Gazzettino – Porto Marghera. Bonifiche subito, parola di ministro.
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16
ott
2013
PORTO MARGHERA – Il Governatore Zaia: «Nuovo corso, vogliamo dare le autorizzazioni in trenta giorni»
Via libera a 12 progetti di risanamento e l’impegno di Orlando sullo sblocco delle procedure entro l’an
IL VIA LIBERA – Sbloccate le procedure per le bonifiche di Porto Marghera. Lo ha annunciato il ministro all’ambiente, Andrea Orlando, ieri a Venezia. Sono 12 i progetti che hanno avuto l’atteso via libera dalla conferenza di servizio, tra cui Sapio, Eni, Autorità Portuale, Medio Piave, Fincantieri. Orlando ha assicurato che tornerà a Venezia entro l’anno per «chiudere i termini dei progetti approvabili nel 2013».
LE REAZIONI «La cosa fondamentale è la semplificazione» ha commentato il governatore del Veneto, Luca Zaia. E sull’importanza che per questi investimenti ci sia «certezza di tempi e di costi» ha insistito il presidente di Confindustria Venezia, Matteo Zoppas. «Siamo pronti a lavorare insieme alle istituzioni» ha assicurato.
L’ASSESSORE BETTIN «Abbiamo ottenuto ciò che chiedevamo»
PORTO MARGHERA – Svolta alla riconversione dell’area industriale dopo le critiche partite da Venezia
Bonifiche, via libera a 12 progetti
Il ministro Orlando: «Torno entro l’anno per gli altri interventi». Zaia: «Procedure semplificate»
La Medio Piave Marghera non inizierà questa mattina a produrre biocombustibili, ma il conto alla rovescia è iniziato: appena le verrà notificato il verbale che autorizza il progetto, l’azienda avrà sessanta giorni di tempo per iniziare ad operare. E lo stesso vale per l’Eni. E per la Sapio. E per Cereal Docks. E per gli altri otto progetti che, dopo un anno e mezzo di blocco, ieri pomeriggio hanno avuto il via libera dalla Conferenza di servizio decisoria. C’è voluto il pressing del Comune e della Regione, per non parlare degli industriali, tutti a lamentare che dopo lo “storico” protocollo firmato con l’allora ministro dell’ambiente Corrado Clini nella primavera del 2012 non si era fatto un passo in avanti. Finché da Roma si è mosso il ministro dell’Ambiente: Andrea Orlando ieri mattina era a Venezia, ha incontrato il sindaco Giorgio Orsoni, poi, nella sede Grandi Stazioni della Regione, con il governatore Luca Zaia e il prefetto Domenico Cuttaia, ha spiegato che la macchina delle procedure per le bonifiche di Marghera si è rimessa in moto. E mentre il ministro rispondeva alle domande dei giornalisti, in una sala accanto si concludeva la Conferenza di servizio istruttoria e subito dopo iniziava quella Decisoria. Con il risultato che, nel pomeriggio, 12 progetti – dalla Sapio all’Eni, da Fincantieri a Medio Piave Marghera, fino all’Autorità portuale – hanno avuto il via libera. Ora potranno iniziare le attività di messa in sicurezza o, dove si è reso necessario, la bonifica delle aree. Che è il primo, necessario passo per poter poi iniziare le produzioni.
Si riparte – ha sottolineato il ministro riferendosi soprattutto agli interventi Medio Piave Marghera ed Eni – «con una manifattura di qualità, con l’idea di una chimica rinnovata, sostenibile e compatibile».
E Zaia: «Il vero annuncio importantissimo che diamo oggi è quello della semplificazione».
Che non significa, ha puntualizzato Orlando – riduzione dell’attenzione sul fronte ambientale, «ma tempi più snelli». Giusto quelli che erano stati annunciati nella primavera 2012 da Clini, no? Certo, ha detto il nuovo ministro, solo che dal 2012 ad oggi ci sono stati non solo problemi di vacatio politica, ma anche soppressioni di quegli uffici che seguivano le pratiche. «Stiamo pagando un modo stravagante di fare la spending review, si sono dovute ricostituire segreterie tecniche e di supporto che erano state eliminate». Soppresse per risparmiare – dati forniti dal direttore generale del ministero, Maurizio Pernice – 220mila euro. Tant’è, ad aprile 2012 i progetti analizzati furono trenta. Ieri 12 hanno avuto il via libera e sono quelli, ha detto il ministro, «più maturi, con il maggior lavoro di approfondimento». Orlando conta entro la fine dell’anno di tornare a Venezia così da «chiudere i termini dei progetti approvabili entro il 2013». Anche perché, ha sottolineato Zaia, «su Marghera abbiamo 2 miliardi di euro di investimenti da parte delle aziende». Il che significa bonificare i siti ma anche creare lavoro.
Occhio: ieri è stato anche deciso di avviare i controlli sui progetti già approvati. Vuol dire che si andrà a vedere se chi doveva bonificare ha sul serio bonificato. Se non l’ha fatto, il progetto viene dichiarato decaduto. E scatta la segnalazione alle autorità. Il che non è roba di poco conto: la rilevanza è penale.
LE REAZIONI – Zoppas: «Per investire e produrre abbiamo bisogno di tempi certi»
Difficile dire se per Porto Marghera sia veramente la volta buona, di sicuro è una pagina nuova. Il via libera ai 12 progetti per il recupero della zona industriale è comunque il frutto di un lavoro iniziato oltre un anno fa, quando le istituzioni diedero vita ad un accordo sulle bonifiche in grado di render più snelle le procedure. La pagina nuova di Porto Marghera è quindi figlia della semplificazione, anche se, come sottolineato dal ministro Orlando, «semplificazione non significa riduzione dell’attenzione sul fronte ambientale». Procedure snelle e tempi certi sono insomma gli elementi base per ogni investimento. Concetto ribadito anche Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Venezia, nel colloquio avuto con il ministro. «Gli investimenti per la riconversione ed il mantenimento della produzione – ribadisce Zoppas – sono la condizione necessaria alle bonifiche. Questi investimenti richiedono soprattutto certezza di tempi e di costi. Per questo, in accordo con il Ministro Orlando e con quanto evidenziato a più riprese anche dal presidente Luca Zaia, siamo pronti a lavorare insieme alle istituzioni».
Orsoni, impegnato a New York, non ha potuto partecipare Conferenza dei Servizi che ha dato il via libera ai progetti di recupero. Senza il sindaco, il Comune di Venezia è stato comunque rappresentato dagli assessori comunali allo Sviluppo Economico, Alfiero Farinea, e da quello all’Ambiente, Gianfranco Bettin. Proprio Bettin, alcuni giorni fa, aveva chiesto un chiarimento sulle bonifiche a Porto Marghera, sparando a zero sui “nemici” della riconversione dell’area industriale, dalla burocrazia agli interessi di parte. Dopo l’incontro con Orlando, Bettin non può che dirsi soddisfatto.
«Era quello che chiedevamo. Senza lo sblocco delle bonifiche – rimarca Bettin – anche il resto ne avrebbe risentito. Si era arenato un percorso virtuoso e spedito, chiesto da tutte le istituzioni. Mi auguro che questa Conferenza sia la prima di una lunga serie, altrimenti – aggiunge l’assessore all’Ambiente – sarò pronto a richiamare ancora una volta l’attenzione».
Marco Dori
Bonifiche, al via dodici interventi
PORTO MARGHERA – L’accordo di programma del 2012 con Clini era rimasto inattuato «Per risparmiare 220mila euro chiuse le segreterie tecniche»
Il ministro Orlando: «Ora procedure più snelle» E la Conferenza di servizio dà l’approvazione
Bonifiche di Marghera: adesso è fatta, le procedure sono semplificate, ben dodici progetti ieri hanno avuto il via libera. Significa che appena le imprese riceveranno il verbale di autorizzazione, potranno iniziare i lavori di messa in sicurezza. Epperò si è perso un anno e mezzo. Perché già nell’aprile 2012 pareva che la Burocrazia – con la maiuscola, certo, perché è quella che nel nostro paese fa il bello e il cattivo tempo – fosse stata sconfitta. E pareva, ormai un anno e mezzo fa, che per trenta interventi di messa in sicurezza e di bonifica di una delle aree più inquinate d’Europa fosse questione di giorni. Sbagliato, perché tutto è rimasto fermo, tanto che sia il Comune di Venezia che la Regione Veneto, per non dire degli industriali, hanno dovuto alzare la voce e “pressare” il Governo. Adesso si scopre che allo “storico” protocollo per la semplificazione delle procedure siglato con l’allora ministro all’Ambiente Corrado Clini appunto nella primavera del 2012, dovevano seguire, progetto per progetto, altre firme. Solo che gli uffici che dovevano farlo non c’erano più.
«Abbiamo pagato un modo stravagante di fare la spending review e i tagli lineari», ha svelato il ministro all’Ambiente Andrea Orlando arrivato ieri a Venezia, nella sede “Grandi Stazioni” della Regione, per sbloccare finalmente una dozzina di progetti di bonifica. Interventi importanti, come quello della società Medio Piave Marghera che punta a produrre biocombustili. O come quelli di Eni, Sapio, Fincantieri, Autorità portuali. Progetti che erano rimasti fermi – ha raccontato Orlando – perché chi a Roma li doveva seguire non c’era più: uffici smantellati, contratti di tecnici non rinnovati. Il tutto per un risparmio di quanti soldi? «Duecentoventimila euro», ha detto Orlando. Così «si sono dovute ricostituire le segreterie tecniche e di supporto». A Venezia, in realtà, più di qualcuno si era fatto un’altra idea e cioè che la vacatio politica – la campagna elettorale, le elezioni, il lungo periodo per la formazione del nuovo governo – avesse dato la possibilità al cosiddetto Partito della Burocrazia di riemergere e di mettere nuovi vincoli e altri lacci, ri-bloccando di fatto la partita delle bonifiche. Secondo Orlando non è andata così: «Non darei questa lettura, anche se corrisponde a un dato storico».
La notizia, in ogni caso, è che, ieri a Venezia è arrivato il ministro, si è riunita la Conferenza di servizio istruttoria, poi quella decisoria e alla fine 12 progetti di bonifica sono stati autorizzati. Di più: è stato applicato un modello più celere per le procedure che potrà essere “esportato” anche nel resto d’Italia. «Il vero annuncio importantissimo – ha sottolineato il governatore del Veneto, Luca Zaia – è quello della semplificazione». «Semplificazione – ha spiegato il ministro – non significa riduzione dell’attenzione sul fronte ambientale, ma tempi più snelli. I progetti non saranno sulla base di un vaglio meno rigido, ma sulla base dei pareri di Ispra e Arpav con gli stessi criteri di valutazione abituali, semplicemente con procedure più agevolate». «Dico alle aziende venete che hanno interesse sui 5.800 ettari di Porto Marghera – ha aggiunto Zaia – che sta cambiando il mondo, che le autorizzazioni le voglio dare in trenta giorni». Orlando tra l’altro conta entro la fine dell’anno di tornare a Venezia così da «chiudere i termini dei progetti approvabili entro il 2013». Anche perché, ha puntualizzato Zaia, «su Marghera abbiamo 2 miliardi di euro di investimenti delle aziende». Il che significa bonificare i siti. E creare lavoro.
Alda Vanzan
Nuova Venezia – Porto Marghera. Il ministro Orlando sblocca 12 progetti.
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16
ott
2013
BONIFICHE A PORTO MARGHERA » SI MUOVE Il GOVERNO
Confermate le procedure di semplificazione, verifica entro fine anno. Il governatore Zaia: «Non siamo come Taranto»
Le bonifiche di Porto Marghera restano una priorità per il governo e le procedure di semplificazione restano valide. L’ha voluto ribadire ieri il ministro per l’Ambiente Andrea Orlando, arrivato a Venezia per la Conferenza dei servizi che ha finalmente sbloccato 12 interventi di bonifica: i più significativi quelli di Sapio, Oleificio Medio Piave e raffineria Eni.
«Tornerò entro la fine dell’anno per accertarmi che, almeno dal punto di vista delle bonifiche, la partita di Porto Marghera sia chiusa», ha promesso Orlando lanciando un segnale importante dopo le polemiche scoppiate in giugno, quando sembravano essere stati messi in discussione i protocolli firmati a gennaio dal suo predecessore, Corrado Clini, successivi all’accordo di programma di aprile 2012 tra ministero ed enti locali per la semplificazione delle bonifiche sui terreni di Porto Marghera.
«Quell’accordo e quei protocolli non sono in discussione», ha ribadito Orlando, in un incontro al fianco del governatore Luca Zaia, «anche se non definivano nel dettaglio alcuni passaggi, ad esempio relativi al riuso dei terreni e delle garanzie finanziarie, aspetti che ora abbiamo superato».
Lo sforzo del ministero – ha sottolineato Orlando – si concretizza con l’approvazione dei progetti ai quali si è arrivati nel «rispetto delle verifiche ambientali».
E i rallentamenti che – ammette – ci sono stati, non sono imputabili al partito della burocrazia, ma a scelte sbagliate della spending review e al periodo di vacatio per il cambio di governo.
«Per risparmiare 220 mila euro è stata smantellata la segreteria tecnica del ministero, la struttura responsabile di seguire i progetti», ha spiegato il ministro, facendo intendere che non c’era più nessuno a seguire le bonifiche. Le approvazioni arrivate ieri sono quindi il «compimento di un percorso», lo dice Orlando e lo ribadisce Zaia, sottolineando che «dopo anni di chiacchiere si apre un nuovo corso basato sull’idea che la manifattura sia ancora strategica per il Veneto» perché su Porto Marghera sono previsti, come era stato annunciato già ad aprile scorso, 3 miliardi di investimenti pubblici e 2,7 di privati.
«Noi diciamo alle aziende venete», ha proseguito Zaia, «che sta cambiando il mondo, con procedure agevolate e una conferenza di servizi più veloce. L’importante è che i protocolli che il Ministero sta assumendo oggi, con noi al suo fianco, diventano realtà. Noi non siamo Taranto e stiamo gestendo benissimo la partita, in maniera civile, lineare, in linea con le richieste degli imprenditori».
In mattinata Orlando ha anche incontrato il sindaco Giorgio Orsoni e il presidente degli industriali, Matteo Zoppas, condividendo la necessità di aprire al più presto un tavolo per lo sviluppo industriale di Marghera 2020 che veda coinvolti tutti gli interlocutori (delle istituzioni, delle categorie, dei lavoratori). «Per rendere appetibili gli investimenti», dice Zoppas, «è necessario dare risposte concrete in termini di semplificazione e di velocizzazione degli iter burocratici e autorizzativi. Gli investimenti per la riconversione e il mantenimento della produzione sono la condizione necessaria alle bonifiche; questi investimenti richiedono certezza di tempi e di costi». Per l’assessore regionale Renato Chisso quella di ieri è stata una «giornata importante per Venezia e per il Veneto che produce. Sono stati definitivamente chiariti la validità e l’efficacia degli accordi di programma siglati con il ministro Clini».
Francesco Furlan
COMUNE FUORI DALLA CONFERENZA DECISORIA
«Non possiamo dire di sì a interventi a scatola chiusa»
Certo, c’è la soddisfazione per l’arrivo del ministro, che ha confermato la validità dei percorsi semplificati per le bonifiche, ma anche una presa di posizione forte, per dire che «il Comune, che partecipa alle fasi istruttorie delle conferenze dei servizi, non può essere tagliato fuori dalla fase decisoria». È accaduto anche ieri. Gli assessori Gianfranco Bettin (Ambiente) e Alfiero Farinea (Sviluppo economico) lo hanno detto chiaro e tondo al direttore generale del ministero dell’Ambiente, Maurizio Pernice, nella fase istruttoria della conferenza, aperta proprio dal ministro Orlando.
«Se però il ministro, da un lato, in pieno accordo con gli enti locali, dice che la strada da seguire è quella semplificata individuata da Clini, dall’altro lato la struttura del ministero va nella direzione opposta» dice Bettin: «Il fatto che alla conferenza decisoria debba partecipare anche il Comune è previsto proprio dai protocolli di Clini, non possiamo accettare scatole chiuse».
Anche il sindaco Orsoni, che ha incontrato il ministero prima di partire per New York, lo ha fatto sapere a Orlando, al quale aveva già inviato una lettera. Fino a che c’era Clini, osservano dal Comune, tutto era filato liscio, con una serie di conferenze dei servizi fruttuose. Poi tutto si è fermato anche se c’è la fiducia che, l’intervento di Orlando, possa riportare il treno delle bonifiche lungo i giusti binari, e riacquistare la velocità necessaria per bonificare e passare alla fase successiva, la più importante, cioè reindustrializzare l’area.
«Da tempo le incertezze economiche e temporali sui processi di bonifica rappresentano gli elementi che frenano e condizionano lo sviluppo e la riconversione industriale di Porto Marghera» dice Farinea «è necessario accelerare e semplificare le procedure di bonifica per renderle maggiormente efficaci dal punto di vista economico-produttivo senza compromettere i, necessari e opportuni, livelli di salvaguardia ambientale».
(f.fur.)
gli interventi – Terreni di Alcoa, autorizzazione concessa
Tra Oleificio Medio Piave e Autorità Portuale c’è da superare lo scoglio della banchina
Tra i progetti di bonifica approvati ieri nella conferenza dei servizi tra enti locali e ministero dell’Ambiente, ce ne sono alcuni che aspettavano da tempo, e che sono fondamentali per il rilancio industriale di Porto Marghera. A partire dall’intervento dell’Oleificio Medio Piave, non a caso citato anche dal ministro Orlando come uno dei più significativi. Lo sblocco del progetto per la bonifica dei terreni, nell’area del nuovo Petrolchimico, è però solo il primo passo per l’insediamento dell’impianto per bio-carburanti, che dovrebbe andare ad assorbire anche i lavoratori della Vinyls. I piani dell’Oleificio sono infatti vincolati all’utilizzo della banchina Sali del Porto industriale, una banchina che però l’Autorità portuale vorrebbe tenere per sé, affidando all’Oleificio un’altra banchina, in un canale interno, che la società però ritiene non adatta alla propria attività. Ci sono margini perché si arrivi presto a un accordo, ma quello che si chiedono in molti, compresi i sindacati, è perché mai l’Oleificio Medio Piave dovrebbe impegnarsi nella bonifica prima dell’ok all’utilizzo della banchina.
Tra gli altri dodici punti approvati – progetti ma anche prese d’atto di interventi già realizzati – c’è anche quello relativo ad Alcoa, il cui progetto era stato bloccato a giugno perché – alla richiesta di riutilizzare all’interno del sito terreni di scavo i cui valori di inquinamento rientravano all’interno di alcuni parametri – il ministero aveva risposto con la necessità di ottenere un’ulteriore autorizzazione, non prevista dai protocolli. Nella conferenza di ieri è arrivata la risposta definitiva, autorizzando l’Alles ad utilizzare i terreni, proprio come previsto dai protocolli. È il superamento di un ostacolo importante, uno dei motivi per i quali Orlando ieri è arrivato a Venezia. Tra gli altri progetti di bonifica per terreni e acqua autorizzati ci sono quelli della raffineria Eni e della Sapio Produzione idrogeno ossigeno, per la sperimentazione di nuovi processi di bonifica di falde e terreni inquinati.
(f.fur.)
Gazzettino – “Marghera malata, ma non e’ morta”
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15
ott
2013
L’ANALISI – I risultati dell’analisi conoscitiva compiuta da Comune, Porto e Ente della zona industriale
Nell’area operano ancora 11mila lavoratori diretti e 670 aziende. «Puntare sulla produzione»
Ma guarda un po’. A Porto Marghera ci sono ancora 11 mila lavoratori diretti e 670 aziende. L’incuria, l’abbandono, l’incapacità di realizzare alternative credibili ai settori eliminati, come quello chimico, non sono riuscite a radere al suolo l’area industriale. Niente a che vedere con i 40 mila dipendenti e le decine di migliaia di lavoratori dell’indotto che riempivano Porto Marghera negli anni Settanta, ma 11 mila è comunque un numero considerevole per un distretto produttivo.
«Questo significa che, nonostante la progressiva dismissione di impianti, quest’area si conferma a forte vocazione industriale, produttiva e portuale, e quindi un nodo ancora fondamentale nell’economia dell’intero Veneto» osserva l’assessore comunale alle Attività produttive, Alfiero Farinea: «E conforta la scelta di questa Amministrazione di garantire con gli strumenti urbanistici e l’impegno di ogni giorno tale vocazione industriale».
I numeri escono dall’indagine conoscitiva sulle attività economiche presenti nell’area industriale di Porto Marghera promossa da Comune di Venezia, Autorità Portuale ed Ente della Zona Industriale di Porto Marghera. Scopo? Esplorare e comprendere le trasformazioni che stanno interessando il polo industriale, nonché le esigenze e le necessità delle aziende localizzate nell’area. Insomma, per capire di cosa hanno bisogno le industrie esistenti e quelle che, auspicabilmente, si insedieranno, bisogna prima conoscere la situazione. L’elaborazione della ricerca non è ancora completata, ma già i primi risultati permettono di dire che ci sono profonde trasformazioni in atto che vedono, accanto a pesanti crisi accompagnate da dismissioni di impianti produttivi, numerosi processi di ristrutturazione e di riconversione economica.
Porto Marghera, in sintesi, “non è morta ma è un malato grave che va curato” e che, fino ad oggi a quanto pare, si è curato da solo. Le crisi, purtroppo, sono ben conosciute. I settori che trainano: la green economy e le soluzioni energetiche alternative, in particolare, stanno andando forte, e la riconversione in atto della raffineria Eni in bioraffineria è solo la punta dell’iceberg. Poi ci sono le attività logistico portuali, il settore del recupero e del trattamento dei rifiuti con l’ecodistretto di Veritas.
«Altre funzioni produttive sono quelle legate al Parco scientifico e tecnologico, come il progetto per l’area Vega 2 dedicato all’Expo 2015, fondamentale perché consentirà finalmente l’accesso al Vega dall’acqua del canale Brentella. E la riconversione di tutta quell’area è molto importante perché è una continuazione della città» continua l’assessore Farinea.
Tutti gli imprenditori che hanno aderito al sondaggio giudicano una priorità l’incentivazione e il potenziamento dell’aspetto produttivo e industriale di Porto Marghera, uno dei fattori determinanti per lo sviluppo delle proprie attività (le aziende dei settori più strettamente industriali gli assegnano un valore pari a 5,55 su una scala di importanza da 1 a 10, e gli operatori del settore logistico-portuale addirittura 6,24).
D’altro canto è riconosciuto che la dotazione infrastrutturale del sito, la sua collocazione centrale rispetto al Veneto e oltre, la forza lavoro altamente qualificata sono indubbi vantaggi rispetto ad altre aree produttive.
L’ASSESSORE FARINEA
«Puntiamo sullo snellimento delle procedure burocratiche»
Nel futuro di Porto Marghera ci sono due altri elementi che possono diventare punti di forza, ma solo se verranno curati a dovere: la grande quantità di aree a disposizione, e la burocrazia.
Riguardo al primo «è a buon punto la trattativa con Eni e Regione per il trasferimento delle aree promesse dal gruppo energetico e la costituzione di una società che le gestirà e le metterà a disposizione degli investitori – spiega l’assessore Alfiero Farinea -. Quanto alla burocrazia il problema è quello delle competenze che s’intrecciano e si accavallano.
Ebbene, l’articolo 37 del “decreto del fare” appena varato dal Governo prevede la possibilità di stipulare, con ministeri e enti competenti, accordi che necessitano di procedure semplificate. Abbiamo preso contatto con il ministero dello Sviluppo economico, prospettando la possibilità che arrivino proposte dal basso per procedure semplificate». E il Ministero si è dimostrato molto interessato.
«Per questo – conclude l’assessore – abbiamo creato un ufficio ad hoc con un dirigente e tre tecnici dello Sportello unico Urbanistica, delle Attività produttive e dell’Ambiente e, a giorni, manderemo le prime bozze di un contratto al Ministero».
(e.t. )
Nuova Venezia – Porto Marghera. Bonifiche, c’e’ il ministro Orlando.
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15
ott
2013
In discussione oggi l’accordo, firmato da Clini, per accelerarle
MARGHERA – Arriverà oggi a Venezia il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, per discutere dell’accordo per accelerare le bonifiche di Porto Marghera che era stato siglato ad aprile dello scorso anno tra gli enti locali e il ministero dell’Ambiente, guidato all’epoca dal veneziano Corrado Clini.
Accordo che sembrava essere stato messo in discussione qualche mese fa quando, alla richiesta dell’Alcoa – nell’ambito dei protocolli dell’accordo – di utilizzare nell’area di proprietà terreni di scavo che rispettavano un determinato limite di inquinanti, il ministero dell’Ambiente aveva risposto prospettando la necessità di un’ulteriore specifica autorizzazione, sollevando le proteste degli enti locali per il rischio che quell’accordo e quei protocolli, ritenuti fondamentali per il rilancio dell’area, potessero diventare carta straccia.
Oggi alla 11 ci sarà la conferenza dei servizi in Regione per discutere di alcuni progetti di bonifica, messa in sicurezza e nuovi insediamenti nell’area individuata come Sito di interesse nazionale (Sin) di Porto Marghera, e tra questi si parlerà anche del progetto dell’Oleificio Medio Piave.
Un incontro al quale potrebbe partecipare anche Orlando che di sicuro però sarà alle 12 in prefettura per un incontro, oltre che con il prefetto, con il presidente della Regione, Luca Zaia e il commissario regionale alle bonifiche, Giovanni Artico.
Al di là dei singoli progetti al vaglio della conferenza dei servizi, infatti, il ministro Orlando dovrebbe arrivare a confermare la validità dell’accordo firmato dal suo predecessore e a garantire l’impegno per procedere in modo spedito alla bonifica dell’area di Porto Marghera.
Nuova Venezia – Venezia. Nuovo canale, basta con i progetti devastanti in laguna.
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14
ott
2013
l’intervento
Leggiamo sulla stampa una notizia scioccante per chi ritiene che la Laguna di Venezia non sia semplicemente un anello indistinto di acque dove scavare a piacimento profondi canali industriali: l’Autorità portuale e il Magistrato alle Acque hanno incaricato il Consorzio Venezia Nuova di progettare una struttura in grado di “proteggere” il Canale dei Petroli – nel tratto da San Leonardo a Fusina – dai fenomeni erosivi che tendono da sempre ad interrarlo. Si tratta di una scogliera lunga sette chilometro e mezzo, realizzata con pietrame di grande pezzatura (da una a tre tonnellate), per reggere l’urto delle onde generate a ogni passaggio di nave nel suddetto canale.
Ma il Palav – Piano di Area della Laguna e dell’Area veneziana – prescrive in Laguna l’utilizzo di materiali e marginamenti tradizionali.
E non è tutto: ai lati del canale sono progettate cinque nuove “barene”, di cui due sarebbero pronte ad accogliere fanghi di tipo “B”. Tali fanghi secondo il Protocollo Fanghi del 1993 – accordo per lo smaltimento dei fanghi veneziani tuttora vigente – si possono utilizzare per il «recupero e il ripristino di isole lagunari» ma garantendo «un confinamento permanente del materiale utilizzato… in maniera da evitare erosioni e sommersioni in caso di normali alte maree».
Materiale pericoloso, che non deve venire a contatto con le acque lagunari; dunque le nuove strutture di cui al progetto non sono barene, ma vere e proprie “casse di colmata”. Ma gli imbonimenti in Laguna sono vietati dalla normativa speciale. Questi fanghi poi ammonterebbero a 5 milioni e 600 metri cubi. E da dove verrebbero, dato che ci si preoccupa di doverli stoccare? Presumibilmente dall’escavo di un nuovo canale portuale (lungo il Contorta Sant’Angelo?), parimenti vietato dalla normativa vigente o comunque non previsto dal Piano regolatore del porto (e del Comune).
Al di là del progetto, che verrà sicuramente bocciato dato che platealmente e con arroganza contraddice tutte le normative vigenti in Laguna, ci si deve chiedere: ma chi decide il futuro della Laguna? Qual è l’idea di Laguna che dobbiamo perseguire? Chi pianifica? Possibile che ogni giorno ci si debba attendere l’arrivo di un altro progetto devastante?
Sappiamo che il Piano regolatore del porto risale al 1965, quando le finalità e le prospettive erano ben diverse dalle attuali. All’Autorità portuale si riconosce (legge portuale 1994 e Palav 1995) il dovere di approntare un nuovo piano, corrispondente a diverse finalità (riequilibrio, compatibilità, sostenibilità) e a nuovi problemi emersi nel frattempo. È dunque urgente provvedere a un nuovo disegno pianificatore. O l’Autorità portuale teme che la sua visione della Laguna – che emerge nei vari progetti, assoggettata alle esigenze del porto e non viceversa, come ci si aspetterebbe – venga bocciata da comuni interessati (Venezia, Mira e Cavallino) e dalla Commissione Via (nazionale) tenuta a valutare il piano?
Presidente Italia Nostra Sezione di Venezia
Lidia Fersuoch
Crociere alla ricerca di un accordo su alternative
Una settimana per convocare a Roma il Comune, il Porto e il Magistrato alle Acque. E fissare la riunione decisiva sulla uestione grandi navi. Lo ha promesso davanti alle paratoie del Mose il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi. «Il problema va risolto al più presto», dice, «c’è un decreto che vieta il passaggio delle grandi navi davanti a San marco. Va rispettato, e noi intendiamo farlo. Se gli enti si metteranno d’accordo e presenteranno una proposta alternativa unitaria bene. Altrimenti decideremo noi».
Così comitati ed esperti hanno cominciato a incontrarsi per trovare un «progetto unitario», come suggerito qualche settimana fa dal senatore Casson. Sul tappeto lo scavo del nuovo canale Contorta, proposto dal Porto – ma il progetto di una nuova scogliera «protettiva» di 7 chilometri a lato del canale dei Petroli presentata in Salvaguardia ha adesso sollevato nun nuovo allarme – ma anche Marghera (il Comune), Punta Sabbioni (De Piccoli), nuovo canale dietro la Giudecca (Scelta civica e Vtp).
Non c’è accordo su quale sia l’alternativa migliore, per ora. Il sindaco insiste per Marghera ed eventualmente per far passare le navi – in via provvisoria – dal canale Vittorio Emanuele con arrivo a Marghera. Sarebbbe la soluzione più rapida, dice Orsoni. Ma il Porto ha messo il veto. «Troppo traffico mercantile» e va avanti per la sua strada. Anzi, per il suo canale, il Contorta, che secondo Paolo Costa può rappresentare un’occasione di recupero ambientale per l’area centrale della laguna. «È falso», replicano ambientalisti e comitati, «le scogliere non sono recupero ambientale».
Per i comitati l’unica soluzione per salvare la laguna e anche il crocierismo e il lavoro è quella di escludere dalla laguna le navi incompatibili e troppo grandi. Che dovrebbero ormeggiare lontano.
(a.v.)
Nuova Venezia – Grandi navi, il ministro accelera “Decideremo entro ottobre”.
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13
ott
2013
Lupi annuncia: vogliamo rispettare il decreto.
Polemica sulla scogliera di sette chilometri che il Porto vuole a lato del canale dei Petroli.
Italia Nostra: proposta scioccante, basta scavare canali in laguna
«C’è una legge che vieta il passaggio delle grandi navi davanti a San Marco e il governo intende applicarla. Spero che gli enti locali si mettano d’accordo sulla soluzione alternativa. In caso contrario, decideremo e ci prenderemo la nostra responsabilità».
Il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi annuncia: «La prossima settimana convocheremo la riunione saltata qualche giorno fa per la minaccia della crisi. Ed entro ottobre prenderemo una decisione».
Si avvicina dunque il momento delle scelte per le alternative alle grandi navi in laguna. E le polemiche sono sempre più calde. L’Autorità portuale e il Magistrato alle Acque hanno presentato alla Salvaguardia il progetto per la «protezione del canale Malamocco Marghera». Proposta elaborata dal Consorzio Venezia Nuova e dalla società Hydrostudio-Rinaldo srl. Sono previsti sette chilometri e mezzo di nuove scogliere con una larghezza di 26 metri. E anche «barene traslate» che dovrebbero essere costruite con 5 milioni e 600 mila metri cubi di fanghi, probabilmente scavati dal nuovo canale Contorta Sant’Angelo. Il progetto alternativo del Porto dunque muove i primi passi operativi. Anche se il ministero non ha deciso e il Comune è contrario e propone la nuova Marittima a Marghera.
«Il Contorta? Un progetto scioccante», lo definisce Lidia Fersuoch, presidente della sezione veneziana di Italia Nostra, «fatto da chi pensa che Venezia sia solo un anello indistinto di acque dove scavare a piacimento profondi canali industriali». Una scelta che secondo Italia Nostra contrasta con le normative vigenti.
Scogliere in laguna. Come si è fatto per il Mose, per le difese fatte dal Consorzio Venezia Nuova alle isole minori come il Lazzaretto Nuovo. Ieri mattina intanto all’Istituto veneto di Scienze, Lettere e Arti intenso dibattito sulle alternative per le navi da crociera. Il presidente Costa ha rilanciato la sua ipotesi («Unico progetto sul tappeto fattibile in tempi brevi», insiste, «che avrebbe anche una valenza ambientale»). Contestato da Andreina Zitelli (e Stefano Boato (Iuav), dal comitato No Grandi Navi.
«Paolo Costa ha svelato finalmente il suo obiettivo», dice il portavoce Silvio Testa, «la divisione in due della laguna con scogliere lunghe chilometri. Altro che riequilibrio ambientale. Se si vogliono salvare davvero la laguna, la portualità e il lavoro le grandi navi devono restare fuori, come suggerisce l’ingegnere Luigi D’Alpaos».
Si è parlato anche della convenienza economica delle crociere. «Non portano vantaggi alla città, i costi sono superiori», ha detto l’economista Giuseppe Tattara.
Alberto Vitucci
PUNTURINE
Venezia città a rischio, ora lo sanno anche gli americani
Doveva accadere che qualcuno, prima o poi, se ne accorgesse anche lontano dalla laguna. E scoprisse, con raccapriccio, che Venezia non è più il posto delle favole. Che ha cessato di essere l’ottava meraviglia del mondo, quel luogo magico che galleggia sulle acque come per incanto, dove tutti gli abitanti della terra, giovani e vecchi, sognano di andare almeno una volta nella vita. No, adesso Venezia è una città a rischio. A rischio di disastro e di scomparsa. E condivide questo triste destino, la città che fu Serenissima, con altri 66 siti storici e archeologici di quarantuno Paesi del mondo. Non più morte “a” Venezia, ma morte “di” Venezia. L’hanno scoperto e decretato, con tanto di carte intestate e di timbri ufficiali, gli americani. Gente che notoriamente ama Venezia ed è sensibile ai sui problemi. Fin da quando, una cinquantina di anni fa, tirato per la manica dell’impermeabile candido, modello Bogart in Casablanca, dalla contessa “rossa” Teresa Foscari Foscolo, uno dei Kennedy, Ted, ciuffo al vento e camminata da star, piombò commosso sui murazzi devastati dall’alluvione per rendersi conto dei danni e promettere aiuti a stelle e strisce. L’allarme rosso, lanciato a livello mondiale, arriva adesso da New York, dove Bonnie Burham, presidente del World Monuments Fund, ha annunciato, con la necessaria voce di circostanza, che la città dei Dogi è stata inserita tra i sessantasette siti mondiali più a rischio, per l’impatto devastante del turismo (25 milioni di visitatori l’anno, in continua crescita), e per il pericolo rappresentato dal passaggio delle grandi navi nel bacino di San Marco. Che non è propriamente una menzione di merito, e nemmeno una medaglia. Secondo gli americani del WMF, quello della città lagunare è un “drammatico esempio” di un modello economico di sviluppo legato al turismo, che rischia di distruggere la città e il suo patrimonio storico, artistico e culturale. Non fosse che hanno scoperto l’acqua calda, attività in cui molti americani abitualmente eccellono, e che l’hanno scoperta con un bel po’ di anni di ritardo, è tutto drammaticamente vero: a Venezia tutto è drammaticamente a rischio. A cominciare dalla protezione della città dalle alluvioni: a quarantasette anni dalla tragica “acqua granda” del 1966, il grande sistema di barriere mobili che dovrebbe difendere la città, non è ancora in funzione. Bene dunque che finalmente anche gli americani si rendano conto del rischio. Bene che tramite loro se ne accorga (forse) anche il resto del mondo. Resta da domandarsi se l’inserimento di Venezia tra i siti mondiali più a rischio, che dovrebbe fungere da stimolo ai governanti, servirà a qualcosa. Se risolverà il problema. Probabilmente no. Passato lo choc, e l’inevitabile buriana di polemiche, tornerà a soffiare lo scirocco, e non succederà assolutamente nulla. Come non è successo nulla dal dopoguerra, salvo l’affermarsi incontrollato e ingovernato della monocultura turistica, l’esodo della popolazione, il calo del numero degli abitanti, l’aumento vertiginoso delle presenze turistiche, e il cambio dei connotati del tessuto urbano, con lo spuntare di negozi di maschere e fast food al posto del panettiere, del lattaio e di tutti quegli esercizi commerciali che scandiscono i ritmi di una vita normale in una città normale. Ma Venezia non è più una città “normale”. Un raffinato analista come Giuliano Segre, presidente della Fondazione di Venezia, ha detto recentemente ad un convegno che i 25 milioni di turisti sono destinati a diventare, in non moltissimi anni, 50 milioni. Non potendo sparare loro addosso come leprotti, bisognerebbe trovare i modi per governare questi enormi flussi. Ma servirebbero governanti all’altezza.
Roberto Bianchin
r.bianchin@repubblica.it
Nuova Venezia – Grandi navi. Orsoni, ricorso al Tar per il canale.
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9
ott
2013
Grandi navi, il sindaco anche contro Costa sceglie le vie legali: «La delibera votata dal comitato portuale è illegittima»
VENEZIA – Ricorso al Tar contro la delibera del comitato Portuale che ha approvato il progetto del canale Contorta.
«È illegittima», spara senza appello il sindaco Giorgio Orsoni. L’insistenza con cui l’Autorità portuale e il suo presidente Paolo Costa rilanciano il progetto alternativo per le grandi navi non gli è piaciuta. «Sono stupefatto», sbotta, «il nuovo canale è in assoluto contrasto con il Piano regolatore portuale esistente. Il Porto comanda sulle banchine, non può decidere su quello che è al di fuori dell’ambito portuale».
Dunque, anticipa il sindaco, «la impugneremo. Ho dato mandato in questo senso all’Avvocatura civica di preparare il ricorso. Il Porto non può pensare di pianificare la città».
Di nuovo muro contro muro, dunque. E Orsoni rilancia l’ipotesi del terminal per grandi navi a Marghera. Ma Costa ha definito il nuovo canale Contorta-Sant’Angelo «unica alternativa possibile».
«Non è assolutamente vero. La cosa più semplice, e sono in grado di dimostrarlo, è risezionare il già esistente canale dei Petroli e andare a Marghera. Semmai facendo arrivare le navi in Marittima dal vecchio canale Vittorio Emanuele. Il Porto non vuole farlo, perché così si dimostrerebbe che alla fine Marghera è più comoda».
Almeno sul numero chiuso Porto e Comune sembravano d’accordo. «No. Perché così il numero chiuso è un imbroglio. Se tengo fermo il numero delle navi e le navi sono sempre più grandi la situazione per la città peggiora».
Con il Contorta il Porto garantisce il risanamento ambientale della laguna, che perde 700 mila metri cubi di sedimenti ogni anno. «Il risanemento ambientale è sacrosanto, e si deve fare a prescindere. Non mi pare che lo scavo di un canale del genere possa avere ripercussioni positive sull’equilibrio lagunare».
Costa sostiene che l’unico progetto vero è quello. Gli altri sono idee, e riguardano siti alternativi e non vie alternative. «Anche quello è un’idea, non ancora un progetto. Bisogna fare delle verifiche. E poi se si aprirà la procedura bisognerà valutare tutti i progetti presentati. Se il Porto ha già speso dei soldi per quel progetto pensando che fosse deciso ha sbagliato. Una fuga in avanti anche dal punto di vista economico».
Bisognerà decidere presto. Notizie del vertice annunciato al ministero? «Sabato il ministro Lupi verrà a Venezia per il Mose. Ho chiesto di incontrarlo».
Alberto Vitucci
Royal Princess alla Giudecca, proteste per fumi e rumori
Fondamenta della Giudecca, ore 12. Un frastuono assordante annuncia il passaggio della Royal Princess, meganave da crociera da 141 mila tonnellate, lunga 350 metri e alta come il campanile di San Giorgio. Sul ponte 12, a cinquanta metri di altezza sull’accqua, megaschermo e turisti che ballano e guardano la città dall’alto.
«È sempre così, passano con la musica a tutto volume, come se noi fossimo un filmino sullo sfondo», si arrabbia un anziano abitante. La gente sulla riva guarda passare la nave che non finisce mai.
«A me tremano i vetri, i canali interni si svuotano al passaggio di queste navi», gli fa eco un’anziana che abita alle Zitelle.
Gli abitanti protestano da anni, ma il numero delle navi è aumentato, le loro dimensioni anche. E visto dalla fondamenta delle Zitelle, il passaggio della meganave fa impressione. San marco e le Zattere completamente oscurati per qualche minuto, rimorchiatori che precedono e seguono. Poi la manovra dietro lo Stucky e l’arrivo in marittima. Una delle 409 navi che ogni anno arrivano in città passando per San marco e il canale della Giudecca. Un traffico ormai insostenibile, per cui si cercano – invano – alternative. Il nuovo canale proposto dall’Autorità portuale, Marghera sponsorizzata dal Comune, Punta Sabbioni, Santa Maria del Mare, il passaggio dietro la Giudecca. mentre si discute le navi continuano il loro passaggio. E oltre all’effetto visivo continuano a rilasciare nell’aria inquinanti e fumi neri che escono dai motori sempre accesi, onde elettromagnetiche dei rada sempre in funzione. E adesso anche musiche ad altissimo volume. Un modello di turismo che venezia vuole cambiare.
«Ma dei 2 milioni di passeggeri delle navi solo 300 mila visitano Venezia, meno di un sesto», dicono al porto. Dunque, il problema del turismo va affrontato a monte, cercando – ma non lo si fa – di invertire la tendenza ad aumentare le navi, i voli, i treni, le persone che arrivano a Venezia e che arriveranno con l’Expo 2015.
Le multe per il tuffo le paghi il Comune
Duemila euro di multa a chi si è tuffato per dire no alle grandi navi? Paghi il Comune, visto che spetterebbe a lui salvare la città e non lo sta facendo. Orsoni dovrebbe solo ringraziare gli attivisti che con quel gesto eclatante hanno mostrato al mondo che la salvaguardia di Venezia ai veneziani interessa.
La legge è legge e le multe erano attese, ma sarebbe un bel gesto da parte del Comune di Venezia farsene carico o attivarsi per l’annullamento, visto che in fondo quei 33 attivisti che si sono calati in acqua alla Giudecca non sono accusati di violenza o danneggiamenti, ma solo di aver dimostrato di tenere a Venezia e di lottare per la sua salvaguardia. Compito questo che spetterebbe in primis al Comune, che tuttavia finora ha fatto ben poco a riguardo.
Se oggi c’è un dibattito in corso sulla destinazioni delle grandi navi è quasi esclusivamente per merito di chi ha portato la questione sotto i riflettori, anche con gesti eclatanti, facendo muovere ministri e portando la questione all’attenzione dei grandi media, anche stranieri. Poi il numero chiuso è solo un sedativo: come dire che questi grattacieli galleggianti non sono un problema e questo cancro non va curato, ma solo calmato. Una non decisione. Il problema non sono quante navi si inchinano al cospetto della città, ma il fatto stesso che ciò avvenga.
Lorenzo Miozzi – Movimento consumatori
Il canale dei Petroli e la “Costa Contorta”
L’ideona del presidente dell’Autorità portuale di prolungare il canale dei Petroli per fare entrare in porto le grandi navi, scaricando cinque milioni di metri cubi di fanghi, va degnamente battezzata: è la Costa Contorta. Contribuirebbe all’affondamento di Venezia?
Alessandro Passi – Venezia
Nuova Venezia – Venezia, Grandi navi. Il Comitato: “Referendum contro i mostri”
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8
ott
2013
Silvio Testa: «Facciamo come a Key West».
Walter Orlando: «L’alternativa è il Vittorio Emanuele»
«Un modello di crociere che va fermato. Perché alla città porta tanti danni e pochi benefici. Facciamo come a Key West, in Florida, dove gli abitanti hanno promosso un referendum sulle grandi navi che minacciavano la barriera corallina. E lo hanno vinto».
Il Comitato «No Grandi Navi» torna all’attacco. Chiedendo «soluzioni drastiche per fermare un’invasione di navi troppo grandi, fuori scala e sproporzionate per la laguna».
«Lì 3 abitanti su 4 hanno detto no», spiega Silvio Testa, portavoce del comitato, «non non soltanto alle navi ma alle masse di turisti che sbarcano e all’invasione di paccottiglia, all’inquinamento da fumi e da radar, alla devastazione dell’ambiente. E a Key West non c’è una laguna….»
La battaglia non si ferma, in vista della decisione del governo sulle alternative al passaggio delle grandi navi davanti a San Marco. Il divieto del decreto Clini-Passera è ormai di un anno e mezzo fa, qualche mese dopo il naufragio della Costa Concordia. Ma in laguna non è applicato, in attesa dell’esame delle alternative. Secondo il Comitato, scegliere Marghera o altri siti dentro la laguna significherebbe tenere per sempre le grandi navi.
«Noi proponiamo che dentro la laguna siano ammesse solo quelle compatibili», dicono.
Contro il canale Contorta, sostenuto dall’Autorità portuale, si è schierato il senatore del Pd Felice Casson, primo firmatario della nuova Legge Speciale per Venezia
«Esaminiamo le alternative, cerchiamo una sintesi unitaria», dice ma l’unica cosa certa è che non si devono scavare nuovi canali. Danni ne sono già stati fatti abbastanza con il canale dei Petroli».
Intanto restano sul tavolo le idee di far passare le navi dietro la Giudecca (Scelta civica, finanziato da Venezia Terminal passeggeri) e di Cesare De Piccoli (Punta Sabbioni).
Walter Orlando, amministratore delegato della Sadop (Servizi assistenza doganale e portuale) ricorda invece che una via alternativa di accesso alla Marittima senza scavare il Contorta c’è già.
«Si chiama canale Vittorio Emanuele», dice, «e ho visto con piacere che anche il sindaco Orsoni non la esclude in un prossimo futuro». Un progetto che Orlando aveva inviato un anno e mezzo fa al Magistrato alle Acque e al ministero per l’Ambiente. «Mi avevano risposto dopo sei mesi, niente di preciso», dice, «adesso chiedo di sapere».
(a.v.)
Key West dice no alle Grandi navi (con un occhio a Venezia)
Referendum sulle crociere nella località della Florida. Vince il no con il 73%. Anche grazie alle immagini dei «mostri» in Laguna
VENEZIA. Il 73% dei cittadini ha votato «bocciando» il passaggio delle grandi navi. A Venezia? No a «Key West» in Florida, dove il sindaco aveva organizzato una consultazione pubblica per decidere sulla costruzione di un canale che, attraversando la «barriera corallina», avrebbe consentito alle crociere di arrivare nella località statunitense, l’ultima di una striscia di isole che dalla Florida si dipanano nel golfo del Messico.
E come hanno fatto i comitati anti-crociere americani a convincere i cittadini? Mostrando le foto di Venezia «assediata dai mostri del mare».
«Le foto e i filmati allucinanti che mostrano Venezia assediata dalle grandi navi hanno spaventato e convinto la gente di Key West a dire no!», racconta Giovanni Novara, veneziano che da otto anni abita nella località della Florida.
«Facciamo come a Key West, in Florida, dove gli abitanti hanno promosso un referendum sulle grandi navi che minacciavano la barriera corallina. E lo hanno vinto».
Vista l’eperienza Usa il comitato veneziano «No Grandi Navi» torna all’attacco. Chiedendo «soluzioni drastiche per fermare un’invasione di navi troppo grandi, fuori scala e sproporzionate per la laguna». «Lì 3 abitanti su 4 hanno detto no», spiega Silvio Testa, portavoce del comitato, «non soltanto alle navi ma alle masse di turisti che sbarcano e all’invasione di paccottiglia, all’inquinamento da fumi e da radar, alla devastazione dell’ambiente. E a Key West non c’è una laguna….»
In aumento i transiti dei “giganti”
Meno navi, più passeggeri. Ma le Grandi navi sono in aumento, quelle sotto le 40 mila tonnellate in netta flessione.
Nel 2011 i passeggeri delle crociere arrivati a Venezia (esclusi i traghetti) erano un milione 451 mila. Oggi sono un milione 577 mila. E soltanto 67 mila arrivano a bordo di navi medio piccole.
Coloro che scelgono per il viaggio navi sopra le 130 mila tonnellate sono passati da 149 mila (nel 2011) a 502 mila.
Le toccate in Porto delle navi inferiori alle 40 mila sono state 214 nel 2013 (meno 15 per cento), quelle più grandi 409 (più 4,3 per cento). Il numero totale delle navi da crociera arrivate nel porto di Venezia nel 2013 è di 527 unità, a cui vanno aggiunte 96 in transito e 208 traghetti. Questi ultimi sono in netta flessione, passati dai 341 del 2011 ai 208 del 2013.
Le piccole navi diminuiscono, mentre le supernavi oltre le 120 mila tonnellate sono aumentate dalle 24 del 2011 alle 35 del 2012 fino alle 82 di quest’anno.
(a.v.)
Lettera di italia nostra al ministro bray
«I Beni culturali hanno poteri di intervento»
La sezione veneziana chiede in una lettera di garantire la salvaguardia dalle Grandi navi
Anche il Ministero dei Beni Culturali e la stessa Soprintendenza – contrariamente a quanto dichiarato dal soprintendente Renata Codello – hanno poteri di intervento sul problema delle grandi navi. Ne è convinta la sezione veneziana di Italia Nostra che con una lettera del presidente Lidia Fersuoch al ministro Massimo Bray solleva il problema.
«Sorprende – scrive Italia Nostra – che non sia stata da alcuno evocata la competenza del Ministero per i beni e le attività culturali nel regolamento del traffico dei mezzi natanti in ambiti, come certamente il Bacino di San Marco e la Laguna, che, appartenenti al demanio idrico e allo storico complesso sistema della canalizzazione lagunare, sono per certo assoggettati alla speciale tutela secondo la previsione dell’articolo 10, primo comma, del codice dei beni culturali e paesaggistici».
E prosegue più avanti: «Neppure gli organi periferici del Suo Ministero sono stati e sono consapevoli del compito di tutela diretta che, irrinunciabile, loro spetta sul sistema di artificiale regolazione dei movimenti delle acque e delle comunicazioni nell’ambito lagunare, con il conseguente potere di interdire (anche in via cautelare, art. 28 del “codice”) la navigazione di natanti di caratteristiche e dimensioni incompatibili con il carattere storico di quelle opere idrauliche e di quell’ambiente (pensiamo al Bacino di San Marco e alla Laguna tutta) e tali perfino da esporre a rischio di pregiudizio l’integrità di contigui beni altrimenti tutelati come le “rive”, i più prossimi edifici monumentali che vi si affacciano, nonché della preziosa morfologia della Laguna.
Italia Nostra crede dunque, in conclusione, che lo scandaloso fenomeno del transito delle gigantesche navi crocieristiche non solo in Bacino San Marco ma anche in Laguna, che incontra la generale riprovazione nella opinione di ogni paese civile, chiami in causa la diretta responsabilità del Suo Ministero, cui l’ordinamento attribuisce il potere – dovere di assicurare, prevalendo su ogni altro interesse anche di riconoscibile rilevanza pubblica, la salvaguardia, innanzitutto fisica, dei caratteri che rendono unica e incomparabile la città di Venezia e la sua Laguna».
(e.t.)
Gazzettino – “Porto Marghera sotto scacco”
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7
ott
2013
MESTRE – Duro attacco anche alla burocrazia «che blocca le bonifiche e vanifica i progetti validi»
L’assessore Gianfranco Bettin: «Le mire di Treviso e Padova frenano la riconversione»
L’ACCUSA «Porto Marghera è un punto di svolta: o fa il salto di qualità o sprofonda nella depressione. Intanto, però, se ne vedono bene i nemici». Lo dice l’assessore all’Ambiente del Comune, Gianfranco Bettin parlando di bonifiche e del futuro dell’area industriale.
L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE «Eppure ci sono tanti segnali positivi»
«Gli accordi sulle bonifiche e con l’Eni per le aree, gli investimenti di Porto, Enel e Veritas, il Vallone Moranzani, il porto crociere a Marghera».
Gianfranco Bettin lancia l’allarme contro i poteri forti che ne ostacolano la rinascita
«Porto Marghera, troppi nemici»
«Treviso vuol farne la sua pattumiera, e Padova la sua dependance portuale»
FUTURO INCERTO – Cosa ne sarà della grande zona industriale di Porto Marghera?
«Porto Marghera è un punto di svolta: o fa il salto di qualità o sprofonda nella depressione. Intanto, però, se ne vedono bene i nemici».
Gianfranco Bettin, assessore all’Ambiente, si occupa da una vita di Marghera ed è tuttora uno degli amministratori più impegnati su questo fronte. I nemici della rinascita chi sono?
«Le cordate che, in Regione e altrove, fanno gli interessi di altre aree e di business diversi dalla vocazione portuale-industriale che ha fatto di Marghera una capitale europea dell’impresa e della tecnologia, oltre che del movimento operaio, prima che – dagli anni ’80 – cadesse in mano soprattutto agli speculatori e alla finanza parassitaria.»
Dopo i nuovi accordi siglati da Comune, Provincia e Regione con il ministero dell’Ambiente guidato da Clini, si è fermato tutto. Chi è che sabota?
«Lobbies diverse. C’è quella, molto forte a Treviso e altre aree del Veneto, che vorrebbe fare di Marghera la propria pattumiera, per non responsabilizzarsi sul proprio territorio e portando qui i rifiuti tossici di mezzo mondo. Per questo la Commissione regionale V.I.A. tenta di cambiarci d’imperio il Piano regolatore. Un gran favore alle ecomafie, tra l’altro. Per fortuna abbiamo vinto al Tar il primo round.»
Si riferisce all’operazione Alles?
«E non solo. Un’altra cordata è quella che, col PTRC della Regione, vorrebbe fare di Marghera una mera dependance dell’interporto di Padova. Per fortuna vi sono anche altre tendenze, più lungimiranti.»
Quali?
«Mettiamo in fila le recenti cose buone. Con il Pat, il Comune ha ribadito la vocazione industriale e portuale di Marghera, nel segno dell’innovazione e della sostenibilità. Con l’accordo sulle bonifiche, si sono riviste procedure che bloccavano tutto da decenni. Con l’accordo con Eni sulle aree si ridaranno spazi agli investimenti, mentre stanno già investendo Autorità Portuale e altri soggetti, anche pubblici, come Enel o Veritas-Ecoricicli con l’ecodistretto. Con il progetto Moranzani si è legato il risanamento ambientale al meccanismo produttivo, rilanciandoli entrambi, se non prevarranno le difficoltà legate alla vicenda dell’elettrodotto. Con l’accordo sull’SG31 abbiamo evitato l’apertura di un altro pericoloso inceneritore, idem per ora con la vittoria al Tar su Alles e, grazie all’aumento della raccolta differenziata, entro pochi mesi chiuderemo l’inceneritore di rifiuti urbani. La stessa proposta di trasferire a Marghera la Marittima Passeggeri potrebbe essere una grande opportunità, insieme al rilancio della cantieristica e del Vega (mentre stiamo investendo molto sulla banda larga, base di ogni ’smart city’ e di ogni ‘new economy’, per dirla in dialetto… »
Se, appunto, non vincono quei nemici.
«Come i burocrati del Ministero per l’Ambiente che bloccano i nuovi accordi o gli Azzeccagarbugli dei Beni Culturali con il loro demenziale vincolo finto-paesaggistico sulle aree degradate della zona industriale, che impedirebbe ogni trasformazione innovativa e sostenibile. Abbiamo fatto ricorso a Napolitano, e Zaia e Orsoni lo hanno detto al Governo, ai neoministri Bray e Orlando, con il quale ci siamo incontrati anch’io e il direttore Artico della Regione a nome dell’assessore Chisso (a proposito: auguri di pronta guarigione!).»
Siamo allo scontro finale, dunque?
«Si, tra la città nuova, con l’impresa, il lavoro, la politica che guardano al futuro, e quelli che guardano solo al proprio interesse particolare, a volte losco, sempre miope.»
Maurizio Dianese
Gazzettino – Venezia, Grandi navi. “Marghera, o sara’ il mondo a dire basta”
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6
ott
2013
GRANDI NAVI E POLEMICHE
GRANDI NAVI Vianello: «Nessuna speculazione su Porto Marghera»
Alessio Vianello: «Nessuna speculazione ma un progetto di Marittima a Marghera per evitare che il mondo decida sulle grandi navi».
«Project financing da 400 milioni cui partecipino tutti»
«Le difese cieche dello status quo danneggiano i lavoratori»
L’INVITO «Il presidente Costa si apra ad una verifica tecnica e trasparente»
IN PARLAMENTO «Serve una sola proposta condivisa Altrimenti i potentati ci schiacciano»
Alessio Vianello difende il progetto di trasferimento della Marittima avversato da quasi tutti
L’avvocato replica alle accuse: «Speculazioni sulle aree? Assurdità senza senso, non si prevedono vendite»
«Mentre qui si discute i potentati lavorano sott’acqua, e molto bene. Se non arriviamo con una proposta unitaria quelli ci faranno a pezzi: c’è il rischio concreto di trovarci di fronte ad una soluzione già presa mentre noi discutiamo sulle navi dentro o fuori dalla laguna».
Il senatore Pd Felice Casson e il deputato di Sel Giulio Marcon hanno ben descritto la situazione attuale: da una parte una proposta già depositata come quella del porto, con lo scavo di un nuovo canale per mantenere lo scalo della Marittima. Dall’altra la frangia molto ampia ma eterogenea di chi non vuole le grandi navi in città.
Marcon ha reso noto che ha già chiesto al Governo di riconvocare immediatamente il vertice saltato il 1. ottobre, con lo scopo di individuare un’alternativa al passaggio delle navi a San Marco in tempi certi.
Al di là della riforma della Legge speciale, il cui percorso parlamentare si preannuncia lungo, sono in corso altre azioni sia al Senato che alla Camera per arrivare all’estromissione delle navi. Marcon ha parlato di un emendamento alla Legge di stabilità (poi saltato) che prevede tre punti: stop alle grandi navi in assenza di alternative entro un termine certo, numero chiuso in laguna, con il dato delle navi del 2012 che non potrà essere superato, la trasmissione delle competenze su bacino e canale della Giudecca al sindaco di Venezia.
«L’emendamento sarà riproposto in tutte le occasioni – ha detto Marcon – e abbiamo predisposto anche una mozione alla Camera che fissa al 31 dicembre lo stop alle grandi navi. Questa dovrebbe essere discussa in aula entro il mese».
«L’emendamento – ha ribadito Casson – deve essere discusso in aula anche con parere negativo del Governo, così vedremo finalmente da che parte stanno i parlamentari delle varie forze politiche. Ognuno si prenderà le proprie responsabilità, visto che c’è chi dice una cosa e poi ne vota un’altra».
In ogni caso, una cosa unisce un po’ tutti: no allo scavo di un nuovo canale.
«Le alternative momentanee sono due – ha concluso l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin che ha esposto il suo punto di vista personale – o si blocca tutto dalla prossima primavera o si va a Marghera».
Michele Fullin
LO SCOPO «Ho regalato il progetto perchè credo sia un dovere civico trovare una soluzione»
Teme che la crocieristica faccia la fine della chimica veneziana e ha proposto un’alternativa per sviluppare la Marittima a Marghera, come chiedeva fino a poco tempo fa il sindaco. Il progetto di Alessio Vianello, assessore negli anni Novanta e avvocato, è riuscito a mettere d’accordo quasi tutti per avversarlo. Persino l’ala ambientalista-operaista lo ha bocciato. Le accuse vanno dalla distruzione di posti di lavoro in Marittima, nel porto commerciale e nelle fabbriche fino alla speculazione sulle aree.
«Ho regalato il progetto al Comune perché credo sia un dovere civico contribuire ad una soluzione strategica, equilibrata, condivisa e graduale in 5 o 6 anni (e non come invece vorrebbe il ministero dell’Ambiente che pensa a commissariare subito la Marittima di Venezia). Altrimenti sarà il mondo ad imporre l’addio alle crociere».
La chimica di base inquina e non poteva più rimanere in riva alla laguna di Venezia.
«Non sta a me giudicare se le grandi navi possono o non possono restare ormeggiate a Venezia ma osservo e respiro la stessa difesa cieca dello status quo per la Marittima come avvenne quindici anni fa per la chimica. Chi allora insisteva per salvaguardarla porta una doppia responsabilità: di non aver accettato che una certa chimica a Marghera doveva cedere il passo a superiori esigenze ambientali e di salute pubblica ma anche di non aver costruito da subito uno scenario alternativo di logistica portuale e nuova occupazione. E chi oggi si ostina a proporre dragaggi in una laguna così fragile, come ieri chi difendeva la chimica ad oltranza, rischia di fare un doppio male proprio ai lavoratori».
Per il presidente dell’Autorità portuale veneziana, Paolo Costa, i tecnici sostengono lo scavo del canale Contorta, e la Marittima a Marghera è mortale per le altre attività.
«Bisogna usare il grandangolo non lo zoom: Marghera è grande, grandissima, 2000 ettari, ormai di fatto divisa in tre: una prima zona compresa tra Vega, canale Brentella, Fincantieri e canale nord, con una chiarissima vocazione terziaria e servizi, in prospettiva anche residenziale; una seconda area rappresentata dall’isola portuale; una terza, il vecchio petrolchimico, dove Apv sta coraggiosamente mettendo le basi per un grande sviluppo logistico e conseguentemente industriale di porto Marghera. C’è, dunque, posto per tutti».
Il suo progetto prevede la nuova Marittima nella prima area dove, però, ci sono ancora industrie.
«Con la sola eccezione del Vega, è un’area pressoché deserta, ed è vasta 500 ettari a ridosso della città, della laguna, del parco di San Giuliano e di Forte Marghera. Ho pensato che il mix di 2 milioni di passeggeri, del loro indotto turistico e ricettivo, unito all’espansione direzionale e fieristica del Vega potrebbe costituire un mix formidabile di sviluppo, e far partire una riconversione di Porto Marghera attesa da 20 anni».
Eppure dicono che lì le grandi navi non ci stanno.
«In base alle informazioni, che mi risulta siano in possesso anche di Apv, già oggi tre navi crociere sarebbero compatibili con il traffico cargo».
Paolo Costa sostiene esattamente il contrario.
«Credo che il presidente di Apv, invece di paventare irresponsabilmente rischi occupazionali, dovrebbe aprirsi ad una verifica in una sede tecnica e trasparente. Inoltre a me risulta che i proprietari delle aree abbiano mostrato interesse all’operazione, come anche le compagnie armatoriali e che pure Eni non veda controindicazioni per il suo progetto di bio raffineria».
Se anche l’Autorità si convincesse, la società che gestisce Marittima, Vtp, resterà ferocemente contraria.
«Come per Apv, ritengo che Vtp, invece di arroccarsi sulle sue posizioni, dovrebbe guidare questo processo, proporsi come gestore della nuova Marittima. Immagino un project financing con conferimenti in equity ed in natura da parte dei proprietari delle aree (quindi è impossibile qualsiasi speculazione perché non le venderebbero), degli armatori, di Apv e Vtp, con un contributo pubblico per le opere infrastrutturali e un grande piano di valorizzazione residenziale della Marittima di Venezia. Un project financing da 400 milioni supportato dal volano dei canoni e dai ricavi delle nuove residenze a Venezia. Nuovi posti di lavoro, una darsena per yacht e un terminal crocieristico collegato con quello di Venezia attraverso il canale Vittorio Emanuele. Una forza formidabile per aumentare l’offerta ed impedire che le crociere emigrino a Trieste».
NON SI SA ANCORA CHI DEVE DECIDERE
E’ sconcertante in questi giorni assistere ad una surreale confusione su chi e come debba decidere a proposito delle grandi navi da crociera a Venezia: i ministri, il sindaco, il presidente dell’autorità portuale? E con che procedura? Sconcertante anche il silenzio intorno a chi debba presentare proposte: anche i cittadini, comitati e associazioni senz’altro possono, ma chi “deve”? E chi e come dovrà valutare le alternative in campo?
Mentre i rappresentanti istituzionali sostengono semplicemente la propria soluzione progettuale (e il Consiglio Comunale, tace) è dunque utile ricordare loro, in particolare al presidente della Regione, che il Piano regionale territoriale di coordinamento adottato dalla Giunta Regionale prevede, all’art. 39, che la “portualità veneziana” sia soggetta, per coordinare salvaguardia e sviluppo portuale, ad un “progetto strategico”, finalizzato in particolare a “definire l’assetto portuale di Marghera e le specializzazioni del terminal di Venezia Marittima, che dovrà essere redatto dalla stessa Regione, “d’intesa” con i Comuni interessati e l’Autorità Portuale.
E’ esattamente quello che si deve fare, da almeno 19 mesi, dacché è stato approvato il Decreto Clini-Passera ! Ed è del tutto evidente che lo stesso iter di stesura, adozione e approvazione del progetto strategico dovrà assumere le necessarie procedure di valutazione ambientale strategica (Vas) e quindi di comparazione delle alternative.
Cosa aspettano dunque Zaia, Costa e Orsoni per sedersi attorno ad un tavolo (forse con qualche altro sindaco interessato) e far partire il lavoro che dia un seguito alle misure di cautela richieste dal Decreto Clini-Passera?
Marco Zanetti
Per capire il valore della manifestazione di sabato 21 settembre contro l’arrivo delle Grandi Navi in Laguna, basta essere andati il giorno dopo, alla manifestazione del Forum Sanità in campo Santi Giovanni e Paolo. Non solo perché entrambe le proteste chiedevano attenzione e rispetto per un diritto fondamentale: quello della sicurezza della propria esistenza e delle garanzie che le Istituzioni pubbliche devono ai cittadini, ma soprattutto perché, entrambe, sono state un modo per richiamare amministrazioni e rappresentanze a farsi carico delle loro istanze.
E il rumore che hanno provocato ha avuto l’effetto di obbligare i rappresentanti dei cittadini nelle istituzioni ad affiancarli nelle rivendicazioni prendendo atto delle loro argomentazioni. Infatti nessuno dei politici partecipanti alla manifestazione di domenica 22, ha, neanche per un momento, pensato di disconoscere il ruolo decisivo dei comitati presenti in campo e la fondatezza delle argomentazioni che, i cittadini che vivono l’esperienza quotidiana del disagio e dell’allarme salute, stavano rappresentando sostenendole con cifre e competenze.
Perciò è sorprendente che, ai manifestanti delle Zattere, molti dei quali presenti con lui l’indomani a reclamare per la Sanità, il consigliere Venturini disconosca rappresentatività. Non solo, ma addirittura si premuri di allarmare il ministro dell’Interno a non prestare loro ascolto. E con quale motivazione principale? Quella che la maggioranza invisibile del cui silenzio e mutismo si sente portavoce è ben più rappresentativa di quanti fanno sentire ad alta voce il loro diritto sulle rive del Canale della Giudecca. Una maggioranza silenziosa calcolata non si sa come; forse individuata, percepita e apprezzata, paradossalmente, proprio in base all’astensione.
L’assenza di opinione presentata come segnale di volontà, di contenuta sapienza, di composta saggezza rispetto a chi ad alta voce si esprime, si bilancia, si espone. In realtà l’elogio del disimpegno. Il silenzio su temi così vitali, significa a mio parere invece, indifferenza, disinteresse, apatia e non può valere quanto la voce della protesta a buon diritto. Come può l’astensione comunicare, se rinuncia ad esprimersi; come può, una maggioranza essere riconosciuta se non si espone e si fa contare; come si fa a ritenerla più rappresentativa di chi le sue ragioni le esprime e le documenta?
Disconoscere e delegittimare la protesta di tanti cittadini significa allontanarsi dai loro diritti. La salute dell’aria e della laguna sono le stesse preoccupazione di chi pretende, a buon diritto, una sanità efficiente e sollecita. La tutela della città persegue gli stessi interessi dei lavoratori del turismo, ma con una visione prospettica più ampia più comprensiva e lungimirante. Sostenere che i cittadini siano in contrasto con l’ordine del giorno votato dal consiglio comunale è una rappresentazione che non corrisponde ai fatti. Il comitato e i cittadini conoscono la differenza tra navigazione e devastazione e dicono che vogliono una crocieristica diversa. Fargli dire quello che nessuno ha detto significa cavalcare l’allarmismo e prospettare “aut aut” che assomigliano ai ricatti in essere all’Ilva di Taranto.
Il Comitato dei cittadini non silenti ha chiesto ad alta voce che la portualità sia una risorsa della città e dei suoi lavoratori, non una miniera dei grandi armatori e dell’autorità portuale. Hanno detto chiaramente che l’individuazione e realizzazione di vie alternative di navigazione deve escludere interventi deleteri e sconvolgenti per la parte acquea della città e per la sicurezza fisica della città e dei suoi cittadini. Hanno detto che studi autorevoli parlano di costi almeno pari ai benefici. Hanno detto sì alla portualità con accesso di navi di limitato tonnellaggio e allo sviluppo della portualità turistica. Hanno detto quello che ogni legge di salvaguardia di Venezia, la Costituzione Italiana ed il senso comune richiamano in ogni passaggio. E che cioè non può esserci lavoro, sviluppo sociale ed economico, se non in un ambiente che tuteli, oltre alla salubrità del territorio, la salute, l’integrità e la sanità di chi vive ed opera in esso. E’ ora che ci si confronti con studi documentati e non con cifre terroristiche. E’ ora che si ascolti la città senza arroccamenti a difesa di monopoli e di caste. Ed è ora che la maggioranza che sostiene la giunta dica chiaramente da che parte vuole stare.
Gianluigi Placella – consigliere comunale Movimento 5 Stelle
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