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L’avvio sperimentale: otto corse al giorno lungo la tratta Padova-Venezia, il tempo di percorrenza è fissato in 50 minuti

PADOVA – Si parte. Finalmente si parte. Con dieci anni almeno di ritardo, ma, questa volta, la prima metro regionale di superficie, lunedì 8 settembre, alle 8.35, partirà dal binario 2 della nuova stazione giardino, pronta già da un anno sul lato sud di Padova Centrale. Al momento la linea metropolitana Padova-Venezia (37 chilometri) sarà attivata a titolo sperimentale solo sino al 13 dicembre, ma appare molto probabile che proseguirà anche nel 2015. Basta dare uno sguardo ai tabelloni generali cartacei degli orari Fs già affissi nelle stazioni di Padova, Venezia- Mestre e Venezia-Santa Lucia per constatare che i primi treni metropolitani sono otto all’andata ed altrettanti al ritorno. In tutto sedici. I nuovi convogli, che saranno dei treni Stadler, con 750 oppure 450 posti disponibili, partiranno da Padova alle 8.35, 11.35, 13.35, 14.35, 15.35, 17.35, 18.35 e 20.35. La prima metro arriverà a Santa Lucia alle 9.25 con un tempo di percorrenza di 50 minuti. Fermate previste: Ponte di Brenta, Vigonza-Pianiga, Dolo, Mira-Mirano e Mestre. I nuovi treni metropolitani andranno ad aggiungersi ai 210 convogli giornalieri, sia Regionali che Frecce Argento, Frecce Bianche ed Italo di Ntv, che già oggi collegano la città del Santo con la laguna. E pensare che, come disse l’ex governatore Giancarlo Galan quando, nel 2004, si mise in testa il cappello rosso da capostazione a Vigodarzere, il primo convoglio sarebbe dovuto partire entro il 2010. Sono venticinque anni che il progetto Smfr va avanti a passi di lumaca. Costato, sino ad oggi, oltre cento milioni, non è ancora a regime. Nel complesso è stato realizzato il quadruplicamento della tratta ad Alta Velocità/Alta Capacità Padova-Mestre (km 26); è stato costruito il raddoppio della linea Padova-Camposampiero-Castelfranco ed è stata anche realizzata la nuova tratta fra Mestre e Maerne di Martellago, con la realizzazione della nuova stazione di Spinea, senza, però, il completamento a doppio binario sino a Castelfranco, via Trebaseleghe, Piombino Dese e Noale. Questo perché la prima linea metropolitana di superficie del Veneto, in base al progetto originario, dovrebbe correre sull’asse Padova-Mestre-Castelfranco (con diramazione Treviso-Padova). «L’importante è che l’ 8 settembre si parta», sottolinea Lorenzo Manfredini, responsabile di Rfi di Padova, «nel frattempo stiamo potenziando la linea Padova-Vicenza, dove i treni potranno correre alla velocità massima di 200 km l’ora.

Felice Paduano

 

DOCCIA FREDDA

CAMPONOGARA – Idrovia Padova-Venezia avanti tutta, con la benedizione di esperti di dinamica idraulica, sindaci, comitati, associazioni e persino degli ambientalisti. Tutto questo solo un mese fa. Ora, improvvisa, è arrivata la prima brusca frenata al progetto. A luglio la Regione Veneto aveva pubblicato il bando di gara per la realizzazione dell’idrovia. Sembrava cosa fatta. I soldi per il progetto, un milione e 200mila euro, li ha tirati fuori proprio la Regione. Quelli per finanziare e realizzare l’opera, una cifra tra i 400 e i 500 milioni di euro, avrebbero dovuto arrivare da Fondi europei. Per accedere a tali fondi bisognava fare molto presto. Comunque entro il 2014. E qui la faccenda si complica. Con una lettera inviata al sindaco di Camponogara Giampietro Menin, attuale presidente della Conferenza dei sindaci della Riviera del Brenta, l’assessore regionale alla Difesa del Suolo, Maurizio Conte, fa sapere che quasi sicuramente il progetto per la realizzazione dell’idrovia non sarà pronto entro l’anno in corso. Senza progetto slitta quindi anche la presentazione del progetto alla Comunità Europea e di conseguenza il previsto finanziamento dell’opera. «Resta però l’impegno a reperire comunque le risorse economiche per la realizzazione di un’opera ritenuta sicuramente prioritaria sotto vari aspetti», sottolinea l’assessore Conte nella lettera inviata ai sindaci della Riviera del Brenta. I 27 chilometri dell’idrovia e le altre opere complementari per la sicurezza idraulica del territorio resteranno un miraggio anche per il 2015, dando così ragione alla grossa schiera di scettici che aveva scommesso, vincendo, sui “tempi brevi” espressi dalla Regione del Veneto. Dubbi espressi anche dal presidente di «Interporto Padova Spa», Sergio Giordani. «Servono troppi soldi, non se ne farà nulla».

Vittorino Compagno

 

Gazzettino – “Orte-Mestre, Renzi ripensaci”

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22

ago

2014

FOSSO’ – Dura lettera del sindaco al premier: «È un danno irreversibile per il territorio»

«Signor Presidente del Consiglio ci ripensi. La realizzazione dell’autostrada Orte-Mestre sarebbe un danno irreversibile per il nostro territorio. Cancelli il progetto e punti sul trasporto merci ferroviario e fluvio marittimo». Il sindaco di Fossò, Federica Boscaro, ha scritto al Presidente del Consiglio Matteo Renzi una missiva critica sulle proposte del cosiddetto “Sblocca Italia”, in particolare per quello che riguarda l’autostrada Orte-Mestre.
«Rilevo che per strade e autostrade ci sono molti finanziamenti e invece pochi per le ferrovie e il traffico su acqua – scrive il primo cittadino – Una somma di 10 miliardi e 400 milioni di euro è destinata alla realizzazione dell’autostrada Orte-Mestre. È l’opera più impegnativa degli ultimi 50 anni dal punto di vista finanziario, ambientale e paesaggistico. Da Mestre a Orte con l’autostrada del Sole sono 457 chilometri, mentre la nuova autostrada sarebbe lunga 453. La differenza è di soli 4 chilometri. Ne vale la pena? I dati sui volumi di traffico di tale opera non sono confortanti e il rischio è che tale opera venga a gravare sulle casse dello Stato, quindi sui cittadini».
Altro che “project financing” su cui si basa l’opera. «Quello che è ancora più grave – continua Federica Boscaro – è il danno irreversibile che subirebbe il nostro territorio, fragile e a rischio idrogeologico. Il Governo e i Parlamentari Veneti si decidano a fare qualcosa di buono per questo territorio, che ha l’atmosfera più inquinata d’Europa. Dal 1956 al 2010 in Veneto abbiamo consumato ed irrimediabilmente perso l’11% di suolo, contro una media nazionale del 6,9% ed una europea del 2,3%. Se venisse completata l’idrovia Padova-Venezia ci sarebbe la possibilità di fare transitare chiatte in grado di trasportare 100 container ciascuna, sfruttando le vie del mare Adriatico. Signor Presidente del Consiglio, rompa davvero con la vecchia politica lontana dai bisogni dei cittadini e dalla tutela del territorio».

 

SANITA’ PADOVANA NEL MIRINO

PADOVA. Nessuna inchiesta penale da parte della procura di Padova, mentre raddoppia l’inchiesta (contabile) della Corte dei conti sulla fornitura dei pasti alle aziende sanitarie padovane da parte della vicentina Serenissima Ristorazione, in base al singolare meccanismo della trattiva privata. E, come se non bastasse, con l’utilizzo di un centro di cottura costato 20 milioni di euro, di cui 5 in carico al “pubblico” nonostante la proprietà della struttura sia privata. Non solo i tre enti sanitari della città del Santo (Azienda ospedaliera, Usl 16 e Istituto Oncologico) sono nel mirino della procura contabile veneziana che si è attivata dopo aver ricevuto un rapporto dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Padova, guidata dal tenente colonnello Giovanni Parascandolo. Ormai va verso il traguardo finale il filone strettamente padovano con l’invio delle contestazioni di danno erariale per 12 milioni e 674 mila euro ai 40 inquisiti tra ex manager, amministratori, componenti dei collegi sindacali e alcuni dipendenti di Azienda ospedaliera, Iov e Usl 16 (in prima linea Adriano Cestrone, ex dg dell’Azienda e ad interim dell’Usl 16, e l’ex dg dello Iov Pier Carlo Muzzio). Ora si apre un nuovo fronte d’indagine. Fronte che si concentrerà sull’operato dei vertici dell’Usl di Rovigo che, dal 2007 a oggi, hanno aderito al progetto della capofila Azienda ospedaliera padovana affidando le forniture dei pasti a Serenissima Ristorazione e partecipando al pagamento del centro di cottura realizzato dalla ditta a Boara Pisani. E, allora, contesta la procura della Corte dei Conti, perché gli enti sanitari (che sono enti pubblici) hanno sborsato ben 5 milioni di euro per finanziare un quarto dell’investimento totale attraverso il saldo periodico delle quote di ammortamento? Perché sono stati elargiti soldi pubblici a un imprenditore privato per garantire un servizio giornaliero pasti, pagato a un prezzo molto più alto rispetto a quello di mercato (oltre 14 euro a pasto giornaliero contro i 9-11 al massimo del prezzo di mercato)?

 

IL CASO – La sanità di Padova nel mirino della Corte dei conti

La Corte dei Conti del Veneto ha aperto un’inchiesta nei confronti di quaranta manager, dirigenti e funzionari della sanità ipotizzando un danno erariale di 12 milioni di euro per la gestione del maxiappalto unificato per la fornitura dei pasti nelle aziende padovane (Asl 16, Azienda ospedaliera e Istituto oncologico veneto). Secondo l’ipotesi d’accusa avrebbero favorito il gruppo Serenissima ristorazione.

PADOVA “Serenissima” nella bufera, inchiesta della magistratura contabile. Nel mirino Asl, Azienda e Iov

Niente gara, centro cottura da 20 milioni pagato dal pubblico

Messi in mora tutti i vertici coinvolti, da Cestrone a Muzzio

La Corte dei Conti: appalti in ospedale danno da 12 milioni

PADOVA L’Azienda ospedaliera all’epoca dei fatti diretta da Adriano Cestrone

MESTRE – Doveva essere un fiore all’occhiello: appalto centralizzato, uguale per le Aziende (Azienda ospedaliera di Padova, Asl 16 e Iov) per la fornitura dei pasti da parte della Serenissima ristorazione, azienda vicentina di Mario Putin un “assopigliatutto” del settore.
É finito in una bufera. Ci sono voluti 8 anni e qualche esposto per portare la sanità padovana (tutta, si parla di 40 tra manager, dirigenti e funzionari) davanti alla Procura della Corte di Conti. Nella lista dei manager coinvolti spicca l’ex dg dell’Azienda ospedaliera Adriano Cestrone e l’ex dg dello Iov, Pier Carlo Muzzio. Oltre ad un nome comparso recentemente nell’inchiesta Mose, Paolo Venuti, commercialista di Giancarlo Galan, attualmente in carcere per corruzione.
L’inchiesta ipotizza un danno erariale di 12 milioni e 674mila euro, buona parte dei quali (8milioni e circa 400mila euro) a carico dell’Azienda ospedaliera di Padova, quasi 4 milioni all’Asl 16 e 363mila euro allo Iov.
Oggetto del contendere l’appalto per la fornitura dei pasti affidato nel 2009, per un biennio, alla Serenissima senza gara. E questo sarebbe il primo illecito. Il secondo è relativo alla faraonica sede che l’azienda ha costruito a Boara Pisani, una delle più moderne d’Italia costata 20milioni di euro (pagati da Azienda e Asl 16) e inaugurata dall’allora governatore del Veneto Giancarlo Galan. A muovere le acque fu un sindacalista della Cgil Ilario Simonaggio e una azienda concorrente. «Ho fatto tre esposti alla Procura di Padova, Venezia e Rovigo e alla Procura generale, alla Corte dei Conti e alla Autorità di vigilanza sulla regolarità dei contratti pubblici – spiega Ilario Simonaggio, che all’epoca era segretario padovano della Cgil ed ora è segretario generale Filt Cgil – Non ci vedevo chiaro su una delibera che aveva bandito una gara d’asta per fornitura dei pasti a 9 anni che poi non era stata aggiudicata per offerta anomale, poiché la Serenissima aveva fatto un’unica offerta superiore del 30 per cento la base d’asta. L’Azienda fece una delibera di autotutela e l’appalto non venne aggiudicato». Ma è dopo che viene il bello. «Se ne va chi aveva bloccato tutto e viene incaricato un altro quadro facente funzione che, con un piccolo ribasso, va direttamente a trattativa privata – continua Simonaggio – E qui comincio davvero a non vederci chiaro. Se poi s’aggiunge che le Aziende hanno pagato in 9 anni il centro di cottura di Putin con la scusa che le cucine pubbliche non erano a norma, è facile comprendere perché feci gli esposti. Mi sorprese poi che la cucina rimanesse nelle mani di Putin e non delle Aziende».
Allora si mosse solo l’Autorità di vigilanza. «Ma mi fa piacere vedere che oggi, anche se molti anni dopo, la questione torna a galla, conclude Simonaggio. Il viceprocuratore Alberto Mingarelli ha trasmesso una dettagliata relazione ai vertici della Asl, i quali hanno provveduto alla messa in mora di tutte le persone indicate, in modo da evitare che la prescrizione possa cancellare la possibilità di procedere. Ora spetta alla Procura il compito di tirare le fila dell’inchiesta, decidendo chi citare a giudizio davanti alla Corte.

(R.C.)

 

ECCO CHI SONO I DIRIGENTI COINVOLTI

Quaranta tra quadri e super manager

Ecco i nomi coinvolti nei presunti illeciti: Adriano Cestrone (ex direttore generale Azienda Ospedaliera Padova), Pier Carlo Muzzio (ex direttore dello Iov), Giovan Battista De Dominicis, Paolo Biacoli, Pietro Girardi, Mauro Crosato, Marina Bortoliero, Massimo Girotto, Franco Sensini, Luigi Barbieri, Giuseppe Sinibaldi, Andrea Martin, Learco Vettorello, Ezio Piovesan, Gianni Fior, Roberto Alessandrini, Paolo Venuti (commercialista di Giancarlo Galan, arrestato nell’inchiesta Mose), Luigi Galeone, Giovanni Zaccagna, Patrizia Santonocito, Alberto Sichirollo, Gianni Serragioto, Giorgio Bonaldo, Riccardo Bonivento, Maria Ida Polidori, Maurizio Contarolo, Giovanni Aristo, Marco Bovo, Ezio Framarin, Mariella Mainolfi, Antonio Zaccaria, Pier Donato Canesso, Giuseppe Olivi, Alessandro Turri, Flavia Bizzotto, Maria Grazia Calì, Arianna Gabriella Casotto, Antonio Giona, Luca Del Ninno, Roberto Toniolo.

 

L’assessore all’Ambiente Conte risponde ai sindaci che sollecitavano il progetto «Non sarà possibile farlo entro quest’anno, resta l’impegno a trovare i soldi»

CAMPONOGARA – Il progetto e l’affidamento dell’appalto per il completamento dell’Idrovia Padova Venezia slitta a tempo da destinarsi. A spiegarlo, tirando il freno a mano su un progetto che sembrava avviato al galoppo, è direttamente l’assessore all’Ambiente della Regione Maurizio Conte, in una lettera inviata al presidente della Conferenza dei sindaci Giampietro Menin. I sindaci della Riviera del Brenta avevano invitato quasi unanimemente la Regione a fare presto per non perdere i fondi europei destinati alle grandi opere. «Viste le complesse norme in materia di appalti pubblici» spiega Conte «non si può favorevolmente riscontrare l’invito a presentare il progetto entro la fine del 2014. Resta però l’impegno a reperire comunque le risorse economiche per la realizzazione di un’opera ritenuta sicuramente prioritaria sotto vari aspetti». Resta l’impegno, ma non si sa ne in che modo le risorse saranno trovatete, nè dove. I calcoli sono precisi dopo l’emanazione del bando di gara per il progetto. Si dovranno trovare 3-400 milioni di euro. Secondo lo studio di fattibilità della Regione, per completare il tracciato (oltre 27 km tra Padova, Saonara, Vigonovo, Strà, Fossò, Camponogara, Dolo, Mira e Venezia) in classe quinta e quindi in regola con la normativa comunitaria, servono 384 milioni di euro che diventano 461 milioni con opere aggiuntive per migliorare la sicurezza idraulica del sistema Brenta-Bacchiglione nello snodo di Stra-Vigonovo. Già il bando di gara però conteneva delle incongruità che sindaci e comitati hanno fatto notare alla Regione. «Il bando prevede» spiega per il comitato Brenta Sicuro Marino Zamboni «il passaggio sul canale di navi utilizzate per il trasporto di merci sul fiume Volga. Cioè navi gigantesche se paragonate a un progetto fattibile di idrovia. Queste caratteristiche nel bando vanno cambiate». L’assessore, rispondendo ai sindaci, spiega che il canale potrà avere una portato superiore rispetto a quella ipotizzata nel bando di 350 metri cubi al secondo e che oltre che ad essere scolmatore sarà anche navigabile. Viene esclusa del tutto comunque anche da parte dell’assessore l’ipotesi di una camionabile perché dimensioni del genere non lo permetterebbero. I sindaci della Riviera del Brenta sono preoccupati. «La risposta che mi è pervenuta ci preoccupa» spiega Menin «Non si parla di un termine per la presentazione nè di come i soldi si reperiscono. Se si rispettavano i tempi arrivavano dai fondi strutturali europei». Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Campolongo Alessandro Campalto da sempre in prima fila sui temi legati alla sicurezza idraulica. Una conferenza dei sindaci della Riviera sul tema si terrà a settembre.

Alessandro Abbadir

 

I manager delle dodici società controllate dalla Regione costano 530 mila euro l’anno: la scure dei tagli di Cottarelli

PADOVA. Taglia e ritaglia, sono sempre trenta le poltrone dei Cda delle dodici società controllate dalla Regione. Riusciranno a sopravvivere alla spending review di Cottarelli, che ha proposto di calare la scure su ogni bilancio in perdita? L’elenco completo compare sul sito web di palazzo Balbi, omaggio alla trasparenza dopo la pubblicazione dei vitalizi versati a oltre 200 ex consiglieri regionali. La decisione del presidente Ruffato ha scatenato l’ ira degli ex colleghi di palazzo Ferro Fini, mentre la pubblicazione dei compensi dei manager è un atto dovuto per legge, che la giunta regionale ha approvato l’8 agosto scorso. Tirate le somme, l’assessore al Bilancio Ciambetti ha dovuto staccare un maxi assegno di 553 mila euro per il 2014.

L’unico stipendio d’oro resta quello di Silvano Vernizzi, con 144 mila euro, amministratore delegato di Veneto Strade, la holding di palazzo Balbi nata nel 2001 grazie al federalismo del titolo V concesso dal ministro Bassanini. Scommessa vinta, con il Passante di Mestre realizzato in tre anni a tempo di record e con la Pedemontana che prosegue a ritmi più lenti per la carenza di fondi e le proteste dei comitati. Vernizzi siede in un Cda che controlla tutte le infrastrutture viarie del Veneto: la Regione partecipa con il 30% del pacchetto azionario, poi ci sono le sette province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza che controllano il 50% mentre il restante 20% è suddiviso tra le quattro società autostradali: la A4 Serenissima Pd-Ve; Autostrade per l’Italia, Autovie Venete e A4 Holding Spa Bs-Pd da cui sono usciti i Comuni di Padova e Venezia e la provincia di Padova che ha ceduto le quote alla Mantovani , mentre la Zaccariotto ha tenuto stretta la sua partecipazione.

Veneto Strade non produce utili e costa come indennità 230 mila euro l’anno per le 4 poltrone del Cda, mentre la gallina dalle uova d’oro si chiama Cav, Concessioni autostradali venete, il cui presidente è Tiziano Bembo con un’indennità di 45 mila euro.

La Cav gestisce il Passante dal primo giorno di apertura: l’8 febbraio 2009. Invece, dal primo dicembre 2009 ha ricevuto anche le tratte autostradali, cioè la A4 tra Padova e Mestre, il raccordo Marco Polo verso Tessera e la tangenziale ovest di Mestre. E’ Bembo con Fabio Cadel che fissa le tariffe dei pedaggi, con la rivolta dei «pendolari» scoppiata a gennaio dopo la stangata sul tratto Padova-Mestre per rispettare i piani di rientro del debito fissati con il project financing. Cadel riceve altri 30 mila euro come vicepresidente di Finest, società che svolge attività finanziarie per la cooperazione economica con i Paesi dell’Est europeo.

L’altro grande «salotto» che incrocia l’economia e la finanza è Veneto Sviluppo, ai cui vertici c’è Giorgio Grosso, retribuito con 33 mila euro l’anno,il cui ruolo è fondamentale nel dare sostegno alle aziende in crisi con i fidi di garanzia.

Poltrona strategica pure quella occupata da Gian Michele Gambato, che gestisce i treni della regione Veneto che entreranno in servizio con il Smfr e si affiancheranno alla linea Venezia-Adria: il gettone a Gambato è di 27 mila euro l’anno e ha un compito delicatissimo, far concorrenza a Trenitalia e a Italo di Montezemolo e soprattutto acquistare i treni per i pendolari.

Nella lista spuntano le società che il consiglio regionale ha tentato di sopprimere, proprio per ridurre il caro-stipendi: si tratta della Veneziana Edilizia Canalgrande, della Rocca di Monselice (senza gettone di carica, ma la cui collina sta franando) e della Immobiliare San Marco. Poi c’è Veneto Acque che progetta i modelli strutturali degli acquedotti ai cui vertici siede Francesco Betto, mentre le tariffe per gli utenti sono decise dai sindaci nelle Aato e poi applicate dalle multiutility nei cui Cda siedono speso ex politici in attesa del vitalizio.

Ultime della lista: Veneto Innovazione, che coordina le risorse scientifiche per stimolare la crescita tecnologica delle imprese, ai vertici c’è Gabriele Marini, commercialista veronese. Infine Veneto Nanotech con Fausto Merchiori e Gabriele Venvato senza indennità e Veneto Promozione, presieduta da Franco Masello, il fondatore della Città della Sperenza che ha creato con il professor Zanesco la clinica pediatrica oncoematologica di Padova. L’ultima grande scommessa vinta, grazie alla solidarietà e all’ imprenditoria di un Veneto che sapeva fare squadra.

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L’OPINIONE

di Ilario Simonaggio – Segretario generale Filt Cgil Veneto

Il sindacato dei lavoratori non può restare in silenzio per il rischio che impostazioni politiche sbagliate possono produrre nei servizi di trasporto pubblico locale all’utenza con danno ai lavoratori e agli utenti, soprattutto nelle aree omogenee del Veneto dove risiedono oltre due milioni di abitanti: Padova, Venezia, Treviso. Si tratta in definitiva per i servizi di trasporto merci e passeggeri della terza realtà nazionale, solo dopo Roma e Milano. I flussi del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, hanno fatto decidere la politica regionale: nel 1986 il sistema metropolitano ferroviario regionale (prima fase SFMR inserita nel piano regionale dei trasporti del 1990) era la dorsale centrale del servizio di trasporto regionale. Questa impostazione prevede servizi a pettine dei bus funzionali a garantire un servizio metropolitano ad alta frequenza, capillare, regolare e puntuale, di buona qualità a bordo e a terra. Per anni abbiamo ribadito che non sono accettabili i ritardi del completamento del sistema, che è scaricato su un’utenza di alcune centinaia di migliaia di pendolari dell’area. Disporre di una unica rete regionale, o almeno nell’area centrale del Veneto, corrispondente alle tre province della PaTreVe, permetterebbe: una programmazione e gestione omogenee della mobilità con un approccio integrato di sistema e di organizzazione a tutto vantaggio delle risorse liberate per potenziare e migliorare il servizio agli utenti tutti: cura particolare dedicata alle realtà oggi non coperte o dove le maglie della rete sono troppo larghe. Una unica centrale acquisti, gestione officine, biglietterie, permetterebbe notevoli risparmi sui costi operativi e maggiore offerta all’utente. Il disegno di legge sul riordino del Trasporto pubblico locale presentato dal Governo, che sarà presumibilmente nelle aule parlamentari in settembre, dispone contributi notevoli (10% del Fondo nazionale trasporti) per favorire fusioni e aggregazioni dei bacini omogenei, delle aziende atte a migliorare le dimensioni patrimoniali e di gestione dei servizi. Per la somma di tutte queste ragioni riteniamo sbagliato insistere su visioni autarchiche dell’impresa del “sindaco”, gestioni fallimentari o molto costose nel migliori dei casi. Si abbia il coraggio dell’accelerazione dei processi di integrazione che permettono maggiori risorse a favore dell’offerta di servizio. In questo contesto si inserisce il tram di Padova e Mestre, unica innovazione reale nel trasporto pubblico locale nel Veneto delle “ciacole”. Nel 2003, quando abbiamo visitato con una nostra delegazione il cantiere Lohr Spa di Clermont Ferrand, non abbiamo lesinato le critiche puntuali al mezzo. Mezzo troppo sperimentale, poco capiente, troppi posti in piedi, molto costoso, bello da vedere ma con problemi strutturali permanenti. Il mezzo fu scelto, nonostante le nostre critiche, dalla giunta padovana di centrodestra, confermato poi da quella di centrosinistra. Il mezzo ribassato a guida vincolata, in sede protetta, è decisamente migliore come vettore di un bus tradizionale. La Regione del Veneto ha contribuito al finanziamento del mezzo, in questi ultimi anni, in modo maggiore di quanto corrisposto all’offerta analoga su gomma (delibera sui costi standard), ma senza coprire per intero il costo del servizio. Non occorre insistere ulteriormente in questa occasione sull’insufficiente finanziamento regionale che ci fa prendere la maglia nera delle Regioni a statuto ordinario (ex aequo con la Basilicata). La Regione non mette un euro del proprio bilancio e fa solo il notaio del trasferimento del fondo nazionale Trasporti. Per ridurre il costo per chilometro del mezzo Lohr esiste una sola via, sia per Padova sia per Mestre. Aumentare i chilometri percorsi a una maggiore velocità commerciale, in modo da rendere maggiormente efficiente ed economico il costo di esercizio e manutenzioni rete e mezzi. Si badi bene che questi mezzi dovrebbero viaggiare in sede riservata per l’intero tragitto per garantire la velocità commerciale necessaria (25-30km/ora rispetto alla attuale inaccettabile situazione) al recupero sociale ed economico indispensabile per potenziare l’offerta. Mestre sta accelerando per completare il collegamento tram Marghera-Venezia via San Giuliano, nel mentre Padova, per decisione del neo sindaco Bitonci, taglia le nuove linee da realizzare (Sir 2 e 3). La scelta di Padova è priva di logica trasportistica a meno che non si pensi alla completa liquidazione del servizio di trasporto pubblico locale per tornare alla centralità dell’auto. Il trasporto pubblico locale ha bisogno di stabilità e certezze. Non si può ad ogni cambio di amministrazione modificare gli assunti strategici della rete, del materiale rotabile, della programmazione dei servizi.

 

gli ambientalisti dei circoli piove di sacco e riviera del brenta

La Regione ha pronto il bando per il progetto con cui collegare Padova a Venezia

L’idea risale al 1960: il canale si ferma a Vigonovo e riparte da Mira fino in laguna

PADOVA – Idrovia: avanti tutta, dopo 55 anni di promesse e ritardi. A invocare il completamento del canale navigabile tra la Zip di Padova e la laguna di Venezia ideato dal professor Mario Volpato nel 1960, non sono i sindaci o gli industriali ma gli ambientalisti più che mai convinti che si tratti dell’unica grande opera che può salvare mezzo Veneto dall’incubo alluvione. Avanti tutta con la benedizione dei circoli di Legambiente Padova, Selvazzano, Saccisica, Riviera del Brenta, Saonara- Vigonovo, del comitato Brenta Sicuro e di un’altra decina di associazioni che invitano la Regione a passare dalle parole ai fatti. L’assessore all’Ambiente Maurizio Conte ha ribadito la volontà di arrivare in tempi rapidi al bando di gara per il progetto, poi si dovranno trovare 3-400 milioni di euro. Secondo lo studio di fattibilità della Regione, per completare il tracciato (oltre 27 km tra Padova, Saonara, Vigonovo, Strà, Fossò, Camponogara, Dolo, Mira e Venezia) in classe Va e quindi in regola con la normativa comunitaria, servono 384 milioni di euro che diventano 461 milioni con opere aggiuntive per migliorare la sicurezza idraulica del sistema Brenta- Bacchiglione nello snodo di Strà-Vigonovo. «Sia chiaro: siamo pronti a scendere in piazza contro le grandi opere che devastano il territorio. La Pedemontana, la Orte-Mestre e il canale Contorta in laguna a Venezia sono gli ultimi esempi di scelte sbagliate che noi contrastiamo», dicono in coro Danilo Franceschin, Marco Macis, Marino Zamboni e Lorenzo Benetti, portavoce dei circoli. «Ma non abbiamo alcun dubbio a ribadire che va realizzata l’idrovia Padova- Venezia per due motivi: il canale scolmatore navigabile con una portata di almeno 400 mc/secondo consente alle chiatte di arrivare dal porto di Venezia fino all’interporto della zona industriale di Padova e quindi sposta il traffico merci dai tir su strada al fiume, come a Rotterdam. Secondo motivo: l’idrovia farà sfociare in laguna fino a 10 milioni di mc di acqua, una portata simile a quella del Bacchiglione durante le alluvioni. La vasca di laminazione in corso di realizzazione a Caldogno può contenere al massimo 3 milioni di mc e quindi non risolve il rischio alluvione: Padova e l’area metropolitana sono in eterno pericolo fino a quando non verrà realizzata l’idrovia». A sostenere l’urgenza dell’opera non sono soltanto gli ambientalisti, ma pure due autorevoli docenti universitari di Ingegneria a Padova: Andrea Rinaldo e Luigi D’Alpaos, che hanno elaborato analisi da tempo sul tavolo dell’assessore Contea palazzo Balbi. Scrive ancora Legambiente: «L’allargamento del porto veneziano fino a Padova conferirebbe all’Authority portuale un ruolo ed una dimensione nazionale ben più consistente. Un sistema fluvio-marittimo integrato all’entroterra farebbe di quello scalo un polo di livello continentale. Il completamento dell’idrovia deve essere realizzato in un una classe di navigazione europea che consenta l’utilizzo di battelli in grado di raggiungere i porti dell’alto e medio Adriatico e di realizzare la rottura di carico delle grandi navi porta container che faranno scalo al futuro porto offshore di Malamocco. In tal senso va respinto lo studio proposto dal presidente dell’Autorità Portuale di Venezia, Paolo Costa, di trasferire i container alle piattaforme logistiche attraverso le cosiddette “mamavessel” e i relativi spingitori, i cui pescaggi sono incompatibili con quelli delle idrovie, mentre è opportuno approfondire il modello, studiato dalla facoltà di Ingegneria navale di Genova, che risponde a molte delle specifiche esigenze dei nostri corsi d’acqua interni». Perché il progetto è fermo? Non pesa solo la carenza di fondi. Il professor Mario Volpato, fondatore di Cerved e padre della Zip con Ettore Bentsik, nel 1963 riuscì a trovare 6,6 miliardi di lire. Di soldi ne sono stati spesi con generosità, stanziati da Stato, Regione Veneto e Ferrovie: dal 1976 sino al 1990 altri 47 miliardi e 143 milioni. Poi lo stop. Il canale parte da Granze di Camin e arriva fino a Vigonovo, poi scompare anche se sono stati realizzati tutti i cavalcavia stradali fino a Mira sotto i quali non scorre l’acqua. Da Mira l’ultimo tratto porta in laguna a Marghera. Il consorzio Idrovia è stato sciolto nel marzo 1988 per non creare problemi al porto di Venezia, che teme le chiatte modello Rotterdam fino a Padova.

Albino Salmaso

 

Nuova Venezia – Spinea. Scomparsi i cartelli per Padova.

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5

ago

2014

Per motivi di lavoro, transito tutti i giorni lungo via Roma a Spinea (la provinciale Miranese) e ho constatato che, presso l’incrocio principale della cittadina (l’intersezione semaforica con via Matteotti e via Cattaneo), da un paio d’anni sono scomparse le frecce metalliche azzurre che indicavano agli automobilisti provenienti da Mestre la direzione verso Mirano e Padova, cioè verso ovest. Allo stesso modo,anche nel senso opposto, nessuno ha più pensato di ripristinare l’indicazione per Mestre che c’è sempre stata in questo punto, pure recentemente eliminata. In loco è rimasta solo una freccia che indica Mira, informazione ben poco utile visto che il percorso per raggiungere il paese della Riviera dal centro di Spinea è alquanto contorto e disarticolato. Data l’importanza della direttrice Miranese nella viabilità sovracomunale e interprovinciale, mi permetto di chiedere pubblicamente ai settori Viabilità del Comune di Spinea e della Provincia di Venezia di provvedere a ripristinare queste tre importanti indicazioni presso tale intersezione: peraltro,ho notato che, in altre vicine arterie stradali (come la provinciale Martellago- Spinea), la segnaletica verticale è abbondante e dettagliata.

Davide Baessato – Mestre

 

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