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Gazzettino – Vongole, esposto in Procura

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10

dic

2013

Pescatori ed allevatori di mitili chiedono anche un incontro con la Provincia

«Non si trova più nulla: tutta colpa del Mose e del Canale dei Petroli»

Esposto in Procura contro la morìa di vongole. E tutto, secondo i pescatori, per colpa dei lavori del Mose e del canale dei Petroli.
I vongolari di Chioggia hanno presentato alla Procura di Venezia un esposto sulla “sparizione” delle vongole in laguna, chiedendo anche un incontro alla Provincia di Venezia.

«Abbiamo perso tutto: lavoro, soldi e anche un futuro per le nostre famiglie» affermano disperati i pescatori e allevatori di mitili che hanno deciso di denunciare la situazione. «Nel settore – spiegano ancora i pescatori – sono coinvolti sette consorzi che danno lavoro ad oltre 100 persone, e che hanno investito in concessioni e colture oltre due milioni di euro».

«Tutto è iniziato nel 2008 quando una buona parte del pescato si è dimostrata compromessa – raccontano i pescatori che hanno manifestato ieri davanti alla sede della Provincia di Venezia, a Mestre -. Le vongole erano piatte e non tonde; si aprivano facendo pochissima pressione con un coltello. In quel momento abbiamo capito che qualcosa non andava. Una situazione che è progressivamente peggiorata, con la perdita completa della produzione nel 2012».

Secondo i produttori «il problema è nato con le opere infrastrutturali sorte negli ultimi anni per il Mose e per il canale dei Petroli: è stata modificata la corrente lagunare e questo ha portato le vongole all’anossia. Le acque si sono surriscaldate, le concessioni sono state invase da una crescita anomala di alghe e non c’era sufficiente quantità di ossigeno per lo sviluppo delle colture».

I pescatori chioggiotti sostengono di aver segnalato «più volte» il problema alla Provincia di Venezia, senza aver avuto risposte. L’esposto congiunto degli allevatori di Chioggia rappresenterebbe il primo passo per una compensazione dei danni, che potrebbe anche sfociare in una causa penale contro gli enti preposti.

 

Le nuove iniziative

VENEZIA – L’Associazione Ambiente Venezia continua la sua attività contro quella che definisce la devastazione della laguna e i progetti che per mantenere le grandi navi all’interno della laguna di Venezia prevedono lo scavo di nuovi canali, primo fra tutti il Contorta-Sant’Angelo che nella solita procedura della Legge Obiettivo.

Nell’ultima riunione, Ambiente Venezia ha deciso di procedere alla verifica tramite legale di fiducia per poter ricorrere contro il Decreto del 5 dicembre 2013 relativo alle grandi navi ed ottenere annullamento.

Si punta inoltre a realizzare una video/inchiesta sulla Devastazione della Laguna Centrale e dei progetti di escavo Contorta Sant’Angelo e Canale dei Petroli. Sull’argomento realizzeremo anche un nuovo e più completo Dossier.

Sarà promossa nelle prossime settimane, assieme ad altre associazioni e comitati, una assemblea contro il progetto Contorta Sant’Angelo e per realizzare subito ( in alternativa ai progetti devastanti) un avamporto a bassissimo impatto ambientale nella Bocca di Porto del Lido. Ambiente Venezia inoltre rivendicala realizzazione di un nuovo piano per il riequilibrio idrogeologico e morfologico della Laguna; un piano che deve essere redatto «da esperti indipendenti e non dal solito giro di consulenti ed esperti del Consorzio Venezia Nuova e delle lobby attualmente sotto inchiesta». Si Rivendica inoltre la realizzazione del Piano Regolatore Portuale con il coinvolgimento reale degli enti locali e delle popolazioni lagunari.

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Grillini contro il Contorta Al via una battaglia legale

«Progetto costoso, voluto dalle lobby. Lascerà segni indelebili sulla laguna»

Il Movimento 5 Stelle vorrebbe un lungo pontile alla bocca di Porto del Lido

VENEZIA «Il progetto del canale Contorta? Il meno economico, il più impattante dal punto di vista ambientale e quello con meno ricadute dal punto di vista professionale. La scelta di puntare spediti sulla realizzazione del Contorta si spiega solo in una logica di pressioni fatte da potenti lobby economiche».

A dirlo sono l’assessore all’Urbanistica del comune di Mira Luciano Claut e i parlamentari del Movimento 5 Stelle Giovanni Endrizzi ( senatore), Emanuele Cozzolino e Arianna Spessotto ( deputati).

«Non si capisce», dice l’assessore Claut, che risiede al Lido di Venezia, « la logica di questo progetto, cioè quello del canale Contorta, per il quale si stanno forzando tutte le procedure pur di renderlo l’ unico progetto realizzabile. È un progetto che distruggerà l’ambiente lagunare, costerà 150 milioni di euro e alla fine sarà concluso solo nel 2016».

Con molti meno soldi (circa la metà) e meno rischi per la laguna, si potrebbe portare avanti, per i grillini, un progetto che prevede l’attracco delle grandi navi passeggeri fuori della laguna di Venezia.

«Mutuando per linee generali quello che è stato il progetto presentato da Cesare De Piccoli nel 2005», dice Claut, «ma con una dimensione più piccola, si potrebbe creare un segmento di pontile di 450 metri anche autoaffondante, fuori dalle bocche di porto. Un pontile che potrebbe essere agganciato anche all’isola del Mose ora di fatto poco utilizzata. Qui i passeggeri potrebbero essere fatti transitare e caricati su motonavi su cui saranno portati a visitare Venezia e la laguna in un sistema chiuso. Questioni legate alla velocità delle maree e venti per gli attracchi delle navi, potranno essere affrontati con studi ad hoc».

Per il Movimento 5 Stelle questo sistema è preferibile allo scavo del canale Contorta, in quanto potrebbe essere già pronto per il 2015 e intercetterebbe senza perdite i flussi turistici.

«Il progetto del canale Contorta», spiega il senatore Endrizzi, «invece voluto fortissimamente dall’Autorità Portuale, è inutile, costa e invece di azzerare i rischi li sposta e in parte li amplifica. E’ un progetto che lascerà un segno indelebile su un ecosistema delicatissimo e unico come quello della laguna di Venezia. Se il progetto voluto dall’ Autorità Portuale è presentato come uno dei tanti progetti compatibili, in alternativa con tanti altri per risolvere il problema del transito delle grandi navi, va bene. Non va bene se invece si vuole farlo passare anche a livello ministeriale, come l’unico progetto da perseguire. Contro questa prospettiva daremo il via ad una battaglia legale per fermarlo».

Alessandro Abbadir

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Nuova Venezia – Grandi navi, Orsoni vuole il Comitatone.

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7

dic

2013

 

LE ORDINANZE »MONTA LA POLEMICA

Il sindaco: «Ricorreremo al Tar». Duro faccia a faccia in municipio con Costa (Porto). Italia Nostra e Wwf scrivono ai ministri

L’articolo 97 della Costituzione sulla partecipazione degli Enti. E la legge 241 sulla «leale collaborazione tra istituzioni». Sono le due norme che secondo il Comune sono state violate nei provvedimenti sulle grandi navi firmati dalla Capitaneria di porto su input del ministero delle Infrastrutture. Ordinanze che secondo Orsoni non rispecchiano gli accordi presi a Roma il 5 novembre.

«Abbiamo deciso di fare ricorso al Tar», conferma il sindaco Giorgio Orsoni, «come avevamo già fatto con la delibera del Comitato portuale. L’Avvocatura civica sta studiando le carte. Ci sono problemi di metodo, perché la città non è stata nemmeno consultata. E di merito, perché la riduzione dei passaggi è troppo bassa. Avevamo detto almeno il 20 per cento, invece siamo poco sopra il 12».

Ieri mattina la giunta non ha approvato la delibera di autorizzazione. L’assessore Ugo Bergamo (Udc) ha avanzato dubbi, sostenendo come ha già fatto il suo partito, la validità dell’ordinanza e l’utilità del nuovo canale Contorta. Ma Orsoni annuncia: «Noi andiamo avanti».

E proprio ieri in mattinata lungo e serrato confronto nello studio del sindaco tra lo stesso Orsoni e il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa. Alla fine Orsoni annuncia:

«Visti i tanti problemi della portualità veneziana e le scelte che dovremo fare sullo sviluppo di questo settore, a cominciare dagli accessi condizionati dal Mose, dal porto off shore, visti i tanti temi sul tappeto che coinvolgono la città, e visto soprattutto la metodologia seguita negli ultimi atti anche della Capitaneria, ho chiesto formalmente al presidente del Consiglio Enrico Letta di convocare il Comitatone». Un luogo istituzionale, dice il sindaco, «dove le posizioni si potranno confrontare e dove si possono prendere decisioni per finanziare studi e progetti.

Paolo Costa esce dallo studio del sindaco molto tranquillo. «Abbiamo avuto un confronto sereno», dice, «anche il sindaco sa quello che è successo a Roma. Il Contorta è l’unica alternativa praticabile. E per noi resta prioritario l’utilizzo della Marittima». E Marghera? «Impossibile», taglia corto Costa. Per ora la Capitaneria sembra dar ragione a lui. Promuovendo il suo progetto del Contorta. Ma per arrivare in Marittima si dovranno percorrere i primi otto chilometri del canale Malamocco Marghera (canale dei Petroli), insieme alle navi mercantili prima della diramazione verso la Marittima (altri 4 chilometri).

«Qui c’è un problema di sicurezza», dice Andreina Zitelli, docente Iuav e già del ministero per l’Ambiente. «Nella riunione romana del 5 novembre», rivela, «il Ram, reparto Ambiente Marino delle Capitanerie di porto, aveva espresso un giudizio sostanzialmente preoccupato, giudicando le altre soluzioni meno pericolose e più controllabili».

Soluzioni che dovrebbero adesso essere messe a confronto. Comprese quelle di lungo periodo come lo spostamento della Marittima fuori della laguna, a Punta Sabbioni o Malamocco.

Intanto si riaccende la polemica anche a livello nazionale. Ieri i presidenti di Italia Nostra Carlo Parini e di Wwf Italia Dante Caserta hanno inviato una lettera ai ministri Lupi (Infrastrutture), Bray (Beni culturali), e Orlando (Ambiente) chiedendo la loro opinione sul fatto che un unico progetto alternativo, lo scavo del canale Contorta Sant’Angelo, possa essere approvato con le procedure della Legge Obiettivo, e dunque con una Valutazione di Impatto ambientale semplificata.

«Scienziati e studiosi, scrivono Parini e Caserta, «hanno osservato come sia molto pericoloso ripetere oggi con il Contorta i tragici errori del passato come lo scavo del canale dei Petroli, che rischiano di distruggere il delicato ambiente lagunare. Ai cittadini e alle istituzioni locali, concludono i due, non si può negare il diritto di esprimersi su queste scelte strategiche che coinvolgono al loro città e la laguna».

Alberto Vitucci

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Passaggi in calo 708 transiti al posto di 809

Per il Porto la nuova ordinanza di «mitigazione» sul traffico croceristico porterà a una riduzione del 37,5 per cento di passaggi di grandi navi in laguna.

«È solo il 12 per cento», replica il Comune. La differenza sta nel numero delle navi traghetto, che in ogni caso dovevano essere dirottate a Marghera dal primo gennaio. Se ne andranno invece dal 5 aprile 2014. Le navi di stazza lorda superiore a 40 mila tonnellate transitate per il Bacino nel 2012 sono state 809, con la nuova ordinanza il loro numero massimo è fissato in 708. Per l’anno 2015 sarà vietato il transito in bacino alle navi di stazza superiore alle 96 mila tonnellate.

(a.v.)

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Contorta, progetto pronto da mesi

Era stato inviato al ministero all’indomani della pubblicazione del Clini-Passera 

Il progetto Contorta? Era pronto la mattina dopo della pubblicazione del decreto Clini Passera. Un dato interessante, che già fa discutere comitati e tecnici contrari allo scavo di nuovi canali in laguna. Il decreto 472 del 5 dicembre, firmato dal comandante della Capitaneria di Porto ammiraglio Tiberio Piattelli, è composto di due soli articoli.

«Il canale Contorta Sant’Angelo», si legge nell’articolo 1, «sulla base degli atti progettuali al momento predisposti, rappresenta caratteristiche tecnico nautiche tali da garantire il necessario coefficiente di sicurezza e assicurare la compatibilità con le esigenze della navigazione commerciale. È individuato quale via di navigazione praticabile alternativa a quelle vietate (il Bacino San Marco, ndr) per le navi al di sopra delle 40 mila tonnellate».

Progetto che «in sede di Valutazione di Impatto ambientale» (articolo 2) dovrà essere oggetto di comparazione circa la sostenibilità ambientale e socio economica con le altre ipotizzate vie di accesso alla Stazione Marittima».

Provvedimento molto stringato, che fornisce però nelle ampie premesse, elementi utili a ricostruire l’iter seguito in questi mesi. La Capitaneria veneziana spiega che il decreto viene emesso «in applicazione del decreto governativo Clini-Passera, firmato il 2 marzo 2012, due mesi dopo il naufragio della Costa Concordia al Giglio, per individuare «vie d’accesso alternative alla Stazione Marittima».

Ipotesi di cui una sola – il Contorta – era già stata presentata da Autorità portuale, Capitaneria e Magistrato alle Acque al ministero poche ore dopo la pubblicazione del decreto.

(a.v.)

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GRANDI NAVI Il sindaco Giorgio Orsoni attacca la Capitaneria: «Ordinanze decise in solitudine»

Pronto il ricorso al Tar contro le norme sulla riduzione del traffico marittimo

CANALE CONTORTA – Italia Nostra e Wwf scrivono ai ministri: «I cittadini devono potersi esprimere»

Il sindaco Giorgio Orsoni non ha gradito per nulla il fatto che l’ordinanza della Capitaneria di porto sulla limitazione del traffico marittimo sia stata fatta senza neppure consultare Ca’ Farsetti. Nonostante sia stato il Comune a pretendere a gran voce il vertice governativo del 5 novembre, il sindaco si è trovato di fronte al fatto compiuto. Per questo ha annunciato che chiederà una riunione urgente del Comitatone e predisporrà tutte le carte per l’impugnazione delle ordinanze dell’autorità marittima di fronte al Tar.

«È una questione di metodo, spiega Orsoni – perché il comandante fa queste cose in assoluta solitudine e non interpella mai il Comune. Forse non c’è nulla di male, ma mentre il Governo si preoccupa di convocare il Comune, noto come a livello locale non ci sia lo stesso garbo».

Il sindaco, ad esempio, solleva il caso della riduzione del traffico del 12.5 per cento, quando il Governo aveva detto “fino al 20 per cento”.

«L’obiettivo che si era proposto Letta – continua – era di arrivare ad una riduzione teorica del 20 per cento del traffico. Va bene, il 20 per cento era un obiettivo, ma gli obiettivi vanno centrati, non mancati. Qui stiamo parlando della metà».

L’altra questione riguarda il canale Contorta Sant’Angelo, che seppur non menzionato nelle ordinanze della Capitaneria, tra le righe viene dato come l’unica alternativa possibile al transito sul canale della Giudecca.

«Constato un travisamento di ciò che era stato deciso a palazzo Chigi – puntualizza – a questo punto, visto il poco rispetto dell’autorità marittima, non mi rimane che chiedere una convocazione del Comitatone per chiarire una volta per tutte di cosa si sta parlando. Mi pare una leggerezza commessa dall’autorità marittima senza rendersi conto delle conseguenze. Per questo stiamo preparando anche il ricorso contro queste norme, ricorso che passerà prima per la maggioranza. Dato che ciò che si è deciso a Roma sembra non contare – conclude – la città dovrà fare delle scelte sullo sviluppo della portualità, anche alla luce degli accessi dal mare in funzione del Mose e del porto offshore».

Contro l’ipotesi di scavare il nuovo canale si sono mossi i vertici nazionali di Italia Nostra e del Wwf, che hanno scritto al Governo un appello circostanziato.

«Chiediamo – dicono Marco Parini e Dante Caserta, presidenti di Italia Nostra e Wwf – che i cittadini non siano defraudati del diritto di poter partecipare e dire la loro su un progetto contestato dagli ambienti scientifici, che deve essere valutato adeguatamente».

Grandi navi

 

ANCORA UNA VOLTA NULLA DI FATTO

Dopo l’incontro a Roma per il traffico delle grandi navi non è stato raggiunto alcun compromesso, semplicemente è stata sostenuta la linea dell’Autorità Portuale e di chi sostiene ancora l’idea di un turismo a qualsiasi prezzo per l’ambiente e la salute dei cittadini. Ora le navi avranno due percorsi d’arrivo: alterando due zone anziché una! Già a marzo di quest’anno l’Autorità Portuale e il Magistrato alle Acque si erano visti bocciare dalla Salvaguardia il progetto di raddoppiare, in larghezza e in profondità, il canale dei Petroli. Ora si potrà fare, anzi se ne scaverà un altro di nuovo che si separerà dal primo per arrivare nella zona portuale di Venezia. È un braccio di ferro tra chi vuole mantenere un’ottica obsoleta di disinteresse verso l’ambiente, antieuropea, e una moderna che vorrebbe progettare anteponendo la preservazione in primis della laguna e dei suoi residenti: quest’ultima ha nuovamente perso.

Il canale dei Petroli, una sciagura per la laguna a detta di tutti, ha sconvolto l’idrodinamismo lagunare a partire dagli anni ‘60, spostando persino lo spartiacque a ridosso di Venezia e ricordiamo i suoi effetti sulla laguna centrale.

1) erosione dei fondali e interramento dei canali minori;

2) aumento dell’ampiezza di marea, per il volume d’acqua che entra dalla bocca di porto di Malamocco (con conseguente aumento delle acque alte nei centri storici).

In un piano di ripristino della morfologia lagunare si sarebbero dovuti prevedere degli interventi di riduzione di questi impatti negativi del canale dei Petroli e di certo il raddoppio dello stesso sarebbe una follia. Se poi si considera l’idea, oramai concreta, di scavare quello del Contorta, sembra di ritornare ai primi anni ’60, in piena espansione industriale, questa volta, invece, per il turismo.

Quando entrerà in funzione il Mose, ci si è posti la domanda qualora ci fosse un cedimento e/o un’apertura improvvisa delle paratoie in piena acqua alta? Dove andrà a finire il volume d’acqua che si riverserà nella laguna?

Sarà un effetto Vajont, un’onda di marea che si riverserà, lungo il canale dei Petroli, sia sulla zona industriale che, attraverso il nuovo canale Contorta, su Venezia.

Come si può pensare che la stessa Autorità Portuale che mantiene imperterrita la propria linea di puro interesse commerciale possa improvvisamente essere lungimirante verso la salvaguardia della laguna? I vertici e quindi la linea politica rimarrà la stessa, mentre l’incontro a Roma avrebbe dovuto riconoscere il fallimento di questa progettazione e sostituire il direttivo. Ci troviamo invece con un nulla di fatto, anzi con una nuova ferita sulla Laguna, che proporrei di chiamare canale Costa, dal presidente dell’Autorità Portuale, ad imperituro ricordo.

Dario Gallotti –  Venezia

 

 

Il ministro delle Infrastrutture scrive alla Capitaneria di Porto per accelerare il progetto dello scavo del canale

È arrivata la corsia preferenziale per lo scavo del canale Contorta-Sant’Angelo, la soluzione più “gettonata” a livello ministeriale per creare una via alternativa al passaggio delle grandi navi in Bacino di San Marco, consentendo comunque che continuino ad attraccare in Marittima. È giunta infatti in questi giorni in laguna una lettera ufficiale del Ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi al comandante della Capitaneria di Porto di Venezia, in cui lo si invita a procedere celermente con la progettazione dello scavo del Contorta-Sant’Angelo.

La lettera del Ministero – già presentata anche al Comitato portuale dal presidente del Porto Paolo Costa, assente, però, lo stesso comandante della Capitaneria – andrebbe di pari passo con l’inserimento del progetto (d’intesa tra Lupi e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia) tra quelli regolati dalla Legge Obiettivo, che consentono appunto procedure accelerate e più snelle per la loro approvazione e realizzazione.

Ma qui nasce il problema, perché già a Roma, nel vertice di Palazzo Chigi da cui erano arrivati i primi provvedimenti sull’estromissione delle grandi navi dal Bacino di San Marco, era emerso un contrasto tra Ministero dell’Ambiente e Ministero delle Infrastrutture sull’inserimento del progetto del Contorta-Sant’Angelo tra quelli regolati dalla Legge Obiettivo, bloccandone di fatto l’inserimento.

Ora la lettera di Lupi alla Capitaneria – in cui richiamerebbe il comandante all’applicazione del decreto Clini-Passera – forza invece i tempi e investe l’ufficio marittimo della responsabilità e del peso di una progettazione e del confronto con i progetti alternativi di superamento del Bacino di San Marco per cui non ha neppure la struttura tecnica necessaria.

Sarebbe quindi la Capitaneria a dover emanare quei provvedimenti che non sono stati presi – sotto forma di un decreto – nel vertice romano con i due ministri competenti e il presidente del Consiglio Enrico Letta, agevolando così anche l’inserimento dello scavo nella Legge Obiettivo.

Era stato lo stesso Costa pochi giorni ad annunciare l’ormai prossima emissione da parte della Capitaneria di Porto dei due provvedimenti che da una parte indicheranno lo scavo del canale Contorta-Sant’Angelo come la via alternativa (sia pure da testare in sede di Valutazione d’impatto ambientale con altre alternative) al passaggio delle grandi navi in Bacino San Marco. E dall’altra fisseranno le modalità per la riduzione dal primo gennaio del 20 per cento dei passaggi dei giganti del mare. Dando per scontato, secondo Costa, l’inserimento dello scavo del Contorta-Sant’Angelo all’interno della Legge Obiettivo.

Ma – in attesa di capire se il comandante della Capitaneria emetterà effettivamente quanto prima i provvedimenti e se il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando appoggerà la strategia del collega Lupi – si profila una nuova battaglia legale con il fronte ambientalista.

«Qualcuno non creda – ha scritto solo due giorni fa il Comitato No grandi Navi – di trovare compiacenti scorciatoie come l’incardinare il progetto dello scavo del Contorta nella Legge Obiettivo. I ricorsi sono già pronti nelle mani degli avvocati».

Enrico Tantucci

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Le Caratteristiche del progetto

Via d’acqua di 5 chilometri e larga circa trecento metri 

La soluzione dello scavo del Canale Contorta (lunghezza 4,8 chilometri, larghezza 300 metri, profondità 12 metri), proposta dall’Autorità Portuale per evitare il passaggio delle grandi navi in Bacino di San Marco, facendole comunque attraccare in Marittima, propone appunto, dopo l’ingresso delle navi da crociera nel canale Malamocco-Marghera, di farle deviare nel canale da scavare.

Propedeutico al progetto è però il marginamento con pietrame dell’intero canale Malamocco-Marghera, con una scogliera larga 26 metri e lunga 8 chilometri. Il progetto della scogliera, presentato dal Magistrato alle Acque, è stato però bloccato pochi giorni fa in Commissione di Salvaguardia, proprio per le perplessità diffuse sul suo impatto. Lo scavo del canale Contorta-Sant’Angelo dovrà però essere messo a confronto con altre vie alternative di passaggio, come quella – sostenuta anche dalla Venezia Terminal passeggeri – che propone lo scavo di un grande canale alle spalle della Giudecca, nella parte su, per raggiungere sempre la Marittima. Altre ipotesi progettuali riguardano il passaggio delle grandi navi dal canale Vittorio Emanuele e dalla parte nord delle Trezze. Scartate invece altre ipotesi, come quella sostenuta dell’ex viceministro Cesare De Piccoli, che proponeva di realizzare un nuovo terminal crocieristico in Adriatico, di fronte a Fusina. Non considerata – almeno sino alla definitiva approvazione del piano regolatore portuale e del nuovo terminal off-shore in mare – la proposta caldeggiata dal sindaco di Venezia Giorgio orsoni di portare le grandi navi a Marghera, dove è anche il porto commerciale.

È però di fatto quello che sta accadendo in parte in questi giorni per alcune navi da crociera, per la chiusura della bocca di porto di Lido in seguito ai lavori in corso del Mose, che proseguiranno sino al prossimo aprile.

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Mille manifestanti e oltre 160 comitati contro cemento e assalto al territorio

Chiesto a gran voce il blocco delle grandi opere. «Fermate il project financing»

VENEZIA – Ci voleva un prete per metterli d’accordo tutti. Ma adesso per don Albino Bizzotto, il fondatore di Beati i costruttori di pace, comincia la vera sfida: quella di superare rivalità, antagonismi, campanilismi e antichi dissapori e dare a questo arcipelago di comitati – ne ha censiti più di 160 in tutto il Veneto – una voce libera, unitaria e forte. A Venezia sono arrivati in moltissimi: dal Comelico che si batte contro la strada Intervalliva con l’Austria al Polesine che ha il problema della centrale di Porto Tolle; dai comitati di Opzione zero che, sulla Riviera del Brenta, puntano il fucile su Veneto City Green (il green è stato aggiunto da poco) a quelli che si battono contro l’ampliamento dell’aeroporto di Treviso. Moltissimi i comitati della Superstrada Pedemontana Veneta, da Treviso a Vicenza. E poi Sos Salviamo il paesaggio, le associazioni della Valpolicella, i comitati contro gli impianti a bio gas e i gassificatori. E ancora gli attivisti di Stop ai pesticidi nella zona del prosecco e quelli di Aria Nova. I comitati no Ogm e per la Decrescita felice. Insomma, tutto il mondo stanco di vivere in una foresta di cemento che ogni giorno consuma ettari su ettari e non restituisce mai all’ambiente. E poi le associazioni ambientaliste tradizionali – Legambiente su tutte – e i partiti: presenti in fondo al corteo con le bandiere Italia dei valori, Rifondazione comunista, Sinistra Ecologia e libertà e Movimento 5 stelle. Molte le adesioni personali, soprattutto di consiglieri regionali e parlamentari del centrosinistra. Curiosa la presenza delle bandiere del Veneto, con un ritrovato Franco Rocchetta a difesa, questa volta, di quel che resta del Veneto.

Don Albino Bizzotto, che quest’estate ha voluto digiunare per venti giorni e sollevare il tema delle grandi opere, è naturalmente soddisfatto. La sua battaglia è «per mettere insieme, far capire che questi comitati hanno un comune denominatore: il modello di sviluppo sta deflagrando dal suo interno, bisogna ripensarlo. L’impronta ecologica del Veneto, 6 ettari a testa, non può più essere sopportata dal pianeta».

«La Terra non ce la fa più – recita l’appello degli oltre 160 comitati veneti -: l’inquinamento atmosferico, la cementificazione e asfaltatura del suolo, gli eccessivi prelievi d’acqua, il sistema del project financing».

Per fermare tutto questo i comitati chiedono di bloccare le grandi opere, allontanare le grandi navi dalla laguna, liberare il Veneto dalle servitù militari, finanziare i Comuni per mettere in sicurezza il territorio, gestire in maniera pubblica i beni comuni, stop al consumo di suolo agricolo, fermare la privatizzazione della sanità, abolire la legge obiettivo, bloccare nuove autostrade e Alta velocità, strade, raccordi e centri commerciali. Ci sono anche primi comitati contro i project financing, considerato la «peste»: si fanno strade, ospedali, centrali.

Lunghissimo, il corteo si snoda da piazzale della stazione a campo Santa Margherita. Gli organizzatori dicono 1500, la questura 600: di sicuro sono più di mille. A sera, i ragazzi dei centri sociali e del Comitato No Grandi Navi forzano la testa del corteo e si ritrova muso contro muso sul ponte della Stazione marittima. Ma, a parte il lancio di qualche uova e l’affissione di uno striscione, sarà solo una prova muscolare. Il corteo si esaurisce stanco, ma felice di aver mostrato l’altra faccia del Veneto, quella che a malapena trova cittadinanza nella politica, quella che non appare mai e che viene sempre bollata come il «popolo del No». Ecco, sostituire il No con tanti «Per» sarebbe davvero una svolta.

Daniele Ferrazza

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l’ispiratore

Don Bizzotto: «Piano casa un autogol della Regione»

Le energie di Don Albino non si esauriscono mai. Dopo una giornata intera di manifestazione è comunque pronto per celebrare la messa.

«Mi aspetto che ci saranno delle reazioni al corteo – dice con voce leggermente stanca, ma sempre combattiva – Sono pronto a rivolgermi anche al Governo se le cose non cambiano. Siamo di fronte a dei suicidi finanziari e Letta per primo lo sa. Non capisco come mai ci siano così tanti soldi per le grandi opere e niente per mettere in sicurezza il nostro territorio dai rischi che corre».

Chi vuole le grandi opere tira in ballo il lavoro, ma è proprio nelle grandi opere che Don Albino vede la crisi. Negli ultimi tempi lui ci ha messo la faccia per difendere la speculazione della terra e anche il proprio corpo, con numerosi digiuni. Sacrifici che hanno sicuramente attirato l’attenzione mediatica, meno forse quella dei politici: «Riscontro un atteggiamento doppio – prosegue – perché da un lato tutti riconoscono che la situazione ambientale non è un optional ma richiede un’attenzione obbligatoria, dall’altro permane un circolo vizioso di interessi privati».

Le ultime norme sul Piano Casa ne sono per lui un esempio: «È stato un autogol della Regione. Chi doveva sistemare la propria casa lo ha già fatto e ora soltanto chi ha i soldi lo potrà fare. Spero anche che i sindaci reagiscano di fronte a queste decisioni che li espropriano di ogni scelta».

Vera Mantengoli

 

Un portale unirà 162 comitati ambientalisti

VENEZIA. Un portale che unisca tutte le battaglie ambientaliste del Veneto. L’idea, accarezzata ieri pomeriggio a margine del corteo, potrebbe essere una delle novità scaturite dalla grande mobilitazione di Venezia, che ha visto scendere in piazza 162 Comitati ambientalisti veneti: dai Beati costruttori di pace a Legambiente di Este. L’idea, non del tutto nuova, potrebbe trovare riscontro dalla rinnovata volontà delle associazioni e dei comitati di superare l’attuale frammentazione che rende spesso vane le battaglie per un nuovo modello di sviluppo e di una rinnovata attenzione al territorio. Giusto a pochi giorni dal nuovo piano casa regionale.

 

CEMENTIFICAZIONE – Il piano casa nel segno degli “schei”

Fariseo Luca Zaia, che pubblicamente si rammarica della passata eccessiva cementificazione, dopo Pedemontana, Mose, Veneto City ecc., dota la Regione di un nuovo Piano casa (schei, schei!). Come se in Veneto e in tutta Italia ci fosse bisogno di altri metri cubi. Ulteriore conferma della arretratezza degli amministratori del bel Paese (sic) che sono capaci solo di usare mattoni e cemento per muovere l’economia. Gli saranno grati gli speculatori e tutti gli impresari che assumono manodopera “foresta”, possibilmente in nero, con buona pace di un leghista doc (prima i veneti…). Se siamo un Paese che arranca economicamente è anche grazie a questi amministratori. Cin, cin Luca Zaia!

Leonardo Brescacin

 

 

È alto 24 metri e pesa sedicimila tonnellate: un “condominio” già messo in acqua

Altri otto verranno poi calati sul fondo del canale chiuso alle grandi navi

Il Mose avanza nella sua realizzazione: posizionato ieri – dopo essere partito via mare dal cantiere di Malamocco, dove è stato costruito – il primo grande cassone che andrà a formare la barriera mobile della bocca di porto Lido sud, il canale che da sempre è la “porta” acquea di Venezia e che per questo, per i lavori in corso, è stato vietato sino ad aprile al passaggio delle grandi navi da crociera, dirottate in parte a Marghera.

Il cassone, il primo dei nove che verranno calati sul fondo del canale è di dimensioni gigantesche, alto 24 metri, come un palazzo e pesa circa peso 16 mila tonnellate. È stato movimentato in cantiere attraverso un sistema di rotaie e martinetti oleodinamici e trascinato fino alla piattaforma di varo, una sorta di grande ascensore, che ha consentito di calarlo in acqua. Quindi è stato trainato da rimorchiatori durante la notte fra il 28 e il 29 novembre fino alla bocca di porto di Lido, dove è stato calato, nella notte fra il 29 e il 30 novembre, nella trincea sul fondale. Le strutture scompariranno sott’acqua similmente a quanto è avvenuto, lo scorso anno, per quelle di Lido nord. Le operazioni per la movimentazione, il trasporto e l’installazione sono molto complesse e devono essere effettuate in assenza di vento, onda e corrente, dovendo manovrare e posizionare strutture di ingenti dimensioni. Esse possono avvenire solo all’interno di limitate finestre temporali, legate alla marea e alle condizioni meteo di contorno e per questo è stato necessario aspettare un paio di giorni per il trasporto. Una volta che i nove cassoni saranno tutti installati, essi andranno a costituire la base della barriera di paratoie mobili di lido sud, che conterrà gli impianti per il funzionamento e le gallerie percorribili dai tecnici specializzati. I limiti di precisione richiesti sono millimetrici e le operazioni devono essere eseguite con sistemi estremamente sofisticati. Varo, trasporto, installazione e connessione dei nuovi cassoni, iniziati il 28 novembre, dureranno fino alla prossima primavera; in questo periodo, il canale di Lido San Nicolò sarà appunto chiuso al transito delle grandi navi. Le bocche di porto di Lido, nord e sud, saranno le prime ad essere dotate di entrambe le barriere mobili funzionanti contro le acque alte. Contemporaneamente procedono i lavori per le altre bocche di porto. Allestito il corridoio subacqueo e fissati i cassoni uno all’altro arriveranno infine le paratoie, che saranno ancorate sul fondo con le cerniere. Intanto, in attesa di vedere come si comporteranno le paratoie in schiera, procedono i lavori di sistemazione dei fondali. I cassoni in calcestruzzo costruiti a Santa Maria del Mare sono destinati in gran parte al Lido, poi alla vicina bocca di Malamocco. Le paratoie in metallo, che andranno fissate ai cassoni, sono in tutto 78 (più due di riserva) e cominceranno ad arrivare nei prossimi mesi. La centrale operativa e anche di manutenzione del sistema Mose sarà all’Arsenale. Dove arriverà poi una paratoia al mese per essere ripulita e riverniciata.

(e.t.)

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Nella notte alla bocca di porto Lido sud affondato il primo di otto cassoni

Dopo lo stop al passaggio delle grandi navi per le bocche di porto il Consorzio Venezia Nuova ha dato il via alle operazioni che, nella notte tra venerdì e sabato, hanno portato alla posa del primo grande cassone che andrà a formare la base per la barriera mobile della bocca di porto Lido sud, il canale che da sempre è la “porta” di Venezia, di fatto la seconda barriera della grande opera.

Il cassone è solo il primo dei 9 che verranno calati sul fondo: enormi le dimensioni (60,2x24x24,95 m) e il peso (16.000 tonnellate). Per spostarlo dal cantiere di Malamocco dove è stato costruito è stato utilizzato un sistema di rotaie e martinetti oleodinamici; quindi il cassone è stato traslato fino alla piattaforma di varo, una sorta di grande ascensore, che ha consentito poi di calarlo in acqua. Quindi è stato trainato da rimorchiatori durante la notte fra il 28 e il 29 novembre fino alla bocca di porto di Lido, dove è stato calato nella trincea sul fondale. Una serie di operazioni per queste gigantesche strutture presenti nel cantiere di Malamocco che scompariranno sott’acqua allo stesso modo di quanto è avvenuto, lo scorso anno, per quelle di Lido nord.

«Le operazioni per la movimentazione, il trasporto e l’installazione sono molto complesse e devono essere effettuate in assenza di vento, onda e corrente, dovendo manovrare e posizionare strutture di ingenti dimensioni – spiega in una nota il Consorzio – Esse possono avvenire solo all’interno di limitate finestre temporali, legate alla marea e alle condizioni meteo di contorno. Una volta che i 9 cassoni saranno tutti installati, andranno a costituire la base della barriera di paratoie mobili di Lido sud, che conterrà gli impianti per il funzionamento e le gallerie percorribili dai tecnici specializzati»

Varo, trasporto, installazione e connessione dei nuovi cassoni, iniziati il 28 novembre, dureranno fino alla prossima primavera (probabilmente aprile) periodo in cui, che come annunciato, il canale di Lido San Nicolò sarà chiuso al transito delle grandi navi.

«Le bocche di porto di Lido, nord e sud, saranno le prime ad essere dotate di entrambe le barriere mobili che entreranno in funzione contro le acque alte quando la marea supererà i 110 cm sopra il livello del mare. Assieme alle operazioni di posa dei cassoni contemporaneamente procedono i lavori per le altre bocche di porto».

 

Tiozzo (Pd)

CHIOGGIA. «Piuttosto che dirottare le navi da crociera nei terminal merci di Porto Marghera, provocando disagi e sollevando le proteste dei lavoratori portuali, si prenda in considerazione l’ipotesi di utilizzare la marittima passeggeri di Chioggia, attualmente inutilizzata».

A lanciare la proposta e inserirsi in un dibattito assai attuale in questo momento, è il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Lucio Tiozzo.

«Lo scalo clodiense è attrezzato per ricevere questa tipologia di navi e dunque l’emergenza venutasi a creare con la chiusura temporanea della bocca di porto del Lido può essere superata in questa maniera. Quindi il gestore Aspo si muova da subito per chiedere, in accordo con l’Autorità Portuale di Venezia e Vtp di accoglierle».

Prosegue: «Sarebbe l’occasione giusta per verificare le potenzialità della struttura e le sinergie possibili con Venezia». Un argomento caldo, dunque, su tutti i fronti.

«Infine» conclude ancora Tiozzo «i turisti avrebbero la possibilità di arrivare a Venezia con mezzi di trasporto aqueo, senza intasamento sulle strada e godendo del paesaggio lagunare».

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Stop all’arginatura del canale Malamocco-Marghera.

I comitati cantano vittoria: «Condizionati dalla mobilitazione della città».

Il ministero per l’Ambiente: «Bisogna studiare le alternative»

Stop alle scogliere in laguna. Il Magistrato alle Acque ha annunciato ieri il ritiro del progetto per il marginamento del canale Malamocco Marghera con una barriera lunga otto chilometri di pietre.

«Sono necessari approfondimenti, chiesti anche dalla Soprintendenza», spiega il dirigente dell’Ufficio Fabio Riva. Così all’ultimo la commissione di Salvaguardia già convocata per discutere del progetto, ha preso atto del ritiro, anche se non definitivo. Annunciando che in ogni caso l’iter dovrà ripartire da zero. Breve anche la protesta dei comitati in Difesa della laguna, presenti in forze davanti alla sede di palazzo Linetti, in calle Priuli. Così il progetto, firmato dall’Autorità portuale e dal Consorzio Venezia Nuova, molto contestato per i suoi impatti ambientali, è stato bloccato.

«Sono stati costretti dalla mobilitazione della città e delle istituzioni più consapevoli a rimettere nel cassetto un’idea folle, disegnata dai vandali della laguna», canta vittoria il comitato «No Grandi Navi», «gli stessi vandali che insistono per realizzare il nuovo canale Contorta Sant’Angelo per mantenere le grandi navi incompatibili all’interno della laguna».

Qualche ora prima ci aveva pensato il ministero per l’Ambiente a mettere (quasi) la parola fine all’idea della scogliera. Ricordando che nella riunione al ministero del 5 novembre scorso, parlando delle ipotesi alternative al passaggio delle navi in canale della Giudecca, «si era deciso di valutare ipotesi alternative e di sottoporre i progetti alla Valutazione di impatto ambientale nazionale. Analoga procedura, dice il ministero, dovrà essere fatta per le scogliere».

Anche la Soprintendenza aveva definito estranei alla laguna i materiali da utilizzare come pietrame di grossa pezzatura. Il progetto, definito «Interventi per la protezione e la conservazione dei fondali del canale Malamocco-Marghera», è stato redatto dallo studio di ingegneria di Daniele Rinaldo, per conto del Consorzio Venezia Nuova e dell’Autorità portuale. Prevede arginamenti massicci ai due lati del canale dei Petroli («Malamocco-Marghera») per consentire il passaggio di grandi navi passeggeri – fino a 340 metri di lunghezza e 45 metri di larghezza, come si legge nel progetto – ad alta velocità, almeno 15 chilometri l’ora.

Sette chilometri e mezzo di scogliera larga 26 metri, cinque nuove barene costruite con milioni di metri cubi di fanghi portati dal fondo del canale di Lido, dove si sta costruendo il Mose.

Interventi «illegittimi» secondo gli ambientalisti, prodromici alla realizzazione egli altri 4 chilometri di canale (il Contorta Sant’Angelo) per far arrivare le grandi navi in Marittima passando per Malamocco. Nonostante il Porto parli di «decisione già presa» sono parecchie le alternative sul tappeto che dovranno essere valutate. Compresa l’opzione di lasciare le navi al di sopra di una certa stazza fuori dalla laguna. Dibattito in corso, e idee molto diverse.

Intanto i comitati cantano vittoria. «Ma adesso», dicono, «vigileremo anche sul canale Contorta: sarebbe meglio, approfittando dello stop imposto alle crociere dai lavori del Mose, sperimentare subito soluzioni alternative con ormeggi galleggianti e flessibili. Ancorabili ovunque si riterrà il luogo migliore.

«Solo in questo modo», concludono i comitati, «riusciremo a salvare la laguna senza nuove opere distruttive e scavi di canali. Ma anche a salvare la portualità e il lavoro, messo in pericolo proprio dalle rigidità di alcuni. Come faremo a seguire chi non vuole toccare nulla quando in laguna vorranno entrare le nuove navi in costruzione in Francia da 272 mila tonnellate?».

Alberto Vitucci

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I LAVORI PER LE DIGHE

Mose, primo cassone varato a Malamocco

Un’enorme struttura in cemento da 13 mila tonnellate sarà affondata al Lido

Primo cassone in acqua. ieri sera dopo le 20 a Santa Maria del Mare è stato varato il primo grande cassone in calcestruzzo del peso di 13 mila tonnellate. Sollevato con speciali gru su un grande carrello, è stato portato in mare come fosse un’enorme nave in cemento. Adesso comincerà la sua navigazione – trainato da un rimorchiatore – per arrivare alla bocca di porto di Lido. Sarà gettato sul fondo, insieme agli altri quattro, dalla parte del canale di San Nicolò, a sud della nuova isola artificiale. Lavori della seconda fase per la bocca di Lido che dovrebbero concludersi in primavera. Allestito il corridoio subacqueo e fissati i cassoni uno all’altro arriveranno infine le paratoie, che saranno ancorate sul fondo con le cerniere. Una fase complessa e delicata dei lavori per la costruzione del Mose. Grande la soddisfazione ieri dei tecnici del Consorzio Venezia Nuova e del Magistrato alle Acque. Il cassone «galleggiante» sarà seguito adesso dagli altri (13 mila tonnellate quelli di fondo, 17 mila quelli più grandi di spalla). Condomini in cemento che adesso saranno gettati nei fondali delle tre bocche diporto, da dove sono stati scavati milioni di metri cubi di fanghi. Un’opera «irreversibile» – certo i cassoni non potranno più essere rimossi – ancora contestata da comitati e ambientalisti. «Abbiamo chiesto un confronto pubblico sul funzionamento delle paratoie», dicono.

Hermes Redi, nuovo direttore del pool di imprese, concessionario unico dello Stato per la salvaguardia dal 1984, ha detto sì. E adesso i critici dell’opera saranno messi a confronto con i progettisti. Intanto, in attesa di vedere come si comporteranno le paratoie in schiera, procedono i lavori di sistemazione dei fondali. I cassoni in calcestruzzo costruiti a Santa Maria del Mare sono destinati in gran parte al Lido, poi alla vicina bocca di Malamocco. Le paratoie in metallo, che andranno fissate ai cassoni, sono in tutto 78 (più due di riserva) e cominceranno ad arrivare nei prossimi mesi. La centrale operativa e anche di manutenzione del sistema Mose sarà all’Arsenale. Dove arriverà una paratoia al mese per essere ripulita e riverniciata.

(a.v.)

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Il libro di sergio bologna

Grandi navi, rischio di una bolla speculativa

Il presidente del porto: «Btm presenterà il progetto per l’arrivo dei maxi carghi in laguna»

Perché i mari continuano a essere solcati da navi-container giganti che viaggiano mezze vuote? C’è il rischio che una bolla speculativa arrivi dal mare? Sono alcune delle domande che Sergio Bologna, uno dei maggiori analisti italiani di trasporti e di logistica, si pone nel suo ultimo libro Banche e crisi. Dal petrolio al container (DeriveApprodi editore, Roma 2013), presentato ieri al Laurentianum di Mestre all’interno di un dibattito organizzato dalla Rivista “Effetto Magnate” di Luca Romano e la Fondazione Gianni Pellicani e alla quale, sono intervenuti, assieme all’autore, Paolo Costa, Presidente dell’ Autorità Portuale di Venezia, Paolo Feltrin docente all’Università di Trieste, Giuseppe Tattara, già docente di Ca’ Foscari oggi attivo nel Comitato “No Grandi Navi” e Fabrizio Vettosi, manager del fondo Venice Shipping and Logistic. La presenza di questi giganti del mare che sono spropositate sia come grandezza che come numero rispetto alla domanda di merci, crollata con la crisi, spiega Bologna nel libro, può creare una grave bolla speculativa, trascinata in particolare dalla Germania dove una normativa fiscale favorevole ha agevolato la concentrazione di investimenti di questo tipo, non supportati da domanda reale e oggetto di fallimenti dei fondi stessi con effetto domino. Ma le mega navi container «hanno anche un impatto distorsivo sull’ economia reale – dice Bologna – , perché sopravvalutando i margini degli interscambi commerciali, soprattutto da e per l’ Asia, non riesce a garantire profitti se non aumentando i debiti statali, abbassando i salari e precarizzando le condizioni di lavoro». Per Giuseppe Tattara il problema del gigantismo navale «è direttamente inglobato nella globalizzazione», per usare un gioco di parole, mentre Paolo Costa rileva che nei porti italiani, e dunque anche in quello veneziano, le navi giganti non riescono a entrare e questo può rappresentare comunque un problema di competitività. Il porto off shore potrebbe essere la soluzione per Venezia. Intanto «il 3 dicembre – annuncia Costa – Btm ci presenterà il progetto della nave lash, che permetterebbe alle merci portate dalle grandi navi container di entrare in laguna senza far entrare le navi stesse». Una sorta di “anteprima” del porto “off shore”. Costa sottolinea poi l’importanza di investire nella logistica nelle ex zone industriali di Marghera. Feltrin propone di creare un’unica autorità portuale dell’alto Adriatico che comprenda Venezia, Capodistria, Fiume, Ravenna e Trieste.

(g.cod.)

Pacific Princess se ne va Costa rassicura i sindacati

«L’arrivo delle crociere a Porto Marghera è solo un’emergenza temporanea»

Tre navi in cinque mesi, poi riaprirà la “bocca” del Lido e chiuderà Malamocco

La Pacific Princess ha lasciato ieri il terminal merci della Tiv a Porto Marghera, lasciandosi alle spalle le contestazioni dei lavoratori portuali, preoccupati delle navi da crociera che vengono dirottate nei terminal merci. Martedì prossimo, a causa della chiusura della bocca di proto del Lido per la posa delle dighe mobili arriverà un’altra nave da crociera a Porto Marghera (la Saga Pearl II di 18 mila tonnellate e lunga 164 metri, a cui seguiranno entro aprile la Delphin da 16mila tonnellate e lunga 157metri e Ms Oriana da 69mila tonnellate e lunga 260metri. Ieri il presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Costa, ha incontrato i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei portuali, preoccupati delle «interferenze operative dovute alla compresenza di navi commerciali e passeggeri allo scalo commerciale di Porto Marghera». I rappresentanti sindacali dei portuali hanno chiesto a Paolo Costa il rispetto di norme e contratti vigenti nelle banchine merci del porto veneziano e hanno inoltre chiesto assicurazioni sugli effetti dei futuri lavori di posa dei cassoni delle dighe mobili del Mose quando – dopo l’ultimazione della posa alla bocca di porto d l Lido – toccherà alla bocca di Malamocco da cui comincia il cosiddetto Canale dei Petroli che porta ai terminal commerciali. Il presidente Costa «ha fornito ampie rassicurazioni ai sindacati sottolineando che la nave ormeggiata al terminal della Tiv e le altre attese entro aprile costituiscono i soli eccezionali dirottamenti di traffico crocieristico a Porto Marghera». Tutto ciò, precisa una nota stampa del Porto «perché su indicazione del ministero delle Infrastrutture, la Capitaneria di Porto, d’intesa con Autorità Portuale e Magistrato alle Acque, sta emettendo i provvedimenti che regoleranno il traffico crocieristico per tutto il 2014 e il15, in attesa della disponibilità della via navigabile alternativa individuata, come è noto, nel canale Contorta». Costa ha fatto presente che «nel 2014 oltre al trasferimento dei traghetti nell’area dell’ex Alumix a Fusina, è prevista una riduzione dei passaggi di navi davanti San Marco di poco inferiore al 20%, come risulterà dall’elenco delle navi autorizzate all’accosto per tutto il 2014 che verrà reso noto a breve. Per il 2015, il provvedimento indicherà in 96mila tonnellate il limite massimo delle navi autorizzate a passare davanti a San Marco, e la compresenza di 5 navi al massimo in Marittima». Per quanto riguarda i lavori alla bocca di porto di Malamocco (previsti per la seconda metà del 2014), Costa ha riferito che «sono in corso gli incontri per far si che la posa avvenga in forme che – usando la conca di navigazione opportunamente attrezzata e/o intervallando i lavori con il passaggio delle navi più grandi – consentano di mantenere la piena agibilità del porto anche durante il lavori».

Gianni Favarato

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Bora e pioggia salvano Celebrity Silhouette

Il retroscena, la nave troppo grande per Marghera ha rischiato di restare in balìa delle onde in mare

È solo grazie al forte vento di bora di sabato scorso che la bocca di porto del Lido è rimasta aperta due giorni in più – prima del previsto inizio della posa dei cassoni del Mose – la nave da crociera Celebrity Slihouette (122 tonnellate e 317 metri di lunghezza) non ha rischiato di rimanere in alto mare con i suoi 3.500 ospiti e 1.200 persone dell’equipaggio in quanto per lei non esisteva posto nei terminal merci di Porto Marghera. A spiegare meglio l’accaduto è un dettagliato resoconto di Stefano Nava, dell’Autorità Portuale di Venezia, che ricostruisce tutta la vicenda. Già il 13 settembre scorso, a fronte del calendario di arrivo e partenza delle navi da crociera, l’Autorità Portuale aveva comunicato alla Capitaneria di Porto che «la stazione Marittima è e rimane l’unico terminal per navi passeggeri. Qualora si ipotizzasse l’utilizzo di terminal a Porto Marghera, nessuno è autorizzato, né tantomeno attrezzato allo sbarco o imbarco di passeggeri e che solo in condizioni eccezionali si potrà autorizzare l’eventuale uso di terminal di destinazione a Porto Marghera di navi da crociera, ma in ogni caso con un unico slot di impiego del canale Malamocco Marghera (o ingresso o uscita) nell’arco della giornata per consentire alla nave da crociera di entrare in laguna», seppure la bocca del Lido e chiusa per i l Mose. «Celebrity Silohette è una nave è troppo grande per stare a Porto Marghera» spiega il Porto nel suo resoconto «i terminal commerciali sono oberati di lavoro, le uniche 2 banchine in grado di accogliere la Celebrity Silhouette saranno occupate da 2 porta container negli stessi giorni e non c’è alcuna possibilità di utilizzare i porti di Trieste o Ravenna vista la grandezza della nave in questione». Per questo il 19 novembre il presidente dell’Autorità Portuale chiede al Magistrato alle Acque e alla Capitaneria di «posticipare di 1 o 2 giorni la posa dei cassoni al Lido così da permettere l’arrivo di Celebrity alla stazione Marittima. Il Magistrato alle Acque esaminati i pro e i contro risponde però che «i lavori di posa dei cassoni prenderanno avvio nella data già stabilità», il 22 novembre. La pioggia inizia a cadere su Venezia e Celebrity ancora non sa dove andrà ad ormeggiare. Se non che proprio per le condizioni meteo avverse la sera il 23 novembre, di accordo con il Magistrato alle Acque, la Capitaneria comunica il rinvio per pochi giorni dell’intervento per il Mose e autorizza Celebrity ad entrare dal Lido e raggiungere la stazione di Marittima il 25 novembre.

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I DATI DELL’ARPAV

Yacht rumorosi, ma non ci sono norme sanzionatorie

L’Arpav ha reso noti i dati sull’inquinamento acustico a Sant’Elena e a Santa Marta e sui fumi a Sant’Elena: eccesso di rumore in entrambe le aree, ma fumi sotto controllo. Le conseguenze dell’assenza di una normativa che ponga dei limiti per le emissioni acustiche in acqua ricadano su alcuni cittadini veneziani che vivono in prossimità degli yacht o delle grandi navi. Dalle analisi effettuate in due situazioni specifiche segnalate dalla cittadinanza (la permanenza a luglio di alcuni yacht parcheggiati in riva dei Sette Martiri e l’ingorgo delle 21 navi dal 19 al 24 settembre) è risultato infatti che si è superata la soglia del limite di rumore concesso. Il problema è che le norme giuridiche per l’inquinamento acustico riguardano solo la terra.

«Il problema – spiega l’assessore all’Ambiente Gianfranco Bettin – è che non esistono delle leggi che segnalano dei limiti di rumore in acqua. Noi possiamo continuare a fare rilevazioni, dimostrando come alcuni suoni prodotti in acqua hanno delle conseguenze sulla parte abitata e inviarli come in questi casi alla Capitaneria alla Venice Yacht Pier, ma non possiamo intervenire».

Lo scorso luglio l’associazione ARCO (residenti a Castello) aveva segnalato l’impossibilità di dormire a causa del rumore di alcuni yacht tra i quali il «Tatoosh» di Paul Allen, cofondatore della Microsoft e l’«Alfa Nero». Le analisi hanno dimostrato che avevano ragione, come anche nel caso dell’ingorgo della Grandi Navi a Santa Marta, in occasione del passaggio di settembre. Venezia è in «classe terza», ovvero un’area di tipo misto con limite 60 decibel diurno e 50 notturno, limite che è stato superato in entrambe le situazioni. Fumi invece nella norma (monossido di carbonio, biossido di zolfo, biossido di azoto e polveri) a Sant’Elena nel periodo dal 5 giugno al 22 luglio.

Vera Mantengoli

 

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