Nuova Venezia – Grandi navi. Contorta, I comitati: “E’ illegittimo”.
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26
set
2014
Le osservazioni
Ma il Comitatone ha deciso
«Illegittimo. Perché non è un adeguamento di un canale portuale, che in quell’area non esiste. Ma la costruzione di una nuova via d’acqua. Che non c’entra con la sicurezza e dunque non può godere di procedure accelerate». Gli ambientalisti dichiarano guerra al «nuovo canale dei Petroli». Non si fidano delle rassicurazioni del Porto («Sarà un’opera di recupero ambientale» e ricordano i guai provocati alla laguna alla fine degli anni Sessanta dallo scavo del canale Malamocco-Marghera. Sono già tre le osservazioni presentate al ministero dell’Ambiente sul Sia («Studio di Impatto ambientale») del progetto del Porto. Portano la firma di Andreina Zitelli, docente Iuav già componente della commissione Via nazionale, della presidente di Italia Nostra Lidia Fersuoch, delle associazioni Ambiente Venezia (Luciano Mazzolin) e Ecoistituto veneto (Michele Boato). Chiedono al ministero di sospendere la procedura avviata con i criteri di urgenza previsti dalla Legge Obiettivo. «Ma è assurdo», replica Costa. Ed esibisce una bozza non firmata della delibera approvata in agosto dal Comitatone, convocato dal sottosegretario Graziano Delrio su richiesta dell’allora sindaco Giorgio Orsoni. Nelle considerazioni preliminari, il testo ricalca esattamente quanto sostiene l’Autorità portuale. Che cioè è compito della stessa Autorità, della Capitaneria e del Magistrato alle Acque «individuare le soluzioni alternative all’accesso delle navi dal bacino San Marco». Il Comitatone aveva anche accettato quanto sostenuto dal Porto, cioè che l’attuale Marittima è «irrinuciabile». E infine deciso che visti i diversi stati di avanzamento progettuale si doveva sottopoorre a Valutazione il progetto del canale Contorta. «E attenzione», puntualizza Costa, «la Valutazione non deve decidere quale progetto si fa, ma se quello prescelto è ambientalmente compatibile».
(a.v.)
Banchine e un nuovo terminal in canale Brentella, 800 case in Marittima
Arriva il terzo progetto alternativo sulle grandi navi. «Lo depositeremo alla commissione di Impatto ambientale a Roma nei prossimi giorni», annuncia Roberto D’Agostino, ex assessore all’Urbanistica e firmatario degli elaborati che prevedono lo spostamento delle grandi navi a Marghera. Idea che era stata sostenuta dal Comune e dal sindaco Giorgio Orsoni, poi «congelata» dopo le vicende giudiziarie e lo scandalo Mose. Progettto presentato alla Capitaneria, nella scorsa primavera, ma scartato allora dall’Autorità portuale. «Pericoloso perché in quell’area c’è già il traffico commerciale», lo avevano liquidato i tecnici del Porto. Ma adesso il progetto Marghera è pronto e sarà proposto all’esame della commissione Via. Tre anni di lavori, prevede la realizzazione di una nuova stazione Marittima tra il canale Brentella e il canale Industriale Ovest. Le banchine potranno ospitare fino a cinque navi di grandi dimensioni. Per la loro evoluzione sarà scavato un raccordo davanti ai depositi petroliferi dell’Eni. Nell’attuale Marittima saranno ricavati spazi per attività marine e per gli yacht, nelle aree non più utilizzate 800 appartamenti in social housing. «Posti di lavoro e nuove attività, un impulso all’economia della città», dice D’Agostino. Che insieme ad Alessio Vianello, avvocato con studio al Vega e già assessore della giunta Cacciari, sta studiando le procedure per presentare la proposta. Che potrebbe rappresentare una alternativa alla Marittima pur senza intervenire su altre aree della laguna. Ma non va invece al comitato «No Grandi Navi», promotore della grande manifestazione di sabato scorso. «Le grandi navi incompatibili devono stare fuori dalla laguna. Punto e basta», ribadiscono. Intanto il 7 ottobre all’Ateneo veneto sarà presentata anche la terza soluzione alternativa già depositata alla Via e in attesa di essere esaminata. È quella firmata da Cesare De Piccoli, ex viceministro alle Infrastrutture ed ex vicesindaco, e dalla società genovese Duferco. Prevede di realizzare il nuovo terminal delle crociere al Lido, lato Punta Sabbioni, in meno di due anni.
(a.v.)
Nuova Venezia – Marghera. Sciopero nazionale contro i piani dell’Eni.
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26
set
2014
La decisione del coordinamento dei chimici
MARGHERA – Un pacchetto di 8 ore di sciopero da gestire a livello territoriale e « sciopero delle flessibilità di orario ed organizzative» per tutto il mese di ottobre e un possibile no sciopero generale a novembre. Sono queste le decisioni prese ieri a Roma dal Coordinamento nazionale dei quadri e delegati dei chimici di Cgil, Cisl e Uil del Gruppo Eni che, dopo quella di luglio, ha deciso di proseguire la mobilitazione per cambiare l’attuale piano industriale del gruppo petrolchimico che ha come azionista di riferimento il ministero del Tesoro. «Il disegno del management Eni», si legge in una nota conclusiva del Coordinamento, approvata all’unanimità dai delegati presenti dei tre sindacati, «attraverso la chiusura del cracking di Porto Marghera, che rischia di provocare effetti devastanti sull’intera area produttiva del quadrilatero padano, della raffineria di Gela, la vendita della raffineria di Livorno e la probabile dismissione di quella di Taranto, insieme alla decisione di procedere alla cessione di ramo d’azienda a Sarroch, rappresenta plasticamente una dismissione violenta della presenza industriale Eni». Il Coordinamento ha espresso «netta contrarietà» verso la «ventilata possibilità di cessione di quote di Saipem e dispiegherà tutte le azioni necessarie per impedirle. Esprime, inoltre, preoccupazione sulle voci ricorrenti circa l’uscita del gruppo dal mercato retail di Gas & Power, che invece dovrebbe vedere un rinnovato impegno, organizzativo e finanziario, nella prospettiva di una ripresa dei consumi». «Eni», conclude la nota, «non ha dato seguito agli interventi previsti dal verbale di incontro del 31 luglio scorso, avallato dalla firma del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi».
Gazzettino – Marghera. Martella: “Intervenga il Governo Eni deve riaprire il cracking”.
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26
set
2014
PROCLAMATO UNO SCIOPERO
«Riaprire il cracking e mantenere gli impegni presi». Andrea Martella è perentorio. Il deputato del Partito democratico, nonché vicepresidente del gruppo parlamentare, invita il Governo a intervenire affinché Eni trasformi in realtà gli investimenti promessi.
«La parole d’ordine sono due: investimenti e riapertura del cracking. E su questi due fronti il Governo deve agire – sottolinea Martella -. Questo concetto deve essere chiaro e non ci possono più essere eterni momenti di sospensione tra le promesse scritte nero su bianco e la concretizzazione degli impegni». Il deputato del Pd ricorda il ruolo del Governo, azionista di maggioranza della multinazionale italiana, e annuncia un intervento in aula. «Nel corso dell’audizione che si terrà alla Camera – anticipa Martella – rilancerò questi punti. Le preoccupazioni crescenti espresse dai sindacati in queste ore sono pienamente condivisibili. Il governo ha il dovere di stringere su Eni per la realizzazione degli impegni presi e di compiere questo rush decisivo».
Intanto ieri i sindacati, riuniti a Roma, hanno indetto uno sciopero di 8 ore a livello territoriale, anche in stretta sinergia tra i vari stabilimenti. Il coordinamento nazionale di Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil del Gruppo Eni ha così deciso di proseguire la mobilitazione per cambiare l’attuale piano industriale del Gruppo.
(m.dor.)
Gazzettino – Marghera. I sindacati: “Eni deve investire sulla logistica”.
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25
set
2014
PORTO MARGHERA – L’assemblea dei lavoratori boccia la decisione di chiudere il cracking: «Una fregatura»
«Abbiamo preso una bella fregatura. Anche il sindacato ha fatto degli errori». Il giorno dopo la notizia della chiusura del cracking, sindacati e lavoratori si sono dati appuntamento ieri al capannone di Porto Marghera, da sempre crocevia nei passaggi storici del Petrolchimico. Duecento persone in assemblea, un faccia a faccia schietto per capire come muoversi adesso che Eni ha detto chiaramente che il cracking chiude, notizia che per molti è una pietra tombale sulla vecchia chimica veneziana. Eppure, nell’accordo siglato a febbraio tra i sindacati e la multinazionale italiana, i termini erano diversi. Per questo il segretario nazionale della Femca Cisl, Gianluca Bianco, parla senza mezzi termini di una «fregatura». Ed è da questa fregatura che si deve ripartire, con i lavoratori – e i sindacati – decisi a non ripetere più lo stesso errore, di non «firmare più cambiali in bianco». Perché è vero che il «cane a sei zampe» ha promesso che a Marghera si faranno investimenti per 200 milioni e che l’attuale occupazione verrà mantenuta, ma, ragionano i sindacai, oggi in mano c’è solo il cerino di un impianto che chiude e 100 persone senza più un posto di lavoro. «L’unica cosa certa – conferma Riccardo Colletti, segretario veneziano Filctem -Cgil – è la chiusura del cracking e con essa la fine della chimica di base. Se Eni ha delle intenzioni veramente serie, cominci a fare dei veri investimenti». Prima di un nuovo accordo sulla fiducia, i chimici vogliono che Eni spenda soldi veri, immediatamente visibili, su Porto Marghera. Investimenti economicamente meno roboanti del progetto da 200 milioni per la chimica verde, ma comunque importanti come segnale verso le categorie. «Eni dovrà investire subito sulla logistica per dimostrarsi credibile», spiega Massimo Meneghetti, segretario veneziano della Femca-Cisl. Grazie al rafforzamento della logistica, che nel caso dell’impianto Eni-Versalis di Marghera vuol dire potenziare il trasporto e il trattamento di etilene e propilene, e quindi di cementare quel che resta della chimica veneziana, in attesa che vada in porto il progetto di riconversione prospettato da Eni, che programma l’avvio dei nuovi impianti entro 3anni. Questa è la base minima concessa alla multinazionale italiana per riguadagnare quel credito dilapidato in pochi mesi e sulla quale costruire un nuovo accordo per Porto Marghera. «Ha ragione chi è oggi in preda allo sconforto – aggiunge Bianco – ma faremo un nuovo accordo, a Roma e alla presenza del Governo, così da avere maggiori garanzie. Di questa Eni non ci possiamo più fidare». L’assemblea dei lavoratori ha comunque già bocciato ogni intervento di bonifica dell’impianto di cracking, confermando l’attuale sciopero «tecnico», in attesa che oggi, da Roma, dove è riunito il coordinamento nazionale del gruppo Eni, si definiscano le future strategie.
Gazzettino – Marghera. Eni, piano da 200 milioni ma il cracking chiudera’.
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24
set
2014
MARGHERA – Eni chiude il cracking ma annuncia un piano “verde” da 200 milioni
ADDIO – Eni ha annunciato la chiusura definitiva dell’impianto di cracking
I SINDACATI Situazione difficile»
Assemblea al capannone
PORTO MARGHERA – L’azienda presenta il progetto di un polo tecnologico per la chimica verde
Quella di ieri è stata una giornata da “sereno variabile” per la chimica veneziana. Nell’incontro in Confindustria tra Versalis (il braccio chimico di Eni) e i sindacati, la multinazionale ha ribadito il piano d’investimenti Porto Marghera, in tutto 200 milioni di euro e la creazione di un “Polo tecnologico della chimica verde”, ma ha allo stesso tempo confermato la fermata dell’impianto di cracking, che verrà messo in sicurezza. Quest’ultima notizia, peraltro già nell’aria, era temuta dai lavoratori e dai sindacati, in quanto il cracking è il cuore dell’attuale chimica veneziana.
Nonostante questo, Eni è convinta che il progetto, nel suo complesso, garantirà non solo il mantenimento delle attività industriali, ma non avrà ripercussioni sull’occupazione. Il piano di Eni-Versalis prevede, oltre alla riconversione della raffineria, anche la creazione di due nuovi impianti “green”, che produrranno, unici al mondo, alcuni additivi bio utilizzati nelle perforazioni petrolifere, insieme ad altri prodotti utili nella produzione di detergenti e bio-lubrificanti. Il tutto dovrebbe entrare in funzione entro tre anni, «Questo piano – spiega Daniele Ferraris, ad di Versalis – conferma la centralità del sito di Porto Marghera e offre l’opportunità di promuovere una crescita sostenibile».
Prima di incontrare i sindacati, l’amministratore delegato di Versalis ha incontrato il presidente degli industriali veneziani, Matteo Zoppas, che commenta positivamente gli impegni presi da Eni sul suolo veneziano. «La chimica non va via da Venezia – conferma Zoppas, che poi aggiunge – i livelli occupazionali verranno salvaguardati in quanto le maestranze saranno reimpiegate sia nelle attività necessarie alla messa in sicurezza dell’impianto cracking, sia nella realizzazione dei nuovi impianti nonché per il consolidamento dell’hub logistico». Nell’immediato, però, c’è la chiusura del cracking, che a Marghera dà lavoro a 100 operai di Versalis. Anche per questo i sindacati dimostrano massima cautela. Nel loro comunicato congiunto, Cgil, Cisl e Uil non hanno espresso un giudizio sull’incontro avuto con la dirigenza di Versalis. Massimo Meneghetti, segretario veneziano della Femca Cisl, parla di incontro interlocutorio e conferma: «La situazione è difficile – spiega il segretario dei chimici della Cisl – e prima di dare giudizi voglio vedere gli impianti costruiti». Oggi i lavoratori di Eni-Versalis si riuniranno in assemblea al capannone del Petrolchimico: si capirà se c’è più rabbia per la fermata del cracking o speranza per un futuro “green”.
Nuova Venezia – Marghera. Cracking, l’impianto resta fermo. Versalis punta alla chimica green.
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24
set
2014
La società dell’Eni garantisce un investimento di 200 milioni, nuove produzioni bio entro tre anni
Zoppas promuove la riconversione ma i sindacati non si fidano: «Il piano esiste solo sulla carta»
MARGHERA – Un polo tecnologico di chimica verde al posto del Cracking il cui impianto verrà definitivamente fermato nonostante gli accordi siglati a febbraio, ratificati a luglio, e già disattesi al 18 agosto, giorno in cui era prevista la ripartenza. A spiegarlo alle organizzazioni sindacali – nell’incontro di ieri alla sede di Confindustria Venezia – è stato l’amministratore delegato di Versalis, Daniele Ferrari. Nel futuro dell’azienda del gruppo Eni c’è una profonda riconversione del sito produttivo, con un investimento di 200 milioni di euro. Oltre al progetto avviato nel febbraio scorso con la società americana Elevance Renewable Science per lo sviluppo del processo di lavorazione di oli vegetali con la messa a punto della nuova tecnologia, Versalis ha annunciato ieri la volontà di ampliare il polo green con due nuovi impianti. «Saranno i primi al mondo a produrre additivi bio per i prodotti chimici utilizzati nelle perforazioni petrolifere», spiega Versalis in una nota, «insieme ad altri prodotti destinati a settori applicativi ad alto valore aggiunto come i detergenti e i bio-lubrificanti». L’avvio delle nuove produzioni è stimato in tre anni. Nel frattempo? Secondo quanto ha spiegato Ferrari non ci saranno ripercussioni sul personale, che verrà impiegato nel processo di riconversione: per la bonifica dell’impianto del cracking, per seguire la costruzione dei nuovi impianti e per la realizzazione di un presidio per le caldaie che resteranno in marcia. Il piano formalizzato da Versalis chiude con la chimica di base e la produzione di etilene e propilene – utilizzati per la produzione di materiali plastici – messa a dura prova dalla carenza della domanda e dalla concorrenza dei nuovi impianti in Asia e in Medio Oriente; e apre a una stagione sulla quale, secondo le organizzazioni sindacali, ci sono ancora troppi punti interrogativi. «Siamo di fronte a un’azienda che in cinque mesi ha totalmente rivisto il piano industriale», dice Riccardo Coletti, della Filctem Cgil veneziana, «e che non ci dà alcune garanzie per il periodo di transizione. Senza contare che la chiusura del cracking avrà ripercussioni su molte altre aziende e sul sistema dei servizi, che riguarda circa 400 lavoratori. Il progetto green è solo sulla carta». A non convincere i lavoratori, come spiega Massimo Menegetti, Femca-Cisl, è il fatto che non c’è alcuna spiegazione in merito al consolidamento dell’attività di logistica, ritenuta invece strategica. Oggi l’assemblea dei lavoratori. Per Ferrari, ad di Versalis «questo piano di trasformazione conferma la centralità del sito di Porto Marghera all’interno del sistema industriale di Versalis e offre l’opportunità di promuovere una crescita sostenibile attraverso una nuova piattaforma innovativa da fonti rinnovabili». Ferrari, prima del confronto con i sindacati, aveva incontrato il presidente degli industriali veneziani, Matteo Zoppas. «Con i vertici di Versalis», dice il presidente di Confindustria, «abbiamo parlato della tenuta delle attività su Marghera: non ci saranno significative riduzioni né dei volumi né dei ridimensionamenti dei lavori affidati all’indotto. I livelli occupazionali verranno salvaguardati in quanto le maestranze saranno reimpiegate sia nelle attività necessarie alla messa in sicurezza dell’impianto cracking, sia nella realizzazione dei nuovi impianti e per il consolidamento dell’hub logistico».
Francesco Furlan
Raggiunto l’accordo sulle aree bonificate, 3,5 milioni di euro al governo in 10 anni
Dovranno pagare circa 3,5 milioni di euro – e senza interessi – in dieci anni evitando di andare avanti e indietro dalle aule dei tribunali per ricorsi infiniti, e con una buona probabilità di perdere. Per questo ieri a Venezia, all’Avvocatura distrettuale dello Stato, quattro società comunali (Veritas, Avm, Pmv e Ive) hanno sottoscritto con il Ministero dell’Ambiente e con il Ministero delle Infrastrutture, un accordo transattivo finalizzato alla chiusura dei procedimenti a cui è condizionata la concreta possibilità di utilizzo di alcune aree di Porto Marghera e Mestre (l’area Actv di via Torino). Le quattro società proprietarie di aree comprese – o già ricomprese – nel Sito di interesse nazionale (Sin) di Marghera, erano da anni coinvolte in procedimenti avviati riguardanti le pretese ministeriali di rimborso delle somme anticipate per i marginamenti dei canali industriali e di risarcimento del danno ambientale che sarebbe stato causato dalla trasmigrazione di contaminanti dalle acque di falda del Sin alla laguna, pretese che avevano trovato accoglimento in due sentenze di primo grado del Tribunale di Venezia. Con l’accordo, raggiunto dopo una lunga negoziazione e concluso in questi giorni con l’avvocato Domenico Giuri dello studio Mda le quattro società si sono impegnate a versare, in dieci anni, l’importo complessivo concordato contestando ogni responsabilità propria in ordine alla contaminazione delle aree (erano già inquinate quando le società comunali le comprarono). La sola Veritas, per fare un esempio, proprietaria della seconda fetta più grande delle aree interessate, dovrà versare 70 mila euro all’anno per dieci anni. L’accordo permette anche di accelerare l’iter di approvazione dei progetti di messa in sicurezza e bonifica.
Nuova Venezia – Marghera. Scioperi a singhiozzo da un mese, oggi confronto Versalis-sindacati
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23
set
2014
L’appuntamento è nelle sede di Confindustria ma le posizioni tra le parti restano ancora molto distanti
I chimici: «Se sarà garantito il riavvio del cracking i lavoratori torneranno ad avere fiducia nell’azienda»
MARGHERA – Sarà un confronto duro e difficile sul futuro dell’ultimo impianto della chimica di base del gruppo Eni, ancora attivo a Porto Marghera – dove oramai è in funzione solo la riconvertita bioraffineria che produce biodiesel – fermo da quasi un anno malgrado la promessa di farlo ripartire nell’agosto scorso, poi non mantenuta dall’azienda. Dopo oltre un mese di scioperi a singhiozzo – con la riduzione dei carichi di etilene e propilene nelle pipe-line collegate ai petrolchimici emiliani – sindacati dei lavoratori chimici di Cgil, Cisl, Uil e l’amministratore delegato di Versalis spa (Eni), Daniele Ferrari, si incontrano oggi nella sede di Confindustria, al parco Vega di Marghera. Le posizioni sono ancora molto distanti: da una parte i sindacati e la Rsu aziendale che, dopo il rientro in fabbrica dalla cassa integrazione ordinaria di buona parte dei 450 addetti all’impianto, pretendono il completamento delle procedure per ottenere il via libera del ministero dell’Ambiente al riavvio del cracking dell’etilene di Versalis che era previsto il 18 agosto scorso. Dall’altra l’azienda che, invece, non ha ancora dimostrato ai sindacati di volere fare sul serio, completando la procedura per l’autorizzazione ambientale della centralina di vapore (che produce troppe emissioni inquinanti) e il conseguente riavvio dell’impianto del cracking della virginafta per produrre etilene, propilene e altri intermedi chimici (olefine, ecc.). Tutti prodotti che nel mercato mondiale abbondano grazie all’entrata in funzione dei nuovi impianti produttivi che ricavano l’etilene direttamante alla bocca dei giacimenti di gas naturale, in Asia e Medio Oriente. Nell’ultimo incontro tra la direzione di Versalis di Porto Marghera e la rappresentanza sindacale dei lavoratori, a fronte dell’impegno di Versalis di fissare l’incontro in programma oggi, hanno deciso come segno di buona volontà – di ridurre da 16 a 8 le ore di sciopero, a giorni alterni, del reparto logistica che smista l’etilene e il propilene che arriva via nave a Marghera dagli stabilimenti di Brindisi e Priolo e viene inviato – attraverso l’oleodotto che attraversa il Polesine – alle fabbriche di plastiche e gomma di Mantova, Ravenna e Ferrara che lo utilizzano come materia prima. Lo scontro sindacati-azienda è cominciato il mese scorso, all’indomani dell’incontro con il nuovo amministratore delegato dell’Eni (società della quale l’azionista di riferimento è ancora lo Stato italiano), Claudio Descalzi, che aveva annunciato drastici tagli delle produzioni della chimica di base del gruppo, a cominciare dal cracking della virginafta e dalle raffineria di petrolio. A Porto Marghera, in ogni caso, Versalis ha annunciato mesi fa la costruzione di un impianto “green” – per la produzione di oli lubrificanti di origine vegetale in joint-venture con la multinazionale americana Elevance – che potrebbe creare un centinaio di nuovi posti di lavoro. «Il nostro obbiettivo», ribadiscono i sindacati veneziani, «così come sancito nell’accordo firmato da Versalis nel febbraio scorso e in quello siglato al ministero dello Sviluppo in luglio, è il riavvio del cracking e fino a che non ci sarà questa certezza Eni e Versalis non avranno la fiducia dei lavoratori che ormai hanno visto chiudere troppi impianti, malgrado le buone promesse che erano state fatte».
Gianni Favarato
Bilanci in rosso per il cracking di virginafta nel 2013 perdita netta di 338 milioni di euro
La petrolchimica di base è uno degli assi portanti del business di Versalis spa (ex Polimeri Europa) che ha quattro impianti di cracking della virginafta in Italia – Brindisi (Puglia) e Priolo (Sicilia) che attualmente sono in funzione, Porto Marghera in fermata da oltre sei mesi e Porto Torres (Sardegna) che è stato chiuso definitivamente – dove si producono vari prodotti (olefine) per usi industriali (polietilene, polipropilene, polistirolo, ecc.) nei settori delle plastiche, gomme, fibre, solventi e lubrificanti di origine fossile, in parte inviati ai petrolchimici di Mantova, Ravenna e Ferrara via pipe-line. I ricavi degli intermedi di Versalis spa sono diminuiti di ben 341 milioni con una perdita netta nel 2013 di 338 milioni di euro. Rispetto al 2012 (-11,2%), a causa della riduzione dei volumi venduti (-4,2%) e dei prezzi medi unitari (-1,9%), di butadiene (-38%) ed elastomeri (- 23%). Del resto, le vendite di prodotti petrolchimici nel corso dell’anno scorso (3.785 mila tonnellate) sono diminuite di 168 mila tonnellate rispetto al 2012 (-4,2%) a causa del calo dei consumi mondiale e di una sovrapproduzione di olefine e derivati del cracking della virginafta , dovuta alla crescente concorrenza degli impianti asiatici e arabi che producono, con costi più bassi, l’etilene e propilene da gas naturale alla bocca dei giacimenti.
Nuova Venezia – “Porto Marghera puo’ ripartire se si semplificano le procedure”
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20
set
2014
L’ex assessore Farinea invita il commissario Zappalorto a continuare sulla strada già iniziata
«Vanno concordate le nuove regole con i ministeri e garantire una governance tecnica, non politica»
MARGHERA – La delibera che apre la strada al riutilizzo di gran parte delle aree industriali dismesse a Porto Maghera è stata votata dal consiglio comunale nella sua ultima seduta del 16 giugno scorso e sono state recentemente approvate anche le delibere di Giunta – sia in Comune che in Regione – che hanno dato il via alla costituzione di una società pubblica che avrà come unico scopo la vendita delle aree per nuove attività industriali e logistiche, come prevede la variante per Marghera del Piano regolatore urbanistica. «A questo punto ci aspettiamo che il commissario Zappalorto prosegua sulla strada aperta con una precisa e condivisa volontà politica degli enti pubblici competenti e definendo con la Regione una governance della nuova società pubblica che abbia competenze tecniche specifiche e non sia l’ennesimo carrozzone politico», dice l’avvocato Alfiero Farinea, ex assessore allo Sviluppo Economico con delega alla Semplificazione Amministrativa, ai processi partecipativi e allo Sportello unico per Marghera. «Nell’anno e mezzo in cui sono stato assessore», spiega Farinea, «il gruppo di lavoro che mette insieme i dipartimenti ambiente, urbanistica, sviluppo economico e l’Avvocatura civica del Comune si è concentrato sulla semplificazione delle procedure amministrative a cui dovrà attenersi qualsiasi industriale che vuole investire a Porto Marghera nelle aree dismesse negli ultimi anni dalle industrie chimiche e siderurgiche. Porto Marghera è strategica per la città di Venezia che non può vivere solo di turismo e può rimettere in moto lo sviluppo economico solo se saprà garantirne, in tempi rapidi, il rilancio di questo grande popolo industriale e logistico, che non ha pari nel Veneto e in tutto il Nordest per la sua posizione geografica, le professionalità dei suoi lavoratori e le sue infrastrutture stradali, portuali, ferroviarie e di servizi e utility per le imprese insediate». Per questo l’ex assessore lancia un messaggio al commissario che ha preso il posto dell’ex sindaco Giorgio Orsoni: «Bisogna ora concentrarsi nella semplificazione delle procedure, essenziale per attrarre nuovi investitori che non possono attendere anni di procedure amministrative per realizzare i loro progetti». «Il nostro gruppo di lavoro comunale ha completato il lavoro di monitoraggio delle procedure esistenti ed ora è in grado di formulare una sua proposta da sottoporre ai ministeri e alle sovrintendenze competenti che grazie al Decreto del Fare del governo Mario Monti, possono predisporre con un unico atto amministrativo nuove, chiare e veloci procedure concordate, comprendendo una clausola di retrocessione per gli investitori che vogliono solo realizzare speculazioni immobiliari e non garantiscono quanto promesso in termini produttivi e occupazionali».
Gianni Favarato
La nuova società pubblica per le aree Eni in attesa del consiglio d’amministrazione
Obbiettivo: bonificare e vendere sul mercato le aree industriali dismesse dal’Eni a Porto Marghera a imprenditori interessati a nuove iniziative industriali e logistiche. Nome provvisorio, Li ve spa. Soci azionisti: Comune di Venezia (50%) con la controllata Ive srl e Regione Veneto (50%) con la controllata Veneto Acque spa. Governance (Consiglio di amministrazione): da nominare. Capitale sociale iniziale: 38 milioni. Sono questi i dati salienti della nuova società pubblica che il 31 ottobre prossimo firmerà «l’istanza di subentro» della proprietà di 108 ettari di aree industriali (suddivise in due lotti, A e B) cedute da Eni, a cui dovrà seguire la voltura delle autorizzazioni dei piani di bonifica delle aree dell’Eni (già presentati e autorizzati) dal ministero dell’Ambiente. Solo dopo questo passaggio la società potrà, come previsto, indire un bando europeo per la manifestazione d’interesse da parte di società che intendano acquisire le aree per avviare nuove attività di carattere industriale e logistico portuale, capaci di creare nuovo posti di lavoro, più che mai necessari sia per i giovani disoccupati che per i tantissimi lavoratori espulsi dalle fabbriche del Petrolchimico che hanno chiuso.
Gazzettino – Marghera “Un deserto industriale se chiude il Cracking”
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18
set
2014
MARGHERA – Uno studio promosso da Cavaliere (Ncd) sul futuro del settore petrolchimico
I 110 ettari che Syndial ha ceduto a Comune e Regione per favorire la reindustrializzazione di Porto Marghera resteranno vuoti se il Cracking dell’Eni non verrà riaperto. Non lo dicono i sindacalisti ma Antonio Cavaliere, responsabile Lavoro per Ncd che ha riunito un gruppo di tecnici e industriali per uno studio e una valutazione complessiva. E il risultato è sorprendente: senza il Cracking Porto Marghera perde il valore aggiunto che ha rispetto a tante altre aree industriali mezze vuote sparse per il Veneto, ossia l’integrazione dei servizi che permette alle aziende insediate di avere costi più bassi.
«Dov’è finita la fila di imprenditori che sgomitavano per aprire nuove fabbriche a Porto Marghera?» si chiede Cavaliere ricordando le affermazioni del governatore del Veneto Luca Zaia allorquando venne firmato l’accordo con il quale Syndial trasferisce a Comune e Regione i 110 ettari del petrolchimico. Terreni destinati, appunto, ad essere ceduti a imprenditori pronti ad avviare nuove imprese.
«Il problema è che nelle condizioni attuali nessun imprenditore aprirà un solo capannone a Porto Marghera. E l’operazione sui terreni Syndial può avere un senso industriale solo se si torna a renderli attraenti non solo garantendo procedure rapide e certe di bonifica (i 38 milioni di euro che Eni verserà agli enti locali, oltretutto, sono decisamente insufficienti per ripulirli) ma ripristinando un’area industriale integrata attraverso il reinserimento della centrale Edison nella rete del Petrolchimico, e rinnovando tecnologicamente il Cracking. E naturalmente bisogna evitare che, una volta diventati interessanti, finiscano nelle mani di speculatori immobiliari, quindi vanno vincolati all’uso industriale».
Cosa c’entra la centrale Edison? «È fondamentale. Oggi le industrie di Marghera sono costrette a comprare l’energia elettrica dalla rete normale dell’Enel, mentre con una centrale interna al petrolchimico, com’era quella Edison, non pagherebbero gli oneri di trasporto e i cosiddetti oneri accessori con un risparmio enorme di circa 50 euro per ogni megawatt-ora. Perciò Comune e Regione dovrebbero chiedere immediatamente al ministero di ripristinare quella centrale. La stessa Eni potrebbe risparmiare 100 milioni di euro per le nuove caldaie, e ottenere energia elettrica e vapore a prezzi competitivi».
D’accordo, ma anche se l’Eni risparmia ha già fatto capire che il Cracking è destinato a chiudere per sempre nel giro di una decina d’anni, o anche molto meno. «Un errore madornale perché, appunto, salta l’integrazione del petrolchimico e la convenienza ad investirci. Il Cracking così com’è non ha senso, sono il primo a dirlo, perché va ancora a virgin nafta, mentre le economie più avanzate ormai fanno funzionare questi impianti a gas, lo shale gas che viene estratto nel Golfo del Messico. Costa tre volte meno del petrolio e rende chi lo utilizza libero dalle incertezze geopolitiche legate al petrolio. Oltretutto l’Eni a Porto Marghera sta trasformando i serbatoi criogenici per l’ammoniaca in serbatoi per lo stoccaggio del Gpl. Potrebbe utilizzare questa opportunità per trasformare il Cracking in un impianto “verde” e addirittura redditizio, mentre prima di chiudere era in perdita secca».
Nuova Venezia – Moranzani, saltato l’atteso incontro
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12
set
2014
Sos della municipalità di marghera
Sull’accordo di programma per la discarica dei fanghi scavati dai canali nel Vallone Moranzani a Marghera, con tutte le sue opere collaterali e quasi 1 miliardo di euro d investimenti, sembra essere calato un buio pesto. Dopo mesi di paralisi e ritardi sul cronogramma dei lavori previsti – seguiti all’uscita di scena dell’ex assessore regionale Renato Chisso e del commissario della Regione per Porto Marghera, Giovanni Artico – la Municipalità si aspettava la convocazione del Comitato di sorveglianza e dei responsabili dell’Agenda 21 per fare il punto sullo stato di applicazione dell’accordo. La Regione aveva fornito la data del 9 settembre per riunire i coordinatori dell’Agenda 21 – che rappresentano i cittadini di Marghera e Malcontenta – e ispezionare le opere avviate, come la mega-discarica nel Vallone Moranzani, le opere stradali e idrauliche, ecc. Ma il 9 settembre è passato e la riunione non si è tenuta, cosa che ha fatto preoccupare ancor più la Municipalità e il suo presidente, Flavio Dal Corso che da settimane chiede alla Regione di convocare un incontro sullo stallo dell’Accordo Moranzani. «L’incontro del 9 settembre è stato rinviato senza alcuna spiegazione dalla Regione», dice Dal Corso. «Speravamo di essere messi al corrente sugli incarichi dirigenziali rimasti vacanti e di conoscere alcuni aspetti dell’accordo, come l’interramento degli elettrodotti di Terna e la mega-discarica, che a quanto sappiamo la Regione vuole cambiare senza preoccuparsi di coinvolgere la popolazione nei suoi rappresentanti che sono sempre stati coinvolti con uno strumento partecipativo, come l’Agenda 21, che ora non si vuole più convocare. Purtroppo anche il Comune di Venezia, che ha firmato insieme alla Regione l’Accordo di programma nel 2008, da quando è commissariato è del tutto assente sulla questione».
Gianni Favarato
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