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Mille manifestanti e oltre 160 comitati contro cemento e assalto al territorio

Chiesto a gran voce il blocco delle grandi opere. «Fermate il project financing»

VENEZIA – Ci voleva un prete per metterli d’accordo tutti. Ma adesso per don Albino Bizzotto, il fondatore di Beati i costruttori di pace, comincia la vera sfida: quella di superare rivalità, antagonismi, campanilismi e antichi dissapori e dare a questo arcipelago di comitati – ne ha censiti più di 160 in tutto il Veneto – una voce libera, unitaria e forte. A Venezia sono arrivati in moltissimi: dal Comelico che si batte contro la strada Intervalliva con l’Austria al Polesine che ha il problema della centrale di Porto Tolle; dai comitati di Opzione zero che, sulla Riviera del Brenta, puntano il fucile su Veneto City Green (il green è stato aggiunto da poco) a quelli che si battono contro l’ampliamento dell’aeroporto di Treviso. Moltissimi i comitati della Superstrada Pedemontana Veneta, da Treviso a Vicenza. E poi Sos Salviamo il paesaggio, le associazioni della Valpolicella, i comitati contro gli impianti a bio gas e i gassificatori. E ancora gli attivisti di Stop ai pesticidi nella zona del prosecco e quelli di Aria Nova. I comitati no Ogm e per la Decrescita felice. Insomma, tutto il mondo stanco di vivere in una foresta di cemento che ogni giorno consuma ettari su ettari e non restituisce mai all’ambiente. E poi le associazioni ambientaliste tradizionali – Legambiente su tutte – e i partiti: presenti in fondo al corteo con le bandiere Italia dei valori, Rifondazione comunista, Sinistra Ecologia e libertà e Movimento 5 stelle. Molte le adesioni personali, soprattutto di consiglieri regionali e parlamentari del centrosinistra. Curiosa la presenza delle bandiere del Veneto, con un ritrovato Franco Rocchetta a difesa, questa volta, di quel che resta del Veneto.

Don Albino Bizzotto, che quest’estate ha voluto digiunare per venti giorni e sollevare il tema delle grandi opere, è naturalmente soddisfatto. La sua battaglia è «per mettere insieme, far capire che questi comitati hanno un comune denominatore: il modello di sviluppo sta deflagrando dal suo interno, bisogna ripensarlo. L’impronta ecologica del Veneto, 6 ettari a testa, non può più essere sopportata dal pianeta».

«La Terra non ce la fa più – recita l’appello degli oltre 160 comitati veneti -: l’inquinamento atmosferico, la cementificazione e asfaltatura del suolo, gli eccessivi prelievi d’acqua, il sistema del project financing».

Per fermare tutto questo i comitati chiedono di bloccare le grandi opere, allontanare le grandi navi dalla laguna, liberare il Veneto dalle servitù militari, finanziare i Comuni per mettere in sicurezza il territorio, gestire in maniera pubblica i beni comuni, stop al consumo di suolo agricolo, fermare la privatizzazione della sanità, abolire la legge obiettivo, bloccare nuove autostrade e Alta velocità, strade, raccordi e centri commerciali. Ci sono anche primi comitati contro i project financing, considerato la «peste»: si fanno strade, ospedali, centrali.

Lunghissimo, il corteo si snoda da piazzale della stazione a campo Santa Margherita. Gli organizzatori dicono 1500, la questura 600: di sicuro sono più di mille. A sera, i ragazzi dei centri sociali e del Comitato No Grandi Navi forzano la testa del corteo e si ritrova muso contro muso sul ponte della Stazione marittima. Ma, a parte il lancio di qualche uova e l’affissione di uno striscione, sarà solo una prova muscolare. Il corteo si esaurisce stanco, ma felice di aver mostrato l’altra faccia del Veneto, quella che a malapena trova cittadinanza nella politica, quella che non appare mai e che viene sempre bollata come il «popolo del No». Ecco, sostituire il No con tanti «Per» sarebbe davvero una svolta.

Daniele Ferrazza

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l’ispiratore

Don Bizzotto: «Piano casa un autogol della Regione»

Le energie di Don Albino non si esauriscono mai. Dopo una giornata intera di manifestazione è comunque pronto per celebrare la messa.

«Mi aspetto che ci saranno delle reazioni al corteo – dice con voce leggermente stanca, ma sempre combattiva – Sono pronto a rivolgermi anche al Governo se le cose non cambiano. Siamo di fronte a dei suicidi finanziari e Letta per primo lo sa. Non capisco come mai ci siano così tanti soldi per le grandi opere e niente per mettere in sicurezza il nostro territorio dai rischi che corre».

Chi vuole le grandi opere tira in ballo il lavoro, ma è proprio nelle grandi opere che Don Albino vede la crisi. Negli ultimi tempi lui ci ha messo la faccia per difendere la speculazione della terra e anche il proprio corpo, con numerosi digiuni. Sacrifici che hanno sicuramente attirato l’attenzione mediatica, meno forse quella dei politici: «Riscontro un atteggiamento doppio – prosegue – perché da un lato tutti riconoscono che la situazione ambientale non è un optional ma richiede un’attenzione obbligatoria, dall’altro permane un circolo vizioso di interessi privati».

Le ultime norme sul Piano Casa ne sono per lui un esempio: «È stato un autogol della Regione. Chi doveva sistemare la propria casa lo ha già fatto e ora soltanto chi ha i soldi lo potrà fare. Spero anche che i sindaci reagiscano di fronte a queste decisioni che li espropriano di ogni scelta».

Vera Mantengoli

 

Un portale unirà 162 comitati ambientalisti

VENEZIA. Un portale che unisca tutte le battaglie ambientaliste del Veneto. L’idea, accarezzata ieri pomeriggio a margine del corteo, potrebbe essere una delle novità scaturite dalla grande mobilitazione di Venezia, che ha visto scendere in piazza 162 Comitati ambientalisti veneti: dai Beati costruttori di pace a Legambiente di Este. L’idea, non del tutto nuova, potrebbe trovare riscontro dalla rinnovata volontà delle associazioni e dei comitati di superare l’attuale frammentazione che rende spesso vane le battaglie per un nuovo modello di sviluppo e di una rinnovata attenzione al territorio. Giusto a pochi giorni dal nuovo piano casa regionale.

 

CEMENTIFICAZIONE – Il piano casa nel segno degli “schei”

Fariseo Luca Zaia, che pubblicamente si rammarica della passata eccessiva cementificazione, dopo Pedemontana, Mose, Veneto City ecc., dota la Regione di un nuovo Piano casa (schei, schei!). Come se in Veneto e in tutta Italia ci fosse bisogno di altri metri cubi. Ulteriore conferma della arretratezza degli amministratori del bel Paese (sic) che sono capaci solo di usare mattoni e cemento per muovere l’economia. Gli saranno grati gli speculatori e tutti gli impresari che assumono manodopera “foresta”, possibilmente in nero, con buona pace di un leghista doc (prima i veneti…). Se siamo un Paese che arranca economicamente è anche grazie a questi amministratori. Cin, cin Luca Zaia!

Leonardo Brescacin

 

Oltre un migliaio di persone ha sfilato a Venezia

LA PROTESTA – Oltre un migliaio di persone di vari comitati è sfilato per le calli in difesa dell’ambiente

Un lungo e ordinato corteo per chiedere il rispetto della terra e per bocciare i grandi progetti. Ma per due volte la scena è stata presa dai No global che hanno imbrattato prima la sede della Regione, alla Ferrovia, e poi il terminal di San Basilio. Oltre un migliaio di persone hanno partecipato ieri alla manifestazione, promossa dai Beati costruttori di pace per il rispetto del Veneto, contro logiche speculative e contro le grandi opere. A guidare il corteo don Albino Bizzotto forte del sostegno di oltre 160 gruppi regionali che hanno aderito alla sua iniziativa. Ma prima che il corteo partisse da Santa Lucia i No grandi navi hanno lanciato uova di vernice contro la vicina sede della Regione, posizionando detriti, una sorta di pietra tombale con bara davanti all’ingresso chiuso e protetto da una transenna e lanciando alcuni fumogeni.

«Bisogna bloccare Veneto city, le speculazioni della grandi opere – hanno detto – e anche il canale Contorta che è dannoso». Sul canale i No grandi navi hanno affermato che il ministro Lupi è intenzionato ad inserire il progetto nella legge obiettivo, evitando così il passaggio alla Via.

La manifestazione, che da Cannaregio si è diretta verso le Zattere, ha raccolto umori e speranza dei rappresentanti di decine di associazioni regionali che non vogliono questo politica contro l’ambiente.

«La terra deve essere rispettata – ha spiegato don Albino – bisogna bloccare questo sviluppo che non lascia respiro. C’è un limite a tutto. E poi ci chiediamo come sia possibile che ci siano sempre i soldi per le grandi opere e poi manchino quelli per i progetti di salvaguardia del territorio dalla alluvioni, per gli edifici pubblici e per le scuole. E come se non bastasse nel Veneto ci sono almeno 16 gruppi di stampo mafioso. Bisogna puntare sulle energie rinnovabili, tutti abbiamo delle precise responsabilità».

Tra gli ambientalisti c’era anche chi sottolineava il fatto che molte aziende venete necessitano di aiuti da quel sistema bancario che, invece, spende i propri soldi solo per la rendita finanziaria. Il corteo, dopo essere passato sul ponte dell’Accademia, è poi approdato alle Zattere. Qui c’è stata una sorta di divisione, visto che i No grandi navi hanno deciso di proseguire fino al Terminal di San Basilio. La Polizia, in tenuta antisommossa, ha effettuato un blocco proprio sull’ultimo ponte di legno, ma forse per evitare problemi alla struttura dopo una ventina di minuti i No global sono riusciti a passare. E dopo un breve comizio anche qui sono state lanciate uova colorate contro la sede del terminal (la Digos sta ora visionando i filmati per accertare le responsabilità).

«Paolo Costa crede che questa sia casa sua – ha tuonato Beppe Caccia – ma Venezia è la città di tutti. Il fatto di aver affisso un nostro striscione qui è una vittoria».

 

DENTRO IL GRUPPO – La galassia dei 162 comitati. Dagli indipendentisti veneti alle battaglia per l’ecologia

Tante bandiere, dove i simboli dell’ambientalismo si sono mischiati alle icone dei tanti comitati (162), ai logo sindacali e di partito, pure al gonfalone di San Marco. Questo era portato da Franco Rocchetta e dal nuovo movimento “Marcia silenziosa”, vicino ad ideali veneti indipendentisti. Oltre alle grandi aggregazioni da associazionismo a livello nazionale, molti sono stati i piccoli comitati, che in tema ambientale hanno contribuito a tessere un mosaico di problematiche locali. Così ecco “Opzione Zero” della Riviera del Brenta, contro Venetocity; il comitato di Conselve “Lasciateci respirare”, che lamenta una pessima qualità dell’aria, accusando una distilleria.

L’età media dei manifestanti era piuttosto avanzata, dai 40 anni in su. Ne offre una spiegazione Fabrizio Zabeo, del comitato “Allagati Favaro”: «Siamo qui per i nostri figli e i nipoti; molti di noi hanno visto il territorio modificarsi negativamente e progressivamente sotto agli occhi. La terra veneta non respira più».

Il comitato “Aeroporto Treviso” accusa il tentativo di aumentare a dismisura il numero di voli, con inquinamento sonoro e dell’aria. Passano con i loro striscioni i comitati per l’autoriduzione delle bollette, per la lotta contro gli organismi geneticamente modificati, i “No Pedemontana”, i “No Romea commerciale”, i “Transpolesana libera”, i cittadini di Salzano e di Noale, divulgando il mancato aggiornamento tecnologico dell’impianto per il trattamento dei rifiuti di via Mestrina. Ancora, il comitato “Porto Tolle” contro la centrale a carbone, al pari dei “No carbone Delta del Po”. Infine il Wwf Marca trevigiana, che ha sollevato il problema dei trattamenti dei vigneti con pesticidi, che inquinano le falde acquifere col rischio di malattie croniche. E va detto che molti di questi gruppi non hanno partecipato alla protesta in Marittima.

Tullio Cardona

 

Nuova Venezia – Stop al cemento. Corteo a Venezia.

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30

nov

2013

AMBIENTE E TERRITORIO»la manifestazione

Il raduno di tutti i comitati ambientalisti del Veneto «Basta con la cementificazione selvaggia del territorio»

VENEZIA – In illo tempore, qui era di casa Palladio. Oggi, hic sunt capannones et bitumina: la manifestazione di oggi pomeriggio a Venezia contro le grandi opere e il consumo di suolo chiama a riflettere su un Veneto pesantemente devastato nel tempo, e tuttora ad alto rischio.

In tal senso, la chiamata odierna a raccolta riprende e rilancia la battaglia di don Albino Bizzotto e del suo sciopero della fame: cui a suo tempo si sono associati non pochi politici. I quali peraltro, esaurite le 24 ore del loro digiuno in alcuni casi scambiato con un tot di visibilità, si sono squagliati.

Ma il problema rimane, eccome. Basta scorrere pochi ma eloquenti dati: nei vent’anni tra il 1961 e il 1981, hanno cambiato destinazione d’uso più aree agricole di quanto non fosse capitato nella storia dei due millenni precedenti.

Negli anni Novanta, sono state costruite case per 101 milioni di metri cubi, e fabbricati non residenziali per altri 176. All’inizio degli anni Duemila, l’ammontare di fabbricati non residenziali progettati in Veneto rappresentava il 18 e mezzo per cento della produzione complessiva italiana, livello inferiore alla sola Lombardia. In ciascuno dei 580 Comuni veneti ci sono in media quattro aree tra industriali e artigianali. Anche le nuove strade fanno presto a intasarsi: il costo da congestione sulla sola rete principale della regione è stato calcolato in un valore vicino ai 2 miliardi di euro. In compenso, i treni fanno letteralmente schifo: come documentano le quotidiane odissee dei pendolari; ai quali chi di dovere risponde con l’eterno rinvio (ultimo quello di pochi giorni fa per la tratta Padova-Venezia) di una metropolitana promessa nel 1990, vale a dire 23 anni fa. Inutilmente autorevoli studiosi misurano e denunciano la portata di questo dissesto da overdose di consumo del territorio. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello di Francesco Vallerani: padovano di anagrafe, geografo di Ca’ Foscari, in un saggio dall’eloquente titolo “Italia desnuda – percorsi di resistenza nel Paese del cemento”; ampia parte del quale è dedicato al Veneto, non per partigianeria anagrafica, ma perché una terra esemplare per bellezze naturali ed artistiche ha finito per diventare forse il luogo più negativamente significativo di una sorta di geografia dell’angoscia disseminata di cemento. Non è un capo d’accusa articolato per numeri: quella di Vallerani è piuttosto un’analisi dei processi socio-culturali che hanno provocato il traumatico passaggio dai canoni palladiani allo scempio diffuso; e anche degli stati d’animo che questo assalto ha indotto. Un boom, oltretutto, partito dalla fame vera ma poi consegnatosi alla “auri sacra fames” senza conoscere più limiti: fino a che la devastante crisi economica planetaria ha trasformato il big-bang del cemento in un big-crunch contrassegnato dai cartelli “vendesi” e “affittasi”. Vallerani lo documenta attraverso un mesto pellegrinaggio tra le macerie di aree dismesse e le nuove lottizzazioni onnipresenti, contrassegnato da quello che egli stesso definisce «odore di malta»: un fenomeno responsabile delle non poche catastrofi naturali che le cronache registrano ormai di continuo. Tra cui le ire funeste dei fiumi, inutilmente segnalate con largo anticipo da autorevoli ingegneri idraulici del Nordest, i cui ammonimenti sull’impatto di «mattone selvaggio» sulla maglia idrografica tra Mincio e Tagliamento sono rimasti regolarmente inascoltati. Anche da troppi sindaci che, sotto la spinta delle ristrettezze finanziarie in cui li ha ridotti lo Stato, hanno finito per considerare il territorio come una cassaforte per trasfusioni di risorse nei loro sempre più asfittici bilanci.

Così il rapporto tra colate di cemento e consumo di suolo in Veneto ha finito per diventare il più alto in Italia, anche per effetto di un’opulenza diffusa che si può cogliere visivamente la domenica, quando dopo la regolare presenza alla messa un esercito di auto di lusso si mette in moto verso la più vicina pasticceria: dando vita a quella che Tim Parks, graffiante scrittore inglese trapiantato a Verona, suggella con efficacissima immagine in un singolare connubio tra ostie e brioches. Il fatto è, segnala Vallerani, che quel processo di città diffusa di cui tanto si va parlando di questi tempi si diffonde a scapito della campagna, accentuando un individualismo esasperato quanto nocivo, che trova una sintesi anche visiva nella mitica Marca gioiosa del Trevigiano, al cui ingresso si viene accolti da cartelli con la suggestiva scritta «Se la vedi ti innamori»; subito contraddetta da immagini di «incompiute lottizzazioni, anonime e invasive aree artigianali, ruspe in alacre attività, oscene potature delle alberature, volgari intrusioni di chiassosi cartelloni che elogiano rubinetterie, mobilifici, parchi commerciali». Il tutto espressione di un popolo di produttori i quali, per dirla con Paolo Rumiz, «hanno lavorato tanto da non aver avuto neanche il tempo di accorgersi di essere diventati ricchi». E infelici.

Francesco Jori

 

Appuntamento alle 14 davanti alla stazione 

VENEZIA. E’ la prima manifestazione pubblica contro il consumo di suolo organizzata in Veneto: l’appuntamento è per oggi alle 14, con ritrovo alla stazione ferroviaria di Santa Lucia a Venezia, accompagnato da una serie di iniziative di sensibilizzazione nei Comuni dell’intera regione. L’iniziativa è promossa da Beati i costruttori di pace, il cui animatore, don Albino Bizzotto, ha dato vita nei mesi scorsi a un digiuno che ha avuto ampia risonanza nazionale. Nell’occasione è stata predisposta una piattaforma di richieste, dalle grandi opere alle grandi navi in laguna, dalle servitù militari alla legge obiettivo, dagli inceneritori alle discariche. Diretta sul sito del nostro giornale.

L’INTERVENTO

UN APPELLO SPECIALE PER LA TERRA

di don ALBINO BIZZOTTO – Fondatore dei Beati i costruttori di pace

«Popolo mio, che male ti ho fatto, in che ti ho contristato?». Sono le parole degli “improperi” del venerdì santo, potrebbero essere le parole di lamento della Terra rivolte all’umanità. Chi è la Terra? Non è la nostra proprietà privata di cui disporre come vogliamo, né una miniera, né una discarica. È l’organismo che fornisce gli alimenti necessari alla vita di tutti gli altri esseri. E come tale ha una sua natura, un suo linguaggio e una sua grammatica. La sua missione: sostenere e garantire vita e futuro. Per noi significa respirare, bere acqua, mangiare, lavorare. Siamo nati per vivere assieme, non per diventare ricchi. La Terra va amata e coltivata per la vita, non sfruttata e violentata per i soldi. Molti non se ne rendono conto e non vogliono saperne: per loro la Terra è lo strumento per le grandi speculazioni finanziarie e per mettere in sicurezza i soldi. E così la Terra non ce la fa più a rinnovarsi per sostenere i nostri consumi, i nostri rifiuti, le nostre produzioni; infatti il 20 agosto ha esaurito tutte le energie che aveva a disposizione per arrivare al 31dicembre. Intanto «i ghiacci battono in ritirata quasi ovunque… la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è ai limiti di guardia: tra dieci anni saremo fuori dell’area di sicurezza». (5° Rapporto Ipcc Onu 2013). È una emergenza che dovrebbe trovare in ciascuno di noi la priorità assoluta per una immediata inversione di tendenza. Non è questione di soldi, è questione di vita. Il Veneto è la regione più cementificata d’Italia; negli ultimi vent’anni sono andati persi 38 ettari al giorno di terreno coltivabile. Attualmente, per sostenere i consumi e assorbire l’inquinamento di ogni abitante del Veneto, sono necessari 6,43 ettari pro capite/anno. La “bio-capacità” del Veneto è pari a 1,62 ettari/abitante. Un deficit ecologico di 4,81 ettari pro capite/anno. E davanti abbiamo una colata di cemento e asfalto che non ha eguali per le cosiddette grandi opere in project financing.

Spreco di suolo senza precedenti, corruzione e infiltrazioni mafiose (attualmente almeno 16 organizzazioni mafiose operano in Veneto) e indebitamento della popolazione per 30–40 anni per pagare interessi privati, sono il contorno obbligato di questa scelta.

Ogni metro quadro coltivabile tolto alla Terra è un furto ai bambini che nasceranno, una perdita secca di autonomia alimentare e un incentivo all’inquinamento e al maggior affaticamento e sofferenza della Terra. Per affrontare correttamente la crisi in cui ci troviamo prima di tutto vanno messe in sicurezza le persone che non ce la fanno, poi il territorio in cui viviamo, quindi si fa la programmazione dei servizi pubblici necessari e adeguati per tutta la popolazione, in particolare il piano trasporti e il piano energetico. Non possono essere gli interessi di gruppi privati a guidare le scelte pubbliche, come sta avvenendo in questo momento. Molti insistono sulla necessità delle opere per garantire posti di lavoro. È vero, il lavoro è il nodo centrale. La crisi dell’occupazione avviene proprio con tutte le grandi opere in corso. A fronte di un lavoro concentrato e a strappi, spesso al di fuori della legalità, perché non è possibile un lavoro diffuso e stabile a protezione ecologica del territorio e delle popolazioni? Non ci sono fondi per prevenire frane e alluvioni, ma ci sono tanti soldi per cemento e asfalto! Oggi oltre alla redistribuzione del reddito dobbiamo realizzare anche la redistribuzione del lavoro. Per questo il mio è un “appello speciale” prima di tutto a quanti hanno la responsabilità delle scelte politiche, imprenditoriali, sociali, culturali, ecclesiali e a tutti noi, perché l’emergenza Terra e l’emergenza territorio regionale pongono con urgenza non dilazionabile la necessità di sospendere tutte le opere programmate, che prevedono cementificazione e spreco di suolo e la necessità culturale di condurre una vita sobria nel quotidiano. In questi giorni abbiamo denunciato e preso posizione contro la violenza alle donne, unifichiamo l’impegno anche contro la violenza che viene fatta alla Terra, nostra madre Terra. Come, dopo una guerra devastante, siamo arrivati alla “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, così, dopo la stagione aggressiva dell’impero del mercato neoliberista, dobbiamo arrivare a sottoscrivere la “Dichiarazione universale dei diritti della madre Terra”.

 

L’INTERVENTO

Gli ambientalisti chiedono rispetto

di Ilario Simonaggio – Segretario generale Filt Cgil Veneto

Venezia, 30 novembre 2013: la manifestazione per stop consumo di suolo dei 150 comitati e associazioni ambientaliste chiede a tutti attenzione e rispetto. Ci sono delle rilevanti novità in campo dopo lo sciopero della fame, per due settimane ad agosto 2013, di don Albino Bizzotto fondatore dei “Beati i costruttori di pace”. I comitati pongono alle Istituzioni, alle forze politiche e sociali, richieste semplici e dirette per un cambio del paradigma dello sviluppo basato su strade e capannoni. Gli organizzatori sono riusciti a unificare le tantissime iniziative locali su un terremo regionale più ampio, consapevoli dei rischi della crisi dei beni primari insostituibili, provando a dialogare con tutti coloro che non hanno smarrito la capacità di ascolto e che sono disponibili a cambiare il modello di sviluppo basato su asfalto e cemento. Sono convinto poi che il salto di qualità è rappresentato non tanto dai “no” contrapposti al partito del “fare” ma dall’idea che ci sono tante buone opere che danno più occupazione, reddito e benessere ai cittadini della Regione Veneto. La centralità è fatta da tante opere immediatamente cantierabili che si prendano cura degli assetti territoriali e idrogeologici scongiurando calamità, prevenendo disastri, mettendo in sicurezza le leve fondamentali di un territorio attraente perché unico nella bellezza nell’arte, nel paesaggio. Nel lungo elenco che compone le ragioni profonde della manifestazione pubblica del 30 novembre prossimo ritrovo molta elaborazione della Cgil e della Federazione regionale dei trasporti Cgil che da molto tempo si batte per una pianificazione industriale del settore. Sono convinto che serve razionalizzare e saturare l’esistente, bisogna dire basta a nuove strade e crescita del trasporto su gomma, assumendo impegni concreti per lo sviluppo del trasporto merci e passeggeri combinato mare-ferrovia.

Nel piano regionale dei trasporti si legge in questo decennio il completo fallimento di queste classi dirigenti perché il trasporto su gomma dal 80% ha superato il 90%; il trasporto ferroviario merci dal 12% è sceso al 6%; il trasporto ferroviario passeggeri ha ridotto sia l’infrastruttura chilometrica disponibile sia la quantità di treni per il servizio regionale sia per la media e lunga percorrenza. Trasportiamo le persone come fossero merci, invece dovremo trasportare le merci come fossero persone! Il pianeta non ce la fa più e richiede che il bilancio ambientale eviti lo spreco e l’attuale consumo di territorio, acqua, aria attraverso tempestive politiche di green economy. Fare le opere che servono, grandi o piccole che siano, con un bilancio costi benefici basato esclusivamente sull’interesse generale pubblico. Sul piano economico ritengo che sia tempo di concentrare gli investimenti sui contenuti e non sui contenitori. Migliaia di capannoni e case sfitte sono la dimostrazione del fallimento dello sviluppo quantitativo. Oggi più che mai serve più capitale cognitivo per rilanciare il nostro settore manifatturiero con innovazione di prodotto e di processo che saldi impresa scuola/università dando occasioni di lavoro stabile e qualificato alle giovani generazioni. Diciamo più industria capace di generare occupazione e reddito perché punta a investire su formazione, ricerca, innovazione capace di competere sui mercati globali. Infine e non ultimo, penso che le imprese del settore primario debbano mantenere una presenza forte per le nostre produzioni di eccellenza enogastronomiche che costituiscono una ulteriore leva di valore produttivo. Mi sento parte di questo movimento veneto che chiede un rapido e profondo cambio del modello di sviluppo evitando gigantismo e il consumo delle già scarse risorse pubbliche che alimentano lo scambio politico con gli affari privati.

 

VENEZIA / Beni comuni contro le grandi opere

Questo pomeriggio Venezia sarà attraversata da un corteo di donne e uomini provenienti da tutto il Veneto. Sono decine e decine di movimenti e comitati, associazioni e gruppi, centri sociali e occupanti di case che manifesteranno, per la prima volta, con obiettivi comuni e con un avversario comune. Gli obiettivi sono chiarissimi: chiedono di bloccare le “grandi opere” infrastrutturali, inutili e costosissime per le casse pubbliche, che hanno ferito e feriscono l’ambiente e il paesaggio veneti. Di fermare il “consumo di suolo” che sta divorando il territorio per ragioni meramente speculative. Difendono, con forza, i “beni comuni” e la “democrazia”, pretendono cioè che le decisioni che riguardano tutti siano prese in modo trasparente e partecipato dalle comunità locali e abbiano come assoluta priorità quelle risorse non rinnovabili, che sono di tutti e che non devono essere oggetto di privata appropriazione. Affermano che, proprio nella crisi che sta continuando ad arricchire pochissimi e sta impoverendo molti anche in quella che un tempo veniva definita la “locomotiva produttiva” del Paese, è possibile, anzi necessario un profondo cambiamento di cultura e di prospettiva, una radicale alternativa di modello produttivo e di sistema economico. L’avversario è quel groviglio di interessi che si colloca tra affari e politica, tra speculazione e rendita, e che ha trovato, negli ultimi vent’anni, disponibile ascolto e convinto supporto nelle scelte di governo della Regione Veneto. Altro che “basta capannoni”! Basti pensare al voto dell’altra notte, con cui la maggioranza del Consiglio regionale ha approvato il cosiddetto “Piano casa”. Un provvedimento legislativo che, da parte di una Regione che ha tagliato tutti i contributi all’affitto per le famiglie a basso reddito e mal amministra il patrimonio edilizio pubblico gestito dai carrozzoni Ater, ben poco servirà a dare un tetto ai tanti veneti, per origine o per destino, che un tetto sopra la testa non ce l’hanno affatto. Servirà invece ad autorizzare, a favore dei soliti noti interessi, una colata di cemento da milioni di metri cubi sui centri storici e sul territorio di tutti i comuni, in deroga ai piani urbanistici e di tutela ambientale esistenti e scavalcando totalmente il parere delle amministrazioni locali.

Non solo: la giunta guidata da Luca Zaia ha adottato, nei mesi scorsi, il Piano territoriale regionale di coordinamento (Ptrc) che, come dice il nome, dovrebbe raccogliere e sintetizzare la pianificazione infrastrutturale e urbanistica di tutti gli enti locali. Per Venezia prevede di confermare il terminal delle grandi navi da crociera alla Stazione Marittima, la realizzazione della metropolitana sublagunare fino al Lido, il raddoppio dell’aeroporto Marco Polo con la mostruosità di Tessera City e il devastante tracciato in gronda lagunare del Tav. Tutte “grandi opere” che il Piano di assetto del territorio (Pat), votato dal consiglio comunale, rifiuta con decisione.

Il presidente Zaia ama riempirsi la bocca di parole quali “democrazia, dialogo, confronto”. In realtà lui e la sua giunta vorrebbero imporre alle comunità locali scelte insostenibili. Ci sono pertanto buoni, ottimi motivi per partecipare alla manifestazione di oggi. Per noi, cittadini veneziani, ancora di più.

Beppe Caccia – Consigliere comunale di Venezia lista “In Comune”

 

Blitz dei centri sociali in Regione

Una sessantina di giovani mascherati trascina in calle Priuli mobili e faldoni dell’ufficio “Via” 

Blitz dei centri sociali del Nordest ieri mattina a Venezia a Palazzo Linetti, l’edificio della Regione dove ha sede anche la Commissione di valutazione d’impatto ambientale dei progetti del territorio. Una sessantina di giovani con le tute bianche e con al volto le maschere di “V per vendetta” ha fatto irruzione negli uffici, e al grido ironico di “Valutazione d’impatto ambientale negativa per l’ufficio”, lo ha letteralmente svuotato, portato in calle Priuli mobili, faldoni, sedie e piante, spiegando poi ai passanti la ragione della protesta – alla vigilia della manifestazione contro le grandi opere di oggi a Venezia – legata al ruolo a loro avviso poco trasparente della Commissione. Al termine i manifestanti hanno lanciato negli uffici dei fumogeni. È la Commissione Via a determinare il parere di impatto ambientale di grandi opere e infrastrutture e negli ultimi anni (dal Mose alla Pedemontana, dal revamping di Alles alle discariche) questo è sempre stato positivo.

Gli attivisti hanno ricordato come membri della Commissione, attraverso quote azionarie e attività professionali, abbiano interessi nelle materie della stessa Commissione. Un esempio citato è quello di Nicola Dell’Acqua, neo-commissario, che avrebbe lavorato in alcuni progetti all’esame della Commissione (discarica di Ca’Bianca, smaltimento rifiuti c/o Ca’Balestra), mentre altri componenti avrebbero quote azionarie in società che operano nel settore dei rifiuti o delle escavazioni le cui fortune possono dipendere dal parere della Commissione Via.

Altro esempio citato quello del presidente della Commissione Silvano Vernizzi (Segretario regionale infrastrutture e mobilità) che è anche commissario per la Pedemontana e amministratore delegato di Veneto Strade.

«Un’inaccettabile negazione della democrazia che respingo fermamente – ha commentato l’episodio il presidente della Regione Luca Zaia. – Sono e sarò sempre per il dialogo e per questo sono ancora più amareggiato nell’assistere a queste esibizioni muscolari che nulla aggiungono e nulla tolgono alle grandi problematiche che ci troviamo ad affrontare». Per l’assessore regionale all’Ambiente Maurizio Conte «è la conferma che i gruppi degli eterni giovani dei collettivi del Nordest hanno perso vigore e identità, nei metodi però non si smentiscono: delinquenza, irruenza e totale  mancanza di ascolto».

(e.t.)

 

comune-info.net – Marea anomala a Venezia

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26

nov

2013

Sabato Venezia accoglie il più grande corteo di protesta degli ultimi vent’anni: oltre 150 tra comitati, movimenti, associazioni, organizzazioni politiche e singoli cittadini convergeranno dai quattro angoli della regione, ciascuno portando con sé il proprio bagaglio di lotta, insieme nell’affermare il più corale “basta” alla devastazione dei territori

Chissà se i progettisti del Mose, il sistema di dighe mobili che dovrebbe salvare Venezia dall’acqua alta, hanno previsto un qualche dispositivo per gli eventi davvero eccezionali… Già, perché il prossimo 30 novembre, si preannuncia una marea strana, per dimensioni e per natura. Stavolta arriverà dalla terraferma, invece che dal mare, e sarà fatta di persone, tante persone, la cui voce e i cui passi non potranno non ripercuotersi sugli equilibri lagunari.

Sabato Venezia accoglierà il più grande e partecipato corteo di protesta degli ultimi vent’anni: oltre 150 realtà – tra comitati, movimenti, associazioni, organizzazioni politiche e singoli cittadini – convergeranno dai quattro angoli della regione, ciascuno portando con sé il proprio bagaglio di lotta, ma uniti nell’affermare il più corale “basta” alla devastazione dei territori, dei diritti e della democrazia.

Della situazione veneta poco si parla e poco si sa. Ed è forse proprio grazie a questo silenzio che le potenti lobby politico-affaristiche hanno potuto agire indisturbate, in modo opaco e al di fuori di qualsiasi controllo democratico.

 

L’attacco ai territori

In Veneto, la seconda regione più cementificata d’Italia dopo la Lombardia, negli anni duemila si sono impermeabilizzati in media 182 milioni di metri quadrati l’anno, per un totale dell’11 per cento della sua superficie. Una terra pregiata ormai al collasso, specie per le ricadute sulla sicurezza idraulica e sulla salute pubblica; massacrata da vent’anni di sprawl, la polverizzazione urbanistica, e oggetto di un dissennato disegno strategico regionale – il cosiddetto “Bilanciere del Veneto” – partorito dall’ex-giunta Galan ed ereditato da Luca Zaia. Un disegno improntato all’iper-infrastrutturazione, al gigantismo insediativo e alla speculazione fondiaria ed edilizia.

Il nuovo modello economico – il “terzo Veneto” – ha abbandonato il cavallo da corsa della piccola e media imprenditoria, per puntare sulla mercificazione dei suoli: il territorio è diventato machina per far i schei, per usare l’espressione di Edoardo Salzano. Come molte parti d’Italia, il territorio è preso d’assedio da questa forma di colonizzazione grigia, grazie a cui la filiera del cemento-asfalto erode sempre più risorse e in modo sempre più aggressivo.

 

L’attacco alle regole

Per favorire questo processo c’è bisogno di strumenti legislativi e tecnici che consentano di agire in questa direzione e scavalcare gli ostacoli che le norme di tutela nazionali ed europee imporrebbero. Questo ruolo di apripista spetta alla politica nazionale e locale ed ecco che, ancora una volta, la Regione Veneto si rivela un’avanguardia nell’elaborare un Piano territoriale regionale di Coordinamento inconsistente dal punto di vista della programmazione, carente nelle misure di salvaguardia paesaggistica e dei suoli e improntato all’accentramento delle competenze nelle mani discrezionali della giunta.

Ma la “politica” veneta è all’avanguardia anche nel forzare l’inserimento di numerosissime opere in Legge Obiettivo (la legge speciale del 2001 che semplifica le procedure per opere definite strategiche); così come nel fare un uso indiscriminato di strumenti come il project financing (il finto sistema di finanziamento privato che si è dimostrato un micidiale generatore di debito pubblico) e l’accordo di programma (dove il privato “tratta” direttamente con le maggioranze politiche); nel servirsi di dichiarazioni di emergenza e di commissari straordinari, per scavalcare le procedure ordinarie; nell’ignorare i criteri minimi di reale partecipazione e di trasparenza.

In questo contesto, proliferano le infrastrutture viabilistiche: dalla Pedemontana Veneta, alla linea Tav Venezia-Trieste, fino all’ultima folle approvazione della Orte-Mestre, che porterà con sé una miriade di opere complementari (e non solo in Veneto). E poi il prolungamento della Valdastico Nord, la Valsugana e li traforo del Grappa, la Nogara-Mare, la Camionabile Padova-Venezia… Tutto questo viene attuato senza un piano di mobilità e intermodalità unitario e coordinato e senza tener conto dei reali dati di traffico in picchiata ovunque. Senza considerare che perfino l’Ue chiede e finanzia la riduzione del trasporto su gomma e senza badare alle esigenze delle comunità che si vedono tagliare i servizi di trasporto pubblico.

Come se non bastasse, il reticolo di strade e autostrade produce spezzettamenti dei territori che attraggono inutili mega-insediamenti: non è un caso se qui troviamo i progetti delle nuove cittadelle artificiali come Veneto City, vicino all’innesto ovest del Passante di Mestre; Tessera City, a est dello stesso Passante, Motor City a Verona… o progetti come il Polo Logistico in comune di Mira in fregio alla Laguna.

 

Non solo suolo

Se la cementificazione dei suoli è già di per sé un danno gravissimo, per la drastica riduzione delle aree agricole ad uso alimentare e per gli effetti drammatici del dissesto idrogeologico, il modello di sviluppo complessivo adottato in questa Regione si spinge ancora più in là. Si mette a rischio un patrimonio inestimabile come la laguna e la stessa Venezia consentendo a navi gigantesche di spadroneggiare in un ambiente delicatissimo. Si permette il prosciugamento dei fiumi autorizzando una miriade di micro-centrali idroelettriche nel bellunese, senza un piano energetico. Si mina la salute pubblica consentendo impianti altamente inquinanti come i cementifici che bruciano rifiuti o come la centrale Enel di Porto Tolle che si vorrebbe convertita a carbone.

Destinare le risorse a favore di questo sistema di privilegi privati significa toglierle a quelle che sono le vere priorità pubbliche e che si possono riassumere in un due termini: ricomposizione e tutela. Ricomposizione e tutela del tessuto sociale, delle regole democratiche, delle economie locali, del lavoro, dei servizi essenziali, dei diritti sociali e della persona, dei territori e della loro sicurezza idrogeologica…

Un quadro complesso quello veneto, che qui si è soltanto accennato, ma che si inserisce in maniera esemplare e coerente nel più vasto modello di sviluppo e crescita che ha condotto all’attuale crisi ambientale, sociale ed economica e sta consegnando i beni comuni e la sovranità nelle mani dei mercati finanziari e dei capitali privati. Un modello che sta toccando in modo irreversibile i limiti biofisici degli ecosistemi e del pianeta, ma anche i limiti di sopportazione delle popolazioni che ne subiscono le conseguenze.

 

Ora tocca alle comunità

Se da una parte esiste il Veneto della svendita del territorio e dei beni comuni, delle grandi opere inutili e delle servitù militari, dall’altra c’è però un Veneto che si sta rivelando un ricco laboratorio di esperienze di resistenza, di lotta e di ricostruzione in basso: cittadini attenti, preparati e impegnati da anni nel contrastare questa pericolosa schizofrenia. È il Veneto che conta più di 100 conflitti territoriali (52 solo per le opere cosiddette di pubblica utilità: nimbyforum.it), per non dire di quelli sociali (casa, salute, reddito, scuola, cultura, diritti dei migranti).

Le proteste, le pressioni istituzionali e le denunce che da un decennio la società civile sta portando avanti hanno spesso rallentato questa deriva e sicuramente consentito agli organi inquirenti di scavare nei torbidi intrecci di politica e affari che dominano, è il caso di dirlo, questa Regione. Si sta delineando una vera “cupola” del malaffare che ha già fatto scattare manette e indagini di vasta portata: a partire dal Mose fino al Passante di Mestre, dall’impresa Mantovani al Consorzio Venezia Nuova…

Ora le comunità incalzano. Il 16 novembre ha segnato una tappa importante per i movimenti di cittadinanza che in mille forme e su mille fronti stanno lottando per riaffermare i propri diritti umani, sociali e ambientali. Nelle quattro grandi manifestazioni di Napoli, Pisa, Val di Susa e Gradisca si è avuta la percezione della dimensione e della crescita di quello che è stato chiamato Fiumeinpiena. Ma, seppure evidente, è stata ancora una percezione parziale: in tutta Italia ci sono state decine e decine di iniziative più piccole, spesso sfuggite anche ai radar dei media indipendenti. Come ovunque, c’è stato un 16 novembre anche in Veneto: in quella giornata molti territori hanno organizzato iniziative, presidi e mobilitazioni a fare da cassa di risonanza e sostegno a quanto stava avvenendo con Fiumeinpiena. Ma è stato anche l’occasione per il lancio della manifestazione popolare che il 30 novembre si riverserà a Venezia (qui l’evento Facebook con appello e adesioni).

Un impegno di molte settimane e di molte persone che sono riuscite a cucire le tante anime dei movimenti veneti attorno a una piattaforma articolata e comune. A dimostrare che quando la volontà è forte e gli obiettivi chiari e condivisi si riescono a superare le differenze e ad unirsi in un’azione precisa ed efficace: una sola grande voce collettiva chiede con forza l’abbandono di questo modello irresponsabile e una concreta inversione di priorità e di scelte, prese in modo partecipato e trasparente.

L’evento del 30 novembre partirà dalla Stazione FS Santa Lucia alle 14, per proseguire lungo calli, fondamenta e campi, oltre il ponte di Rialto e quello dell’Accademia, verso San Tomà per raggiungere la sede della Giunta regionale. Ad oggi le adesioni all’appello sono oltre centocinquanta ma la marea sta ancora salendo…

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TG LA7 – Orte- Mestre, spunta la protesta modello no-tav

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19

nov

2013

 

Nuova Venezia – Flash mob contro la Nuova Romea

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17

nov

2013

I militanti di Opzione Zero, Sel e M5S distesi in mezzo alla strada: «Vogliamo più sicurezza subito»

MIRA – Protesta contro la Romea commerciale ieri mattina a Malcontenta. A mettere in azione un “flash mob” con fumogeni e decine di manifestanti distesi sulla statale 309 e tanti slogan contro un’opera devastatrice, sono stati i comitati “Opzione Zero” appoggiati dal Sel di Mira e dal Movimento 5 Stelle.

La protesta – la prima risposta dei comitati all’approvazione del progetto della Romea Commerciale – ha provocato forti rallentamenti al traffico sia in direzione Chioggia che in direzione Venezia.

Chiari gli slogan scritti sui cartelloni a lato dell’attuale Romea. “No Romea Commerciale e camionabile” e poi “Basta strade, basta cemento sì pane e formento”. E ancora “Riviera fiorita, non asfaltata” e il classico “Chi semina asfalto raccoglie cemento”.

In questa occasione i comitati hanno coniato anche lo slogan “No autostrada Romea: non ci serve un’altra autostrada, ma una Romea sicura subito”.

I dimostranti verso le 9.30 hanno cominciato a invadere la carreggiata distendendosi sull’asfalto, controllati da polizia locale e carabinieri. La manifestazione ha proseguito fino alle 12 ininterrottamente.

«Siamo qui per protestare», ha detto Mattia Donadel del comitato Opzione Zero, «contro un’opera che distruggerà l’ambiente e i paesaggi di Veneto, Lazio, Umbria ed Emilia Romagna. Faremo di tutto per fermare un mostro che è partito con il via libera di centrodestra e centrosinistra. Abbiamo visto che diverse forze politiche stanno appoggiando la protesta dei cittadini. Una protesta contro la Romea commerciale tout court. Ci fanno ridere invece quei comitati e quelle forze politiche e amministratori pubblici che dicono no alla Romea perché passa a casa loro e invece avallano il fatto che possa passare da altre parti. Dove sono i comitati “No Romea in Dolo”, adesso che c’è la possibilità che l’opera si innesti a Villabona?».

Ad appoggiare i dimostranti (un centinaio di persone in tutto) c’erano anche una decina di attivisti del Movimento 5 Stelle con l’assessore all’ambiente del Comune di Mira Maria Grazia Sanginiti.

«Le proteste», spiega Francesco Vendramin di Sel, «continueranno anche se l’opera dovesse innestarsi a Roncoduro nonostante le prese di posizioni del sindaco Maddalena Gottardo. C’è da chiedersi poi come mai il Pd di Mira non sia in strada con i cittadini a difendere il territorio? Si tratta purtroppo di un partito ancora tramortito dalla sconfitta elettorale subita due anni fa, diviso per fazioni, e non in grado di gestire una fase di opposizione e incisive azioni sul territorio».

Dalle manifestazioni in strada aule di giustizia. «Stiamo predisponendo», spiega il presidente di Opzione Zero Mattia Donadel, «dei ricorsi al Tar contro la Romea Commerciale, nel frattempo non fermeremo la nostra battaglia contro Veneto City, contro la Camionabile, l’elettrodotto e il Polo logistico».

Alessandro Abbadir

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Gazzettino – Romea bis, prima protesta.

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17

nov

2013

MIRA Le accuse: «E’ un inutile doppione, basterebbe sistemare l’esistente»

Cinquanta attivisti di Opzione Zero hanno rallentato il traffico a Malcontenta

SICUREZZA – Attivisti del comitato Opzione Zero distesi in mezzo alla Romea per protestare

La Nuova Romea Commerciale non piace ad Opzione Zero. E neppure a Cat. È da tempo che i due comitati ambientalisti vanno ripetendo che sarebbe solo un inutile spreco di denaro pubblico. E ieri l’hanno voluto ribadire. Opzione Zero con una manifestazione di protesta a Malcontenta di Mira, proprio sulla Romea; mentre Cat con un volantinaggio a Fiesso d’Artico.

Sono stati una cinquantina gli attivisti che hanno rallentato il traffico con un presidio all’altezza della Nuova Pansac e stendendosi a terra in mezzo alla strada per alcuni momenti. Il tutto sotto lo sguardo delle forze dell’ordine. L’azione ha provocato alcuni rallentamenti, che sono rimasti comunque contenuti. Un segnale chiaro volto a mettere in luce tutto ciò che non va del progetto che ha avuto il via libera del Cipe.

«Il Governo Letta – hanno ribadito – con la complicità del presidente Zaia e dell’assessore Chisso ha approvato il progetto preliminare della Orte-Mestre, una nuova autostrada che corre in parallelo alla Romea fino a Ravenna, seguendo per molti tratti il tracciato esistente della E-45. L’entusiasmo espresso dagli esponenti regionali stride con quello che sarà il primo risultato di questa dissennata operazione: l’attuale 309-Romea, che non si è mai voluta mettere in sicurezza, continuerà a mietere vittime. Gli slogan retorici con cui si vorrebbe giustificare quello che è l’ennesimo regalo agli “amici” non reggono alla minima verifica: i livelli di traffico attuali sulla statale sono bassissimi (circa 15.000 veicoli al giorno), non risolve il problema della Romea perché il progetto non prevede la messa in sicurezza della statale.

Inoltre i camion, per non pagare pedaggi carissimi, continueranno a transitare sulla strada normale. Si tratta di un inutile doppione, quando basterebbe manutentare e semmai implementare quello che c’è già».

Insomma Opzione Zero sarebbe per una reale e massiccia messa in sicurezza dell’attuale tracciato, deviare i Tir sulla Padova-Bologna attraverso il raccordo Ravenna-Ferrara, valorizzare la Romea trasformandola in strada turistica, spostare le merci dalla gomma alla rotaia e al ferro ed investire sul trasporto pubblico locale.

Infatti, per il comitato la Nuova Romea è solo un “regalo a banche e speculatori” in quanto 1,4 miliardi di euro li metterebbe lo Stato con gli sgravi e altri 8,2 li anticiperebbero le banche.

Gianluigi Dal Corso

 

Nuova Venezia – Domani il sit-in contro la Nuova Romea

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15

nov

2013

Flashmob di “Opzione Zero” alla rotonda della Pansac.

Prataviera (Lega): sì all’opera ma con innesto a Villabona 

MIRA – Una manifestazione contro la Romea Commerciale domani alle 9 alla rotonda dell’ex Pansac a Malcontenta. Questa la risposta dei comitati Opzione Zero all’approvazione del progetto preliminare dell’opera stradale al Cipe. Comitati che hanno coniato anche lo slogan “No Autostrada Romea: non ci serve un’altra autostrada, ma una Romea sicura subito!”.

«Opzione Zero», spiega per i comitati il presidente Mattia Donadel, «invita cittadini, associazioni, comitati e forze politiche alla massima partecipazione per una manifestazione che si preannuncia “calda”. E poi: “Il Governo Letta con la complicità del presidente Zaia e dell’assessore Chisso ha appena approvato il progetto preliminare della Orte-Mestre (Romea Commerciale), una nuova autostrada che corre in parallelo alla Romea fino a Ravenna, da qui fino a Cesena e poi a Orte seguendo per molti tratti il tracciato esistente della E-45. La Orte-Mestre devasterà cinque regioni per 396 chilometri, distruggendo territori e ambienti di pregio come la Riviera del Brenta, il Delta del Po, le Valli di Comacchio, intere vallate dell’Appennino, con un enorme consumo di suolo, aumento di frane e alluvioni, inquinamento». Per questo sulla Romea sarà fatto un flash mob che bloccherà il traffico.

Intanto arriva la presa di posizione della Lega Nord: sì alla Romea Commerciale ma con innesto a Villabona. A precisarlo è il deputato leghista Emanuele Prataviera: «Anche quando il progetto era discusso dal precedente governo come Lega Nord abbiamo sempre ribadito la nostra netta contrarietà all’innesto a Roncoduro. Una soluzione che è uno sfregio alla Riviera del Brenta che si appresta a diventare patrimonio dell’Unesco. Ora che il progetto preliminare è stato approvato, come Lega Nord esprimiamo la nostra preferenza per l’innesto dell’opera a Villabona. La nuova arteria stradale servirebbe a rilanciare un’area industriale in declino, mentre sul lato Riviera colpirebbe un territorio con un patrimonio artistico turistico e ambientale inestimabile».

Alessandro Abbadir

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SEL DI DOLO

«Si poteva investire quei soldi per la sicurezza in autostrada»

DOLO – Continuano anche a Dolo le critiche e le polemiche dopo l’approvazione da parte del Cipe della Romea Commerciale. Ad intervenire è Simone Nicolè, segretario del circolo di Sel “Enrico Berliguer” di Dolo:

«I soldi per la Romea Commerciale potevano essere investiti per sistemare e mettere in sicurezza l’attuale Romea e l’autostrada A13.

Si potevano anche deviare i traffici commerciali su rotaia potenziandone le linee e creando uno spazio ferroviario europeo unico.

Con l’arrivo della Romea Commerciale, la Riviera e in particolare il Comune di Dolo saranno invasi da un mostro d’asfalto che costeggerà le ville e il Naviglio».

Anche Sel supporta la mobilitazione contro l’opera: «Noi ci opporremo al progetto e siamo disponibili al dialogo con i comitati».

I consiglieri del gruppo “Dolo, Cuore della Riviera” ce l’hanno invece con la Regione: «Critichiamo la Regione», spiegano in una nota congiunta, «perché ha già dato il via libera al progetto, non ha ascoltato le richieste provenienti dal territorio e non ha svolto il suo ruolo di mediatore delle istanze territoriali. Noi diciamo di no a questo modo di amministrare la cosa pubblica attraverso la realizzazione di grandi opere».

(g.pir.)

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MIRA – La nuova Romea resta al centro dell’attenzione in Riviera.

In occasione della giornata di mobilitazione nazionale contro le “grandi opere”, Opzione Zero organizza per domani alle 9 una «prima manifestazione di protesta» nella nuova rotonda Pansac sulla Romea a Malcontenta con lo slogan “No autostrada Romea: non ci serve un’altra autostrada, ma una Romea sicura subito!” Il comitato invita cittadini, associazioni, comitati e forze politiche alla massima partecipazione e attacca Governo e Regione:

«Una dissennata operazione – accusa Mattia Donadel presidente di Opzione Zero – o meglio l’ennesimo regalo agli “amici” che non regge alla minima verifica e non risolve il problema della Romea perché il progetto non prevede la messa in sicurezza della statale».

Anche il Pd di Mira, su proposta di Fabio Zaccarin, rompe gli indugi ed esprime forte preoccupazione: «Tra le ipotesi di tracciato c’è allargamento dell’ultimo tratto dell’attuale Romea, che diventerebbe una superstrada innestandosi alla A4 tramite il casello di Oriago o con una bretella lato Forte Tron. L’assessore all’Urbanistica Claut ed il M5S continuano a fare battaglie di principio, facendo finta di non sapere che Governo e Regione hanno considerato la Romea un’opera strategica e che gli altri Comuni hanno già deciso a sfavore di Mira. Se andrà così – prevede il Pd – Malcontenta, Dogaletto, Giare, Oriago e Borbiago, ovvero circa 20.000 abitanti pagherebbero pesantissime conseguenze».

A Dolo i consiglieri della lista “Per Dolo, Cuore della Riviera”, attaccano: «La decisione del Cipe, che raccoglie in pieno la richiesta della Regione Veneto, di non indicare gli ultimi 14 chilometri del tracciato della Romea Commerciale, è una enorme foglia di fico che copre la volontà dei territori e il concetto stesso di vivibilità». E si dicono pronti ad attivarsi a tutti i livelli.

Anche il Circolo Enrico Berlinguer del Sel di Dolo si sta mobilitando: «Parteciperemo domani alla mobilitazione organizzata in tutta la provincia di Venezia contro le grandi opere e alla manifestazione regionale del 30 novembre a Venezia».

Luisa Giantin (ha collaborato Lino Perini)

 

COMUNICATO STAMPA

NO AUTOSTRADA ROMEA: non ci serve un’ altra autostrada, ma una Romea sicura subito!

Questa è la parola d’ordine scelta dal comitato Zero per la prima mobilitazione contro la nuova autostrada Orte-Mestre. La protesta scatterà sabato 16 novembre alle ore 9 nei pressi della nuova rotonda PANSAC a Malcontenta sulla SS 309 Romea.

Opzione Zero invita cittadini, associazioni, comitati e forze politiche alla massima partecipazione per una manifestazione che si preannuncia “calda”.

Il Governo Letta con la complicità del Presidente Zaia e dell’assessore Chisso ha appena approvato il progetto preliminare della Orte-Mestre (Romea Commerciale), una nuova autostrada che corre in parallelo alla Romea fino a Ravenna, da qui fino a Cesena e poi a Orte seguendo per molti tratti il tracciato esistente della E-45.

L’entusiasmo espresso dagli esponenti regionali stride drammaticamente con quello che sarà il primo risultato di questa dissennata operazione: l’attuale 309-Romea, che non si è mai voluta mettere in sicurezza, continuerà a mietere vittime. Ora più che ma, visto che le risorse saranno succhiate dalla nuova autostrada e nulla resterà per la pericolosissima statale attuale.

Gli slogan retorici con cui si vorrebbe giustificare quello che è l’ennesimo regalo agli “amici” non reggono alla minima verifica: i livelli di traffico attuali sulla statale sono bassissimi (ca. 15.000 veicoli/giorno), non risolve il problema della Romea perché il progetto non prevede la messa in sicurezza della statale. Inoltre i camion, per non pagare pedaggi carissimi, continueranno a transitare sulla strada normale. Si tratta di un inutile doppione, quando basterebbe manutentare e semmai implementare quello che c’è già.

La Orte-Mestre devasterà 5 Regioni per 396km, distruggendo territori, campagne e ambienti di pregio come la Riviera del Brenta, il Delta del Po, le Valli di Comacchio, intere vallate dell’Appennino, con un enorme consumo di suolo, aumento di frane e alluvioni, inquinamento atmosferico.

Ma questa opera sarà poi un formidabile generatore di debito pubblico: lo Stato (noi) ci rimetterà 1,4 miliardi di euro come sgravi fiscali ai gestori, mentre i restanti 8,2 miliardi li “anticipano” banche e imprese con il trucchetto del Project Finacing: in pratica i privati dovrebbero ripagarsi incassando pedaggi per 50 anni, ma si sa già che il traffico sarà insufficiente, quindi il debito sarà saldato con soldi pubblici. 10 miliardi di euro che i cittadini dovranno pagare con più tasse e tagli ai servizi pubblici.

Questo irresponsabile sistema messo in piedi dalla Regione sta però sortendo anche un effetto virtuoso: Le follie regionali hanno coalizzato decine di comitati, movimenti e organizzazione che hanno trovato una comune piattaforma di rivendicazione contro le grandi opere e a difesa dei beni comuni e del diritto di respirare, lavorare e vivere in Veneto.

Sabato 16, oltre a Opzione Zero, molte realtà del Veneto organizzano manifestazioni nei rispettivi territori per lanciare una enorme manifestazione che si svolgerà a Venezia il 30 novembre.

 

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