Nuova Venezia – Torre Cardin, il vincolo sulla strada del progetto
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21
dic
2012
Oggi in Regione prima Conferenza dei Servizi. Italia Nostra chiede «il rispetto della legge». Settis attacca dall’Accademia di Francia. Il Comune: «Tutto in regola»
«La Torre Cardin? Una torre di Babele, massima espressione di quella concezione che vuole Venezia nuova Disneyland, svuotata di abitanti e produzione, città di cartapesta più che città storica. Occorre fermare i nuovi barbari, che di Venezia hanno fatto il massimo bersaglio».
Lo storico dell’arte Salvatore Settis, ha esordito così davanti ai soci dell’Accademia delle Iscrizioni delle Lettere di Francia. Una lectio magistralis replicata all’Ateneo veneto e pubblicata quasi integralmente sulla Suddeutsche Zeitung. E un grido di allarme contro la realizzazione di quello che viene definito «un ecomostro». Quella di Settis è una delle centinaia di firme dell’appello «Cardinnograzie» (visibile sull’omonimo sito) inviato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per fermare il grande progetto in riva alla laguna. Progetto che però, sostenuto dagli enti locali veneziani va avanti. Stamattina in Regione è convocata la prima Conferenza dei servizi che dovrebbe esaminare la documentazione. Un atto che prelude alla firma della convenzione tra Comune e lo stilista italo-francese, da cui il Comune dovrebbe ricavare 40 milioni di euro per la vendita dei terreni necessari alla costruzione delle infrastrutture dell’opera. Gli altri terreni sono di proprietà di privati, del gruppo Mevorach e di Damaso Zanardo con cui sono stati sottoscritti dei preliminari.
Ma c’è un nodo da sciogliere. Secondo il ministero dei Beni culturali il progetto va esaminato dalla Soprintendenza per via del vincolo paesaggistico. Vincolo che ne impedirebbe l’approvazione senza che ci sia stato il parere, appunto, della Soprintendenza. Tesi sostenuta anche dai legali di Italia Nostra, che hanno inviato nuova documentazione al ministero, alla Procura di Roma e ai carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio artistico.
«Esiste il Codice dei beni culturali e del Paesaggio, diventato legge nel 2004», dice il presidente nazionale di Italia Nostra, avvocato Marco Parini, «il terreno interessato dal Palais Lumiere è escluso dalla planimetria perché esterno alla laguna. Ma l’articolo 152 prevede che nel caso di interventi per impianti civili che abbiano vista sulle aree indicate (la laguna) “siano prescritte le distanze, le misure e le varianti ai progetti idonee ad assicurare la conservazione dei valori espressi dal bene protetto”».
Dunque, scrive Parini al ministro Ornaghi, «l’impatto paesaggistico devastante, di giorno e di notte, del nuovo grattacielo impone cautela e rispetto della legge». Legge che secondo i tecnici dell’Urbanistica sarebbe invece rispettata. «Quelle aree non sono soggette ad alcun vincolo, perché lontane dal mare», dicono, «è la tesi che Comune, Provincia e Regione sosterranno già stamani. Per dimostrare che un grattacielo, anche se risulterà il più alto d’Italia con i suoi 250 metri, circa il triplo della collina dove sorge Asolo, non ha alcun bisogno del permesso della Soprintendenza. La battigia, sostengono, non può essere parificata alle aree industriale, dove fabbriche e molti edifici sono sorti senza i pareri della Soprintendenza. La politica spinge, i tecnici hanno idee diverse. E sulla vicenda è stato presentato alla Procura di Roma un dettagliato esposto che chiede di far luce sull’intera vicenda.
Torre
Tre torri intrecciate, un’altezza di 250 metri, due volte e mezza il campanile di San Marco. 175 mila metri quadrati concentrati nel grattacielo, quasi due miliardi costo preventivato. Il Palais Lumiere è il segno che l’anziano sarto di origini trevigiane Pierre Cardin vuole lasciare sul suo territorio. Un «faro che vi illuminerà», lo ha definito. «Un mostro» secondo gli ambientalisti. Nella grande torre prevista a Marghera dovrebbero trovare posto 60 piani di appartamenti, centri moda, uffici, alberghi e ristoranti.(a.v.)
Alberto Vitucci
Gazzettino – Palais Lumiere. Italia Nostra chiede al ministero di non avallare il progetto di Cardin.
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20
dic
2012
“Un precedente gravissimo se si autorizza l’intervento”
«Vincoli cancellati per salvare il bilancio»
Italia Nostra non demorde. E in nome della nuova “battaglia per Venezia”, dopo l’epico scontro sulla la terza zona industriale, chiama in causa il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi perché blocchi il progetto del Palais Lumière in nome delle norme di tutela paesaggistica.
Al centro della polemica è ancora il vincolo che tutela i territori costieri e lagunari. In un appello inviato al ministero, alla Direzione per i beni ambientali e architettonici e ai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, i presidenti nazionale e veneziano di Italia Nostra, Marco Parini e Lidia Fersuoch, ricordano che alcuni giorni fa il vicesindaco Sandro Simionato aveva spiegato che erano in corso contatti fra il sindaco e gli uffici ministeriali per l’eliminazione del vincolo di tipo idraulico.
Questi, ricorda l’associazione, si estendono entro 300 metri dalla costa per gli interventi di nuova edificazione, ma prevedono anche che Regione e ministero possano prescrivere distanze e misure per gli impianti civili che abbia la vista sulle aree lagunari.
«Alla luce di quanto sopra esposto – si legge nella lettera di Italia Nostra – si evidenzia come il Comune di Venezia cerchi di piegare le norme di tutela, che pure valgono per tutto il territorio nazionale, alle proprie esigenze di bilancio essendo proprietario di gran parte dei terreni coinvolti nell’operazione edilizia».
Nell’appello Parini e Fersuoch scrivono che
«il grandissimo impatto paesaggistico devastante del Palais Lumière» non riguarderebbe solo l’ambito lagunare ma tutto il Veneto, come illustrato da un “rendering” allegato alla lettera – peraltro contestato dai progettisti di Pierre Cardin. «L’autorizzazione di un simile intervento creerebbe un precedente gravissimo – conclude l’appello – non potendosi negare ad altri ciò che verrebbe concesso oggi, potrebbe sorgere progressivamente sul margine lagunare una sorta di corona di grattacieli con vista su Venezia, astratta dal territorio e priva di ogni senso ambientale e paesaggistico».
Alberto Francesconi
Nuova Venezia – Pierre Cardin all’attacco “La colpa non è nostra”
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20
dic
2012
«Chiediamo rispetto, abbiamo già investito milioni sulla parola. Ma con queste incertezze e questa burocrazia gli investimenti in laguna non arriveranno mai»
«Portate rispetto». Pierre Cardin e il nipote Rodrigo Basilicati replicano a stretto giro di posta alle bordate che gli sono arrivate dal sindaco Orsoni e da alcuni giornali. E annunciano: «Noi andiamo avanti, ma gli investimenti internazionali a Venezia non saranno certamente incoraggiati dalla continua incertezza del diritto, né dalle imboscate burocratiche, né da oneri economici impropri». La colpa del mancato versamento dei 40 milioni, necessari all’acquisto dei terreni, sarebbe secondo Cardin tutta della «burocrazia». «Apprendiamo che la nostra iniziativa sarebbe soggetta anche al giudizio discrezionale della Soprintendenza sulla base di un presunto vincolo finora ignoto a tutti, compresi Regione e Comune», contina Cardin, «e perciò l’accordo di programma non ancora definitivo non ci darebbe nessuna certezza di poter realizzare l’opera».
Per questo motivo, spiega l’anziano sarto di origini trevigiane, «dopo aver impegnato diverse decine di milioni di euro esclusivamente sulla fiducia e sulle parole degli interlocutori, respingiamo l’accusa e la colpa che ci viene addebitata di non aver versato decine di milioni di euro nel bel mezzo delle festività natalizie».
Particolare non da poco, secondo il sindaco Giorgio Orsoni, che ieri ha ribadito come «chi si impegna a investire un miliardo e mezzo di euro in un nuovo progetto deve almeno garantire i fondi per l’acquisto dei terreni. E dimostrare la proprietà del bene. «Cardin? Una delusione», ha detto il sindaco. Ieri, sulla prima pagina di Repubblica, anche lo storico dell’arte Salvatore Settis, ha rincarato la dose. Attaccando l’idea del grattacielo alto due volte e mezza il campanile di San Marco, «nuova Dubai in riva alla laguna». E anche il sindaco Orsoni, che avrebbe firmato «un patto scellerato con i barbari». «Se Cardin vuole lasciare un segno e creare nuovi posti di lavoro», ha scritto tra l’altro il professore, «perché non costruisce cinque torri alte solo 50 metri? Anche la bonifica di Marghera, secondo Settis, riguarderebbe una minimissima parte dei terreni inquinati, 20 ettari su 2200». Un discorso pronunciato a Parigi, nella sede dell’Accademie des Iscriptions e Belles Lettres, denunciando li nuovi progetti e i nuovi mostri che «minacciano la laguna». Tra cui, appunto, a suo parere ci sarebbe il grattacielo alto 250 metri con negozi, appartamenti, uffici.
Attacchi denigratori, secondo Pierre Cardin e suo nipote, che si dicono «amareggiati». Cardin conclude così la sua lettera: «Ci dispiace se il Comune non riuscirà a rispettare il Patto di Stabilità. Ma è del tutto evidente che non abbiamo alcuna responsabilità al riguardo: anzi il nostro impegno e le energie già profuse sono piuttosto un segno tangibile della nostra volontà di contribuire già nel 2013 all’inizio del Rinascimento di Marghera».(a.v.)
Nuova Venezia – Marghera. Porto e industrie, ritorno al futuro.
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19
dic
2012
Gli occupati si sono ridotti, ma logistica e attività connesse occupano ancora 20 mila lavoratori
MARGHERA. Porto Marghera sta cambiando. Anzi è già cambiata come dimostra l’aggiornato studio presentato ieri nella sede dell’Autorità Portuale, a Santa Marta, dal presidente Paolo Costa e dall’assessore comunale alle attività produttive, Antonio Paruzzolo.
Fino a vent’anni fa le grandi industrie primarie della petrolchimica, della siderurgia e le attività portuali connesse occupavano 40 mila lavoratori. Oggi, dopo la chiusura dei grandi stabilimenti – leggi Montedison, Enichem , Dow Chemical, Ineos-Vinyls, Montefibre, Alumix, Sava, Italsider, Feltrificio Veneto e da ultime le acciaierie Beltrame – gli occupati si sono ridotti a meno della metà: per l’esattezza 16.900 (ai quali vanno aggiunti gli occupati nell’indotto portuale) alle dipendenze di 1.178 imprese.
Le industrie sopravvissute alle delocalizzazioni o alla chiusura per gli eccessivi costi energetici e logistici, occupano oggi appena 1.736 addetti, a fronte dei i 14.000 degli anni Settanta e Ottanta. In compenso sono cresciuti gli occupati (1.654) nelle attività industriale collegate alla logistica portuale, prime lavorazioni, montaggio e rifinitura delle merci scaricate in banchina. Ma sono le attività propriamente portuali ad occupare nei terminal di carico e scarico merci, nelle imprese di servizio e nella Compagnia dei lavoratori portuali che vi operano e nelle banchine in concessione, il maggior numero di occupati: 7.383 in tutto, dei quali 4.297 lavorano nelle banchine di Porto Marghera, 1.618 in stazione Marittima (traghetti e crociere) e altri 1.468 in centro storico e fuori dall’ambito portuale veneziano ma ad esso connesse.
«Da questi dati, che saranno aggiornati ogni tre mesi e completati con il censimento delle imprese che lavorano nell’indotto portuale», ha spiegato il presidente Paolo Costa, «risulta evidente l’evoluzione occupazionale che ha interessato l’area di Porto Marghera, dove si assiste ad una progressiva diminuzione delle lavorazioni della vecchia industria, compensata però, anche se solo in parte, da un aumento dei traffici commerciale e dalle lavorazioni industriali che si sviluppano sul retro banchina attorno alla lavorazione delle merci scaricate o in partenza per altri porti».
Per Costa bisogna quindi «concentrarsi sullo sviluppo delle tradizionali attività del porto commerciale e di quello passeggeri, reinventando le attività logistiche e industriali sul modello del London Gateway Port sorto nelle aree dell’ex raffineria petrolifera di 600 ettari della Shell Haven sulla riva settentrionale del Tamigi». Anche l’assessore comunale, Antonio Paruzzolo, ha sottolineato l’importanza di questi dati aggiornati, in quanto «dimostrano che abbiamo visto giusto quando abbiamo deciso, come amministrazione comunale, di confermare con il Pat i vincoli industriali delle aree di Porto Marghera. I dati elaborati dall’Autorità Portuale confermano, infatti, che le attività industriali, seppure cambiate, sono ancora consistenti e in totale occupano un numero di imprese e lavoratori come nessun’altra area del Veneto».
«La desertificazione industriale di Porto Marghera non è, quindi, un processo ineluttabile», ha aggiunto Paruzzolo. «Oggi, a fianco delle attività propriamente portuali, c’è una nuova frontiera industriale che si concentra non più nella lavorazione di prodotti primari come il petrolio o minerali grezzi, bensì nelle lavorazioni di prodotti semilavorati che producono un alto valore aggiunto e sono in grado di rioccupare i dipendenti delle vecchie industrie che non ci sono più. Se sapremo accompagnare questo processo di trasformazione produttiva con le misure necessarie e se arriverà l’attesa ripresa dalla grave crisi recessiva in atto, potremo fare molto di più per rilanciare le aree ora non utilizzate e creare nuova occupazione».
Gianni Favarato
Merci e passeggeri restano il business di Porto Marghera
A Porto Marghera ci sono 4.298 occupati in attività portuali, 1.654 in attività industriali che fanno uso delle banchine, 1.736 occupati in attività industriali senza uso di banchine e 1.348 in attività non esclusivamente collegate alla portualità. A questi si aggiungono 1.468 occupati in attività portuali che lavorano in sedi al di fuori dell’ambito portuale . In stazione marittima si contano 1.618 occupati in attività portuali, frutto della specializzazione funzionale dei traffici che ha preso il posto delle industrie.
Gazzettino – “Adesso puntiamo al rilancio di Marghera”
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19
dic
2012
LA SFIDA «Logistica e sviluppo nell’area industriale»
STAZIONE MARITTIMA – L’attività portuale raggiunge il 13 per cento dell’economia venezianaPORTO Il presidente Costa: «Rappresentiamo il 13% dell’occupazione complessiva della città»
«Dobbiamo rifare Porto Marghera come avvenne all’inizio del Novecento». Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale, scorre i dati sull’occupazione tra il Porto e l’area industriale (aggiornati al 31 ottobre).
Per la prima volta è stata fatta una fotografia dettagliata su quello che accade tra la Marittima e il Polo industriale e ieri Costa ha presentato il bilancio. Complessivamente ci sono 16.886 occupati (in questo elenco ci sono 4297 lavoratori solo nel porto, 1654 per le industrie che hanno la banchina, 1736 per le attività strettamente industriali e 1348 per i servizi collegati) ai quali vanno aggiunti quelli delle società esterne e delle attività istituzionali. Per quanto riguarda invece le aziende, tra il Porto e Marghera operano 1178 imprese, 629 solo collegate al porto e 535 solo quelle che comprendono le industrie e le attività legate alle banchine. La stazione Marittima di Venezia, che opera prevalentemente con il turismo, ha 1618 addetti ai quali vanno aggiunti i 1468 lavoratori che agiscono per ditte fuori dal territorio comunale.
«C’è stata un’evoluzione dell’occupazione – spiega Costa – con il forte calo dell’industria si è registrato un parziale recupero del Porto che, a questo punto, rappresenta il 13 per cento dell’occupazione complessiva della città, dopo il turismo e le attività pubbliche. Questo studio, realizzato grazie all’Ente zona Industriale e Veneto lavoro, deve servire per vedere da vicino gli effetti sull’occupazione e per scegliere le strategie future». Secondo l’ex sindaco, che attende dal Senato il via libera al terminal off-shore, non c’è più un “tesoro occupazionale” ma le sfide sono numerose, a cominciare dal dato sui 458mila container che gravitano sulla scalo veneziano. In prospettiva, quindi, il porto potrebbe specializzarsi ancora di più su una sorta di servizio manifatturiero.
«È evidente che bisogna ripartire da questi dati – conclude Costa – i grandi cambiamenti a Marghera sono stati dettati dall’aumento del costo dell’energia e da un costo del lavoro non competitivo». Il monitoraggio, che verrà fatto a scadenze fisse, ora prenderà in esame anche le singole categorie (dai servizi di lavanderia, agli artigiani del legno fino ai servizi di ristorazione). Per Antonio Paruzzolo, assessore alle attività produttive, i quasi 17mila addetti rappresentano un’attività vitale. «Rispetto a certi settori in crisi – ha detto – qui si vede che è possibile costruire. Un altro dato importante è la sostanziale tenuta dei traffici petroliferi».
IL RAFFRONTO – Nel 1965 nel chimico c’erano 14 mila operai
(G.P.B.) Il raffronto, anche se con dati molto lontani, è significativo. Il grafico storico che mette vicini i numeri sugli addetti, a Porto Marghera, nel 1965 e nel 2008 offre diversi spunti. Nel 1965, ad esempio, il solo settore chimico impiegava la bellezza di 14mila addetti, seguito, dal comparto della siderurgia e del metallurgico con quasi settemila operai. In fondo alla graduatoria di quell’anno, sotto la dicitura “altri settori” ci sono meno di duemila addetti che comprendevano anche il porto.
Nel 2008, invece, questo dato è in fortissima crescita arrivando ad un totale di 8200 persone tra le quali figurano i seimila addetti collegati direttamente all’attività portuale. E sempre restando al bilancio del 2008, si notano il crollo del chimico che si attesta sopra i mille e del siderurgico calcolato in poche centinaia di operai.
Nuova Venezia – Palais Lumiere. “Quaranta milioni di euro ci sono venerdi’ firmiamo l’accordo”
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18
dic
2012
Rodrigo Basilicati ha incontrato il sindaco: «Chiariti i malintesi, mio zio è pronto a comprare le aree» Orsoni: «Il Comune non chiede nulla in più di quanto gli è dovuto in base alla valutazione dei terreni»
Patto di Stabilità, corsa contro il tempo – con il rischio di perderla – per vendere a Pierre Cardin i terreni comunali del Palais Lumière, con l’anticipo dei permessi comunali, che potrebbero fruttare a Ca’ Farsetti circa 40 milioni di euro vitali per rispettare i vincoli sugli accantonamenti previsti per Ca’ Farsetti, soprattutto ora che da Roma non arrivano buone notizie sull’allentamento del Patto di Stabilità per i Comuni.
Dagli emendamenti alla Legge di Stabilità esaminati ieri in Commissione Bilancio al Senato sono arrivati 600 milioni in più ai Comuni per allentare i vincoli del Patto, di cui solo 21 destinati al Veneto. Briciole dunque, con un Comune come Venezia che deve recuperarne circa 120 entro la fine dell’anno per restare entro i limiti fissati per quest’anno dal Governo. Ciò che potrebbe ancora arrivare – secondo le ultime notizie – sono i “famosi” 50 milioni di euro di Legge Speciale attesi da tempo, che potrebbero essere stanziati direttamente dal Governo senza passare per il Cipe e ci sarebbe – come ha riferito anche il sindaco Giorgio Orsoni – nella riunione di maggioranza di ieri – una mezza promessa in questo senso perché arrivino entro l’anno, anche se è da vedere se sarà onorata. C’è poi la questione della vendita delle quote Save, di cui riferiamo a parte. Per questo l’indicazione che anche ieri il sindaco ha dato alla sua maggioranza è quella di aspettare almeno fino agli ultimi giorni dell’anno per capire se sarà possibile rispettare effettivamente il Patto o se, essendo costretti ad uscire dai suoi limiti, in che misura contenere lo “sforamento” e con quali penalizzazioni su nuove assunzioni, investimenti e contratti. Ci si muove, dunque, in un quadro di grande e convulsa incertezza, di cui la questione-Palais Lumière è un emblema.
Ieri, dopo le polemiche dei giorni scorsi, il nipote di Pierre Cardin, Rodrigo Basilicati – che segue la trattativa per lo stilista – ha incontrato Orsoni dopo un incontro tecnico in Regione per chiarire i termini di un accordo.
«Abbiamo chiarito i malintesi con il sindaco», spiega Basilicati, «ed è possibile che già venerdì si arrivi alla stipula della convenzione con il Comune per il Palais Lumière, con una cifra messa a disposizione della città di circa 40 milioni di euro, relativa per una metà all’acquisto da parte nostra dei terreni comunali e per l’altra metà all’anticipo sui permessi concessi dall’Amministrazione per accelerare il via libera al progetto. Mio zio mi ha già detto che non si muoverà con le banche francesi per ottenere la liquidità necessaria se prima non verrà fermato l’accordo. Ci sarebbero quindi solo pochi giorni a disposizione per far arrivare al Comune entro l’anno la cifra pattuita».
Da parte sua, più prudente è Orsoni:
«Sulla cifra e sull’accordo aspetto il parere dei tecnici che stanno lavorando. Se mi diranno che la valutazione è congrua, chiuderemo l’accordo anche entro venerdì, anche se le dichiarazioni di Basilicati degli ultimi giorni non mi sono piaciute, perché il Comune non prende nulla di più di quello che gli è dovuto e perché non si può pensare di mandare avanti il progetto del Palais Lumìere, se prima Pierre Cardin non acquisisce le aree su cui intende realizzarlo».
E mentre il Comune palpita per sapere se potrà vendere in tempo per il rispetto del Patto di Stabilità, sul Palais Lumiére arriva anche la “benedizione” del Patriarca Francesco Moraglia. «Forse dà possibilità di lavoro», ha detto ieri, «a molta popolazione in un momento di difficoltà. Non voglio schierarmi, ma questa opera può essere considerata come un passo in avanti in una realtà che attende di poter ricevere anche delle risposte concrete sul territorio».
Enrico Tantucci
Una maxi-torre di 60 piani alta 245 metri
In cifre il Palais Lumière significa un investimento complessivo di 2,3 miliardi e a regime 7 mila posti di lavoro. Una maxi torre alta 245 metri composta da 60 piani abitabili con 284 residenze private, alberghi per 34 mila metri quadri, un auditorium da 7 mila posti, 72 ascensori , un ristorante panoramico da 650 posti, un multicinema da 1.600 persone, 4 ettari di giardini pensili. E molto altro a partire dalla cittadella della Moda e del Disign. Per gli arredamenti, Rodrigo Basilicati, annuncia un investimento di circa un miliardo: «Si partirà con una spesa di circa 2/300 milioni per l’arredamento base, poi si stima che la clientela estera scelga arredi di lusso. Pensiamo di offrire arredamenti lussuosi “chiavi in mano”, ideati dallo stesso Pierre Cardin.
A Parigi in vendita gli appartamenti con vista su Venezia
Il Palais Lumiére è sempre di là da venire, ma Pierre Cardin ha già iniziato a promuovere l’operazione immobiliare a Parigi. Nelle vetrine di tutti gli spazi “Pierre Cardin” della capitale francese, come già anticipato dalla “Nuova”, campeggia un manifesto con il rendering del progetto, con tanto di numero di telefono per informazioni su: appartamenti, spazi commerciali, hotel, ristoranti, bureaux, cinema e parcheggi. In realtà molti dei punti espositivi parigini con il marchio “Pierre Cardin” sono chiusi e il manifesto formato gigante campeggia dietro le saracinesche a maglia. Non però nella lussuosa Faubourg St. Honoré dove sono in distribuzione anche brouchure con la promozione delle varie superfici che saranno messe sul mercato, compresi gli appartamenti con vista su Venezia. Almeno questa è la speranza dello stilista che può contare sull’appoggio di Orsoni, Zaia, Zaccariotto. Un sostegno che significa avere le istituzioni locali dalla propria parte. Regione e Provincia hanno subito spalancato la strada al progetto, ma senza il via libera dell’amministrazione comunale non si sarebbe andati avanti. Il Comune ha valutato positivamente l’opera ed ora è pronta a vendere le aree di sua proprietà, interessate all’intervento. Si tratta di circa un paio di ettari, dei 19 coinvolti nel progetto della torre. Il rimanente della superficie è di imprenditori privati.
I privati perdono fiducia siglati solo i preliminari
I soggetti coinvolti nell’operazione temono che all’ultimo l’affare possa sfumare Chiusi da tempo i contratti per l’alienazione dei terreni, ma i soldi non arrivano
Opzione zero in rialzo. Mentre la politica tratta, tra i privati interessati al grande progetto Cardin si sta spargendo una quasi certezza: il disimpegno è vicino. Così l’uscita di scena del sarto francese che da mesi fa parlare di sè per via del Palais Lumiere, il grattacielo a Marghera alto due volte e mezza il campanile di San Marco, potrebbe essere imminente. Le scadenze promesse, l’approvazione entro l’anno del progetto, sembrano sfumate. Si attende adesso venerdì, quando la convenzione dovrebbe essere firmata in Regione. Ma anche una Conferenza dei Servizi con tutte le carte in regola fornite dalle amministrazioni locali non potrà dare il suo parere nei tempi previsti senza aver prima sciolto il nodo delle procedure, posto daL Ministero dei Beni culturali. Il progetto va esaminato dalla Soprintendenza, essendo l’area sottoposta a vincolo. E i tempi si allungano. Sulla vicenda sono puntati i riflettori internazionali, esponenti della cultura hanno già sottoscritto un appello, Italia Nostra ha presentato a Roma un esposto. Cardin ha fatto sapere che «non è Babbo Natale». Difficilmente i 40 milioni di euro saranno versati entro i prossimi giorni, e il Comune potrebbe dover cercare alternative per i soldi promessi per l’acquisto delle sue aree. Nulla si muove anche sul fronte privato. Due imprenditori mestrini, Andrea Mevorach e Damaso Zanardo, hanno messo a disposizione le loro aree. I contratti sono stati firmati in preliminare, ma la società di Cardin ha versato soltanto una piccola caparra. Il resto della cifra – decine di milioni di euro – non si vede. E i professionisti che trattano l’affare hanno rallentato la corsa. Nessuno lo dice chiaramente, ma la preoccupazione si fa strada. Potrebbe sfumare l’intero progetto? Da tempo i critici sostengono che in fondo si è trattato di una gigantesca operazione pubblictaria, lanciata in tutto il mondo dai media. Il sarto trevigiano che ha fatto fortuna nel mondo ha fatto parlare di sè più che se avesse finanziato una campagna pubblicitaria. Fino ad oggi Cardin ha speso circa cinque milioni di euro, compresi i preliminari e il costo del progetto allo Studio Altieri di Thiene. La spesa totale prevista per il grattacielo è di circa due miliardi di euro. Una enormità, che fino a qualche mese fa sembrava disponibile. Ma adesso lo staff di Cardin ha obiettato sulla cifra e i tempi. E il sindaco Giorgio Orsoni non ha affatto gradito le ultime uscite del nipote del sarto, Rodrigo Basilicati contro le lungaggini della burocrazia.
Enti pubblici e imprenditori veneziani, stavolta, hanno fatto la loro parte. Sfuma dunque il progetto della torre più alta d’Italia, sostenuto da Regione, Provincia e Comune? Il nodo sarà sciolto entro la settimana.
Alberto Vitucci
Nuova Venezia – Sbarco merci a San Leonardo nuovo punto creato dal Porto
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15
dic
2012
DUE SOCIETA’ IN GARA
VENEZIA. Per potenziare l’arrivo di merci alla rinfusa nello scalo di Venezia, l’Autorità Portuale di Venezia ha indetto, a maggio 2012, un bando di gara per l’assegnazione dell’allibo – l’imbarcazione su cui viene trasferito il carico di una nave allo scopo di alleggerirla – a San Leonardo, in seguito al quale ha ricevuto due manifestazioni di interesse da parte di Allibo Adriatico spa (Rovigo) e Monfer spa (Cuneo).
Le due società sono quindi state invitate oggi a presentare, entro la meta’ di febbraio, l’offerta tecnico-economica per la realizzazione e la gestione di un punto di allibo per navi di merci alla rinfusa in area San Leonardo.
A San Leonardo le navi potranno sbarcare e imbarcare tutto o parte del carico da inoltrare poi via chiatta lungo le vie fluviali navigabili verso Mantova e Cremona. Le navi, così alleggerite, potranno poi eventualmente completare lo sbarco-imbarco del carico presso i terminal attuali di Porto Marghera.
Nuova Venezia – Il sindaco : “Pronto a convocare il tavolo per Porto Marghera”
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15
dic
2012
Orsoni conferma: il rilancio industriale è una priorità stiamo premendo sulla Regione per sbloccare le aree
MARGHERA. Il 2013 potrebbe essere per davvero l’anno della svolta per Porto Marghera, dove si chiudono fabbriche a raffica e non ne se aprono di nuove nelle aree industriali dismesse e ancora da bonificare o mettere in sicurezza. «Il risanamento ambientale e il rilancio del polo industriale di Porto Marghera sono sempre stati una priorità per la nostra amministrazione e ora è giunto il momento di agire» assicura il sindaco, Giorgio Orsoni, rispondendo alle richieste della Cgil veneziana e degli altri sindacati «sono quindi determinato a convocare al più presto, di accordo con la Regione e la Provincia un tavolo di lavoro con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali». Proprio in vista di questo «tavolo» il sindaco ricorda che sono stati «utilizzati tutti gli strumenti in nostro possesso, abbiamo fatto anche l’impossibile per assicurare un futuro industriale per Porto Marghera. Con il Pat abbiamo detto e scritto forte e chiaro che le aree industriali di Porto Marghera manterranno il loro vincolo industriale». Ma Orsoni ben sa – come ripetono da tempo i sindacati dei lavoratori – che non basta scrivere le regole urbanistiche per garantire lo sviluppo produttivo delle aree abbandonate dalle industrie chimiche e siderurgiche che hanno chiuso i battenti negli ultimi vent’anni. «Per questo, dopo la firma degli accordi per l’area di crisi e quello per le bonifiche e la messa in sicurezza dei terreni a destinazione industriale» spiega il sindaco
«ho incontrato, nei giorni scorsi, sia il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ai quali ho chiesto di attivare i giusti incentivi previsti per le aree industriali di crisi complessa che consentirebbero di far ripartire un sito, quello di Porto Marghera, fra i più importanti d’Europa». «Per quanto ci riguarda» continua «come amministrazione comunale stiamo lavorando sull’imposizione fiscale con sconti sull’Imu da applicare ai nuovi immobili da costruire nelle aree industriali di Marghera».
Sul ruolo della Regione Veneto, che ha ampie competenze in materia, Orsoni ribadisce ciò che ha detto nell’ultima seduta del consiglio: «Non delegheremo a nessuno la politica economica del territorio veneziano».
«Stiamo premendo sulla giunta regionale» conclude il sindaco «per concludere quanto prima l’operazione di costituzione della società mista che dovrà gestire il riutilizzo delle aree industriali libere» e tra queste quelle più numerose dell’Eni, per metterle a disposizione di chi crede nel futuro produttivo di Porto Marghera e vuole investire in piani industriali innovativi e compatibili con l’ambiente».
Gianni Favarato
Gazzettino – A Fusina nasce il terminal “Autostrade del mare”
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14
dic
2012
Sì al progetto definitivo per la realizzazione del “Terminal Autostrade del Mare, Piattaforma Logistica Fusina”, presentato dall’Autorità Portuale di Venezia. L’intervento dovrà essere realizzato entro cinque anni dalla pubblicazione della delibera regionale, che la giunta ha adottato su iniziativa dell’assessore Renato Chisso, di concerto con il collega Maurizio Conte.
«Nell’approvare il provvedimento – ha sottolineato Chisso – la Giunta ha fatto proprio il parere favorevole espresso all’unanimità dei presenti dalla Commissione Regionale VIA, subordinatamente al rispetto di prescrizioni e raccomandazioni. Il Terminal veneziano delle Autostrade del Mare sarà realizzato all’incrocio del canale industriale Sud e dell’ultimo tratto del canale Malamocco – Marghera, nell’area già dell’Alumix. È prevista la realizzazione di una darsena con quattro ormeggi capaci di ospitare contemporaneamente altrettante navi per servire sia i traghetti che trasportano i camion o i loro rimorchi, sia quelli che possono portare anche auto e passeggeri. Oltre all’infrastruttura portuale, il progetto prevede inoltre la realizzazione di una piattaforma logistica dotata di infrastrutture viarie e ferroviarie e di nuovi fabbricati, magazzini, piazzali portuali e parcheggi, per un’area complessiva di circa 36 ettari. Questa iniziativa si colloca all’interno delle previsioni degli strumenti di pianificazione internazionale, nazionale, regionale, provinciale e comunale».
Nuova Venezia – “Torre, risposta sul vincolo entro Natale”
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14
dic
2012
PALAIS LUMIèRE: affari a CENA
Basilicati ha presentato il progetto a imprenditori e professionisti, tra loro Carron e Panto
C’erano, tra gli altri, Paola Carron della Carron costruzioni, Pierluigi Franchin, amministratore delegato di Panto, e poi rappresentanti delle società Somec Group e di Nice, entrambe specializzate nella realizzazione di vetrate. Nomi tra i più noti dell’imprenditoria veneta mercoledì sera al Pes.Co per una cena sui invito alla quale ha partecipato una trentina di persone organizzata dalla Round Table con il Club 41. Ospite della serata Rodrigo Basilicati, il nipote di Cardin, che ha presentato ai commensali il progetto del Palais Lumiere. Più che una cena è stata una riunione di affari, che ha permesso agli invitati di stringere rapporti e contatti in vista dell’eventuale via libera al progetto. «Vogliamo avere il via libero entro Natale, così da poter firmare il contratto preliminare per l’acquisto del terreno di proprietà del Comune entro la fine dell’anno, così come il Comune ci ha chiesto» spiega Basilicati «per poi impegnare i primi sei mesi del 2013 a realizzare il piano finanziario dell’ opera». «Il partito del no sembra stia facendo di tutto» si è sfogato Basilicati «per non farci fare l’opera». Dopo aver incassato i pareri favorevoli di Comune, Provincia e Regione, l’ostacolo principale sulla strada della torre Cardin resta l’incognita del vincolo paesaggistico: il terreno sul quale sarà costruito il Palais rientra o no nell’area sottoposto al vincolo ambientale collegato alla Laguna? Se fossi così il progetto dovrebbe essere sottoposto al parere della Soprintendenza. Un rallentamento dell’iter che potrebbe suggerire a Cardin di abbandonare il progetto. «Contiamo sul fatto che una risposta chiara arrivi dal governo entro una settimana al massimo» ha spiegato Basilicati «anche perché in un primo momento era stata la stessa Sovrintendenza a far sapere che l’area in questione non è sottoposta a vincolo ambientale».
Francesco Furlan
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