiarato in quell’occasione – per questo ci rivolgeremo al Consiglio di Stato». Così è avvenuto. Da parte sua, Rem Koolhaas ha sempre difeso il suo progetto di trasformazione del Fontego, compresa la discussa terrazza-altana ricavata sul tetto.
«Offrirà una visione nuova e spettacolare del Canal Grande», ha dichiarato, «a disposizione di tutti. Non rappresenta un precedente perché ciò avvenga su tutti i tetti dei palazzi di Venezia, come mostra di temere qualcuno. I progetti vanno visti caso per caso. In questo caso credo che ne valga la pena. È una nuova forma di ipocrisia: accettare la “pelle” degli edifici, ma poi cambiare tutto all’interno, come avviene anche a Venezia. Il paradosso è che ci impegniamo sempre per la conservazione degli edifici, ma ricordiamo sempre meno di essi. Proprio il Fontego dei Tedeschi ne è un esempio calzante, perché ciò che conserva dell’originale cinquecentesco è solo una minima parte di esso».
Italia Nostra, evidentemente, non è d’accordo, e ora starà al Consiglio di Stato stabilire definitivamente chi ha ragione, mentre i futuri gestori francesi del Fontego stanno a guardare.
(e.t.)
Gazzettino – Una petizione contro il super aeroporto
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12
apr
2015
PROTESTA – L’iniziativa lanciata dalla civica “Venezia cambia 2015″, in lizza per le amministrative
Una petizione per bloccare lo sviluppo dell’aeroporto. L’iniziativa è stata lanciata dalla lista civica «Venezia cambia 2015», il movimento cittadino che il 31 maggio sarà in lizza per le elezioni amministrative. L’iniziativa è stata presa nel corso dell’incontro organizzato presso l’istituto comprensivo Gramsci di Campalto per affrontare il tema del potenziamento del Marco Polo, da qui al 2030 e delle ricadute sulla popolazione residente a ridosso dell’area aeroportuale.
La petizione, in calce alla quale già molti partecipanti all’assemblea hanno posto la firma, verrà inviata, ai presidenti delle commissioni Trasporti di Camera e Senato per mettere a conoscenza i membri del Parlamento che una buona parte della cittadinanza veneziana non è affatto d’accordo con il disegno di Enac e Save.
In sostanza, viene chiesto di fermare il progetto di ampliamento, poiché un ulteriore incremento dello scalo veneziano causerebbe altri danni ambientali e sanitari, nonché notevoli disagi agli abitanti della zona. All’incontro, a cui ha partecipato tantissima gente (c’erano anche la sindaca di Quarto D’Altino Silvia Conte, l’assessore di Marcon Mauro Scroccaro, rappresentanti del Comune di Roncade e della Municipalità di Favaro), è stato ricordato che il Piano di sviluppo prevede entro il 2030 il raddoppio dell’aeroporto con l’obiettivo di raggiungere 41 milioni di passeggeri, la costruzione di due nuove piste, oltre a numerose edificazioni per una cementificazione complessiva di 30 ettari di terreno ad alto rischio idrogeologico a un chilometro dal parco della Laguna veneta e a ridosso di quartieri densamente abitati. Tutti, da Mario Torcinovich che ha fatto un excursus sull’iter amministrativo che ha portato alla scelta delle aree destinate allo sviluppo dell’aeroporto, a Cesare Rossi che ha parlato di inquinamento acustico e atmosferico, per passare a Pino Sartori (il pericolo per l’habitat lagunare) e Mara Franco (nuova viabilità e frammentazione del territorio), per finire a Fabrizio Zabeo (rischio idrogeologico), hanno posto l’accento sulle inevitabili ripercussioni sui residenti.
A deputati e senatori viene, dunque, chiesto di non esprimere parere favorevole agli interventi di ampliamento dell’aeroporto di Venezia o, quantomeno, di inserirli nel Piano solo quando queste opere avranno ottenuto il decreto di compatibilità ambientale, che ancora non c’è, ricordando, pure, che la Costituzione italiana afferma che la tutela della salute dei cittadini e, quindi, dell’ambiente in cui le persone vivono, deve essere anteposta a mere strategie di sviluppo.
Nuova Venezia – La grande invasione dei gabbiani reali “E’ colpa dei rifiuti”
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
12
apr
2015
Pamio, responsabile della Lipu, lancia un appello
«Necessario riorganizzare la raccolta delle immondizie»
VENEZIA – Troppi rifiuti a portata di becco, e il numero di gabbiani reali in centro storico cresce in continuazione. Un dato di fatto, che segnala la Lipu veneziana e che riguarda il re degli uccelli lagunari, quel gabbiano che arriva fino a 140 centimetri di apertura alare e che dal 2000 si è avvicinato sempre più ai tetti delle case di Venezia e delle isole più vicine.
«Il problema è presto detto, spiega Giampaolo Pamio, responsabile della Lipu veneziana, «l’abbondanza di cibo a disposizione ha attirato questa specie in maniera anomala. La presenza delle chiatte che raccolgono i rifiuti dietro la Giudecca è un problema enorme così come il cibo che trovano alla chiusura del mercato del pesce a Rialto o il sistema di raccolta dell’umido nelle calli e nei campi. Addirittura è stato notato che questo tipo di gabbiano si è adattato alla perfezione alla situazione, imparando ad aprire i sacchetti dell’umido per estrarne il cibo. Alla fine il gabbiano reale è una sorta di spazzino della nostra laguna e del mare, abituato a nutrirsi anche di animali morti che galleggiano. Ma ultimamente le segnalazioni che abbiamo ricevuto parlano anche di un gabbiano che ha iniziato ad attaccare piccioni e topi».
Negli ultimi tempi il problema è stato segnalato anche in alcune zone del centro storico, con persone che hanno avuto qualche brutta esperienza con questo uccello.
«Finché ci saranno turisti che gli daranno cibo in Piazza San marco, sarà normale che questi gabbiani vadano a cercarlo, perché si abituano in maniera sbagliata», prosegue Pamio.
«Sulla loro aggressività, poi, bisogna fare alcune precisazioni. Il gabbiano reale lo può diventare solo quando si sente in pericolo nel periodo della nidificazione. Ragion per cui, se ci sono persone che lavorano sui tetti delle case vicino a un suo nido, può essere che abbia degli atteggiamenti aggressivi. Altrimenti il gabbiano scappa e diffida dell’uomo. Negli ultimi anni, per la situazione che si è creata a Venezia con i rifiuti, sono sempre di più le coppie di questi gabbiani che nidificano su altane e terrazze».
In laguna non c’è solo il gabbiano reale, ma anche quello comune e il corallino. Sono più piccoli. Per allontanare i gabbiani reali, però, la Lipu ha la sua ricetta. «Siamo contrari alla falconeria, perché sposta solamente il problema», conclude il responsabile veneziano dell’associazione.
«L’80 per cento del lavoro si farebbe organizzando in modo diverso la raccolta dell’organico in centro storico, e trovando alternative alle chiatte dietro la Giudecca. Poi, assicurandosi che in Piazza San Marco non venga somministrato loro del cibo. In quel modo il gabbiano reale andrebbe da solo altrove, perché ha già dei nemici nei corvi, nelle taccole e nelle gazze che gli predano le uova nei nidi».
Simone Bianchi
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